Sono tornata a casa che erano quasi le 21.
Ho cucinato un petto di pollo e una minestrina con il dado. Potrebbe sembrare una cena triste ma è la mia preferita. A casa Fab non c'era, e non ci sarà per tutta la settimana.
A casa c'era Hope, solo, da stamattina presto.
E poi c'erano i miei bambini.
Certe volte mi immagino che giocano tutti insieme con Hope, Fab dice che lui li vede.
Insomma, la casa non è mai vuota. Questa è la mia sensazione.
Io non mi sento sola.
Forse perchè vengo da una famiglia numerosa.
Sia chiaro, pur abitando attaccata ai miei, passano settimane ed io non vedo i miei fratelli, nè i miei genitori. Eppure, so che sono lì, ci sono, anche se ognuno fa la sua vita.
Questa sensazione mi accompagna da sempre.
Ecco perchè la solitudine non è una mia paura, non mi appartiene.
Ecco perchè i miei bambini li sento, sono qui con me.
Mi accompagnano, in ogni momento della giornata. Anche in giornate come questa, che devono ancora finire. Mentre cerco una soluzione di progetto, mentre si inceppa la stampante, mentre ricevo telefonate, mentre mi arrabbio, mentre guido, mentre mi racconto.
Sono un sottofondo. Morbido.
Non più doloroso.
Mi sento bene.
Fisicamente intendo.
Questa volta ho temuto il peggio. Ora lo posso dire.
Ho avuto paura che tutto quello che quest'anno è successo, potesse diventare un serio problema per il mio corpo.
Ho fatto finta di niente.
Il dolore della perdita e la paura del futuro, sono stati così intensi e così forti, che il fisico è passato in secondo piano. Ma c'è stato un momento in cui, anche il mio dottore era preoccupato: quando abbiamo deciso per il raschiamento, la cameretta gestazionale aveva assunto una forma strana, che ha fatto pensare alla perforazione del mio utero. Non me lo ha detto subito.
Me lo ha detto la settimana scorsa, dopo l'ultimo controllo.
Ma va bene, è passata.
Ora mi sento bene.
Il cuore va e viene.
Mi distraggo a fatica. Non ho voglia di distrarmi.
Mi sto preparando mentalmente ad accogliere di nuovo, ma ho paura.
Ma non è tutta paura.
C'è tanta speranza.
Che poi, io, noi, tutte le volte la speranza ce la mettiamo. Il nostro cucciolo si chiama Hope non a caso, e tra pochi giorni compirà un anno. Però stavolta ce ne serve un pò di più.
Non abbiamo più nessuna certezza. Zero.
Dopo tanto tempo a cercare di capire, a farsi domande, ad esaminare, ad approfondire, siamo di nuovo al punto zero. Non abbiamo nessuna certezza, anzi, la bilancia pende tutta da una parte.
Però speriamo.
Non so cosa sarà di me se andrà male anche stavolta.
Non so quali riserve dovrò intaccare.
Ma non posso pensarci ora.
Questa sono adesso.
Non c'è progetto, film, cena, amico, lavoro, libro, che possa sostituire il senso di pienezza e soddisfazione che i miei bambini mi hanno dato.
Molte persone mi dicono che io vengo prima di tutto e che devo stare bene e che non devo annullarmi come persona.
Pur comprendendo le parole di affetto e di preoccupazione, faccio fatica a pensarle rivolte a me.
Io non mi sento non realizzata perchè non sono riuscita a diventare madre fino ad oggi.
Ho fatto un bel cammino prima di arrivare a chiamare qui i miei bambini.
Ho fatto un percorso, quel percorso è stato circolare. Un cerchio che mi ha riportato indietro ad una me stessa spogliata di tutte le sovrastrutture che mi sono portata dietro per anni.
Una me stessa identica ad una me bambina.
Senza quel senso di angoscia che mi prendeva la gola, tesa a rincorrere non sapevo nemmeno io cosa.
Ecco perchè mi sento bene quando il cerchio si chiude, quando la vita mi riabita, quando ricomincia la mia esistenza.
Quella sono io.
Questa sono io.
Non mi preoccupa di svilire una me stessa che è già.
Non sono io la protagonista di questa storia.
Io sono già su questo percorso, e cammino.