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giovedì 18 dicembre 2014

Silenzi e risposte

mi piacerebbe che per questo Natale, le persone si ricordassero come ci si sente a mandar giù aria e vuoti per l'ennesimo anno.
si sorride comunque.
si festeggia comunque.
si vive comunque.
si fa l'albero e il Presepe.
si fanno i dolci, i regali, i buoni propositi.
si regalano libri di favole.
Poi si incartano regali che non verranno mai spediti, preparati per quelle donne che come me, hanno fatto un cammino insieme, hanno pianto, mi hanno stretto la mano, si sono sentite amate e comprese, e poi hanno proseguito il loro cammino lasciandomi indietro.
Io non ho capito.
Ma è un mio limite.
Non ho altre spiegazioni.
Mi farei piegare affinchè altre donne non provino ancora questo senso di vuoto e di smarrimento e di paura. Aprirei ancora le porte della mia casa, come sempre, e vivrei per ridere insieme e condividere ancora.
Ma il silenzio, quello non lo so gestire.
Il silenzio dà spazio a interpretazioni, spesso sbagliate.
Il silenzio mi destabilizza, mi fa sentire sola.
Il silenzio, quello da rispettare, è incoerente se si scontra con pezzi di vita quotidiana che fingono normalità.
Il silenzio allontana.
E la sensazione più forte che ho in questo Natale, è questo silenzio intorno a me, nonostante io non abbia mai smesso di condividere.
Non ci saranno spiegazioni, nè interpretazioni.
E i miei regali rimarranno sotto l'albero. Impacchettati e mai portati.

Ho in mano una verità che fa male, una risposta. Quella risposta che cercavo tempo fa e che poi ho smesso di cercare. Una verità che mi è venuta incontro e che ora fa i conti con le tante morti nella mia pancia.
Oggi fa i conti con la responsabilità. Non la colpa.
Ma non venite a dirmi che è tutto normale e che non è colpa di nessuno se le cose sono andate così.
Fateci voi i conti con un corpo che uccide i propri figli.
Poi ne riparliamo.

Questo Natale è per Filippo, la mia lente nuova, che mi ha insegnato a vedere la vita da un altro punto di vista. La mia consolazione quando mi sento disperata. La mia forza quando mi sento debole. Sicura di essere guardata e guidata da lui, che ora gioca con i miei bambini.

Questo Natale è Madre Natura così benevola in alcuni casi, così severa come nel mio.
AnnaMaria mi dirà che la dea Madre mi protegge ancora, e che
"Chi é piú forte toglie la paura a chi é piú debole....Vorrá dire che comincerá tuo figlio ad essere forte per te"



Se tu ce la fai figlio mio, allora io accetto volentieri.
Se tu sei più forte di me, allora prego, avanti. Perchè io non lo sono quanto vorrei. Quel tanto che dovrebbe servire a proteggerti.
Dammi la forza per proseguire su questa strada di verità. Toglimi questo senso di solitudine che mi fa sentire malata, diversa.
Donami la voglia di sorridere davvero, nonostante la tua assenza e l'assenza di chi ho amato.
Aiutami a far comprendere che questi giorni sono il centuplicarsi del dolore e del vuoto di pancia.
Che l'indifferenza, quella che si indossa perchè non si sa che fare, fa più male di un silenzio cercato, e che io non ho capito.
E che sono immensamente grata per i doni che mi sono stati fatti e che rifarei tutto daccapo.
Dall'inizio alla fine.
Ma che non ce la faccio a non guardare indietro, in questi giorni di indifferenza globalizzata mascherata da buonismo.
I giudizi risuonano nella mia testa e mi stringono all'angolo.
Mi sento piccola e indebolita.

Sarà un anno diverso quello che arriverà.
L'anno in cui cambierà tutto e tornerà la pace, nel mio cuore e nella mia pancia.



domenica 30 novembre 2014

Gratitudine

Non so bene come andranno le cose stavolta.
So che finalmente sapremo cosa fare.
Abbiamo preso una via, l'unica da prendere, e mai come oggi sono serena.
Non riesco a ritrovarmi in quella che ero.
Sono stranamente tranquilla e ricerco segnali di un passato già vissuto, ma non li trovo.

Respiro.

Ho la mente occupata, il cuore pure.
Forse non sono più disposta a stare male.
Forse è sopravvivenza.
Guardo da fuori ciò che accade, guardo al futuro. Non sono più disposta a spiegare. Non ho più voglia di capire. Non credo sia più giusto cercare giustificazioni.
Io non mi giustifico.
Mai.
Sono molto esigente con me stessa, non mi faccio sconti, credo non imparerò mai a farmeli.

Raccolgo perle.
Filippo è stata una perla luminosa, perchè ha illuminato una strada che io già percorrevo ma che non vedevo.
Ero al buio e non sapevo dove stavo andando.
Tutta la mia storia, alla fine, mi è piaciuta.
Sorrido a scriverlo.
Mi è piaciuta perchè mi ha restituito una me migliore.

Mi sta stretto tutto l'intorno.
Ho voglia di tenere stretti i miei amori.
Adoro la mia casa, la mia tana.
Mi piace addormentarmi stanca.
Mi piace volgere lo sguardo agli angeli appesi che mi salutano dandomi la buonanotte.
Ho voglia di viaggiare, di incontrare gente nuova, perchè ora so che di gente bella ce n'è. Ho sbagliato a credere che non è così.
Ora ho in mano un passino con la rete stretta, alla fine,
rimangono solo i pezzi buoni.
Prima non lo avevo questo strumento e io raccoglievo (elemosinavo) amore.

Essere un'abortiva mi ha cambiato per sempre.
Dare un'anima e un'identità e un nome ai miei figli, è stata un'esperienza (che se si ripeterà -perchè non so se si ripeterà- considero comunque chiusa) che mi ha dato tanto, che mi ha elevato ad un livello di conoscenza di me stessa che difficilmente avrei potuto raggiungere.
Ora il mondo è migliore con in mano questa lente di ingrandimento.

Saranno giorni difficili, che spero mi restituiranno un natale caldo, lento, sereno.
Se vi va pensatemi, anche se mi sento forte e la paura non mi dominerà.

Vi invito a leggere e a mandare i vostri contributi a questo blog, nato per amore, nato per rinascere, nato per vivere.
http://piovonomiracoli.wordpress.com/

Grazie.


La gratitudine è la memoria del cuore.

(Jean Baptiste Massieu)

mercoledì 15 ottobre 2014

Ciao bimbi!!!


Eugenio*  Febbraio 2010
Beatrice  Maggio 2010
Alberto* Marzo 2011
Diego-nevischietto Ottobre 2011
Carla (geu)  Maggio 2012
Lorenzo-cavaliere  Dicembre 2012

Eugenio e Alberto sono le due stelline, appena apparse, giusto il tempo di un test positivo, i loro nomi sono i nomi di due persone care alla nostra famiglia, Alberto Manzi e il suo migliore amico Eugenio.
Non avremmo mai scelto questi nomi nella realtà, ma le due stelle accese rappresentano l'importanza che queste due persone hanno avuto per noi.
Beatrice è la mia primogenita, era una femmina e a lei ho sempre pensato come Bea. Pensavo a questo nome quando non sapevo di essere una mamma speciale, e a me piaceva tanto questo nome.
Così come sarebbe tanto piaciuto Diego, che é il nostro albero forzuto, il nostro nevischietto che vive nel salice in giardino.
E poi c'è Carla.
Lei era la piccola che si è annidata nella mia tuba sinistra.
Era una femmina perchè era forte e testarda. La mia vera gravidanza. Quella che cresceva bene ma in un altro posto, quella che mi ha fatto sentire Madre per davvero.
Carla, la mamma di mio marito, che ora tiene per mano tutti i suoi nipoti.

E infine lui.
Il mio cavaliere.
Il prode cavaliere che ha combattuto con il coltello tra i denti e poi ha messo le ali.
Lorenzo era il suo nome.
Una certezza.
Tutta la speranza.
Ancora penso a lui come il mio primo bambino in carne e ossa.
Colui che mi ha portato lontano, che mi ha preso la mano, che mi ha fatto crescere la pancia.


Stasera, siete qui.
Oggi riusciamo a riconoscervi, dandovi un nome.
Oggi siete identità.
E quindi potete andare via.
Stasera, insieme ad altri genitori, in un momento intenso e pieno d'amore, vi abbiamo salutato.
Siamo in attesa ogni giorno, che l'arcobaleno inizi anche per noi, e non smetteremo mai di cercare, in fondo all'orizzonte l'inizio di quei colori, non smetteremo mai. Ma ringraziamo ogni giorno il vostro arrivo, e non smetteremo mai di parlare di voi, anche se siete durati un istante, perchè ci avete regalato vita che non potrà mai essere migliore di quella che abbiamo vissuto scoprendovi.
Tornare indietro nel tempo è impossibile, ma non possiamo arrenderci ad un'esistenza triste perchè voi non ci siete.
Non ho mai vissuto il dolore dei genitori che ho incontrato stasera, non vi ho mai partorito, vi ho visti andare via dal mio corpo, ma non vi ho mai conosciuto davvero. Non conosco quel dolore eppure mi inchino a tutta la forza e il coraggio e imparo da chi ha vissuto quel vuoto fisico.
Io che ho conosciuto un vuoto del cuore, che è ancora incolmabile.
Da qui abbiamo imparato a raccontare ancora, a voce alta, la nostra condizione, A darvi identità.
A riconoscervi.

E a lasciarvi andare via.
Attaccati ad un palloncino che è volato via con su scritto i vostri nomi.


Ciao Bimbi!
Abbiamo gridato.

e poi siete volati via.

Per sempre.
Finalmente liberi di essere ciò che siete.
Luce.

Buon viaggio Eugenio, Beatrice, Alberto, Diego, Carla, Lorenzo.
Siate liberi.
Per sempre.


lunedì 28 luglio 2014

26 luglio 2014 - Sant'Anna - Anna significa "mamma"

Deriva dal nome ebraico חַנָּה (Channah), che vuol dire favore", "grazia"[1][4][5][9]; il significato viene talvolta interpretato come "graziosa"[2][5].
È un nome biblico: è presente nell'Antico Testamento, dove è portato da Anna, madre del profeta Samuele[4][9], e anche nel Nuovo Testamento, nella figura di Anna, l'anziana profetessa di Gerusalemme che, assieme a Simeone, riconobbe in Gesù bambino il Messia[9][10]. La madre della MadonnaAnna, non è mai citata nei Vangeli e fa parte di una tradizione cristiana più tarda, tuttavia è stata proprio la sua popolarità in periodo medievale ad assicurare la diffusione del nome[5][10].
La lingua inglese conta il nome in diverse varianti: Hannah è quella usata generalmente in tutte le traduzioni della Bibbia (laddove l'italiano usa "Anna", ereditato dalle traduzioni greche e latine), ma cominciò a diventare comune solo con la Riforma protestante[1]Anne è il nome con cui è in genere chiamata la madre di Maria[10]; la forma Anna entrò nell'uso comune a partire dal XVIII secolo[10].
Anna è stato il secondo nome femminile più diffuso in Italia nel XX secolo[11]. Inoltre, nelle forme "Anna" e "Hannah", ha la particolarità di essere palindromo.
Va notato che Anna coincide con alcuni altri nomi, di origine differente: ad esempio, il nome maschile Anna, portato da un sommo sacerdote nel Nuovo Testamento, che è propriamente un'abbreviazione del nome Anania
in lingua berberaAnna significa "mamma"[12].

Avevo iniziato questo post esattamente un anno fa. Poi l'ho lasciato lì, chiuso in un cassetto.
Anna significa "mamma".
Ho preferito tenere per me questa verità, ho pensato non interessasse poi a nessuno. Dovevo fare mio questo concetto.
L'ho fatto, vivendo quotidianamente un'attesa, lottando per ciò che è stato, per ricostruirmi, per imparare.
Non sono stanca di lottare,sono solo in un momento di immobilità che la realtà del momento mi impone, ma è un momento di passaggio (lo so) e so anche che questo momento si trasformerà in una nuova fase. Ho smesso di nuotare, tanto per citare sempre l'immagine di una me alla deriva in un mare in burrasca. Ho smesso di nuotare, ma sono traghettata. Vivo così. Ora è così. Mi lascio traghettare, ho costruito tanto affinchè  le cose potessero essere così. Me lo merito. Posso permettermi di lasciare ciondolare gambe e braccia e lasciarmi andare,non trasportata indifferentemente dalla corrente, perchè c'è chi mi traghetta. Ed io lascio fare.
Sono accadute molte cose nel frattempo. O forse non è accaduto niente.
Per tanti il mio molto non è abbastanza, ma non è importante ora. 

Non l'ho pubblicato. Questo è accaduto perchè il giudizio comunque pesa. Pesa su un'anima come la mia, pesa su un cuore addolorato, pesa sulla mia sensibilità.
Io non riesco a non considerare il giudizio degli altri,  perchè sono un'insicura. Lo sono, anche a quarant'anni, forse più di prima. Mi sto interrogando molto su questo punto in questi mesi. La mia insicurezza sta pesando sul mio lavoro e sulle mie scelte, viene da lontano,  so da dove.

In ogni caso, il bisogno di sviscerare, di buttar fuori la parte più intima di una me traballante, ha fatto sì che intorno a me si sentissero in diritto di analizzare la situazione molte persone. 
Io lo permetto.
 Perchè l'opinione degli altri mi interessa, perchè ritengo che il confronto è sempre e comunque un momento di crescita.
Se è un confronto.
La questione è che spesso il giudizio non comporta confronto e nemmeno conforto. 
C'è, da una parte, la volontà di risolvere il problema, pur non avendo mai chiesto di farlo, oppure c'è l'illusione di voler aiutare chi denuncia un dolore e un malessere, senza rendersi conto che in realtà si vuole aiutare se stessi, ricercando in persone come me, la soluzione ai propri problemi.
Sono accadute delle cose, dal mio punto di vista molto gravi, che hanno minato alla mia insicurezza. Questo ha fatto sì che io mi chiudessi in me stessa interrogandomi su tutto. E per tutto vuol dire tutto. Dal lavoro, alla famiglia, alle scelte che ho fatto per cercare i miei figli. Mi sono sentita una fallita.
.
Ciò che a me ha fatto male è stato il non riuscire a difendermi circa il mio sentirmi madre. Comunque.
Ho lasciato che mi si convincesse che io non lo sono. Perchè non ci sono figli con me.
Ho lasciato che mi si facesse credere che la mia vita non ha senso impostata così, continuamente alla ricerca.
Ho lasciato che i miei figli rimanessere soli.
Li ho lasciati soli. 
Non siete esistiti.
Sono esistita solo io. 
Tutto ha girato intorno a me, tutte le scelte, le responsabilità, tutti i fatti accaduti.
Come se fossi l'unica artefice di tutto.
Questo mi ha fatto male. Questo è un male che mi si è attaccatto addosso, mi è entrato dentro, mi ha scavato.
Non sarai mai madre finchè non sarai responsabile di te stessa.
Queste parole risuonano nella mia mente come macigni.
Ho pensato che è davvero così.
Ho sbagliato.
Sono una persona che ha desiderato avere dei figli. Sono rimasta incinta molte volte e ogni volta le mie gravidanze si sono interrotte. A volte in maniera indolore, se vogliamo dirla così, a volte in maniera drammatica. Drammatica secondo il mio metro.
Ho creduto di poter imparare da questo, ho cercato di trasformare il dolore e l'assenza in un'occasione di crescita prima di tutto di me stessa. 
Ritengo di esserci riuscita.
Per arrivare a questo ho dovuto sviscerare alcuni fatti, analizzandoli.
Sono la sola autorizzata a farlo. Ciononostante rendo partecipi di questo la maggior parte delle persone che mi frequenta, che mi conosce e in questo caso, che mi legge.
Stop.
La storia è questa.
Non c'è altro.
Ho il diritto di raccontarla senza per questo dovermi sentire una persona diversa.
Non sono una persona diversa. Vivo solo molto intensamente la mia vita. Il mio passato e il mio presente.
Per il mio futuro ho qualche problema, ora. E non ho difficoltà ad ammetterlo. L'assenza di ciò che è stato mi radica inevitabilmente nel passato, e a volte il ricordo di ciò che è stato e che ora non c'è mi è più di conforto che l'immobilità. Non è il mio passato a bloccarmi, da lì traggo la forza per costruire il futuro. La frase più ricorrente che persone come me si sentono dire  è "ciò che è stato è stato, ora si va avanti".
Andiamo avanti. Certo che andiamo avanti. Ogni giorno.
Come tutti.
Solo che ci facciamo delle domande.
Intorno ad un'assenza si impara a costruire il futuro.
E' solo più difficile, perchè non ci si può appoggiare a nulla se non a ciò che si è fatto fino a questo punto per andare avanti. 

A me la filosofia di Pollyanna  è sempre sembrata una stronzata. Non è che dicendosi che la vita è bellissima e piena di colori allora magicamente si risolvono le cose. Non è che solo leggendo di cose belle o frequentando solo persone che ridono e sono felici e allegre e tanto primaverili e frizzanti (come la società impone), vuol dire che si sono risolti tutti i problemi. Ognuno di noi trova il modo di essere una Pollyanna, è questione di sopravvivenza, solo non capisco perchè alle persone che hanno difficoltà (di qualsiasi natura esse siano) si richiede uno sforzo ancor maggiore di equilibrio, di successo, di coerenza.
Per le persone come me non si ammette tolleranza. 
Pensateci bene, è così.


I miei figli sono esistiti. La loro esistenza è durata pochissimo ma sono arrivati affinchè io comprendessi alcune cose di me. Sono una donna in cammino.
La mia colpa è di denunciare questi fatti, con una fame di condivisione che sorprende anche me. Ho sete di parlare all'infinito di ciò che è stato, di ciò che è, di ciò che sarà, senza commiserazione, senza giudizi.
Vivo intensamente ogni istante della mia vita.
Ho amato alla follia il mio lavoro. Non ho un soldo da parte proprio perchè ho fatto delle scelte non condivisibili ai più. Questo sta attualmente influenzando anche il mio problema gravidanze, e lo ha fatto in passato quando sono stata costretta a letto durante gli aborti&Co. senza garanzie e stipendio. Ma ho amato le mie scelte, che sono state sempre scelte consapevoli. E così il bisogno di ricercare i miei figli influenza a sua volta il mio lavoro, che chiaramente ha subìto danni ingenti, di stop e di retromarcia. E ora ne pago le conseguenze. Ma anche queste sono state scelte lucide e coerenti con me stessa.
Perchè lo spiego.
Perchè dò l'anima per tutto quello che faccio. Mi è proprio difficile fare una cosa senza viverla a 360°, così per l'amore, la famiglia, gli amici, il lavoro, i miei figli. Qui racconto dei miei figli, che sono tutta la mia vita.
Sono la parte più importante di me e ne parlo, lo racconto, analizzo i sentimenti, perchè fino ad oggi (per quanto quattro anni di ricerca possano sembrare un'infinità) non lo sapevo che il mio ruolo nel mondo era quello di essere mamma, e mi sorprendo ancora a scoprirlo.
Anna significa "mamma".
Come posso smettere di esserlo se per me è naturale ed istintivo il contrario?
Mi si chiede di andare avanti che altrimenti la mia vita cade in pezzi.
La mia vita è ben consolidata. La mia esistenza ha radici profonde. Sono un'anima che viene da lontano.
So cosa mi fa male e mi fa male andare avanti senza i miei figli, dando credito a chi mina alle mie certezze, facendomi credere che la vita è altro.
Si vive anche di assenze e intorno a queste si costruisce tutto un progetto di esistenza.
La mia vita è questo.
Ed è tanto.


Un mese fa ho deciso di sottopormi ad un trattamento di reiki.
E' stata un'emozione forte, intensa. Sentivo un'energia fortissima come un vortice all'altezza della mia pancia. Utero e ovaie tesi. Ho sentito intensamente che il mio nodo è lì, passa di lì.
Alla fine del trattamento mi è stato chiesto se avevo subìto delle perdite (non ero andata lì per le gravidanze, la mia storia non l'avevo raccontata, chi mi ha fatto il trattamento era un ragazzetto sbarbato che sa il fatto suo).
Ho detto di sì.
Mi è stato detto che durante tutto il tempo si vedeva una bambina.
Questa bambina diceva: sei tutta la mia vita.
Il dopo però non ha avuto conseguenze.
Da un momento iniziale di felicità immensa per aver ricevuto questo messaggio, sono seguiti momenti di buio, inghiottita da altro, dal giudizio, da chi ha pensato di psicoanalizzarmi, dal "non sarai mai madre finchè non sarai responsabile di te stessa",  eccetera eccetera.
Mi sono sfogata.
Ho pianto con chi ha capito e mi ha rimesso sulla mia strada (ti voglio bene Silvia).
Ho cercato di non affogare ma il peggio doveva ancora arrivare.
Ho rimesso in gioco tutto.
Lo sto facendo ancora.
Ma ora ho stoppato tutto.

Si parla tanto di dolore che spesso le persone lo usano impropriamente per farci una carriera, oppure per riempirsi le tasche di saggezza, per credere di condurre un'esistenza assennata e in equlibrio, tanto da essere promossi a ruolo di consigliere delle vite altrui.
Io parlo di dolore con cognizione.
Tutti noi potremmo farlo. Chi non ha vissuto un dolore?
Ma non tutti lo fanno.
Spesso "si va avanti" e non ci si chiede altro. 
Il vivere accanto ad un dolore, un'assenza, un futuro che non è, non implica necessariamente una non-vita.
E' la consapevolezza che salva.
E chi è consapevole di vivere e sopravvivere ad un dolore, sa che anche questo è la propria vita, che nessuno ha il diritto di giudicare superficialmente.
Mia figlia gira per i sogni di gente sconosciuta (è accaduto poi con altre due persone), è una bambina che può essere tutto, o tutti coloro che sono passati per il mio nodo-pancia. 
Lei è tutta la mia vita. Loro lo sono.


Non vi racconterò che nonostante tutto (il mio tutto) vivo una vita piena di cose belle, non lo faccio perchè non mi interessa farlo. Mi racconto per il cammino che sto facendo. 
I miei figli e le persone che hanno fanno parte della mia vita e che ora non ci sono più, mi camminano accanto, lo sento. E' una certezza che mi dà la forza di fare delle scelte, oppure di lasciare che le situazioni annodate si sciolgano di fronte a me mentre cammino.
Non leggerete di dove sono stata due giorni fa, che mi ha riempito cuore e occhi. Per questo basta telefonarmi, leggermi su facebook, incontrarmi al ristorante mentre mangiamo una pizza, chattare su whatsapp (sono un drago in questo). Per questo, leggete altrove.




Usare con cautela le persone.
Io ci sono.
Vado avanti, certo.
Sempre e a modo mio.




p.s
questo post è anche per tutte le mamme di ciaolapo del gruppo "mettiamoci la faccia", di cui ho conosciuto il volto dei loro figli-angeli e tutta la loro sofferenza. E anche per chi mi vive accanto, che scrivere e parlare di dolore, non sempre è semplice farlo.

sabato 28 giugno 2014

Il futuro non è più quello di una volta.




Mi sono ritrovata in un forum per eterologa.
Ho letto la mia presentazione e non mi sono riconosciuta.
Mi sono letta come se le cose accadute fossero accadute ad un'altra persona, e questo, non mi è piaciuto.
E' una presentazione che riassume molto di me, e che sul blog non ho mai fatto, perchè il blog è per i miei figli e per me.
"L'appoggio" qui, per chi passa, affinchè abbia l'accortezza di non propormi torte di pannolini e offerte per asilo nido, e per me, per tenere nero su bianco ciò che mi ha portato ad essere oggi quella che sono:
una donna in attesa e in continua ricerca di se stessa.

Lun Dic 10, 2012 3:57 pm
"vi racconto il nostro percorso.la nostra ricerca inizia a settembre 2009.la prima volta che vedo un test positivo è marzo 2010 ma subito dopo arriva il ciclo.non mi preoccupo, sono inesperta, sono felice di aver cmq prodotto qualcosa.E infatti, a maggio, con una settimana di anticipo dall'arrivo del ciclo, faccio un clear blue che mi indica "incinta 1-2 settimane"Il 2 giugno iniziano le perdite, forti, che non si interrompono.Lo perdo.A febbraio 2011 inizio un monitoraggio dell'ovulazione, unica iniziativa della mia ginecologa che non ritiene di dover fare nessuno approfondimento.Rimango ovviamente incinta. Ma poco dopo arriva il ciclo. Faccio le beta e sono positive.sono scioccata. Chiamo la ginecologa e lei mi dice che sia il test sulle urine che le beta sul sangue sono sbagliate. Io le chiedo esami e approfondimenti sulla poliabortività e lei mi risponde che faremo un esame alle tube. Mi incazzo. Cosa centra un esame alle tube se io rimango incinta?Vado in crisi. Cominciano le crisi di panico e di ansia.Cerco aiuto.Trovo il mio angelo. Un dottore esperto in abortività che mi ha accompagnato fino ad oggi tenendomi per mano.Iniziano le ricerche che però non rilevano nulla di importante, a parte le solite mutazioni in eterozigote dell'MTHFR e del PAI, sia mie che di mio marito. Dagli esami strumentali invece si scopre immediatamente un papilloma virus al collo dell'utero, che non centra con le gravidanze ma che quella cretina precedente non aveva visto per la mia salute, e da un'isteroscopia all'utero, dei polimi endometriali. Con una terapia forte ormonale i polipi scompaiono. E' luglio. Inizio una terapia a base di integratori e prefolic, a settembre sono di nuovo incinta. Le beta sono altissime in anticipo di dieci giorni dal ciclo. Non capisco cosa è successo. Crescono. Ma non raddoppiano. Iniziamo una terapia a base di cardioaspirina, cortisone, preogesterone in ovuli e punture oltre al resto. Arriviamo a vedere una piccola cameretta gestazionale. Ma le beta si fermano: partite da 1200 arrivano a 13.000 e poi basta. Nuovo aborto. Sempre alla sesta settimana. Espulsione spontanea. Impiego 53 giorni per far tornare il ciclo. Era il 15 dicembre dello scorso anno, ero a Colonia, in Germania, dentro il Duomo. Me lo ricordo come ora. E' l'inizio di un nuovo periodo, lo sento. A gennaio inizio il monitoraggio dell'ovulazione, ogni mese capiamo che è l'ovaio sinistro a produrre, ma è bislacco, secondo il dottore il vero ovaio è quello di destra, quello "buono" che dovrebbe produrre ovuletti buoni da fecondare.A marzo facciamo un post coital test e il risultato è ottimo. Tanti spermatozoi, pimpanti e baldanzosi, si decide che una IUI in questo caso è inutile. Ovulo a destra, due giorni prima del post coital test.Manco a dirlo, a fine mese sono incinta. Ovulazione destra come previsto.Stavolta la terapia dura da mesi, non inizia con la gravidanza, ricominciamo punture e ovuli di progesterone e aggiungiamo eparina.Le beta triplicano. Crescono benissimo. Il mio dottore dice che è la volta giusta ne è sicuro.Una mattina mi sveglio, e mentre facevo il pane, sento un dolore lancinante alla pancia. Un dolore che mi piega in due.Sotto consiglio medico prendo un buscopan e mi metto a letto. Dopo due ore il dolore è tutto a destra. Aumenta sempre di più. Non voglio andare in pronto soccorso, il mio dottore mi accoglie in studio e non vedo nulla in utero. A destra sospetta un versamento, mi manda subito in PS e chiede un monitoraggio delle beta per sospetta GEU. Naturalmente le infermiere minimizzano, io aspetto un'ora e mezzo prima di essere visitata e ad un certo punto vado in choc. Svengo e non mi rialzo più.Di lì vengo portata di corsa in sala operatoria. Il dolore è così forte che non respiro più. Extrauterina a sinistra, anche se il dolore era a destra, anche se l'ovulazione era a destra. La tuba sinistra ha fatto un giro strano e si è pappato l'ovuletto fecondato nella tuba destra. Succede. Raramente. Sfortuna. Io rischio di morire, sia perchè la tuba scoppia in pronto soccorso, sia perchè perdo tanto sangue per via della terapia di eparina e cardioaspirina. Perdo anche la tuba ovviamente. E' maggio. Il 14 maggio 2012.Da subito mi viene messa davanti la realtà che da donna molto fertile ora le possibilità di concepire naturalmente sono bassissime, soprattutto perchè il mio ovaio destro, quello con la tuba lavora poco.A luglio prendiamo la decisione per iniziare la pma a settembre.Passo un'estate di preparazione, tra esami da portare e una dieta che mi fa perdere 14 kg, perchè mi dicono che così ho più possibilità.La pma inizia il 23 settembre con la soppressione, protocollo lungo. Il 18 ottobre con un pick up dolorosissimo ottengo 10 ovuli tutti dall'ovaio destro, il sinistro va in sciopero e questo convalida la teoria che è un ovaio che non va bene. 8 dei 10 sono fecondabili con ICSI. Tre di loro non vanno avanti, cinque si tenta di portarli a blastocisti, per ottenere ovociti di buona qualità. Si ottengono 4 blastocisti di qualità A, i biologi sono soddisfatti, i dottori pure, noi pure. Mi dicono che a 38 anni è una risposta buonissima.Il 23 ottobre è il giorno più bello della mia vita. Due di loro vengono trasferite nel mio utero. Le altre due sono crioconservate.Li amo da subito e so che ci sono.Oramai ho imparato a riconoscere i segnali del mio corpo e dei miei figli. So che ci sono. Il 31 ottobre le beta sono 213. Sono alte per un 8°PT.Pensano abbiamo attaccato entrambi.Lo stesso pomeriggio, la gioia si trasforma in angoscia. Perdite di sangue.dopo due giorni le beta sono cresciute ma non raddoppiate e così per tutta la settimana ogni due giorni.Si ipotizza che uno dei due che inizialmente si era attaccato non ce l'ha fatta e che ora le beta non vanno come dovrebbero perchè falsate da questo evento. Alla terapia aggiungiamo la solita eparina ma raddoppiate di dosaggio. Raddoppiamo anche il cortisone e l'eutirox e iniziamo un integratore per l'omocisteina. A sei settimane la prima eco, ci fa vedere una cameretta gestazionale giusta per le misure, tonda, bella e piena di speranze. Ma c'è un distacco. Io ho perdite marroni continue. Aumentiamo il progesterone e oltre alle punture quotidiane e agli ovuli aggungo il lentogest ogni due gg. Sono a letto. Mi alzo solo per andare in bagno. sono stremata ma penso che il mio piccolo ce la può fare. A 7+0 vediamo un piccolo embrioncino, ma davvero piccolo, di 3 mm.Il battito non lo vediamo. Ci rimandano alla fine della settimana per un'altra eco dove il battito si deve vedere. Io capisco che è finita. Da quel momento smetto di sperare, non lo sento più. Capisco che se ne è andato. E a 7+5 l'eco non vede più nemmeno l'embrione, la cameretta non si è ingrandita, io ho il sesto aborto.Venerdi, a 8+4 il mio primo raschiamento.Quello che si tenta è di ottenere una risposta dal citogenetico, che ci verrà consegnato il 7 gennaio 2013.Nel frattempo il mio dottore si confronta con Martinez di Malaga, che è un suo amico, e che so che qui nel forum molte di voi conoscono, e l'ipotesi che si delinea è che io e mio marito produciamo ovuli malati. Io studiando capisco che quel "malati" vuol dire cellule aneuploidie, alle quali non c'è soluzione, a quanto mi dicono.Capisco da sola che esiste una tecnica chiamata ARRAY CGH proprio per coppie con cariotipo normale e aborti ripetuti.Allo stato attuale non mi è chiaro ancora se è una tecnica che possiamo fare sul nostro sangue, se possiamo farla sulle due blastocisti congelate o non so che altro. Nell'ipotesi di poterla fare sulle blasto, ammesso di non metterle a rischio, dobbiamo accettare di scongelarle, fare la biopsia e poi trasferirle prima dei risultati. Ovvero devo mettere in conto un altro aborto.Ma io so che non posso lasciarle lì, anche se sono malate.Ora è tutto nero. Davanti a noi si delinea l'ipotesi che ogni volta che io e mio marito ci uniamo, nell'atto di amore più profondo, l'unica cosa che rimane, da una vita che potremmo concepire, potrebbe scaturire una morte. E a noi questo ora sembra una condanna infinita, una punizione che non meritiamo, una malattia che non sappiamo come curare.Siamo disperati, perchè sta morendo l'unica cosa che fino ad oggi ci dava la forza per andare avanti: la speranza."

La presentazione si ferma a quel dicembre.
Il 29 aprile 2013 ci prepariamo per accogliere i due crioconservati di classe A e B.
Quella mattina sono calma. Ho imparato a respirare grazie allo yoga. Sono sul lettino con le rotelle con indosso solo la camicia verde di carta da sala operatoria. Mio marito mi guarda affascinato mentre recito i miei mantra.
Entra il giovane biologo, che ci aveva già seguito a ottobre, e ci dice che la blastocisti di grado A non è sopravvissuta allo scongelamento e che trasferiranno solo quella di grado B, la quale comunque, dopo ore dal risveglio, si è espansa e ha buonissimi segnali di crescita. Non c'è motvo per cui non debba farcela.
Io capisco immediatamente che è finita così.
Il mio transfer non è bello come il precedente, mi emoziono comunque ma non piango.
Tengo con me la piccola blasto per dieci giorni e poi decido di fare le beta. Sono positive ma molto basse. Accolgo la notizia senza emozione. Mando a tutti questo sms: " il settimo angelo è arrivato, mi preparo a combattere" ma sento che non va bene.
Infatti dopo due giorni le beta si dimezzano.
Spiegazione: la gravidanza non è partita, il residuo del gonasi ha fatto sì che si leggessero beta positive ma non erano relative alla gravidanza.
L'endocrinologo sposa questa teoria, il ginecologo nicchia, io sorvolo. Nemmeno ho il tempo di piangere e pensare perchè il 6 giugno, improvvisamente, la madre di mio marito muore, in maniera drammatica e dolorosa, e tocca a noi due soccorrerla.
Il dolore mi si stampa nel cuore in maniera indelebile.
Improvvisamente mi cadono addosso tutti gli anni passati a combattere e rialzarmi immediatamente dopo la partenza di uno dei miei figli.
Cado in ginocchio, sotto il peso della responsabilità di una nuova famiglia confusa e dispersa, responsabilità che non mi viene richiesta ma che io per carattere adotto, e sotto il peso della caduta della speranza. La Speranza che avevo tenuto accesa in tutti questi anni.
Sto male. Fisicamente. Una gastrite violenta mi piega. E arrivo a dicembre. un dicembre sereno, calmo, in cui lascio andare tutti i miei figli e tutte le persone che non sono più con me e quelle responsabilità che nessuno mi aveva chiesto. Rinasco. 
Sono passati sei mesi del nuovo anno. Un nuovo periodo. Una nuova vita in cui vorrei raccontare del mio baby raimbow che non è arrivato e che cerco ogni mese, avendo preso la decisione di continuare la ricerca "naturalmente".
Ho poche armi ormai a disposizione.
Una diagnosi preimpianto o un'eterologa.
Per la prima la decisione viene presa seguendo il cuore. Non sottoporrò i miei embrioni, i miei figli, ad esami che li porteranno ad essere "scartati" in caso di errori cromosomici. Non sono loro che hanno chiesto di essere concepiti e il solo avere come risultato la diagnosi non mi porta ad avere la soluzione. Per la seconda, è la mia ultima spiaggia, che economicamente non posso affrontare ora, e per la quale mi dò il tempo per capire. La mia paura è quella di mio figlio da grande, che è la paura di tutti i genitori, e delle sue domande, per le quali oggi, non ho ancora risposte.

Ho superato il compleanno dei 40, che tanto temevo e ho fatto indigestione di storie a lieto fine over40. Ho concluso un altro ciclo di yoga, ancora più profondo e consapevole. Ho riconosciuto i miei sbagli e ho preso atto di una situazione che, da un punto di vista razionale non ha molto da raccontare.
Ho dedicato l'inverno ad un lavoro che mi ha riempito di soddisfazione, ho scritto molto, in maniera approfondita e meditata, su me stessa e sulle donne che affrontano un aborto. Ho conosciuto persone importantissime, che non si sono legate al virtuale, ma che per la prima volta sono reali, con le quali non mangerò la pizza il sabato sera ma dalle quali imparerò ogni giorno.
Ho dato spazio alla preghiera, pur non credendo in fondo che sarò esaudita. Il nodo da sciogliere attuale, è questa fede che non comprendo perchè debba essere viva, solo perchè si esaudisce un desiderio. Questa non è Fede.
Ma non rinuncio. Ci sto lavorando.
Ma non ho voglia di non prendere atto di quello che è stato.
Ho bisogno di recuperare un dialogo che nel tempo si è perso tra medicine, esami, ipotesi e ragion di vita.
Ho perso l'istinto.
Questa è la verità.
Ed è sempre stata l'unica cosa vera in tutta questa storia.
Sono divisa in due, tra il sentirmi ferma e senza armi e il "lasciare che accada quello che deve accadere", e questa situazione ora, è difficile da digerire. Non si trasferisce su un blog, non si racconta per strada quando mi chiedono "come va?" con gli occhi di commiserazione.
Ecco perchè mi fermo qui.
Persa.
Continuo a scrivere fiumi di parole che non verranno lette attraverso un video, ma solo attraverso il cuore di un figlio che arriverà.
Non ho spazio per altro.
E non so cosa accadrà.

venerdì 11 aprile 2014

Oggi, io, noi.


Ero già  mamma appena nata quando quella mattina, per la prima volta, mi sono accorta che uno di voi cresceva dentro di me.
Ero già  mamma mentre costruivo il nostro futuro, preparavo la culla del nostro presente, raccoglievo sorrisi e speranze.
Ero già la vostra mamma, quando l'ultimo di voi se ne è andato, lasciandomi in un vuoto pieno di lacrime.

Vi ho protetti, imprigionati nel mio cuore e poi nel mio corpo.
Vi ho difesi, urlando il mio dolore a chi non vi ha riconosciuto come vita.
Vi ho amati di un amore lungo, che veniva da lontano, che riconoscevo come animale.
Un amore di madre che incontra se stessa attraverso di voi.

Oggi le cose non sarebbero dovute essere così.
Oggi tu, avresti preso per mano tuo fratello di tre anni e mezzo e gli avresti chiesto di insegnarti a disegnare un cuore per me.
Poi incerta sui tuoi passi appena imparati, saresti venuta da me per augurarmi buon compleanno, senza riuscire a scandire bene le parole, ed io, con in braccio tuo fratello più piccolino, mi sarei chinata su di te per baciare la tua fronte e sistemare i tuoi ricci disordinati.
Poi oggi no, non avrei lavorato, oggi saremmo andati in un prato con papà, Hope ed Ema  e ci saremmo sdraiati in mezzo ai fiori a guardare le nuvole passare di corsa, ed io vi avrei raccontato quanto lunga è stata la strada prima di incontrarvi, io che già vi conoscevo da quando ero bambina.
Oggi, avrei sorriso di fronte allo specchio, sentendomi ancora ragazzina e la mia pancia vuota, non mi avrebbe ricordato chi ero a quarant'anni.

Le cose non sarebbero dovute andare così.
A riconoscersi in fondo ad un tunnel senza luce, con pezzi mancanti di me stessa che non torneranno più, annaspando nel buio per non cadere, fiera, nonostante tutto, di un dolore che vi tiene lontani da noi, ancora.
Oggi, ho le braccia protese per non lasciarvi andare, tutti noi insieme che ci teniamo per mano, voi, noi, parti di me nel mondo, le radici, la storia che si mischia con il futuro.
Io, quarant'anni e una vita a cercare  le vostre mani, per tenerle strette e non lasciarle più andare.
Posso vivere così, perchè in fondo a me stessa mi riconosco e la vostra vita dentro di me si è espansa, come un liquido bianco, come ogni volta che ho scoperto di aspettarvi. Come un latte che entrava nelle mie vene al posto del sangue, era la vostra vita che si formava in me e il mio corpo che si apriva, lasciandovi entrare.

Per questo ricordo e questa certezza vivo e non mi stanco di cercarvi, anche oggi, che le cose non sarebbero dovute andare così.

Mamma.







postilla:
abbiamo accolto con gioia la Sentenza della Corte Costituzionale che cancella il divieto di fecondazione eterologa. Mio marito, appresa la notizia, è uscito in giardino, sotto il salice di Nevischietto e ha pianto, ha pianto lacrime di liberazione e di commozione. Io mi sono ubriacata ieri sera e ho gridato (e ancora oggi lo faccio) che la maternità non è un diritto, no, ma l'infertilità e l'abortività sono delle malattie e se la Scienza può permettermi di guarire, questo è un diritto che non deve essere calpestato.
Non sapremo cosa faremo, cosa accadrà nel nostro futuro, ho fatto delle analisi ormonali che mi dicono che non è poi per niente male il mio livello di fertilità, ho fatto un controllo tiroideo per aggiustare il tiro del mio tsh che è, ad un certo punto impazzito, mi sono regalata la mia prima mammografia, per gridare al mondo che ho delle tette giovani belle e sane, sto indagando per una nuova serie di indagini da fare,  ho curato me stessa, dandomi spazio, lasciando indietro molto, tutto quello che mi faceva male. Ho chiuso le porte a molte persone che non avranno mai più spazio nel mio cuore e oggi non festeggeranno con me nulla. Oggi avrò il telefono spento, sarò in un posto lontano da casa e con gli occhi chiusi godrò dei benefici di un idromassaggio e sauna e poi di una cena con l'uomo che mi cammina accanto su questa strada, e che è tutto ora per me. Poi domenica faremo un pranzo al lago, luogo teatro di molte vicende della mia vita, con tutta la mia famiglia e chiederò dei regali. Pezzetti di speranza e il riconoscimento che voi, figli miei, siete stati e siete qui, ogni giorno della mia vita, per accompagnarmi per sempre e non lasciarmi mai più sola.
Le cose non dovevano andare così, ma non potevamo prevederlo.
Cito la mamma di una mia cara amica, che da un mese è venuta a mancare:
"L'amore della madre è sempre un amore giovane e immenso che si nutre di se stesso".

Brindo a voi, figli miei.










mercoledì 30 ottobre 2013

Credo che

Credo che un anno sia un tempo sufficiente per lasciar andare.
Credo che questo sia un tempo per riprendere ad accogliere.
Credo che un anno, sia tanto, quel tanto per non continuare a vivere guardando indietro.
Credo però che ci sono giorni in cui questo non è facile, vivere senza voltarsi.

Un anno fa non sapevo, nonostante i tanti aborti, che avrei vissuto una gravidanza così tanto intensa, quella del mio piccolo Cavaliere.
Tremo al suo ricordo.
Un anno è tanto tempo se si guarda avanti,  ed è poco se, voltandomi, rivivo come fosse ora, quegli istanti così profondi e pieni d'amore. Quello che è accaduto dopo mi ha costretto a non voltarmi più.
Il tentativo di maggio, nonostante tutta la positività, non ha avuto spazio. Non ho potuto piangere i miei pinguini, li avevo già pianti quando il piccolo Cavaliere mi ha lasciato per sempre quel maledetto 7 dicembre.
Loro non hanno potuto fare nulla contro il destino, quello già scritto.
Io non lo sapevo, loro sì.
E poi tutto il resto.
Ora ho la sensazione di aver corso tanto, di aver continuato a ingoiare aria senza davvero fermarmi a respirare.
E poi il mio fuoco, lo stomaco che si stringe, e tutto il mio corpo che grida "basta. ora basta."




silenzio.




non ne voglio sapere.
ho paura.
non voglio più provare.
sto male.


Basta.
Ora basta.
Basta!



E il dolore, quello vero, quello subdolo, che ti sbatte contro un muro, che ti rende acida, sola, stronza.




silenzio.



Ascolta.
Ascoltati.
Riparti da qui.
Da te stessa.
Tu lo sapevi che saresti dovuta passare per questo, lo sapevi da quando eri piccola.
Sapevi che il passaggio verso una nuova te sarebbe stato così.
Ora respira.






Le camerette che accolgono le neo partorienti sono bellissime. Colorate di giallo, blu e verde. Hanno gli armadietti di legno chiaro, le porti scorrevoli e il mosaico in bagno.
I loro bambini dormono al fianco dei letti delle loro mamme e il personale ride.
In corridoio, mille foto testimoniano il passaggio dell'inizio della vita qui.
Le persone parlano piano, sottovoce, sorridono.
Allo stesso piano, in un altro corridoio, ci sono donne che muoiono dentro.
Io oggi ho riattraversato quei corridoi, da quel freddo giorno di dicembre, per andare a salutare una nuova vita e i loro genitori.
Dieci mesi fa, allo stesso piano, in un altro corridoio, una parte di me moriva insieme al mio bambino.
Nell'altro corridoio, non ci sono controsoffitti, le stanze sono buie, le sale d'aspetto non hanno le sedie. Il personale urla e si incazza, la gente ha il viso spento. Le camerette sono identiche, ma non sono colorate, e nessun paravento divide una vita dall'altra e ci si raccontano a vicenda le disgrazie.
Nell'altro corridoio, si va in sala operatoria a piedi, si tiene l'agocannula da sole, si fa la lista delle analisi all'infermiera, senza saltarne nemmeno una, non puoi permetterti di dimenticare.
Poi si trema come una foglia, sedute su una sedia di metallo, senza mutande e con il camice che non arriva.
Poi ci si siede, lì, in quella poltrona strana, identica a quella sulla quale è iniziato tutto: non nel tuo letto dopo una notte di sesso sfrenato. No. Su una poltrona che diventa letto, che guardi in su e così non ti accorgi di quello che ti fanno, ma poi c'è la plafoniera delle luci che è a specchio, e tu vedi. Vedi come inizia la vita da quel momento dentro di te. Vedi come fossi un Dio. La procreazione.
E allora chiudi gli occhi, che certe cose solo Dio le deve vedere, e chiudi gli occhi come quando quel giorno tremavi come una foglia. Chiudi gli occhi e quando li riapri, tu sei morta per sempre, insieme al tuo bambino.
E torni lì, in quelle camerette senza colori, con solo un quadro della Madonna appeso e tremi ancora, e non smetti più di tremare.



Tempo.
Ci vuole tempo.


Credo che un anno sia sufficiente per lasciar andare.
Credo che tornare dove tutto è finito, sia il modo giusto per rinascere un pò.
Credo che andare all'origine del proprio malessere sia l'unico modo per tornare a stare bene dopo.
Credo che questo sia il momento.
Ora.