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mercoledì 6 maggio 2015

Gobinde Mukande

Ieri sera ho imparato un nuovo mantra e una nuova meditazione.
La inizierò con la nuova stimolazione che partirà e, visto che dovrà durare i soliti 40 giorni, sarà perfetta per tutto il nuovo percorso.

Non sono spaventata, non ho paura, lo dico sul serio.
Sono stanca, perchè il lavoro mi impegna e i prelievi e le flebo sono tanti, compreso gestire le incompetenze altrui e il disordine e la poca professionalità delle persone. Ma questo, si sa, fa parte del gioco PMA.
Comunque, il punto non è questo.
Il punto è riuscire a gestire la mia rabbia verso gli altri.
Mi guardo da fuori e sono brutta.
Continuo ad aspettarmi chissà cosa e rimango male, mi sento triste.
Avrei tante cose da dire e non ne ho voglia, mi annoio ad ascoltarmi.

Quindi inizierò questa nuova meditazione:
GOBINDE MUKANDE

Questa meditazione pulisce il proprio karma, aiuta ad eliminare i propri blocchi, ed io ho molti blocchi evidentemente, che mi tengono inchiodata al passato.
Giorni fa leggevo un post di una blogger che ha da poco subìto un aborto, dopo anni e anni di ricerca di un figlio, e alla quale hanno dato i risultati del perchè è accaduto.
Le sue parole mi hanno bloccata.
Sapere la causa ti permette di perdonarti e di ricominciare..."
Io non ho mai ricevuto una risposta, mai una risposta, un perchè mi è accaduto questo in tre anni.
Non ho pace nel mio cuore e non mi arrendo per questo motivo.
Io non mi sono perdonata.
Mi sono fermata e ho avuto bisogno di guardarmi dentro, come qualcuno mi scrisse qui, ho avuto bisogno di "rimuginarci su", a costo di sembrare una pippotica indomata.
Pazienza.
Ora non ho paura del futuro ma ho avuto bisogno di aiuto e ho visto il nulla con me.
Il giorno del mio compleanno, è stato difficile ricevere quelle beta negative, più difficile è stato non ricevere una telefonata di auguri.
L'immobilità e la terapia di flebo mi avevano provato e avrei avuto bisogno di un abbraccio. 
Invece ho ingoiato lacrime, durate solo quel giorno, poi basta.
Sono forte, dicono.
Quindi non ho bisogno di niente.
Non spiego nemmeno più.
Quindi ho bisogno di pulire il mio karma e imparare a non programmare tutto.
Ho bisogno di fare uno sforzo enorme per non avere tutto sotto controllo.
Ma la pma è un percorso a ostacoli, non so come si fa a lasciar andare le cose come arrivano.
Non sono capace, devo imparare.

Leggevo ieri sera che dobbiamo immaginarci la nostra casa, con dentro tutte le nostre cose, quelle più care, le cose che ci piacciono e che conosciamo. E poi immaginiamoci una stanza sul retro della casa, con dentro tutte le cose a cui non stiamo pensando, che fanno parte del nostro passato. Questa stanza è piena di ingombri, di tutte le cose di cui non ci siamo disfatti, a volte la stanza sul retro è così piena di spazzatura che non si può chiudere la porta e addirittura si riversa nella stanza della mente conscia. Improvvisamente agiamo con paura, diventiamo preoccupati per pensieri infondati.
Ecco, io ora sono così.

"Gobinde, Mukande, Udare, Apare, Hariang, Kariang, Nirname, Akame" 
(Sostenitore, Liberatore, Illuminatore, Infinito, Distruttore, Creatore, Senza Nome, Senza Desiderio)

Recitare questo mantra per 11 minuti è come fare una doccia al subconscio.

Gobinde, tengo le braccia e le mani in alto verso il cielo, vengo dall'alto.
Mukande, porto le mani chiuse a pugno verso di me, mi incarno.
Udare, porto le mani con i palmi davanti al mio viso, guardo il mio karma.
Apare, giro i palmi delle mani e allontano le mani dal mio viso, rifiuto il mio karma
Hariang Kariang, riporto le mani verso di me, guardo di nuovo l'interno delle mie mani, perchè il karma ritorna anche se non lo voglio guardare.
Nirmane, le mie mani si muovono davanti ai miei occhi, lavoro sul mio karma.
Akame, mani in posizione di preghiera, ringrazio. 

domenica 30 novembre 2014

Gratitudine

Non so bene come andranno le cose stavolta.
So che finalmente sapremo cosa fare.
Abbiamo preso una via, l'unica da prendere, e mai come oggi sono serena.
Non riesco a ritrovarmi in quella che ero.
Sono stranamente tranquilla e ricerco segnali di un passato già vissuto, ma non li trovo.

Respiro.

Ho la mente occupata, il cuore pure.
Forse non sono più disposta a stare male.
Forse è sopravvivenza.
Guardo da fuori ciò che accade, guardo al futuro. Non sono più disposta a spiegare. Non ho più voglia di capire. Non credo sia più giusto cercare giustificazioni.
Io non mi giustifico.
Mai.
Sono molto esigente con me stessa, non mi faccio sconti, credo non imparerò mai a farmeli.

Raccolgo perle.
Filippo è stata una perla luminosa, perchè ha illuminato una strada che io già percorrevo ma che non vedevo.
Ero al buio e non sapevo dove stavo andando.
Tutta la mia storia, alla fine, mi è piaciuta.
Sorrido a scriverlo.
Mi è piaciuta perchè mi ha restituito una me migliore.

Mi sta stretto tutto l'intorno.
Ho voglia di tenere stretti i miei amori.
Adoro la mia casa, la mia tana.
Mi piace addormentarmi stanca.
Mi piace volgere lo sguardo agli angeli appesi che mi salutano dandomi la buonanotte.
Ho voglia di viaggiare, di incontrare gente nuova, perchè ora so che di gente bella ce n'è. Ho sbagliato a credere che non è così.
Ora ho in mano un passino con la rete stretta, alla fine,
rimangono solo i pezzi buoni.
Prima non lo avevo questo strumento e io raccoglievo (elemosinavo) amore.

Essere un'abortiva mi ha cambiato per sempre.
Dare un'anima e un'identità e un nome ai miei figli, è stata un'esperienza (che se si ripeterà -perchè non so se si ripeterà- considero comunque chiusa) che mi ha dato tanto, che mi ha elevato ad un livello di conoscenza di me stessa che difficilmente avrei potuto raggiungere.
Ora il mondo è migliore con in mano questa lente di ingrandimento.

Saranno giorni difficili, che spero mi restituiranno un natale caldo, lento, sereno.
Se vi va pensatemi, anche se mi sento forte e la paura non mi dominerà.

Vi invito a leggere e a mandare i vostri contributi a questo blog, nato per amore, nato per rinascere, nato per vivere.
http://piovonomiracoli.wordpress.com/

Grazie.


La gratitudine è la memoria del cuore.

(Jean Baptiste Massieu)

lunedì 28 luglio 2014

26 luglio 2014 - Sant'Anna - Anna significa "mamma"

Deriva dal nome ebraico חַנָּה (Channah), che vuol dire favore", "grazia"[1][4][5][9]; il significato viene talvolta interpretato come "graziosa"[2][5].
È un nome biblico: è presente nell'Antico Testamento, dove è portato da Anna, madre del profeta Samuele[4][9], e anche nel Nuovo Testamento, nella figura di Anna, l'anziana profetessa di Gerusalemme che, assieme a Simeone, riconobbe in Gesù bambino il Messia[9][10]. La madre della MadonnaAnna, non è mai citata nei Vangeli e fa parte di una tradizione cristiana più tarda, tuttavia è stata proprio la sua popolarità in periodo medievale ad assicurare la diffusione del nome[5][10].
La lingua inglese conta il nome in diverse varianti: Hannah è quella usata generalmente in tutte le traduzioni della Bibbia (laddove l'italiano usa "Anna", ereditato dalle traduzioni greche e latine), ma cominciò a diventare comune solo con la Riforma protestante[1]Anne è il nome con cui è in genere chiamata la madre di Maria[10]; la forma Anna entrò nell'uso comune a partire dal XVIII secolo[10].
Anna è stato il secondo nome femminile più diffuso in Italia nel XX secolo[11]. Inoltre, nelle forme "Anna" e "Hannah", ha la particolarità di essere palindromo.
Va notato che Anna coincide con alcuni altri nomi, di origine differente: ad esempio, il nome maschile Anna, portato da un sommo sacerdote nel Nuovo Testamento, che è propriamente un'abbreviazione del nome Anania
in lingua berberaAnna significa "mamma"[12].

Avevo iniziato questo post esattamente un anno fa. Poi l'ho lasciato lì, chiuso in un cassetto.
Anna significa "mamma".
Ho preferito tenere per me questa verità, ho pensato non interessasse poi a nessuno. Dovevo fare mio questo concetto.
L'ho fatto, vivendo quotidianamente un'attesa, lottando per ciò che è stato, per ricostruirmi, per imparare.
Non sono stanca di lottare,sono solo in un momento di immobilità che la realtà del momento mi impone, ma è un momento di passaggio (lo so) e so anche che questo momento si trasformerà in una nuova fase. Ho smesso di nuotare, tanto per citare sempre l'immagine di una me alla deriva in un mare in burrasca. Ho smesso di nuotare, ma sono traghettata. Vivo così. Ora è così. Mi lascio traghettare, ho costruito tanto affinchè  le cose potessero essere così. Me lo merito. Posso permettermi di lasciare ciondolare gambe e braccia e lasciarmi andare,non trasportata indifferentemente dalla corrente, perchè c'è chi mi traghetta. Ed io lascio fare.
Sono accadute molte cose nel frattempo. O forse non è accaduto niente.
Per tanti il mio molto non è abbastanza, ma non è importante ora. 

Non l'ho pubblicato. Questo è accaduto perchè il giudizio comunque pesa. Pesa su un'anima come la mia, pesa su un cuore addolorato, pesa sulla mia sensibilità.
Io non riesco a non considerare il giudizio degli altri,  perchè sono un'insicura. Lo sono, anche a quarant'anni, forse più di prima. Mi sto interrogando molto su questo punto in questi mesi. La mia insicurezza sta pesando sul mio lavoro e sulle mie scelte, viene da lontano,  so da dove.

In ogni caso, il bisogno di sviscerare, di buttar fuori la parte più intima di una me traballante, ha fatto sì che intorno a me si sentissero in diritto di analizzare la situazione molte persone. 
Io lo permetto.
 Perchè l'opinione degli altri mi interessa, perchè ritengo che il confronto è sempre e comunque un momento di crescita.
Se è un confronto.
La questione è che spesso il giudizio non comporta confronto e nemmeno conforto. 
C'è, da una parte, la volontà di risolvere il problema, pur non avendo mai chiesto di farlo, oppure c'è l'illusione di voler aiutare chi denuncia un dolore e un malessere, senza rendersi conto che in realtà si vuole aiutare se stessi, ricercando in persone come me, la soluzione ai propri problemi.
Sono accadute delle cose, dal mio punto di vista molto gravi, che hanno minato alla mia insicurezza. Questo ha fatto sì che io mi chiudessi in me stessa interrogandomi su tutto. E per tutto vuol dire tutto. Dal lavoro, alla famiglia, alle scelte che ho fatto per cercare i miei figli. Mi sono sentita una fallita.
.
Ciò che a me ha fatto male è stato il non riuscire a difendermi circa il mio sentirmi madre. Comunque.
Ho lasciato che mi si convincesse che io non lo sono. Perchè non ci sono figli con me.
Ho lasciato che mi si facesse credere che la mia vita non ha senso impostata così, continuamente alla ricerca.
Ho lasciato che i miei figli rimanessere soli.
Li ho lasciati soli. 
Non siete esistiti.
Sono esistita solo io. 
Tutto ha girato intorno a me, tutte le scelte, le responsabilità, tutti i fatti accaduti.
Come se fossi l'unica artefice di tutto.
Questo mi ha fatto male. Questo è un male che mi si è attaccatto addosso, mi è entrato dentro, mi ha scavato.
Non sarai mai madre finchè non sarai responsabile di te stessa.
Queste parole risuonano nella mia mente come macigni.
Ho pensato che è davvero così.
Ho sbagliato.
Sono una persona che ha desiderato avere dei figli. Sono rimasta incinta molte volte e ogni volta le mie gravidanze si sono interrotte. A volte in maniera indolore, se vogliamo dirla così, a volte in maniera drammatica. Drammatica secondo il mio metro.
Ho creduto di poter imparare da questo, ho cercato di trasformare il dolore e l'assenza in un'occasione di crescita prima di tutto di me stessa. 
Ritengo di esserci riuscita.
Per arrivare a questo ho dovuto sviscerare alcuni fatti, analizzandoli.
Sono la sola autorizzata a farlo. Ciononostante rendo partecipi di questo la maggior parte delle persone che mi frequenta, che mi conosce e in questo caso, che mi legge.
Stop.
La storia è questa.
Non c'è altro.
Ho il diritto di raccontarla senza per questo dovermi sentire una persona diversa.
Non sono una persona diversa. Vivo solo molto intensamente la mia vita. Il mio passato e il mio presente.
Per il mio futuro ho qualche problema, ora. E non ho difficoltà ad ammetterlo. L'assenza di ciò che è stato mi radica inevitabilmente nel passato, e a volte il ricordo di ciò che è stato e che ora non c'è mi è più di conforto che l'immobilità. Non è il mio passato a bloccarmi, da lì traggo la forza per costruire il futuro. La frase più ricorrente che persone come me si sentono dire  è "ciò che è stato è stato, ora si va avanti".
Andiamo avanti. Certo che andiamo avanti. Ogni giorno.
Come tutti.
Solo che ci facciamo delle domande.
Intorno ad un'assenza si impara a costruire il futuro.
E' solo più difficile, perchè non ci si può appoggiare a nulla se non a ciò che si è fatto fino a questo punto per andare avanti. 

A me la filosofia di Pollyanna  è sempre sembrata una stronzata. Non è che dicendosi che la vita è bellissima e piena di colori allora magicamente si risolvono le cose. Non è che solo leggendo di cose belle o frequentando solo persone che ridono e sono felici e allegre e tanto primaverili e frizzanti (come la società impone), vuol dire che si sono risolti tutti i problemi. Ognuno di noi trova il modo di essere una Pollyanna, è questione di sopravvivenza, solo non capisco perchè alle persone che hanno difficoltà (di qualsiasi natura esse siano) si richiede uno sforzo ancor maggiore di equilibrio, di successo, di coerenza.
Per le persone come me non si ammette tolleranza. 
Pensateci bene, è così.


I miei figli sono esistiti. La loro esistenza è durata pochissimo ma sono arrivati affinchè io comprendessi alcune cose di me. Sono una donna in cammino.
La mia colpa è di denunciare questi fatti, con una fame di condivisione che sorprende anche me. Ho sete di parlare all'infinito di ciò che è stato, di ciò che è, di ciò che sarà, senza commiserazione, senza giudizi.
Vivo intensamente ogni istante della mia vita.
Ho amato alla follia il mio lavoro. Non ho un soldo da parte proprio perchè ho fatto delle scelte non condivisibili ai più. Questo sta attualmente influenzando anche il mio problema gravidanze, e lo ha fatto in passato quando sono stata costretta a letto durante gli aborti&Co. senza garanzie e stipendio. Ma ho amato le mie scelte, che sono state sempre scelte consapevoli. E così il bisogno di ricercare i miei figli influenza a sua volta il mio lavoro, che chiaramente ha subìto danni ingenti, di stop e di retromarcia. E ora ne pago le conseguenze. Ma anche queste sono state scelte lucide e coerenti con me stessa.
Perchè lo spiego.
Perchè dò l'anima per tutto quello che faccio. Mi è proprio difficile fare una cosa senza viverla a 360°, così per l'amore, la famiglia, gli amici, il lavoro, i miei figli. Qui racconto dei miei figli, che sono tutta la mia vita.
Sono la parte più importante di me e ne parlo, lo racconto, analizzo i sentimenti, perchè fino ad oggi (per quanto quattro anni di ricerca possano sembrare un'infinità) non lo sapevo che il mio ruolo nel mondo era quello di essere mamma, e mi sorprendo ancora a scoprirlo.
Anna significa "mamma".
Come posso smettere di esserlo se per me è naturale ed istintivo il contrario?
Mi si chiede di andare avanti che altrimenti la mia vita cade in pezzi.
La mia vita è ben consolidata. La mia esistenza ha radici profonde. Sono un'anima che viene da lontano.
So cosa mi fa male e mi fa male andare avanti senza i miei figli, dando credito a chi mina alle mie certezze, facendomi credere che la vita è altro.
Si vive anche di assenze e intorno a queste si costruisce tutto un progetto di esistenza.
La mia vita è questo.
Ed è tanto.


Un mese fa ho deciso di sottopormi ad un trattamento di reiki.
E' stata un'emozione forte, intensa. Sentivo un'energia fortissima come un vortice all'altezza della mia pancia. Utero e ovaie tesi. Ho sentito intensamente che il mio nodo è lì, passa di lì.
Alla fine del trattamento mi è stato chiesto se avevo subìto delle perdite (non ero andata lì per le gravidanze, la mia storia non l'avevo raccontata, chi mi ha fatto il trattamento era un ragazzetto sbarbato che sa il fatto suo).
Ho detto di sì.
Mi è stato detto che durante tutto il tempo si vedeva una bambina.
Questa bambina diceva: sei tutta la mia vita.
Il dopo però non ha avuto conseguenze.
Da un momento iniziale di felicità immensa per aver ricevuto questo messaggio, sono seguiti momenti di buio, inghiottita da altro, dal giudizio, da chi ha pensato di psicoanalizzarmi, dal "non sarai mai madre finchè non sarai responsabile di te stessa",  eccetera eccetera.
Mi sono sfogata.
Ho pianto con chi ha capito e mi ha rimesso sulla mia strada (ti voglio bene Silvia).
Ho cercato di non affogare ma il peggio doveva ancora arrivare.
Ho rimesso in gioco tutto.
Lo sto facendo ancora.
Ma ora ho stoppato tutto.

Si parla tanto di dolore che spesso le persone lo usano impropriamente per farci una carriera, oppure per riempirsi le tasche di saggezza, per credere di condurre un'esistenza assennata e in equlibrio, tanto da essere promossi a ruolo di consigliere delle vite altrui.
Io parlo di dolore con cognizione.
Tutti noi potremmo farlo. Chi non ha vissuto un dolore?
Ma non tutti lo fanno.
Spesso "si va avanti" e non ci si chiede altro. 
Il vivere accanto ad un dolore, un'assenza, un futuro che non è, non implica necessariamente una non-vita.
E' la consapevolezza che salva.
E chi è consapevole di vivere e sopravvivere ad un dolore, sa che anche questo è la propria vita, che nessuno ha il diritto di giudicare superficialmente.
Mia figlia gira per i sogni di gente sconosciuta (è accaduto poi con altre due persone), è una bambina che può essere tutto, o tutti coloro che sono passati per il mio nodo-pancia. 
Lei è tutta la mia vita. Loro lo sono.


Non vi racconterò che nonostante tutto (il mio tutto) vivo una vita piena di cose belle, non lo faccio perchè non mi interessa farlo. Mi racconto per il cammino che sto facendo. 
I miei figli e le persone che hanno fanno parte della mia vita e che ora non ci sono più, mi camminano accanto, lo sento. E' una certezza che mi dà la forza di fare delle scelte, oppure di lasciare che le situazioni annodate si sciolgano di fronte a me mentre cammino.
Non leggerete di dove sono stata due giorni fa, che mi ha riempito cuore e occhi. Per questo basta telefonarmi, leggermi su facebook, incontrarmi al ristorante mentre mangiamo una pizza, chattare su whatsapp (sono un drago in questo). Per questo, leggete altrove.




Usare con cautela le persone.
Io ci sono.
Vado avanti, certo.
Sempre e a modo mio.




p.s
questo post è anche per tutte le mamme di ciaolapo del gruppo "mettiamoci la faccia", di cui ho conosciuto il volto dei loro figli-angeli e tutta la loro sofferenza. E anche per chi mi vive accanto, che scrivere e parlare di dolore, non sempre è semplice farlo.

domenica 15 giugno 2014

Ricerca

Faccio i conti con questa me stessa tutti i giorni.
La ritrovo la notte, in sogni pieni di gente, gente che appartiene al mio passato, che ho conosciuto ma con la quale non ho avuto molti rapporti, la ritrovo in luoghi confusi, di luoghi riconosciuti ma senza ragione di essere lì, in quella situazione.
Mi riconosco, in ogni sussulto, respiro di condanna, dolore in punta di spillo, eterna speranza, sorriso ricercato, ossa ricostruite, nel mio corpo da salvare.
Ascolto la mia me stessa razionale, che programma, che organizza, ma non prevale più ormai. La ascolto per istanti, la seguo, ci credo ancora in lei, eppure ne sono distante, non mi appartiene. E' una me che vorrei seguire, a cui vorrei dire che ha ragione, che le cose funzioneranno così, ricordandosi di come si disegna il grafico della funzione di una retta.
Ma quella me vive da sola, è un pezzo che si è staccato nel mondo, è autonoma, non ha più bisogno di me.
Può farcela così, va nel mondo, senza di me. E funziona.
L'ho cresciuta, è maturata, va in proporzione all'età, è la me che ci si aspetta di incontrare. Sempre.
Ma l'ho abbandonata.
Ormai da un pò.

Ciò che scelgo di raccontare è ciò che rimane di me oggi. Non la minima parte. La parte più grande, quella insondabile, quella incomprensibile, la parte piena di dubbi e di domande, che non ha certezze.
Quella più facile da attaccare, da appendere ad un muro, da raccogliere per cercare di salvarla.
Io non devo essere salvata.
Non cerco soluzioni.
Sono in viaggio alla ricerca di una parte di me che ancora non conosco, cado nel frattempo, faccio errori, mi guardo indietro, cerco luce indietro, perchè non è vero che è stato solo buio, e faccio errori, nell'insindacabile bisogno di completarmi, per tornare a ricongiungermi finalmente con la parte che, matura, viaggia da sola. Nel bisogno di completarmi.

Sto imparando ad accettare che l'intercessione, al di là della mia Fede (in qualcuno, in qualcosa), guarisca le mie ferite e mi regali nuova vita. Accetto mani sulla mia pancia, preghiere sussurrate commosse, lacrime e abbracci stretti. Accetto il silenzio intorno a me. Osservo. Chi ha la soluzione, che sia razionale, che sia di Fede. Invidio per questo. Imparo.
A lasciarmi andare a pianti a singhiozzo, sola, al centro di una scala stretta, dopo che mani sconosciute hanno toccato il mio cuore e la mia pancia, chiedendo che io sia completata.
Che è la mia preghiera.
Che è la mia soluzione.
Sussurro, ogni sera, parole lette in un cartoncino, come i mantra che recito durante le lezioni di yoga, dando corpo alla luce che avverto dentro.
Mi pongo domande. Tante. Perchè io. Perchè dovrei essere ascoltata e da chi poi. Perchè la mia richiesta dovrebbe valere più di quella di mio marito, o dei miei genitori o delle tante persone che chiedono per noi. Perchè di nuovo tutto dipende da me? Perchè una grazia non dovrebbe essere esaudita anche se io non la richiedo. Perchè dovrei farlo, io che ho tutto, che ho cuore e testa per salvarmi, quando ci sono persone che non hanno nulla e che hanno molto più bisogno di me?
I miei figli mi hanno attraversata. Parte di loro vive in me. Non riesco ad ignorarli. E questo non vuol dire non riuscire a lasciar andare. I miei figli sono andati via. Sono esistiti talmente poco che la maggior parte della gente non considera nemmeno la loro esistenza. Non ho tombe sulle quali piangere. Non le cerco.
Non ho bisogno ora di questo. Il tempo è passato, ed è stato un tempo sufficientemente lungo per potermi permettere di ricostruirmi intorno ai vuoti che hanno lasciato. Ho imparato a riconoscere i segni dei loro passaggi, e questo mi basta. E' tanto per me. C'è chi non ha nemmeno questo. E così si muore.
Io non muoio perchè li chiamo "figli". Lo so che è un termine che infastidisce. Lo so che mi dipinge come una donna ancorata ad un esistenza fatta a metà. Ma non è così. Il mio bisogno di riconoscerli mi impone l'obbligo di vivere per il mio futuro, e vivere nel migliore dei modi.
Parlarne mi consola.
Io lo posso fare solo qui.
Dare voce alla loro esistenza mi è proibito.
Quando posso farlo, quando possiamo farlo, crolliamo, sia io che lui, da soli, al centro di una stretta scala, a casa di una santa, scomodata per dare voce al nostro distinto istinto di genitori mancati. Crolliamo e piangiamo, sotto il peso dei giudizi, delle condanne, delle parole non richieste che pesano come macigni. Come fosse facile svegliarsi tutte le mattine e non giudicarsi da soli per come scegliamo di andare avanti, incerti se sia il modo più corretto per riprendere a camminare, nella ricerca spasmodica di raggiungerci, per completarci.


Pietro mi squadra intimorito, in quel modo che mi basta a farmi comprendere che non potrà mai capirmi. 
E poi dice una di quelle cose stupide che dice sempre.
"Cerca di stare tranquilla".
Strano che non abbia anche detto: "Dobbiamo guardare avanti".
E invece no, lo dice subito dopo: "Dobbiamo cercare di guardare avanti".
"Ah sì?" ho un tono di voce acuto, derisorio.
"E dimmi allora, cosa c'è avanti?" Cosa vedi di tanto interessante?"
"Io vedo te" mi risponde lui, guardandomi dritto negli occhi.

Nessuno sa di noi, Simona Spartaco

domenica 3 marzo 2013

di accoglienza e accettazione



Ciò che in questo momento preciso della mia vita più di tutto ritengo sia importante è il tema dell'accoglienza.
Accoglienza e accettazione.
Ciò che più di tutto mi serve in questo momento per completare un puzzle che ho cominciato a comporre tre anni fa, all'inizio di questo cammino.

Ieri sera ho incontrato alcune persone che non fanno più parte della mia vita da molto tempo, ma che erano per me i miei più cari amici.
Non scrivo con rancore.
Non scrivo con risentimento.
Ho preso atto di una situazione, una conoscenza, una realtà che prima di oggi non riuscivo a scorgere.
Prima di oggi il sentimento prevaricante era di disagio. Un disagio latente, sottile, che non mi faceva quadrare alcuni conti, che a somme tirate faceva mancare sempre quel qualcosa che mi sfuggiva.
Mi dicevo che era tutto normale, che le cose dovevano andare così.
Che ero io a sbagliare e che quel senso di smarrimento era momentaneo e legato magari ad una situazione, un fatto accaduto, un dramma, una colpa.
Mi sfuggiva però la visione globale del tutto.
Quel senso di disagio si è poi trasformato in distacco, mascherato da altro.
Mi dicevo che i fatti accaduti nella mia vita, mi ponevano in una posizione di svantaggio che, ritenevo essere non imparziale rispetto ad un giudizio che invece, secondo me, tale doveva essere.
Ieri sera ho rivisto queste persone, e quel disagio si è trasformato in differenza. 
Non era disagio, io sono differente.
Lo ero da sempre, ma non lo sapevo.
Cercavo di essere una persona che non ero, per essere accettata, ma oggi che la parola accettazione ha preso ben altro significato nella mia vita, riesco a ricollocarmi in una situazione vissuta, vivendola diversamente.
Le parole entravano ed uscivano dalle mie orecchie, senza fermarsi per il cervello. Sfoderavo sorrisi di circostanza, non lasciando indietro espressioni di intesa con il mio compagno, che comprendeva ogni singolo mio pensiero, pur non incrociando il mio sguardo.

Due alieni calati in un mondo che non ci appartiene più.

Ieri sera, ricontestualizzando una me stessa in un passato vissuto e un presente mai cambiato, ho riconosciuto una Anna completamente cambiata, profondamente diversa da come era e mai più disposta a tornare indietro.

Ciò che mi è accaduto ha cambiato per sempre la mia esistenza.

Poteva non succedere.

Potevo lasciar scivolare tutto questo e vivere la mia vita, sì con dispiacere per i fatti accaduti, ma etichettando il pacchetto come normale, come un qualcosa che poteva succedere, è accaduta, e per questo nulla potevo fare.
Potevano andare così le cose.
Ma non sono andate così.
Il cambiamento epocale che è iniziato dentro di me, la prima volta che ho perso il mio primo bambino, ha scavato negli anni fino a riportarmi ad un'esistenza diversa, una rinascita.
Potrei sembrare sempre la stessa ad occhi non attenti, ma non è così. Uno sguardo più fermo può accorgersi di quanto la mia espressione si sia trasformata e quanto il mio io sia diverso da quello all'inizio di questo cammino.
Ecco perchè mi è caro il tema dell'accettazione oggi.
Durante un incontro spirituale a cui ho partecipato giorni fa, si è parlato di questo, ci si è soffermati di fronte al fatto che ognuno di noi almeno una volta nella vita, ovvero al momento della nascita, è stato accettato. I nostri genitori sono stati felici di incontrarci per la prima volta, hanno gioito della nostra esistenza, in molti casi lo hanno fatto da prima della nostra nascita, sin dal primo momento in cui si è compreso che eravamo stati concepiti.
L'essere accolti ci dà il biglietto di ingresso per la vita.
Non essere accolti, accettati, ci rispedisce ad una condizione di inesistenza, di orfani.
Ho pensato molto a tutti i figli non accettati, a tutti i nati e poi morti perchè non accolti.
Ho avuto modo di conoscere da vicino, perchè conosco la persona che l'ha soccorsa,  la storia della ragazza romana che, dopo aver partorito in bagno, ha portato suo figlio in giro per la città in una busta.
Penso a questi figli.
A loro nessuno ha dato la green card per stare al mondo.
Penso ai miei figli, mai esistiti se non nel mio cuore.
A quanto mi hanno aiutato prendendomi per mano e portandomi dove sono ora, di nuovo all'inizio di tutto, non più disposta ad essere quella che non sono, non più disposta a sopportare un disagio non riconoscibile, non più disposta ad essere ricollocata in contesti di non accettazione, di me stessa e del mio pensiero. Oggi gridato a voce alta.

Loro hanno dato a me la carta di identità per essere accolta nel mondo.

Penso a quanto  una condizione così drammatica di abortività poteva cambiare la mia vita in peggio, facendomi vivere solo il brutto di tutta la faccenda.
Mi è stata data un'occasione, potevo non coglierla.
I miei figli mi hanno allungato la loro mano e mi hanno tirato.
Io ho avuto modo di conoscere molto più che prima, e a fondo, una situazione, un modo di vedere la vita, che ricercavo ma che non riuscivo a vedere.

Leggo di molte madri che fondano la loro esistenza su quella dei loro figli e che si interrogano di quale vita poteva esserci senza di loro.
Io son dovuta partire al contrario.
Ho dovuto chiedermi come sarebbe stata la mia esistenza e la conoscenza di questa me stessa, se loro oggi fossero stati qui.
Devo rivolgere a me stessa delle domande, dicendomi che, sì, il senso della mia vita è ora e adesso anche se loro non ci sono. Ma non perchè devo convincermi di questo, ma perchè il risultato del cambiamento è davvero questo.
Questo è il mio personale senso della vita.
Questa è la mia accoglienza verso i miei figli.
L'accettazione di me stessa che porta a loro.
Non è cosa da poco.
Eppure tutto ciò mi sembra una grande occasione di vita.
Una enorme occasione di vita.


E questo non può non generare che altra vita.


postilla delle ore 23.00
il mio migliore amico questa sera ci ha detto che è incinto.
il mio migliore amico, non la mia migliore amica.
dunque all'appello mancava solo lui.
ora il cerchio si chiude.
Sono stati concepiti tantissimi bambini insieme ai nostri. Tantissimi.
Tutti questi bambini hanno tenuto per mano i miei e li hanno conosciuti.
Quando i miei erano già desideri fatti carne e loro non erano nemmeno pensieri nelle menti dei loro genitori.
Nasceranno tutti insieme e saranno uomini e donne, quello che i miei non saranno.
Non so ancora gestire tutto questo.
E' così innaturale che io debba ricercare una logica in questo.
Così innaturale....



e poi ci siamo messaggiati, dopo, da soli, ognuno dalla propria casa...
"...Il giorno che ho visto questo nocciolino pulsare sono rimasto ammutolito... Non sapevo come ringraziare la vita...... Oggi capisco ancora di più quanto il vostro sforzo sia motivato. Prego affinché possiate coronarlo al più presto."