“Essere madre è un atto di onnipotenza. Il desiderio
di essere madre,
l'attesa di essere madre è il caos primordiale. Può generare
stelle danzanti o nere voragini.
L'amore e il dolore ci assolvono dal peccato
originario di conoscere e di volere essere madri.
Comunque per sempre. Che lo diventi o no, una donna è
per sempre madre.”
Non so quale sia il modo migliore per iniziare questa storia, perché una
sola storia non è.
E’ un pezzetto di storia di quello che siamo, di come siamo,
madri, figlie, mogli, compagne, sorelle, donne.
E’ la storia di ciò che succede
dentro di noi all’accadimento di un fatto, un fatto grande, che ci sposta la
vita, che ci fa ricominciare daccapo, di nuovo, da quel punto in poi, come per
una rinascita.
E’ il prima e il dopo.
La notte e il giorno.
E’ ciò che vivremmo o abbiamo vissuto.
Questa non è la storia personale di chi scrive. Maria Grazia Giordano
Paperi mette insieme tutte storie di amore,
e per questo, ma non solo per questo, ho chiesto a lei di poter ospitare
qui il suo libro, in questo spazio, Bolle,
che accoglie queste storie e le mette a disposizione di chi legge, per farle
proprie.
Perché ogni storia è una Bolla
di precarietà, dolore ed empatìa, dove ognuno di noi si riconosce per un
vissuto proprio.
Io devo molto all’autrice, lei non lo sa, ma per me, aver letto il suo
libro, ha significato comprendere un concetto fondamentale che fino ad oggi,
prima la ricerca e dopo il dolore, sentivo di avere in me, ma che non riuscivo
a mettere a fuoco:
Il significato di Essere Madre,
che è il mio personale senso di maternità che ritrovo nelle sue parole, di cui
avevo parlato qui,
che è il mio sentirmi un tutt’uno con l’essere che mi abita e che cresce dentro di
me, come parte integrante del mio corpo e della mia esistenza.
Per questo mio senso di sentirmi madre ed essere madre, perché il libro me
lo ha ricordato in tutta la sua pienezza, scelgo di vivere questo mondo e in
questo modo.
E questo concetto di Essere Madre, così scontato per alcuni, così intimo
per altri, oggi è il mio motore di
esistenza, il mio centro.
Non parlerò del libro, né questa è una recensione. Mi interessa lasciare
qui in questo posto, a testimonianza di quanto alcune parole possano scavare
dentro fino a riportare alla luce quanto già si conosceva.
Quando la presunzione di essere madre ti acceca
e poi, la vita ti mette di fronte a realtà che mai avresti pensato potessero
esistere, allora ti fermi e guardi dentro te e ti cerchi, come donna, poi come
figlia, perché, come dice Maria Grazia : “Non
sei veramente adulta finchè sei figlia, figlia di una madre, anche da lontano,
anche in modo inusuale, diverso. Sei comunque figlia.”
Maria Grazia è arrivata nella mia vita in un
pomeriggio di questi ultimi, pieni di dolore. Non ricordo nemmeno come, tanto
il dolore mi accecava. Ricordo che ero a letto e non riuscivo ad alzarmi. E’
arrivata in punta di piedi e mi ha sussurrato nell’orecchio “ lo so ”, perché
figlia di una madre abortiva. Il dolore si trasmette nei geni. Quello che ho
imparato io da questa mia vita è che, anche la consapevolezza si trasmette, così
come il sentirsi madre.
E’ da questo sentire che parto.
Dal mio sentirsi madre di bambini mai nati e di
bambini futuri, dal mio personale cammino che scelgo di raccontare qui: oggi lo
faccio prendendo a prestito pezzetti di questo libro, nel tentativo di
ricostruirmi.
Ogni storia di donna è legata da un filo.
Questo filo è tenuto insieme da una donna di nome Maryam, Maria, emigrata che
affronta un viaggio di stenti su un barcone, incinta di un sogno, e non del suo
fidanzato Yussef, Giuseppe. Maryam muore dando alla luce suo figlio con un
cesareo dopo il viaggio di fatica. Maryam è vergine e il bambino non ha il
patrimonio genetico dei genitori.
Maria ha fatto un’eterologa?
Ha dato il suo utero in affitto?
Maria è una donna come noi.
Maria è la Madre di tutte noi.