Comincio da qui:
da questo topolino rosa che, con tutta la calma serafica che solo una duenne saggia può avere, ciondolava per la spiaggia, camminando sugli asciugamani dei bagnanti, mangiando biscotti e ignorando completamente le urla esagerate di una mamma isterica e insoddisfatta.
Me ne sono innamorata non appena il suo sguardo si è posato distrattamente su di me, che nascosta da un paio di occhiali scuri, facevo finta di leggere pigramente sul mio lettino in prima fila, conquistato a fatica due ore prima.
Ho pensato "ti vorrei tanto."
E ho continuato ad osservarla.
Con aria sapiente e con totale noncuranza degli altri, il suo sorriso è dolce, il suo sorriso fa pensare ad una torta alla crema ricoperta di panna.
La sua mamma invece, non è bella. La osservo perchè è impossibile non notarla. Urla, arrabbiata, contro la sua primogenita, di cinque, sei anni? qualcosa del genere. Urla perchè non si veste da sola. Ma non è questo.
Io non mi impiccio degli affari mammeschi. Non sono mamma e non ne ho diritto. Non so cosa farei io al suo posto e quindi non mi impiccio. Non è bella perchè il suo viso è cupo, arrabbiato. Indossa un bikini imbarazzante, non per il reggiseno, che regge appunto un seno abbondante ma armonioso, ma per la mutanda che in versione ridottissima, quasi modello brasiliana, non sostiene un'ingombrante pancia, segnale di una gravidanza, quella della duenne, ancora da smaltire. Fuma. E si guarda intorno. Ha l'aria imbronciata. Non è contenta di stare lì. Forse pensa che qualche anno fa il suo corpo non era così sformato, e il tatuaggio sulla gamba era più bello da esporre. Forse pensa che sarebbe bello poter stare sdraiata a prendersi tutto il sole di una Badisco generosa e ventilata, senza dover pensare a biberon, biscotti, seienne che si è addormentata e duenne che se ne va in giro come una vecchietta che la sa lunga.
Si arrabbia con lei. Urla e le dà una sculacciata perchè è salita su un asciugamano vuoto, ma figurati cosa gliene importa a lei! Lei sta guardando il panorama, mangia il suo biscotto con la faccia da torta alla panna e non le importa nulla. Non le interessa nulla, ma lo schiaffo violento sul culo lo sente e inizia a piangere.
La mamma noncurante se ne va.
Io che faccio? Mi alzo?
vieni qui piccolina. Ti devo spiegare perchè hai preso lo schiaffo. Tu non hai capito. Se non te lo spiegano come puoi non rifarlo? vieni qui piccolina che ti faccio una pernacchia su quella panzotta cicciotta e così ridi di nuovo.
Ma non viene ovviamente. Piange disperata ed io con lei.Tu non sei mia. Io non sono tua.
Eppure mi sembra di sentire l'odore della tua pelle scaldata da questo sole inclemente, e immagino le dita della mia mano tra i tuoi capelli fini, e i giochi con la sabbia, le buche, i castelli e le palette e i secchielli colorati.
Ma non mi muovo di un millimetro.
Ovviamente.
Ho gli occhi lucidi, non per la bambina, ma per la mamma con la faccia incazzata che non è felice di stare lì con le sue bambine.
E per me stessa, perchè quel desiderio di bambino non passa, nonostante tutto.
Nonostante tutte le distrazioni dolorose.
Nonostante il lavoro.
Nonostante le preoccupazioni, i viaggi, le vacanze.
Nonostante gli altri.
Ho creduto di non volere più mio figlio.
Non era così.
Ho avuto bisogno di tamponare al meglio una situazione gravissima che gli ultimi eventi accaduti avevano ulteriormente aggravato.
Non ho avuto il tempo di pensare.
Sono stata male.
Prima emotivamente.
Poi assenza.
Non potevo permettermi nulla.
Poi sono stata male fisicamente. L'assenza di sapori si è trasformata in coliche che mi hanno strizzato lo stomaco tanto da portarmi in pronto soccorso il secondo giorno di mare.
Vacanze finite.
Se una settimana di mare si può chiamare vacanza. Se una sola settimana può bastare a tamponare un anno come quello appena passato.
No. Non può.
E nemmeno il Salento ha potuto, nonostante quei muri....
E nonostante la nostra Badisco, che tante volte ci ha cullato:
C'era bisogno anche di questo crollo fisico.
Ora abbiamo azzerato tutto. Raso al suolo tutto quello che è stato.
Ora ci sono.
Con una nuova vita.
Tutta da rifare.
Cammino su un pavimento appena posato, lucido e immacolato.
Le pareti sono nuove.
I soffitti bianchi.
Sento tutto. Tutto amplificato.
E' tutto chiaro, semplice e limpido per me.
Ho bisogno di stare bene e di ridere.
Ho pianto così tanto che mi sono dimenticata di come si fa a ridere.
Mentre cercavamo ossigeno salentino, sono passate davanti a me scene di risate passate negli stessi luoghi e per motivi diversi negli anni passati.
Ed io quest'anno, non riuscivo a ridere di nuovo.
E non sarà così per sempre.
Tornerò a ridere.
Ora basta.
Doveva accadere tutto questo.
Tutto quello che mi è accaduto.
Altrimenti come potrei raccontare la mia storia futura?
A mio figlio cosa potrei raccontare?
che il suo viso ricorda lo zucchero filato?
E a tutte le persone che hanno pensato e mi hanno detto che "ora basta eh. arrenditi"...
Scordatevelo!
Sono tornata!
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