Visualizzazione post con etichetta la mamma. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta la mamma. Mostra tutti i post

venerdì 11 aprile 2014

Oggi, io, noi.


Ero già  mamma appena nata quando quella mattina, per la prima volta, mi sono accorta che uno di voi cresceva dentro di me.
Ero già  mamma mentre costruivo il nostro futuro, preparavo la culla del nostro presente, raccoglievo sorrisi e speranze.
Ero già la vostra mamma, quando l'ultimo di voi se ne è andato, lasciandomi in un vuoto pieno di lacrime.

Vi ho protetti, imprigionati nel mio cuore e poi nel mio corpo.
Vi ho difesi, urlando il mio dolore a chi non vi ha riconosciuto come vita.
Vi ho amati di un amore lungo, che veniva da lontano, che riconoscevo come animale.
Un amore di madre che incontra se stessa attraverso di voi.

Oggi le cose non sarebbero dovute essere così.
Oggi tu, avresti preso per mano tuo fratello di tre anni e mezzo e gli avresti chiesto di insegnarti a disegnare un cuore per me.
Poi incerta sui tuoi passi appena imparati, saresti venuta da me per augurarmi buon compleanno, senza riuscire a scandire bene le parole, ed io, con in braccio tuo fratello più piccolino, mi sarei chinata su di te per baciare la tua fronte e sistemare i tuoi ricci disordinati.
Poi oggi no, non avrei lavorato, oggi saremmo andati in un prato con papà, Hope ed Ema  e ci saremmo sdraiati in mezzo ai fiori a guardare le nuvole passare di corsa, ed io vi avrei raccontato quanto lunga è stata la strada prima di incontrarvi, io che già vi conoscevo da quando ero bambina.
Oggi, avrei sorriso di fronte allo specchio, sentendomi ancora ragazzina e la mia pancia vuota, non mi avrebbe ricordato chi ero a quarant'anni.

Le cose non sarebbero dovute andare così.
A riconoscersi in fondo ad un tunnel senza luce, con pezzi mancanti di me stessa che non torneranno più, annaspando nel buio per non cadere, fiera, nonostante tutto, di un dolore che vi tiene lontani da noi, ancora.
Oggi, ho le braccia protese per non lasciarvi andare, tutti noi insieme che ci teniamo per mano, voi, noi, parti di me nel mondo, le radici, la storia che si mischia con il futuro.
Io, quarant'anni e una vita a cercare  le vostre mani, per tenerle strette e non lasciarle più andare.
Posso vivere così, perchè in fondo a me stessa mi riconosco e la vostra vita dentro di me si è espansa, come un liquido bianco, come ogni volta che ho scoperto di aspettarvi. Come un latte che entrava nelle mie vene al posto del sangue, era la vostra vita che si formava in me e il mio corpo che si apriva, lasciandovi entrare.

Per questo ricordo e questa certezza vivo e non mi stanco di cercarvi, anche oggi, che le cose non sarebbero dovute andare così.

Mamma.







postilla:
abbiamo accolto con gioia la Sentenza della Corte Costituzionale che cancella il divieto di fecondazione eterologa. Mio marito, appresa la notizia, è uscito in giardino, sotto il salice di Nevischietto e ha pianto, ha pianto lacrime di liberazione e di commozione. Io mi sono ubriacata ieri sera e ho gridato (e ancora oggi lo faccio) che la maternità non è un diritto, no, ma l'infertilità e l'abortività sono delle malattie e se la Scienza può permettermi di guarire, questo è un diritto che non deve essere calpestato.
Non sapremo cosa faremo, cosa accadrà nel nostro futuro, ho fatto delle analisi ormonali che mi dicono che non è poi per niente male il mio livello di fertilità, ho fatto un controllo tiroideo per aggiustare il tiro del mio tsh che è, ad un certo punto impazzito, mi sono regalata la mia prima mammografia, per gridare al mondo che ho delle tette giovani belle e sane, sto indagando per una nuova serie di indagini da fare,  ho curato me stessa, dandomi spazio, lasciando indietro molto, tutto quello che mi faceva male. Ho chiuso le porte a molte persone che non avranno mai più spazio nel mio cuore e oggi non festeggeranno con me nulla. Oggi avrò il telefono spento, sarò in un posto lontano da casa e con gli occhi chiusi godrò dei benefici di un idromassaggio e sauna e poi di una cena con l'uomo che mi cammina accanto su questa strada, e che è tutto ora per me. Poi domenica faremo un pranzo al lago, luogo teatro di molte vicende della mia vita, con tutta la mia famiglia e chiederò dei regali. Pezzetti di speranza e il riconoscimento che voi, figli miei, siete stati e siete qui, ogni giorno della mia vita, per accompagnarmi per sempre e non lasciarmi mai più sola.
Le cose non dovevano andare così, ma non potevamo prevederlo.
Cito la mamma di una mia cara amica, che da un mese è venuta a mancare:
"L'amore della madre è sempre un amore giovane e immenso che si nutre di se stesso".

Brindo a voi, figli miei.










sabato 23 marzo 2013

Riunire la famiglia

Giorni fa Daniela mi ha regalato questa espressione:

riunire la famiglia.

E' quello che farò.
Non farò un transfer e basta.
Andrò a prendermi i miei bambini. Mi aspettano da 5 mesi oggi.
23 ottobre il giorno in cui sono stati congelati.
E' tanto.
Non è giusto stiano lì ancora ad aspettare.
Chi sono io per decidere per loro?
Ho deciso tutto per loro fino ad oggi, ma in funzione del mio benessere, non del loro.
Devono conoscermi.
Non sanno cosa significa essere cullati dalla mia pancia.
E non è giusto.
Sono nati in un laboratorio, qualcuno ha scelto per loro la parte maschile e li ha iniziati alla vita.
Poi li ha osservati per cinque giorni e li ha fermati.
Ed io dove ero in tutto questo piccolo-grande cammino di vita?
E' incredibile come la vita di una persona sia già segnata dai primi istanti di esistenza.
Se sopravviveranno e verranno al mondo, saranno persone speciali, non può che essere così.
E lo so che questi discorsi non si fanno, che si potrebbe impazzire a farli, che ci si mischiano in mezzo questioni etiche, morali, religiose, agnostiche, scientifiche, umane, ma sono i miei figli...un pugno di cellule che si contano con un microscopio.
Però prima non c'erano.
Ora ci sono.
E questa è vita per me.
E mi aspettano.
E noi stiamo riunendo la famiglia.
Una sorta di richiamo ancestrale che sento da sempre.
Ho paura, e mi vergogno perchè ho paura per me, non per loro, invece dovrei aver paura per loro, perchè io sono qui, sono viva e ce la faccio, lo supero il dolore, cresco e rinasco.
Ma loro?

E' difficile.
Io non prego per me, non chiedo per me.
Chiedo per loro.
Che abbiano una possibilità.
E a chi mi dice che sono pazza, io rispondo che non centro niente in questa storia, sono solo il mezzo per portarli qui.
Ed io ho il dovere e la responsabilità di farli vivere.

Non ho niente in mano.
Ho bussato alle porte della scienza e la scienza non ha risposto.

Ho la speranza.
La paura e la speranza.
Non posso fare altro che aprire le braccia ora e portarli a casa.

mercoledì 20 marzo 2013

di suddetti passeggini

Questa è la storia di un passeggino.
Uno di quelli completi, con tutti gli accessori, con tutte le cosine al posto giusto, un tipo superaccessoriato.
Pezzo per l'automobile, pezzo per la culletta, pezzo per il passeggio, ruote con gli ammortizzatori, freni e frizione.
Perfetto.
Nuovo.
Bello e firmato.
Che ci fa un passeggino strafico a casa di allafinearrivamamma?
Infatti non ci fa niente.
All'inizio di questa storia, il suddetto ci viene proposto in regalo.
Noi due ingenui, reduci dal primo aborto, accettiamo. I nostri amici ci dicono che a loro lo hanno regalato nuovo ma che loro ne hanno già uno e che è troppo fico e che insomma se lo vogliamo è nostro. Ci guardiamo e diciamo di sì subito.
Stra-fico davvero.
Il suddetto viene avvolto in plastica e tutto profumato viene parcheggiato in soffitta, certi che di lì a poco sarebbe stato riesumato.
Il resto della storia la conoscete.
Il suddetto prende polvere per tre anni, quasi quattro.

Con la partenza del mio ultimo cavaliere, mi ricordo dell'attrezzo firmato e lo voglio riesumare, per sbarazzarmene.
Mi rendo conto che questo oggetto è un peso sulla mia speranza e che quindi va eliminato insieme ad un sacco di altra roba.
Un peso sulle nostre teste, perchè, oltre al fatto che è in soffitta, rappresenta una me che non c'è più. Una mamma meno mamma di quello che sono ora, una donna meno consapevole e più disillusa e più ingenua.

Non lo volevo più con me il suddetto, ho sentito il bisogno di disfarmene perchè non centrava più nulla con quello che siamo diventati e perchè se sarà, quando sarà, i miei cavalieri avranno un passeggino meno fico ma preso per loro.
Solo per loro, quando saranno qua.

E così, oggi, sotto la pioggia, dopo una giornata di lavoro e una decisione presa a cuore aperto, abbiamo incontrato delle persone che si sono presi il suddetto e lo hanno portato via. Andrà ad un altro bambino, forse già nato, forse no, non lo sappiamo. Uno scambio tra sconosciuti. Una stretta di mano, la pioggia che cadeva battente, il mio cuore in tumulto che salutava un passato che non voglio rivivere più.

E così, oggi, salutiamo il passato e accogliamo il futuro.
E così, tra poco, pochissimo, davvero pochissimo, i miei bambini torneranno a casa.

Nella mia pancia.

Verranno risvegliati dal gelo e conosceranno la culla che non ha visto il loro concepimento.

Mi conosceranno e spero mi riconosceranno.
Tra poco.

E lo scrivo quasi sussurrandolo dando spazio ad un'emozione che mi fa tremare il cuore e quasi me lo fa scoppiare.


domenica 17 marzo 2013

non è normale

Sono giornate piene.
Piene di emozione e di lacrime.
Sento il peso di questa responsabilità, che mi schiaccia e che non mi fa respirare.
Ho paura di sbagliare.
Ancora.
Corro avanti e indietro, cerco di fare tutto, di rispondere a tutte le domande, di incastrare tutti gli eventi, di occuparmi di chi mi gira intorno, di sorridere, di accumulare energia positiva, di superare gli ostacoli, fare finta che sia tutto a posto, che sia tutto normale, che io sia normale.
Che tutto il mondo gira per il verso giusto.
Che la vita, la vita è bella, intensa, fantastica, meravigliosa!

Poi.

Riprendi fiato.
E quando lo fai non ci riesci.
Non arriva l'ossigeno.

Durante una lezione di yoga, non sono riuscita ad assumere la postura giusta per la meditazione sul chakra del cuore. L'insegnante era lì ad aiutarmi ed io non riuscivo. Ero in una posizione di difesa.
Le mie spalle erano ricurve sul mio cuore, come uno scudo.
"non difenderti da te stessa, ci sei solo tu"
mi dicono.
Io non mi difendo da me stessa.
Mi difendo dal dolore.
Ho paura.
Di riprovare quelle sensazioni.
Di ri-obbligare la mia vita a fermarsi.
Come si fa a prendere in considerazione tutto questo? Come si fa a congelare la propria vita mentre tutto intorno il resto del mondo cammina?
Come si fa a chiudersi di nuovo in una gabbia, volontariamente chiudere le porte, e in silenzio attendere la vita, non la propria, quella di tuo figlio.
Avere paura di respirare e tenere le orecchie, tutti i muscoli tesi, immobili, silenzio, ascoltiamo se la vita c'è.
Ascoltiamo.
Shhhhhhh.
Silenzio voi fuori.
Non bussate, non chiamate, non urlate.
Lasciatemi sola.
Che devo capire se la vita mi cresce dentro.
Devo capire.
Devo capire.

Non è normale. Tutto questo non è normale.
Sto programmando una nuova gravidanza come fosse l'evento del secolo.
Che nemmeno l'elezione del Papa la supera.
Non è normale.
In cosa mi hanno trasformato questi aborti?
Una gravidanza dovrebbe essere l'evento più naturale per una donna.
Per me non sarà più così.
E più si avvicina il momento e più la paura si impossessa di me.

Poi però, certi raggi di sole, mi ricordano quei momenti di dolcezza infinita, quell'istinto, che viene da lontano, che mi ricorda come ero, chi ero quando ero bambina, quando tu eri dentro di me ed io non lo sapevo, quando eri parte del mio cuore.
E ora che le tue cellule scorrono nel mio sangue, e non vai più via, come faccio io?
Sono una mamma a metà. Sei dentro di me e non riesco a farti uscire di qua.
Mi costruisco castelli bellissimi per attrarti alla vita.
Mi ascolti?
Mi guardi?
Ci sei?
Dove?
Dove?
Dove?

che fatica.
Come faccio a tenere insieme tutti i pezzi di questo puzzle così precario.
Avrò mai una spiegazione?
"sei una persona di testa. Tu conti molto sulla tua testa. E tutto questo ti destabilizza, perchè non c'è niente di logico in questo."
Ed io che pensavo di aver aperto il mio cuore.
Col cavolo!
Ah bella!
Sai quanto bisogna lavorarci ancora?
Ma voi, voi che fareste? Non cerchereste una spiegazione?
Davvero posso solo aprire le braccia e aspettare in silenzio, orecchie e muscoli tesi?
Forse si.
Ma quanta forza avrò ancora?
La vita non sono solo io.
Intorno a me c'è altro.
E in questi mesi me lo sono ricordato.
C'è altro, oltre il mio desiderio egoista.
Ma non ce la faccio. Mi posso solo occupare dei miei figli, nell'attesa silenziosa di portarli alla vita.
E questa per me è un'occupazione gigantesca, che occupa tutta la mia giornata, senza interruzioni.
24 ore su 24.
E non è normale, lo so. Ma è così. Non posso fare diversamente.

domenica 3 marzo 2013

di accoglienza e accettazione



Ciò che in questo momento preciso della mia vita più di tutto ritengo sia importante è il tema dell'accoglienza.
Accoglienza e accettazione.
Ciò che più di tutto mi serve in questo momento per completare un puzzle che ho cominciato a comporre tre anni fa, all'inizio di questo cammino.

Ieri sera ho incontrato alcune persone che non fanno più parte della mia vita da molto tempo, ma che erano per me i miei più cari amici.
Non scrivo con rancore.
Non scrivo con risentimento.
Ho preso atto di una situazione, una conoscenza, una realtà che prima di oggi non riuscivo a scorgere.
Prima di oggi il sentimento prevaricante era di disagio. Un disagio latente, sottile, che non mi faceva quadrare alcuni conti, che a somme tirate faceva mancare sempre quel qualcosa che mi sfuggiva.
Mi dicevo che era tutto normale, che le cose dovevano andare così.
Che ero io a sbagliare e che quel senso di smarrimento era momentaneo e legato magari ad una situazione, un fatto accaduto, un dramma, una colpa.
Mi sfuggiva però la visione globale del tutto.
Quel senso di disagio si è poi trasformato in distacco, mascherato da altro.
Mi dicevo che i fatti accaduti nella mia vita, mi ponevano in una posizione di svantaggio che, ritenevo essere non imparziale rispetto ad un giudizio che invece, secondo me, tale doveva essere.
Ieri sera ho rivisto queste persone, e quel disagio si è trasformato in differenza. 
Non era disagio, io sono differente.
Lo ero da sempre, ma non lo sapevo.
Cercavo di essere una persona che non ero, per essere accettata, ma oggi che la parola accettazione ha preso ben altro significato nella mia vita, riesco a ricollocarmi in una situazione vissuta, vivendola diversamente.
Le parole entravano ed uscivano dalle mie orecchie, senza fermarsi per il cervello. Sfoderavo sorrisi di circostanza, non lasciando indietro espressioni di intesa con il mio compagno, che comprendeva ogni singolo mio pensiero, pur non incrociando il mio sguardo.

Due alieni calati in un mondo che non ci appartiene più.

Ieri sera, ricontestualizzando una me stessa in un passato vissuto e un presente mai cambiato, ho riconosciuto una Anna completamente cambiata, profondamente diversa da come era e mai più disposta a tornare indietro.

Ciò che mi è accaduto ha cambiato per sempre la mia esistenza.

Poteva non succedere.

Potevo lasciar scivolare tutto questo e vivere la mia vita, sì con dispiacere per i fatti accaduti, ma etichettando il pacchetto come normale, come un qualcosa che poteva succedere, è accaduta, e per questo nulla potevo fare.
Potevano andare così le cose.
Ma non sono andate così.
Il cambiamento epocale che è iniziato dentro di me, la prima volta che ho perso il mio primo bambino, ha scavato negli anni fino a riportarmi ad un'esistenza diversa, una rinascita.
Potrei sembrare sempre la stessa ad occhi non attenti, ma non è così. Uno sguardo più fermo può accorgersi di quanto la mia espressione si sia trasformata e quanto il mio io sia diverso da quello all'inizio di questo cammino.
Ecco perchè mi è caro il tema dell'accettazione oggi.
Durante un incontro spirituale a cui ho partecipato giorni fa, si è parlato di questo, ci si è soffermati di fronte al fatto che ognuno di noi almeno una volta nella vita, ovvero al momento della nascita, è stato accettato. I nostri genitori sono stati felici di incontrarci per la prima volta, hanno gioito della nostra esistenza, in molti casi lo hanno fatto da prima della nostra nascita, sin dal primo momento in cui si è compreso che eravamo stati concepiti.
L'essere accolti ci dà il biglietto di ingresso per la vita.
Non essere accolti, accettati, ci rispedisce ad una condizione di inesistenza, di orfani.
Ho pensato molto a tutti i figli non accettati, a tutti i nati e poi morti perchè non accolti.
Ho avuto modo di conoscere da vicino, perchè conosco la persona che l'ha soccorsa,  la storia della ragazza romana che, dopo aver partorito in bagno, ha portato suo figlio in giro per la città in una busta.
Penso a questi figli.
A loro nessuno ha dato la green card per stare al mondo.
Penso ai miei figli, mai esistiti se non nel mio cuore.
A quanto mi hanno aiutato prendendomi per mano e portandomi dove sono ora, di nuovo all'inizio di tutto, non più disposta ad essere quella che non sono, non più disposta a sopportare un disagio non riconoscibile, non più disposta ad essere ricollocata in contesti di non accettazione, di me stessa e del mio pensiero. Oggi gridato a voce alta.

Loro hanno dato a me la carta di identità per essere accolta nel mondo.

Penso a quanto  una condizione così drammatica di abortività poteva cambiare la mia vita in peggio, facendomi vivere solo il brutto di tutta la faccenda.
Mi è stata data un'occasione, potevo non coglierla.
I miei figli mi hanno allungato la loro mano e mi hanno tirato.
Io ho avuto modo di conoscere molto più che prima, e a fondo, una situazione, un modo di vedere la vita, che ricercavo ma che non riuscivo a vedere.

Leggo di molte madri che fondano la loro esistenza su quella dei loro figli e che si interrogano di quale vita poteva esserci senza di loro.
Io son dovuta partire al contrario.
Ho dovuto chiedermi come sarebbe stata la mia esistenza e la conoscenza di questa me stessa, se loro oggi fossero stati qui.
Devo rivolgere a me stessa delle domande, dicendomi che, sì, il senso della mia vita è ora e adesso anche se loro non ci sono. Ma non perchè devo convincermi di questo, ma perchè il risultato del cambiamento è davvero questo.
Questo è il mio personale senso della vita.
Questa è la mia accoglienza verso i miei figli.
L'accettazione di me stessa che porta a loro.
Non è cosa da poco.
Eppure tutto ciò mi sembra una grande occasione di vita.
Una enorme occasione di vita.


E questo non può non generare che altra vita.


postilla delle ore 23.00
il mio migliore amico questa sera ci ha detto che è incinto.
il mio migliore amico, non la mia migliore amica.
dunque all'appello mancava solo lui.
ora il cerchio si chiude.
Sono stati concepiti tantissimi bambini insieme ai nostri. Tantissimi.
Tutti questi bambini hanno tenuto per mano i miei e li hanno conosciuti.
Quando i miei erano già desideri fatti carne e loro non erano nemmeno pensieri nelle menti dei loro genitori.
Nasceranno tutti insieme e saranno uomini e donne, quello che i miei non saranno.
Non so ancora gestire tutto questo.
E' così innaturale che io debba ricercare una logica in questo.
Così innaturale....



e poi ci siamo messaggiati, dopo, da soli, ognuno dalla propria casa...
"...Il giorno che ho visto questo nocciolino pulsare sono rimasto ammutolito... Non sapevo come ringraziare la vita...... Oggi capisco ancora di più quanto il vostro sforzo sia motivato. Prego affinché possiate coronarlo al più presto."

venerdì 22 febbraio 2013

le mie mani


"Dove va la mano, vanno gli occhi, 
dove sono gli occhi è l'attenzione, 
dov'è l'attenzione è l'emozione e, 
con essa, l'estasi vibrante."
Nàtya Shastra



Oggi ho imparato che posso farcela.
Durante la lezione di yoga ho imparato a sviluppare l'energia e il potere delle mie mani.
Erano anni che mi ero accorta che le mie mani erano in grado di dirmi delle cose.
Ed io non le ascoltavo.
Eppure, la sentivo quell'energia.
A volte, di nascosto di Fab, mentre lui dorme, avvicino le mani al suo viso, senza toccarlo.
Lo osservo, in silenzio e tengo le mani su di lui.
Lui si sveglia, e ad occhi chiusi mi dice di smetterla, perchè le sente.
Oggi ho imparato, durante un esercizio, a catalizzare questa energia.
Poi, la mia insegnante mi ha detto di mettere le mie mani su una parte del mio corpo di cui desideravo la guarigione.

Ho messo le mie mani sulla mia pancia.

Così.
Li ho sentiti.
Ho visualizzato il mio utero vuoto e poi tutta la sofferenza passata di lì.
Poi ho sentito tutto il dolore.
E poi l'immensa potenzialità che la maternità mi ha donato.
E sono rimasta così, in ascolto, finchè quell'energia non si è esaurita.
Ho aperto gli occhi e piangevo.
Non riuscivo a smettere.
E allora la mia insegnante mi ha detto di non smettere, di buttare fuori tutto.
E per fortuna che a lezione ero sola, che all'ora di pranzo non c'è nessuno, e lei, che è una ragazza dolcissima che ho amato come un'amica, da subito, dalla prima lezione, mi ha abbracciato alla fine e ha sorriso.
Ed io ero felice.
Sono felice.
Di aver pianto davanti ad una sconosciuta in un momento di un'intensità estrema.
Di aver imparato che posso farcela con degli strumenti che ho sempre avuto a disposizione.
Di aver visualizzato il mio utero, finalmente, dopo tutto questo tempo.
Il luogo che ha accolto e che accoglierà.
Di essere pronta ancora una volta, ad affrontare una me stessa completamente sconosciuta.
Una me stessa che i miei figli mi hanno restituito, prima appannata, e ora limpida. Nitida.

Poi stasera ho incontrato il mio dott.
E ho rivisto il mio utero, in 3d stavolta. E ho sorriso stavolta.
Avevo dimenticato che avrei dovuto controllare una ciste disfunzionale, regalino dell'ultimo aborto, e che è andata via, insieme a questo ciclo.
Un ciclo che avrebbe dovuto darmi delle risposte, che avrebbe dovuto restituirmi una Anna pronta a ricominciare.
Non è stato così.
Ho passato giorni divisa a metà.
Tra l'accogliere di nuovo e il raccogliere me stessa.
Ho scelto me stessa.
E mi sono sentita in colpa per questo.
Sono stata a trovare i miei piccoli a natale, siamo stati lì fuori, ed era solo un bisogno egoistico, mascherato di una maternità che credevo fosse l'unica cosa, la più importante della mia vita.
Se io, sono la prima a non crederci, la prima a mollare, come possono farcela i miei bambini?

Ma non è andata così.
Così sarebbe andata con una vecchia me.
Questa me stessa invece, pensa che il tempo in più le serve per preparare un terreno di accoglienza, dove il mio cuore è guarito, dove la paura ha un posto, ma è contenuto, dove il dolore ha un angolo ma non è acuto, dove il respiro non è mozzato, è profondo e lento.
Inspirazione. Espirazione.

E di questo ringrazio i miei figli.
Tutti i miei figli passati per questa pancia.
Tutte le vite iniziate e poi finite e poi ricominciate altrove.
Perchè voi, figli, iniziate da quando quelle due cellule si uniscono e si riproducono.
Perchè mi insegnate, ogni giorno, a vivere una vita che io non conoscevo.
E come si fa a non considerarle vite queste?


Intanto ho ripreso a fare il pane con la pasta madre a quasi un anno dalla prima volta.
Con il pane con i denti.
L'ultima volta invece, che l'ho fatto era il 14 maggio, il giorno della geu. Ho smesso di impastare e poi mi sono messa a letto perchè il dolore era insopportabile.
Ho lasciato morire quella pasta madre.
Così, nel frigo.
Stasera ho impastato il nuovo pane.
Con le mie nuove mani e la mia nuova pasta madre, e visto che me l'ha regalata Valeria che è una donna incinta, magari è ancor più piena di vita che si riproduce.


Intanto ho comprato un rosa viola da piantare.
E' il tempo giusto.
L'ho comprata per la mia  bambina che crescerà insieme a questa rosa.
Domani pioverà.
Domani pianterò la rosa.







venerdì 15 febbraio 2013

Chi me la fa la giustificazione?


Eccoci.
Siamo tutti qui.
Tutte le sere, tutto il giorno, ventiquattro ore su ventiquattro.
Noi luci accese e quel peloso laggiù con la faccia da folletto.
La mamma passa da queste parti tutte le sere, dice "buonanotte ragazzi"  e ci lancia un bacio.
Poi mette a letto il peloso e gli sussurra nelle orecchie "Dì ai miei angeli che sto arrivando, che ora li vengo a prendere" e la giornata finisce.
Ogni giorno.
Da quel giorno.

E noi aspettiamo.
Aspettiamo.



Sono giornate in bilico.
Un perfetto equilibrio tra l'essere e il sarà. 
Mi piacerebbe rimanere così. 
Perfettamente stabile senza aspettare il disequilibrio, l'evento che cambia la vita, il rimandare, la cadenza del tempo.
Mi godo un bicchiere di vino, il divano con la coperta, la stufa accesa, la casa che cambia. 
Non ho fretta.
Conto le ore ma sono lente.
Accolgo.
Ogni piccola, piccolissima cosa che mi viene incontro.
Mi sorprendo a sorridere. Questo sì.
E poi a rincorrere i pensieri senza rovinarmi la sorpresa.

Poi.

Poi loro mi aspettano.


La verità è che non voglio.


Non è vero.

Li voglio.
Indissolubilmente e infinitamente Li voglio.
Qui, ora, subito, adesso.
Con il mio bicchiere di vino, il mio divano con la coperta, la mia stufa, il mio yoga, la mia casa che cambia. 
Li voglio. Qui, con me.
Ma senza passare per quel via di fatica.
Fatica.
Perchè spogliata di tutto il dolore, la vicenda risulta faticosa.
Che una dice, mi sto allenando, faccio esercizi, vado su e giù. In fondo si tratta di allenamento.
Alla fatica ci si abitua. 
Dicono.
E se non ce la faccio?

Cioè, ricominciare con tutto.
Le punture.
Ho ancora dolore alla schiena per le precedenti. Credo che quelle parti si siano atrofizzate.
E poi gli ematomi della cardioaspirina.
E il letto forzato.
Arriva la primavera. Che io odio, ok. Però i miei fiori senza di me, come fanno.
E di nuovo la solitudine, i dubbi, la paura che mi abita.
E la rabbia.
Il dolore.
maledetto.
E le lacrime.
E l'attesa. Le beta. Le eco. Gli ospedali.

E se non ce la faccio?

Lo so.
Non dovrei iniziare così.
Ma fatti i conti, in 365 giorni appena trascorsi, sono stata in gravidanza tre volte, con tutti gli elenchi paurosi appena fatti. In una di queste tre volte a momenti me ne vado a fare visita ai miei angioletti lassù.
Ho paura.
Ecco che è.
Paura sana.
Indiscutibile.
Umana.

Però poi mi dico che tutti abbiamo paura quando il destino ci mette in mano un'altra vita.

Chi non ne ha.
Io ne ho.
E mi vergogno a pensarlo, a raccontarla questa paura.
Dopo tutto quello che è successo, dopo tutto questo coraggio sbandierato ai quattro venti.
CORAGGIO.
ma dove?
che loro son lì che mi aspettano.
Tutte le sere.
E io sono qui.
Che faccio finta di niente.

Che non mi si dica che è normale. Non lo è. Questa è la mia realtà. Non è che siccome sembra difficile io posso essere esonerata. 
Chi me la firma la giustificazione se sono io la mamma?
Tutto dipende da me.
Non è che rimandando, la paura se ne va. Non è inversamente proporzionale al tempo. No.

E allora?
E allora io ci penso. Ogni ora, ogni minuto. Mi seguono silenziosi, zitti zitti, durante la giornata. Mentre svolgo la mia vita.
Mi seguono.
Ed io a volte mi volto, e sono lì.
E vorrei dir loro che stavolta andrà bene.
Che me li porterò a casa.
Che qui tutto cambia, ma è facile, tutto è più facile se loro si fermano.
Che - te lo prometto, saremo felici - dice Fabio.

Ma loro lo sanno.

Lo sanno?



lunedì 4 febbraio 2013

e se.


Ho lasciato la mia automobile in doppia fila, a quell'ora il quartiere Prati è invivibile, impossibile sperare in un parcheggio, ho pensato "ci metto un attimo" e ho attivato le quattro frecce.
E' stato quando ho ripercorso quei gradini, ho spinto quel portone, che violento, è arrivato come uno schiaffo, il ricordo.
Avevo camminato per quei corridoi dieci anni fa, alla nascita della mia Magali, ho ripercorso quelle stanze avanti e indietro, il 7 dicembre 2012, per dire addio al mio piccolo cavaliere, sono tornata stamane, per ritirare la cartella clinica.
E non sapevo che si sarebbero di nuovo innescati tutti quei meccanismi che in questi ultimi due mesi ho cercato di nascondere, di non far ripartire. Non lo sapevo.
Sono entrata a testa bassa, ho cercato di sorridere, mi è uscito un brutto sorriso, la bocca storta, il cappello calato sugli occhi. Ho preso quello che dovevo prendere e ho spinto di nuovo quel portone, di corsa, violentemente, senza guardarmi intorno, cercando di non tapparmi le orecchie con le mani, quando il pianto di un neonato si è fatto sempre più insistente.
Son salita in macchina senza nemmeno allacciare le cinture, sono scappata via, da quella strada, da quei negozi, da quel caos, da tutto quel dolore soffocato.
E ho iniziato a piangere.
Mi sono fermata al semaforo di via trionfale e quando quell'uomo si è avvicinato per vendermi gli accendini, scendevano due lacrime giganti e il naso era rosso, e si vedeva che sembravo un clown, nonostante gli occhiali da sole cercassero di celare la smorfia del mio viso.
E allora quell'uomo è andato via.
E ho guidato così fino a studio, con le lacrime che scendevano senza sosta, e il respiro a tratti, e i singhiozzi accellerati, e i capelli sugli occhi, e il naso che colava.

Ed io non lo so se ce la faccio.

Ed io non voglio essere più una mamma speciale.
Non voglio più parlare con bambini che non vedo.
Non voglio più sentirmi sbagliata.
Vorrei sentirmi normale.
Una donna normale.
Con un desiderio normale.
Quello di dare la vita. Di concepirla e trattenerla.
Perchè è così che deve funzionare.
Perchè ce la possiamo cantare in mille modi. Ma io sono stata programmata per questo.
A me non me ne frega niente della carriera, dei tacchi, della palestra, degli aperitivi, del lavoro figo, dei soldi.
Non - me - ne -  frega - niente.

Sono stufa di ritirare cartelle cliniche dagli ospedali, per leggere nero su bianco che i miei bambini si sono trasformati in materiale deciduo coriale, materiale deciduo ovulare, in residui.

Residui.

Non sono una persona forte come pensano ora tutti.
Una volta, prima di iniziare questa storia, non ero considerata una persona forte.
Com'è che adesso tutti pensano che io lo sia?
Non lo sono.
Crollo solo perchè ho percorso quattro gradini in fila.
E il cuore mi faceva male al solo ricordo di quanto è atroce un aborto.
Di quanto è innaturale.
crudele.
irrispettoso.
del tuo corpo.
del tuo essere mamma.
del suo non essere più vita.

E allora, mi chiedo come farò. 
E' un purgatorio questo.
Non posso fare a meno di desiderare mio figlio, ma questo desiderio mi porta solo dolore.
Non è vero.
Lo so che non è vero.
Ma sono stanca.
Vorrei veder crescere la mia pancia, senza dover programmare le gravidanze come fossero eventi epocali. Dover fermare la mia vita per poter permettere alla vita di andare avanti.
E allora, mi preparo.
Tutte le volte.
Mi preparo ad accogliere.
Sembro una formichina laboriosa che deve affrontare l'inverno, anche se sta arrivando la primavera.
Cerco di sistemare tutto, ogni angolo della casa, del cuore e del mio corpo se possibile, come se stessi partendo per un viaggio, un viaggio che ogni volta, spero non si interrompa.
Vorrei che tutto questo fosse spontaneo, naturale, normale.
Ma non lo è. Non lo è mai.
Ed è difficile. Difficile. 
Ed io non lo se ce la faccio.
Posso continuare a parlarne ancora, ma lo so che passerà. E' un momento di bassa, forse perchè Fab non c'è, forse perchè saranno gli ormoni, forse perchè davvero è troppo lungo questo cammino sin qua, non lo so.
Sto sbagliando?
Alla mia età, dovrei occuparmi di altro.
Dovrei pensare ad organizzare cene, coltivare una passione, scegliere nuove amicizie, frequentare altri ambienti, andare all'estero, scappare. Andare via.

E invece questo bisogno, questa responsabilità, mi inchioda ad una me stessa immobile.

C'è un'onda di dolore alta, che mi rincorre, a tratti mi raggiunge. Io nuoto veloce per non essere sommersa. Ma spesso arrivano i crampi e devo fermarmi, non ce la faccio a nuotare ancora.
Ho paura.
Tanta paura.
E se vanno via anche questa volta?





giovedì 31 gennaio 2013

...e cammino.

Sono uscita da studio alle 20 stasera.
Sono tornata a casa che erano quasi le 21.
Ho cucinato un petto di pollo e una minestrina con il dado. Potrebbe sembrare una cena triste ma è la mia preferita. A casa Fab non c'era, e non ci sarà per tutta la settimana.
A casa c'era Hope, solo, da stamattina presto.
E poi c'erano i miei bambini.

Certe volte mi immagino che giocano tutti insieme con Hope, Fab dice che lui li vede.

Insomma, la casa non è mai vuota. Questa è la mia sensazione.
Io non mi sento sola.
Forse perchè vengo da una famiglia numerosa.
Sia chiaro, pur abitando attaccata ai miei, passano settimane ed io non vedo i miei fratelli, nè i miei genitori. Eppure, so che sono lì, ci sono, anche se ognuno fa la sua vita.
Questa sensazione mi accompagna da sempre.
Ecco perchè la solitudine non è una mia paura, non mi appartiene.
Ecco perchè i miei bambini li sento, sono qui con me.
Mi accompagnano, in ogni momento della giornata. Anche in giornate come questa, che devono ancora finire. Mentre cerco una soluzione di progetto, mentre si inceppa la stampante, mentre ricevo telefonate, mentre mi arrabbio, mentre guido, mentre mi racconto.
Sono un sottofondo. Morbido.
Non più doloroso.

Mi sento bene.
Fisicamente intendo.
Questa volta ho temuto il peggio. Ora lo posso dire.
Ho avuto paura che tutto quello che quest'anno è successo, potesse diventare un serio problema per il mio corpo.
Ho fatto finta di niente.
Il dolore della perdita e la paura del futuro, sono stati così intensi e così forti, che il fisico è passato in secondo piano. Ma c'è stato un momento in cui, anche il mio dottore era preoccupato: quando abbiamo deciso per il raschiamento, la cameretta gestazionale aveva assunto una forma strana, che ha fatto pensare alla perforazione del mio utero. Non me lo ha detto subito.
Me lo ha detto la settimana scorsa, dopo l'ultimo controllo.
Ma va bene, è passata.
Ora mi sento bene.

Il cuore va e viene.
Mi distraggo a fatica. Non ho voglia di distrarmi.
Mi sto preparando mentalmente ad accogliere di nuovo, ma ho paura.
Ma non è tutta paura.
C'è tanta speranza.
Che poi, io, noi, tutte le volte la speranza ce la mettiamo. Il nostro cucciolo si chiama Hope non a caso, e tra pochi giorni compirà un anno. Però stavolta ce ne serve un pò di più.
Non abbiamo più nessuna certezza. Zero.
Dopo tanto tempo a cercare di capire, a farsi domande, ad esaminare, ad approfondire, siamo di nuovo al punto zero. Non abbiamo nessuna certezza, anzi, la bilancia pende tutta da una parte.
Però speriamo.
Non so cosa sarà di me se andrà male anche stavolta.
Non so quali riserve dovrò intaccare.
Ma non posso pensarci ora.
Questa sono adesso.
Non c'è progetto, film, cena, amico, lavoro, libro, che possa sostituire il senso di pienezza e soddisfazione che i miei bambini mi hanno dato.

Molte persone mi dicono che io vengo prima di tutto e che devo stare bene e che non devo annullarmi come persona.

Pur comprendendo le parole di affetto e di preoccupazione,  faccio fatica a pensarle rivolte a me.
Io non mi sento non realizzata perchè non sono riuscita a diventare madre fino ad oggi.
Ho fatto un bel cammino prima di arrivare a chiamare qui i miei bambini.
Ho fatto un percorso, quel percorso è stato circolare. Un cerchio che mi ha riportato indietro ad una me stessa spogliata di tutte le sovrastrutture che mi sono portata dietro per anni.
Una me stessa identica ad una me bambina.
Senza quel senso di angoscia che mi prendeva la gola, tesa a rincorrere non sapevo nemmeno io cosa.
Ecco perchè mi sento bene quando il cerchio si chiude, quando la vita mi riabita, quando ricomincia la mia esistenza.
Quella sono io.
Questa sono io.
Non mi preoccupa di svilire una me stessa che è già.
Non sono io la protagonista di questa storia.

Io sono già su questo percorso, e cammino.

mercoledì 23 gennaio 2013

Questa è la nostra storia

Dunque.

Sono giorni, anzi forse settimane che cerco di iniziare questo post per fare il punto.
La verità è che non ne ho molta voglia.
Perchè, mentre inizialmente ho lasciato spazio alla razionalità, per non soccombere al dolore, oggi, non ho voglia di razionalità. Accolgo quello che mi arriva e lo prendo per quello che è.
E così, oggi sono a letto perchè il capoparto vero è arrivato.
Ed è stato un fiume in piena, un fiume che ieri sera mi ha fatto talmente preoccupare che siam dovuti ricorrere ad un antiemorragico preso in una farmacia notturna di turno.
E va bene, ci sta.
Me lo aveva detto il carodott da tempo che sarebbe arrivato così. Poi dopo il raschiamento non ho avuto niente. Poi il ciclo è tornato dopo 23 giorni, il primo dell'anno, ma è durato pocooo, pocoo, poco.
Poi è tornato di nuovo, ventidue giorni dopo, ed è stato inarrestabile.
Che a conti fatti, da dicembre agli eventuali cassaintegrati della Lines ci sto pensando io.

Ma non ci lamentiamo mica.
Sono così contenta che il mio corpo abbia finalmente reagito non come una mammoletta, che quel primo ciclo durato così poco, mi pareva una roba così triste e inconsistente.
Forza! Reazione!
Noi qui avevamo un piccolo cavaliere, piccolo ok, ma con un cuore grande così, come è possibile che tu, corpo corpo delle mie brame, te ne stavi tranquillo come se nulla fosse stato?
E mi pareva infatti.
E allora mi fermo.
Mi ascolto.
Come sto?
Sto bene.
Non mi sento male.
Diciamolo. Che mica me ne devo vergognare, giusto?
Giusto.
Molte persone mi chiedono come faccio.
E come faccio?
Lascio fluire il dolore.
Gli dò un nome e un cognome.
Lascio che quello sia il momento del dolore. Non faccio altro. E' quello. Lo accetto e lascio che mi attraversi.
Ed è terribile quel momento, perchè non mi faccio sconti. Metto in discussione tutto. Non lascio indietro niente.
Parto dagli esordi. Metto sulla bilancia, cani, gatti, criceti, uccelli, fratelli, genitori, amici.
Non ci metto mai mio marito, che poverocristo, ci manco solo io.
Esamino, tiro le somme, e rinasco.
Parlo, parlo tanto con il piccolo che se ne è andato, e gli dò un posto nuovo nel mio cuore.
Dove sono anche gli altri.

E così, sono passati per questa pancia:

- Stellina I e Stellina II, a distanza esatta di un anno l'una dall'altra, fanno solo numero poverine loro, non le considera nessuno. Solo un test con due lineette rosa e delle beta positive, ma basse basse. Sono l'evidenza che si somma al resto. Sono durate il tempo di emozionarsi un pò. 
- poi è arrivato lui. Il primo, due mesi dopo Stellina I,  il mio piccolo primo tesoro, la mia prima volta da mamma, la prima volta che l'ho sentito in pancia. Il mio cucciolino amato. Lo chiamavo Angelo. E così sarà per sempre.
- Dopo 5 mesi da Stellina II arriva Nevischietto. Chi mi legge da anni sa perchè si chiamava così. Lui era un maschio, lo so, ed è stato il dolore più grande. Quello inaspettato, forse perchè avevo finalmente fatto luce sulle analisi e iniziata la terapia. Il suo arrivo fu inaspettato, senza conteggi, senza speranze, senza fare progetti. E' arrivato con un numero alto: 1200 di bhcg con 15 giorni di anticipo sul ciclo, in una città che non era Roma, lontana da casa, in una Torino magnifica e piena d'amore. Uno gagliardo, mica no. Il mio vero sogno. Il piccolo che mi ha reso definitivamente madre. Il piccolo con cui più di tutti ho parlato e sperato, che mi ha distrutto quando è partito, che ha un albero piantato in giardino. Che è con noi tutti i giorni. E' una cosa bella regalare loro una cosa che li rappresenta: così spesso ci capita di dire "hai dato l'acqua a Nevischietto?" "hai visto le foglie di Nevischietto?" "hai notato quanto è cresciuto Nevischietto?"  Ed è bello, perchè la crescita di quell'albero ci dà la misura esatta di quanto è cresciuto davvero il nostro bambino.
- E siamo alla quinta. Una femmina. 
(il sesso dei miei piccoli, io non l'ho mai visto. Lo so e basta)
La GEU.
Che mi ha portato via un pezzo di me insieme a quella parte di Anna che non tornerà più.
Che poi alla fine "geu" per me è un nomignolo da esorcizzare, è un nomignolo che a me piace tuttosommato. E così lei nella mia mente, è Geu! che è da deficienti, lo so. Ma mica possiamo tenere i mostri chiusi in un armadio, no? Bisogna che escano. E Geu era una forte, che se non si metteva a curiosare come era la storia in una parte fuori dall'utero, magari oggi ne stavamo parlando a quattro occhi. Invece no, è andata cosi, fortunella. La mia piccolina.
- e poi c'è PiccoloCavaliere, colui che ha lottato tanto , il figlio della consapevolezza.
Il figlio che ho potuto vedere e tenere con me.
Il figlio che ancora oggi tiene la candela accesa e con cui parlo ogni sera.
Il figlio della pma, quello che mi ha spalancato le porte della genetica, dell'eterologa, dei compromessi, delle scelte, dei tagli, dell'insicurezza che è diventata sicurezza.
Colui che mi ha dato la verità di questa storia e che un giorno racconterò.
Il fratello più grande di tutti i piccoli cuccioli precedenti passati per questa pancia.
Quello più sapiente.
Colui che mi aiuterà a prendere per mano il settimo.
Che avrà un nome, di tre lettere.
E che sarà qui, con noi, presto su questi schermi.
Come al cinema.

Sorrido.
Perchè questa non è una brutta storia.
Io sono una donna più ricca di prima.
E ho avuto tanti doni finora.
Non me lo dico per consolarmi. Lo dico perchè ci credo. Altrimenti non mi sentirei così bene a così breve distanza.

giovedì 20 dicembre 2012

un natale di luce

Siamo in mezzo ad un oceano.
Non vediamo nè la riva nè un appiglio al quale aggrapparci.
Però nuotiamo, cercando di non annegare.

Lorenzo -  Ti cercherò

Ti cercherò sempre, continuerò a cercarti ancora.
Non abbiamo speranze concrete ma ti cercheremo ancora.
Ti terremo la mano e ti porteremo qui con noi.

Piccolo mio, non avere paura.
Fa freddo ora là dove sei, ma arriverà la luce.
Mamma e papà la terranno sempre accesa per te.


Quando abbiamo visto la prima ecografia, quella della camera gestazionale, che non ci aspettavamo di vedere, siamo tornati a casa e abbiamo acceso una candela. Non una vera ma una elettrica, quella che si vede in secondo piano nella foto qui sopra. Perchè volevamo tenerla accesa giorno e notte in camera da letto, dove vivevo tutto il giorno, perchè quella luce per noi, era quella speranza che volevamo tenere viva.
Poi  le cose sono precipitate. Abbiamo spostato quella candela in soggiorno, dove la vedete ora.
Ci siamo detti che si sarebbe spenta presto, non ricaricandola più. 
Si sarebbe spenta, insieme al nostro bambino. 
Questo accadeva a 7+5 settimane di gravidanza.
Oggi, a dodici giorni dal raschiamento quella luce è ancora accesa. Non si è spenta.
Ogni giorno passavamo, buttavamo un occhio e dicevamo: "...hai visto che la candela è ancora accesa?" ...e pensare che durante la gravidanza mi svegliavo all'improvviso con la paura di vederla spenta.
Invece no.
La luce è ancora accesa. 
Ancora oggi.
E lo sappiamo che è il nostro bambino che è qui. 
E allora abbiamo acceso anche le altre luci.
Questo è il nostro Natale.
Non abbiamo ancora fatto l'albero, e in cinque anni non ci era mai successo.
Questo è il nostro Natale.
Cerchiamo la luce.


Domani vi racconto della visita di controllo di stasera e dei programmi futuri.
Stasera no.
Stasera va così.

giovedì 6 dicembre 2012

il nostro futuro presente

Ha senso che io continui a contare le settimane?
Ha senso, perchè a 8+3 tu sei ancora qui, fisicamente ma non più con il cuore.
Un paradosso difficile da comprendere.
Facile per me, quando ieri sera sei apparso su quel monitor, la tua cameretta, che tanto hai faticato a costruirti, era lì, intatta.
E tutto intorno il trofoblasto.
Troppo.
"è anomalo per un aborto Anna. E' un trofoblasto diffuso che sembra convalidare le anomalie che sospettiamo".

Domani mattina ci divideranno.
Stavolta non faremo da soli. Siamo diventati una cosa sola e mi sa che non ce l'abbiamo la forza per andare ognuno per la sua strada, come è successo le altre volte.
Alle 8.00 di mattina mi addormenteranno e poi eseguiranno un raschiamento.
Poi ti metteranno in un barattolino e ti consegneranno a papà.
Papà ti porterà a fare un giro in moto, una corsa contro il tempo, fino al Policlinico Tor Vergata, e lì, vi saluterete per l'ultima volta.
Strano che dovremo essere noi a portarti via. Eppure ormai siamo diventati una cosa sola con i medici, collaboriamo come meglio possiamo fare, ci adoperiamo per capire.
E così mi sveglierò e sarò sola, senza l'abbraccio di papà, senza di te.
Tenteranno di fare il possibile per esaminarti.
Tenteranno un citogenetico che speriamo ci dia la risposta della tua dipartita e ci aiuterà a mettere a posto un'altra tessera del puzzle futuro che stiamo costruendo.
Ora parlo con te come fossi uno.
Abbiamo faticato a rivolgerci a te al singolare. Eravate in due. Siete in due. Siete tutte e due ancora qui.
Da domani non più.


In questi giorni abbiamo discusso, ragionato, cercato la lucidità per fare i prossimi passi.
Ne stiamo facendo molti, nonostante sia passata solo una settimana.
Molti mi hanno chiesto perchè.
Come faccio a mantenere la lucidità e la forza.
Tutto quello che ho fatto fino ad oggi, è stato facile.
Perchè voi eravate con me.
Tutta la mia vita eravate voi.
Ogni mia azione, ogni ostacolo, è stato semplice.
Perchè aveva uno scopo.
Voi.

Io ora non lo so se ce l'ho questa forza.
Ho paura.
Domani sarò di nuovo sola.
Ho paura.
Di soffrire.
Del dolore fisico.

Ora non è il momento di pensare al futuro, devo affrontare questo presente.
Poche ore mancano.
Questo ora è il nostro presente.
Da domani saremo di nuovo soli, uniti nel cuore.
Da domani rinascerò di nuovo come una nuova donna, non una donna peggiore, una donna diversa.




martedì 4 dicembre 2012

avvisaglie

...che ti ritrovi davanti ad un bancone ad aspettare che i tuoi kebab siano pronti, perchè non ti va di cucinare, e fondamentalmente non te ne frega più niente di mangiare sano, senza grassi e bio.
E senti che arriva quel dolore lontano.
Vai al bagno del centro commerciale, con la bianca luce a neon e l'accecante bagliore delle maioliche  fredde. Entri e senti un piccolo vagito e con la coda dell'occhio scorgi un confettino rosa sul fasciatoio e una giovane mamma che parla da sola.
E tu devi andare in bagno a controllare.
E non hai nemmeno i fazzoletti.
E tuo figlio rischia di andarsene nel cesso di un bagno pubblico, mentre il vagito aumenta di volume e la voce della mamma che parla da sola pure.
Quanto è stronza la vita.

Avvisaglie.

Forza figlio mio.
Questa è la parte più difficile per te.
Per me.
Vai.
La mamma è qui, non ti lascia mai.
Il passaggio è difficile.
Dopo sarà bello.
Mamma ti ha preparato un posto nel cuore.
Lì,
saremo per sempre insieme.

giovedì 22 novembre 2012

di notte


bizzarra questa cantante
bizzarra è la notte



Ora,
è cosa risaputa, o meglio lo è per me da un mese, che io la notte, tra le 3.30 e le 4.30, spalanchi gli occhi come due fari e, in attesa di riprendere una specie di sonno, decida per due opzioni.
La prima è leggere la peggio letteratura rosa del momento. Dopo l'ultima ecografia, su un autogrill del Grande Raccordo Anulare, ho acquistato un libro che ne contiene tre. Ho detto tutto. Solitamente la strategia è quella di distrarre la mente per qualcosa di insulso e leggero, confondendola con le avventure improbabili di singles newyorkesi travestite da Carrie Bradshaw di Sex&thecity,  ma ultimamente nemmeno questo funziona. La questione è che ho sete, una sete terribile, ma non bevo, perchè il meccanismo che si innesca è pipì-risveglio-bagno-letto-occhi sbarrati-pipì-bagno-letto e così via fino al mattino.

domenica 18 novembre 2012

Brinderò...

....con il mio vomito!
Se un giorno vomiterò per nausee da donna gravida.

Per ora di effetti collaterali tanto decantati io non ne vedo nemmeno l'ombra.
Cosa sono le nausee e i vomitini qua e là che, con bavetta alla bocca, leggo nei forum, tra le mie amiche incinta, e come primi sintomi della gravidanza, io non lo so!
L'altro giorno, pure il mio carodott mi ha fatto questa domanda, prima dell'eco: "hai nausee, vomito? dolori al seno?" - e volevo morì quando me lo ha chiesto -
E lì mentre mi accingevo a dire che non cosa significa, il marito mi ha preceduto quasi urlando:"no, non ha mai vomitato!!!ma le nausee si, eh! le nausee ce l'ha!" -tutto orgoglioso -  e mentre lo guardavo con la faccia appesa, ho spiegato che il massimo che ho è un olfatto da donna bionica. Quello sì, vabbè, ma in generale ce l'ho sempre. Che l'altro giorno ho dovuto chiudere i vetri della finestra perchè dall'altra parte di casa c'era lo stendino dei panni stesi ed io non sopportavo l'odore del detersivo, ok. Va bene. Che mi sono accorta che il carodott fuma, ok, me lo aveva detto la segretaria, ma non lo avevo capito prima. Ora sì, c'ho fatto caso, e so' soddisfazioni.
Ma da qui a dire che ho le nausee, insomma dai. Mi veniva da vomitare l'altro giorno perchè stavo leggendo in macchina e un paio di curve hanno avuto la meglio sul mio stomaco vuoto.
Ma state bboni.
Questi non sono sintomi da donna gravida, su!
E non ho più dolori.
Da quando all'amazzone abbiamo fatto tanaliberatutti! con l'ecografia, si è ritirata in un silenzio preoccupante. Che prima erano dolori forti alla pancia, ai reni e perdite brutte marroni.
Ora no. Scomparso tutto dal giorno dell'ecografia.
Va bene, ho fatto la prima puntura di lentogest, da quel momento, in aggiunta alle punture di prontogest, è scomparso tutto.
Po' esse' quello?
Ammazza, 'na bomba a effetto immediato 'sto lentogest! Ma datemelo prima no?
mmm.
Ah si.
Qualche sintomo a volerlo cercare con la lente di ingrandimento, lo troviamo pure.
Mi addormento volentieri come una pera cotta la sera, ovunque io sia. Che poi ovunque io sia, vista la vita mondana che faccio ultimamente, vuol dire o sul divano o sul letto.
Ieri sera mi sono addormentata alla grande, mentre intorno a me tutti i miei familiari festeggiavano il compleanno della mia mamma, con ospite nuovo, mai entrato a casa mia, annesso. Figura di merda.
Ah si, e poi il seno! Che era la seconda domanda del carodott.
Su quello non esiste marito che mi anticipi, lo so io e basta.
No, non mi fa male.
Tiè.
Però ho due capezzoli che assomigliano a quelli di wonderwoman in versione attacco nemico.
Un dolore certe volte, che sembra che c'hanno infilato due coltelli dentro e poi li hanno fatti uscire dalla schiena.
Si, vabbè, ma che vor dì??! Me sto a fa' dieci litri di progesterone al giorno, tra punture e ovuli. Ho la schiena piena di bozzi, mi pare il minimo questo.

Ok, l'abbiamo capito.
Se ho i dolori sto meglio psicologicamente, perchè so che qualcosa c'è, lavora, si muove, fa qualcosa per crescere.
Così no. Così è terribile amore mio.
E non ditemi che le gravidanze normali non hanno sintomi nè dolori solitamente, perchè io vi rispondo che io di normale non ho mai avuto niente, in fatto di gravidanza intendo ovviamente (anche al cervello dite?).
E quando dico alla mia collega, e al mio amico agopuntore dott, che ho dolori e quindi non mi alzo dal letto, loro alzano il sopracciglio con la faccia a punto interrogativo, e dicono: "e come mai?"
E no! Come mai lo dico io ora! Io ho dolori di solito. Quindi i dolori se se ne vanno io sbrocco!!!!
Questo per me è normale.
Niente più.

E lo so, sono una deficiente, non c'è bisogno di sottolinearlo.
Così niente, mi invento le cose. Me le faccio venire, perchè io non posso stare bene, qualcosa mi deve succedere, così mi tranquillizzo (vi prego ditemi che leggete l'ironia, se no mi butto di sotto).
E insomma niente, ieri mattina mi sveglio, faccio la doccia, e guardandomi allo specchio, mi trovo metà pancia completamente nera.
Non esagero.
Un versamento gigante, diffuso dal lato sinistro, dove il giorno prima avevo fatto una puntura di eparina, fino all'ombellico!!! Un'ematoma nero, dolorante ed enorme!
Mi prende un colpo.
Eppure avevo imparato un metodo infallibile per non farmi più venire i lividi da eparina. Mi stavo pavoneggiando come un'esperta!
Consulto tutto il consultabile.
Trovo una crema che si può usare in gravidanza e faccio impacco.
Intanto non soddisfatta mando sms al carodott. che si conclude così:
"senti, non voglio esagerare, ma non è che è troppa roba?"
e lui, serafico, risponde:
"senza dubbio, ma è l'aspirina che sta facendo casino, sospendila".
Ecco, e per fortuna che ogni tanto mi vengono dubbi seri.

E così, la giornata è passata con questo escamotage tragi-comico,
E oggi?
Che mi invento?


mercoledì 14 novembre 2012

fermare il tempo


Vorrei rimanere così,

cullata dall'incertezza.

Vorrei non dover immaginare quel dopo che tante volte ho già vissuto.

Vorrei solo immaginare un lieto fine, ma non ci riesco.

So già cosa farò se tu non ci sarai.

So già cosa accadrà.

Non so cosa farò se invece tu sarai qui, ma questo, ovviamente, non mi spaventa.

Vorrei solo non dover affrontare questa ennesima prova, vorrei non dovermi sempre sentire alla vigilia di un esame importante: come all'università, quando la mattina mi sedevo davanti al professore e in quel preciso istante avevo l'istinto di fuggire e non affrontare quella realtà.

Poi rimanevo.

Non sono mai scappata.

Però poi negli anni gli esami son diventati più difficili, sempre più insostenibili.

Ogni volta più duri, ogni volta più difficile l'attesa.


Quasi un mese fa, i miei piccoli si sono accesi per diventare vita.

Molti si sono fermati, due sono in attesa, uno, forse, è ancora qui con noi.

forse.

Vorrei rimanere in questo limbo di incertezza, vorrei non dovermi sedere al tavolo della commissione e affrontare il dolore.

Ora sono stanca per affrontare altro dolore.

Vorrei chiudere gli occhi e svegliarmi la mattina di natale e credere che ogni tanto le preghiere vengono ascoltate e la mia vita, che già così è messa a disposizione, abbia un senso nel processo di creazione.




eppure, non posso fermare il tempo, non posso farlo.

Purtroppo no.

domenica 21 ottobre 2012

per voi


Signore Gesù, noi ti preghiamo per tutti quelli che sono disperati ed in preda alla paura. 
Fa che non cerchino sicurezza in se stessi o negli altri uomini, ma solo nella volontà del Padre. 
Insegnaci ad accettare e compiere in ogni momento la volontà di Dio, 
per evitare di rimanere invischiati in false preoccupazioni per il passato e per il futuro.



Signore  Gesù,  noi  ti preghiamo  per  coloro  le  cui  croci  sono  diventate troppo pesanti. 
Per il tuo Prezioso Sangue aiutali a rialzarsi ogni volta che cadono, lungo
tutto il cammino della vita.
 Fa, che ognuno di noi, comprenda che il vero amore in
questo mondo si dimostra particolarmente quando, malgrado la nostra debolezza,
non ci arrestiamo, ma riprendiamo comunque la strada.

domenica 14 ottobre 2012

di nuovo tu.

Ho fatto un sogno stanotte.
Ero in un quartiere popolare di Roma, entravo ed uscivo dai negozi, ma ero lì per distrarmi e cercare di non pensare.
Con me c'era Pamela, la mia amica salita in cielo.
Mi arriva una mail sul telefonino: i risultati delle beta fatte la mattina.
Mi appoggio al muro fuori da un negozio e aspetto che si apra il file pdf.
Pamela continua a parlare.
Si apre il file:
150

Io comincio a piangere.
Lei non se ne accorge, parla parla, poi si ferma.
"c'è!"
grido.
"è qui con me Pami!!!! c'è!!! è tornato!!!"
e lei mi abbraccia.

Lei è con me sempre.
C'è stata per ogni gravidanza, e di solito la sogno sempre qualche tempo prima.
Non ho mai pensato ai risultati fino ad oggi.
Non ho mai pensato al perchè di tutto questo, e la ragione per cui non l'ho fatto è perchè in questo momento posso occuparmi solo di un pezzetto alla volta. Ora la stimolazione, domani il pick up, dopodomani il trasfer, poi le beta, e così via...
Invece stanotte era tutto chiarissimo.
E c'era lei...




Oggi sono 365 giorni da quando la mia quarta gravidanza si è interrotta.
Il distacco più brutto, nonostante il dopo sia stato più doloroso.
La delusione e il vuoto più grande, che mi ha fatto sanguinare per tutto questo tempo.
Domani è la giornata internazionale della consapevolezza sulla morte dei bambini in gravidanza e dopo la nascita.
Accenderò una candela per tutti i nostri piccoli, pregandoli di far arrivare il loro fratellino tra noi.



giovedì 11 ottobre 2012

4° passo: stanchezza

mi senti?
mi senti tu?
mi vedi?
son qui.
sono a braccia aperte per te.
lascio che mi attraversino e che decidano per te, per noi.
mi senti tu?
sono stanca. stanca.
a volte penso di crollare.
Dammi la forza. Ti prego, dammi la forza.



aggiornamento da cronaca:
2° prelievo estradiolo stamattina. Da 78.5 siamo passati a 924. Telefonata del dottore dopo aver visto i risultati. Si inizia con il cetrotide come antagonista per evitare l'iperstimolazione. Mi dice che ho l'ovaio di una ventenne. Che sta andando benissimo. Ok. Controllo ecografico nel pomeriggio. Follicoli a destra che è una festa, il più grande è di 13mm. Il sinistro tace silente. Me lo immagino come in auto-punizione all'angoletto, dopo la "misfatta di maggio".
E stasera prima puntura di un nuovo protagonista della faccenda. Piuttosto esoso, per non dire costoso, perchè non mutuabile. Euro cinquantasei a puntura. Doccia gelata.
Nausea. 
Prurito.
Raffreddore.
Mal di gola.
Sono stanca e soddisfatta.
Ma tanto tanto tanto stanca.


Fab, io e Hope ci siamo appena presi un pò gocce di Bach. Hope ha deciso di prenderle solo quando ha visto che le prendevamo anche noi. Giuro.
Nella speranza di dormire, 'notte.


martedì 9 ottobre 2012

3° passo: io e la pma


Questo non è un vademecum per la procreazione assistita.
Il mio percorso è molto diverso da quello di altre donne.
Il risultato sin qua è il medesimo comunque.