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mercoledì 15 ottobre 2014

Ciao bimbi!!!


Eugenio*  Febbraio 2010
Beatrice  Maggio 2010
Alberto* Marzo 2011
Diego-nevischietto Ottobre 2011
Carla (geu)  Maggio 2012
Lorenzo-cavaliere  Dicembre 2012

Eugenio e Alberto sono le due stelline, appena apparse, giusto il tempo di un test positivo, i loro nomi sono i nomi di due persone care alla nostra famiglia, Alberto Manzi e il suo migliore amico Eugenio.
Non avremmo mai scelto questi nomi nella realtà, ma le due stelle accese rappresentano l'importanza che queste due persone hanno avuto per noi.
Beatrice è la mia primogenita, era una femmina e a lei ho sempre pensato come Bea. Pensavo a questo nome quando non sapevo di essere una mamma speciale, e a me piaceva tanto questo nome.
Così come sarebbe tanto piaciuto Diego, che é il nostro albero forzuto, il nostro nevischietto che vive nel salice in giardino.
E poi c'è Carla.
Lei era la piccola che si è annidata nella mia tuba sinistra.
Era una femmina perchè era forte e testarda. La mia vera gravidanza. Quella che cresceva bene ma in un altro posto, quella che mi ha fatto sentire Madre per davvero.
Carla, la mamma di mio marito, che ora tiene per mano tutti i suoi nipoti.

E infine lui.
Il mio cavaliere.
Il prode cavaliere che ha combattuto con il coltello tra i denti e poi ha messo le ali.
Lorenzo era il suo nome.
Una certezza.
Tutta la speranza.
Ancora penso a lui come il mio primo bambino in carne e ossa.
Colui che mi ha portato lontano, che mi ha preso la mano, che mi ha fatto crescere la pancia.


Stasera, siete qui.
Oggi riusciamo a riconoscervi, dandovi un nome.
Oggi siete identità.
E quindi potete andare via.
Stasera, insieme ad altri genitori, in un momento intenso e pieno d'amore, vi abbiamo salutato.
Siamo in attesa ogni giorno, che l'arcobaleno inizi anche per noi, e non smetteremo mai di cercare, in fondo all'orizzonte l'inizio di quei colori, non smetteremo mai. Ma ringraziamo ogni giorno il vostro arrivo, e non smetteremo mai di parlare di voi, anche se siete durati un istante, perchè ci avete regalato vita che non potrà mai essere migliore di quella che abbiamo vissuto scoprendovi.
Tornare indietro nel tempo è impossibile, ma non possiamo arrenderci ad un'esistenza triste perchè voi non ci siete.
Non ho mai vissuto il dolore dei genitori che ho incontrato stasera, non vi ho mai partorito, vi ho visti andare via dal mio corpo, ma non vi ho mai conosciuto davvero. Non conosco quel dolore eppure mi inchino a tutta la forza e il coraggio e imparo da chi ha vissuto quel vuoto fisico.
Io che ho conosciuto un vuoto del cuore, che è ancora incolmabile.
Da qui abbiamo imparato a raccontare ancora, a voce alta, la nostra condizione, A darvi identità.
A riconoscervi.

E a lasciarvi andare via.
Attaccati ad un palloncino che è volato via con su scritto i vostri nomi.


Ciao Bimbi!
Abbiamo gridato.

e poi siete volati via.

Per sempre.
Finalmente liberi di essere ciò che siete.
Luce.

Buon viaggio Eugenio, Beatrice, Alberto, Diego, Carla, Lorenzo.
Siate liberi.
Per sempre.


lunedì 28 luglio 2014

26 luglio 2014 - Sant'Anna - Anna significa "mamma"

Deriva dal nome ebraico חַנָּה (Channah), che vuol dire favore", "grazia"[1][4][5][9]; il significato viene talvolta interpretato come "graziosa"[2][5].
È un nome biblico: è presente nell'Antico Testamento, dove è portato da Anna, madre del profeta Samuele[4][9], e anche nel Nuovo Testamento, nella figura di Anna, l'anziana profetessa di Gerusalemme che, assieme a Simeone, riconobbe in Gesù bambino il Messia[9][10]. La madre della MadonnaAnna, non è mai citata nei Vangeli e fa parte di una tradizione cristiana più tarda, tuttavia è stata proprio la sua popolarità in periodo medievale ad assicurare la diffusione del nome[5][10].
La lingua inglese conta il nome in diverse varianti: Hannah è quella usata generalmente in tutte le traduzioni della Bibbia (laddove l'italiano usa "Anna", ereditato dalle traduzioni greche e latine), ma cominciò a diventare comune solo con la Riforma protestante[1]Anne è il nome con cui è in genere chiamata la madre di Maria[10]; la forma Anna entrò nell'uso comune a partire dal XVIII secolo[10].
Anna è stato il secondo nome femminile più diffuso in Italia nel XX secolo[11]. Inoltre, nelle forme "Anna" e "Hannah", ha la particolarità di essere palindromo.
Va notato che Anna coincide con alcuni altri nomi, di origine differente: ad esempio, il nome maschile Anna, portato da un sommo sacerdote nel Nuovo Testamento, che è propriamente un'abbreviazione del nome Anania
in lingua berberaAnna significa "mamma"[12].

Avevo iniziato questo post esattamente un anno fa. Poi l'ho lasciato lì, chiuso in un cassetto.
Anna significa "mamma".
Ho preferito tenere per me questa verità, ho pensato non interessasse poi a nessuno. Dovevo fare mio questo concetto.
L'ho fatto, vivendo quotidianamente un'attesa, lottando per ciò che è stato, per ricostruirmi, per imparare.
Non sono stanca di lottare,sono solo in un momento di immobilità che la realtà del momento mi impone, ma è un momento di passaggio (lo so) e so anche che questo momento si trasformerà in una nuova fase. Ho smesso di nuotare, tanto per citare sempre l'immagine di una me alla deriva in un mare in burrasca. Ho smesso di nuotare, ma sono traghettata. Vivo così. Ora è così. Mi lascio traghettare, ho costruito tanto affinchè  le cose potessero essere così. Me lo merito. Posso permettermi di lasciare ciondolare gambe e braccia e lasciarmi andare,non trasportata indifferentemente dalla corrente, perchè c'è chi mi traghetta. Ed io lascio fare.
Sono accadute molte cose nel frattempo. O forse non è accaduto niente.
Per tanti il mio molto non è abbastanza, ma non è importante ora. 

Non l'ho pubblicato. Questo è accaduto perchè il giudizio comunque pesa. Pesa su un'anima come la mia, pesa su un cuore addolorato, pesa sulla mia sensibilità.
Io non riesco a non considerare il giudizio degli altri,  perchè sono un'insicura. Lo sono, anche a quarant'anni, forse più di prima. Mi sto interrogando molto su questo punto in questi mesi. La mia insicurezza sta pesando sul mio lavoro e sulle mie scelte, viene da lontano,  so da dove.

In ogni caso, il bisogno di sviscerare, di buttar fuori la parte più intima di una me traballante, ha fatto sì che intorno a me si sentissero in diritto di analizzare la situazione molte persone. 
Io lo permetto.
 Perchè l'opinione degli altri mi interessa, perchè ritengo che il confronto è sempre e comunque un momento di crescita.
Se è un confronto.
La questione è che spesso il giudizio non comporta confronto e nemmeno conforto. 
C'è, da una parte, la volontà di risolvere il problema, pur non avendo mai chiesto di farlo, oppure c'è l'illusione di voler aiutare chi denuncia un dolore e un malessere, senza rendersi conto che in realtà si vuole aiutare se stessi, ricercando in persone come me, la soluzione ai propri problemi.
Sono accadute delle cose, dal mio punto di vista molto gravi, che hanno minato alla mia insicurezza. Questo ha fatto sì che io mi chiudessi in me stessa interrogandomi su tutto. E per tutto vuol dire tutto. Dal lavoro, alla famiglia, alle scelte che ho fatto per cercare i miei figli. Mi sono sentita una fallita.
.
Ciò che a me ha fatto male è stato il non riuscire a difendermi circa il mio sentirmi madre. Comunque.
Ho lasciato che mi si convincesse che io non lo sono. Perchè non ci sono figli con me.
Ho lasciato che mi si facesse credere che la mia vita non ha senso impostata così, continuamente alla ricerca.
Ho lasciato che i miei figli rimanessere soli.
Li ho lasciati soli. 
Non siete esistiti.
Sono esistita solo io. 
Tutto ha girato intorno a me, tutte le scelte, le responsabilità, tutti i fatti accaduti.
Come se fossi l'unica artefice di tutto.
Questo mi ha fatto male. Questo è un male che mi si è attaccatto addosso, mi è entrato dentro, mi ha scavato.
Non sarai mai madre finchè non sarai responsabile di te stessa.
Queste parole risuonano nella mia mente come macigni.
Ho pensato che è davvero così.
Ho sbagliato.
Sono una persona che ha desiderato avere dei figli. Sono rimasta incinta molte volte e ogni volta le mie gravidanze si sono interrotte. A volte in maniera indolore, se vogliamo dirla così, a volte in maniera drammatica. Drammatica secondo il mio metro.
Ho creduto di poter imparare da questo, ho cercato di trasformare il dolore e l'assenza in un'occasione di crescita prima di tutto di me stessa. 
Ritengo di esserci riuscita.
Per arrivare a questo ho dovuto sviscerare alcuni fatti, analizzandoli.
Sono la sola autorizzata a farlo. Ciononostante rendo partecipi di questo la maggior parte delle persone che mi frequenta, che mi conosce e in questo caso, che mi legge.
Stop.
La storia è questa.
Non c'è altro.
Ho il diritto di raccontarla senza per questo dovermi sentire una persona diversa.
Non sono una persona diversa. Vivo solo molto intensamente la mia vita. Il mio passato e il mio presente.
Per il mio futuro ho qualche problema, ora. E non ho difficoltà ad ammetterlo. L'assenza di ciò che è stato mi radica inevitabilmente nel passato, e a volte il ricordo di ciò che è stato e che ora non c'è mi è più di conforto che l'immobilità. Non è il mio passato a bloccarmi, da lì traggo la forza per costruire il futuro. La frase più ricorrente che persone come me si sentono dire  è "ciò che è stato è stato, ora si va avanti".
Andiamo avanti. Certo che andiamo avanti. Ogni giorno.
Come tutti.
Solo che ci facciamo delle domande.
Intorno ad un'assenza si impara a costruire il futuro.
E' solo più difficile, perchè non ci si può appoggiare a nulla se non a ciò che si è fatto fino a questo punto per andare avanti. 

A me la filosofia di Pollyanna  è sempre sembrata una stronzata. Non è che dicendosi che la vita è bellissima e piena di colori allora magicamente si risolvono le cose. Non è che solo leggendo di cose belle o frequentando solo persone che ridono e sono felici e allegre e tanto primaverili e frizzanti (come la società impone), vuol dire che si sono risolti tutti i problemi. Ognuno di noi trova il modo di essere una Pollyanna, è questione di sopravvivenza, solo non capisco perchè alle persone che hanno difficoltà (di qualsiasi natura esse siano) si richiede uno sforzo ancor maggiore di equilibrio, di successo, di coerenza.
Per le persone come me non si ammette tolleranza. 
Pensateci bene, è così.


I miei figli sono esistiti. La loro esistenza è durata pochissimo ma sono arrivati affinchè io comprendessi alcune cose di me. Sono una donna in cammino.
La mia colpa è di denunciare questi fatti, con una fame di condivisione che sorprende anche me. Ho sete di parlare all'infinito di ciò che è stato, di ciò che è, di ciò che sarà, senza commiserazione, senza giudizi.
Vivo intensamente ogni istante della mia vita.
Ho amato alla follia il mio lavoro. Non ho un soldo da parte proprio perchè ho fatto delle scelte non condivisibili ai più. Questo sta attualmente influenzando anche il mio problema gravidanze, e lo ha fatto in passato quando sono stata costretta a letto durante gli aborti&Co. senza garanzie e stipendio. Ma ho amato le mie scelte, che sono state sempre scelte consapevoli. E così il bisogno di ricercare i miei figli influenza a sua volta il mio lavoro, che chiaramente ha subìto danni ingenti, di stop e di retromarcia. E ora ne pago le conseguenze. Ma anche queste sono state scelte lucide e coerenti con me stessa.
Perchè lo spiego.
Perchè dò l'anima per tutto quello che faccio. Mi è proprio difficile fare una cosa senza viverla a 360°, così per l'amore, la famiglia, gli amici, il lavoro, i miei figli. Qui racconto dei miei figli, che sono tutta la mia vita.
Sono la parte più importante di me e ne parlo, lo racconto, analizzo i sentimenti, perchè fino ad oggi (per quanto quattro anni di ricerca possano sembrare un'infinità) non lo sapevo che il mio ruolo nel mondo era quello di essere mamma, e mi sorprendo ancora a scoprirlo.
Anna significa "mamma".
Come posso smettere di esserlo se per me è naturale ed istintivo il contrario?
Mi si chiede di andare avanti che altrimenti la mia vita cade in pezzi.
La mia vita è ben consolidata. La mia esistenza ha radici profonde. Sono un'anima che viene da lontano.
So cosa mi fa male e mi fa male andare avanti senza i miei figli, dando credito a chi mina alle mie certezze, facendomi credere che la vita è altro.
Si vive anche di assenze e intorno a queste si costruisce tutto un progetto di esistenza.
La mia vita è questo.
Ed è tanto.


Un mese fa ho deciso di sottopormi ad un trattamento di reiki.
E' stata un'emozione forte, intensa. Sentivo un'energia fortissima come un vortice all'altezza della mia pancia. Utero e ovaie tesi. Ho sentito intensamente che il mio nodo è lì, passa di lì.
Alla fine del trattamento mi è stato chiesto se avevo subìto delle perdite (non ero andata lì per le gravidanze, la mia storia non l'avevo raccontata, chi mi ha fatto il trattamento era un ragazzetto sbarbato che sa il fatto suo).
Ho detto di sì.
Mi è stato detto che durante tutto il tempo si vedeva una bambina.
Questa bambina diceva: sei tutta la mia vita.
Il dopo però non ha avuto conseguenze.
Da un momento iniziale di felicità immensa per aver ricevuto questo messaggio, sono seguiti momenti di buio, inghiottita da altro, dal giudizio, da chi ha pensato di psicoanalizzarmi, dal "non sarai mai madre finchè non sarai responsabile di te stessa",  eccetera eccetera.
Mi sono sfogata.
Ho pianto con chi ha capito e mi ha rimesso sulla mia strada (ti voglio bene Silvia).
Ho cercato di non affogare ma il peggio doveva ancora arrivare.
Ho rimesso in gioco tutto.
Lo sto facendo ancora.
Ma ora ho stoppato tutto.

Si parla tanto di dolore che spesso le persone lo usano impropriamente per farci una carriera, oppure per riempirsi le tasche di saggezza, per credere di condurre un'esistenza assennata e in equlibrio, tanto da essere promossi a ruolo di consigliere delle vite altrui.
Io parlo di dolore con cognizione.
Tutti noi potremmo farlo. Chi non ha vissuto un dolore?
Ma non tutti lo fanno.
Spesso "si va avanti" e non ci si chiede altro. 
Il vivere accanto ad un dolore, un'assenza, un futuro che non è, non implica necessariamente una non-vita.
E' la consapevolezza che salva.
E chi è consapevole di vivere e sopravvivere ad un dolore, sa che anche questo è la propria vita, che nessuno ha il diritto di giudicare superficialmente.
Mia figlia gira per i sogni di gente sconosciuta (è accaduto poi con altre due persone), è una bambina che può essere tutto, o tutti coloro che sono passati per il mio nodo-pancia. 
Lei è tutta la mia vita. Loro lo sono.


Non vi racconterò che nonostante tutto (il mio tutto) vivo una vita piena di cose belle, non lo faccio perchè non mi interessa farlo. Mi racconto per il cammino che sto facendo. 
I miei figli e le persone che hanno fanno parte della mia vita e che ora non ci sono più, mi camminano accanto, lo sento. E' una certezza che mi dà la forza di fare delle scelte, oppure di lasciare che le situazioni annodate si sciolgano di fronte a me mentre cammino.
Non leggerete di dove sono stata due giorni fa, che mi ha riempito cuore e occhi. Per questo basta telefonarmi, leggermi su facebook, incontrarmi al ristorante mentre mangiamo una pizza, chattare su whatsapp (sono un drago in questo). Per questo, leggete altrove.




Usare con cautela le persone.
Io ci sono.
Vado avanti, certo.
Sempre e a modo mio.




p.s
questo post è anche per tutte le mamme di ciaolapo del gruppo "mettiamoci la faccia", di cui ho conosciuto il volto dei loro figli-angeli e tutta la loro sofferenza. E anche per chi mi vive accanto, che scrivere e parlare di dolore, non sempre è semplice farlo.

lunedì 4 febbraio 2013

e se.


Ho lasciato la mia automobile in doppia fila, a quell'ora il quartiere Prati è invivibile, impossibile sperare in un parcheggio, ho pensato "ci metto un attimo" e ho attivato le quattro frecce.
E' stato quando ho ripercorso quei gradini, ho spinto quel portone, che violento, è arrivato come uno schiaffo, il ricordo.
Avevo camminato per quei corridoi dieci anni fa, alla nascita della mia Magali, ho ripercorso quelle stanze avanti e indietro, il 7 dicembre 2012, per dire addio al mio piccolo cavaliere, sono tornata stamane, per ritirare la cartella clinica.
E non sapevo che si sarebbero di nuovo innescati tutti quei meccanismi che in questi ultimi due mesi ho cercato di nascondere, di non far ripartire. Non lo sapevo.
Sono entrata a testa bassa, ho cercato di sorridere, mi è uscito un brutto sorriso, la bocca storta, il cappello calato sugli occhi. Ho preso quello che dovevo prendere e ho spinto di nuovo quel portone, di corsa, violentemente, senza guardarmi intorno, cercando di non tapparmi le orecchie con le mani, quando il pianto di un neonato si è fatto sempre più insistente.
Son salita in macchina senza nemmeno allacciare le cinture, sono scappata via, da quella strada, da quei negozi, da quel caos, da tutto quel dolore soffocato.
E ho iniziato a piangere.
Mi sono fermata al semaforo di via trionfale e quando quell'uomo si è avvicinato per vendermi gli accendini, scendevano due lacrime giganti e il naso era rosso, e si vedeva che sembravo un clown, nonostante gli occhiali da sole cercassero di celare la smorfia del mio viso.
E allora quell'uomo è andato via.
E ho guidato così fino a studio, con le lacrime che scendevano senza sosta, e il respiro a tratti, e i singhiozzi accellerati, e i capelli sugli occhi, e il naso che colava.

Ed io non lo so se ce la faccio.

Ed io non voglio essere più una mamma speciale.
Non voglio più parlare con bambini che non vedo.
Non voglio più sentirmi sbagliata.
Vorrei sentirmi normale.
Una donna normale.
Con un desiderio normale.
Quello di dare la vita. Di concepirla e trattenerla.
Perchè è così che deve funzionare.
Perchè ce la possiamo cantare in mille modi. Ma io sono stata programmata per questo.
A me non me ne frega niente della carriera, dei tacchi, della palestra, degli aperitivi, del lavoro figo, dei soldi.
Non - me - ne -  frega - niente.

Sono stufa di ritirare cartelle cliniche dagli ospedali, per leggere nero su bianco che i miei bambini si sono trasformati in materiale deciduo coriale, materiale deciduo ovulare, in residui.

Residui.

Non sono una persona forte come pensano ora tutti.
Una volta, prima di iniziare questa storia, non ero considerata una persona forte.
Com'è che adesso tutti pensano che io lo sia?
Non lo sono.
Crollo solo perchè ho percorso quattro gradini in fila.
E il cuore mi faceva male al solo ricordo di quanto è atroce un aborto.
Di quanto è innaturale.
crudele.
irrispettoso.
del tuo corpo.
del tuo essere mamma.
del suo non essere più vita.

E allora, mi chiedo come farò. 
E' un purgatorio questo.
Non posso fare a meno di desiderare mio figlio, ma questo desiderio mi porta solo dolore.
Non è vero.
Lo so che non è vero.
Ma sono stanca.
Vorrei veder crescere la mia pancia, senza dover programmare le gravidanze come fossero eventi epocali. Dover fermare la mia vita per poter permettere alla vita di andare avanti.
E allora, mi preparo.
Tutte le volte.
Mi preparo ad accogliere.
Sembro una formichina laboriosa che deve affrontare l'inverno, anche se sta arrivando la primavera.
Cerco di sistemare tutto, ogni angolo della casa, del cuore e del mio corpo se possibile, come se stessi partendo per un viaggio, un viaggio che ogni volta, spero non si interrompa.
Vorrei che tutto questo fosse spontaneo, naturale, normale.
Ma non lo è. Non lo è mai.
Ed è difficile. Difficile. 
Ed io non lo se ce la faccio.
Posso continuare a parlarne ancora, ma lo so che passerà. E' un momento di bassa, forse perchè Fab non c'è, forse perchè saranno gli ormoni, forse perchè davvero è troppo lungo questo cammino sin qua, non lo so.
Sto sbagliando?
Alla mia età, dovrei occuparmi di altro.
Dovrei pensare ad organizzare cene, coltivare una passione, scegliere nuove amicizie, frequentare altri ambienti, andare all'estero, scappare. Andare via.

E invece questo bisogno, questa responsabilità, mi inchioda ad una me stessa immobile.

C'è un'onda di dolore alta, che mi rincorre, a tratti mi raggiunge. Io nuoto veloce per non essere sommersa. Ma spesso arrivano i crampi e devo fermarmi, non ce la faccio a nuotare ancora.
Ho paura.
Tanta paura.
E se vanno via anche questa volta?





giovedì 12 luglio 2012

pensieri confusi

...come certi amici nostri:
sono in tre colleghi con Fabio che hanno fatto lo scorso anno una società. Tutti e tre cercavamo dei bimbi. Una coppia è la coppia poliabortiva di cui spesso ho parlato, mi pare quattro in tutto, ma a settembre partoriranno una femminuccia e quindi, dai, andrà bene. Poi ci siamo noi due, vabbè, sorvolo. Poi c'è quest'altra coppia che invece non concepiva proprio. Insomma, secondo me non si sono rivolti subito alle strutture giuste, sempre nel pubblico, che per carità è ok, ma se non imbocchi la strada giusta rischi di perdere anni per arrivare ad una conclusione magari banale. E così è andata. Fatto sta che trovano finalmente un problema a lui di viscosità del liquido, lui si fa un mese di FLUIMUCIL e lei rimane subito incinta!!! vabbuo, no comment, intendo circa la perdita di tempo di questi anni per una cazzata...insomma, loro non riescono ad essere felici perchè intorno hanno avuto prima la storia dell'altra coppia, poi la nostra che li ha scioccati, e non riescono a stare sereni. Dicono sempre che stanno con i piedi per terra. Che ok, ci sta. Ma tanto piedi per terra o piedi per aria, che credete che il dolore nel caso dovesse succedere qualcosa, sarà meno pesante?

Non è per niente vero che se fai finta di non crederci poi non soffri.

Mi veniva da ridere, poi da sorridere per tenerezza...
ho spiegato con un pò di rabbia, poi con calma, che NORMALMENTE funziona proprio così, che devono stare tranquilli perchè non è vero per niente che succedono cose brutte di solito e che di solito le gravidanze vanno in porto nella maggior parte delle situazioni, che devono essere felici che finalmente dopo anni hanno un positivo in mano, che poi questi momenti non tornano più, che bisogna godersela questa vita, che tanto poi le cose accadono lo stesso, che tu lo voglia o no, con la differenza però che non ti sei goduta quel momento. Io le mie gravidanze me le sono vissute tutte fino alla fine, intensamente, le prime con l'ansia, le ultime due anche con l'amore. E so che almeno in questo non posso avere rimorsi. Ho parlato sempre con loro, ho tenuto la mia mano sulla pancia, ho cantato loro ninne nanne. E qualcuno ci ha provato pure, durante i primi due aborti, ad insinuarmi il dubbio che la colpa però in fondo era pure un pò mia con le mie ansie e le mie paure. Poi con il tempo ho imparato a sfanculare accuratamente questa gente, perchè invece no, io quei momenti me li sono vissuti così bene che solo il bisogno di ritornare a quelle coccole oggi mi dà la forza di voler ricominciare...

Quando mi è successo l'incidente della tuba, ero in pronto soccorso, e pensavo che solo 12 ore prima avevo detto a Tania che io ci credevo tantissimo stavolta, che volevo credere che le cose sarebbero andate bene (poi che dentro sentivo altro è un'altra faccenda, ma quello fa parte del mio essere strega). 
Poi l'infermiera del triage mi ha trattenuto lì un'ora, perchè non credeva che io avessi tutti quei dolori.
Mi diceva che io stavo somatizzando perchè ero una poliabortiva e quindi avevo paura di questa gravidanza e che secondo lei poteva essere una colite.
Io cercavo di non farle vedere le goccioline di sudore che mi scendevano lungo il collo per il dolore e più seria possibile le dicevo che volevo credere in questo ma che davvero, per quanto potessi impegnarmi, il dolore io lo sentivo davvero, non me lo stavo inventando e questo, cmq, non stava facendo bene al mio bambino.

Volevo dirle che io sapevo e avevo imparato a gestire la paura dei miei aborti, che sì, ero preoccupata, ma ancora non credevo che anche stavolta lo avrei perso e che non avevo paura e che non me lo inventavo il dolore.
 Perchè quel dolore non si inventa, si impara a viverlo.


 Poi sono svenuta e dopo mi hanno detto che in quel momento la tuba era scoppiata.

Questo per dire che si impara a convivere con la paura, il dolore, non è che ci trasformiamo in supereroi nel frattempo, però si impara anche a godersi tutto il resto, perchè poi quando succedono le cose, vivi di quei momenti belli e solo quelli ti danno la forza di andare avanti.
Per questo, i ns amici dovrebbero godersi questi momenti e non guardarsi attorno con fare sospettoso, tesi come corde, pronti a saltare ad ogni minimo punto esclamativo...

ma questa certo è la mia storia e non la loro, e bisogna passare per certi buchi stretti per arrivare a queste conclusioni, lo capisco...

martedì 17 gennaio 2012

camminare con i paraocchi




inzia da qui questa nuova disavventura, che amerei chiamare così, non perchè lo sia per davvero, ma perchè un pò pippi calzelunghe ora mi ci sento. Abbiamo provato l'ebrezza del falso positivo, così non ci facciamo mancare nulla e possiamo dire di averle collezionate tutte. Mo' basta però.
Certo, la linea non è forte. Di qui le mie ore di angoscia. No, ricominciare così, no. Non riesco a reggere. 
E così che faccio? Sono in ritardo, lo premetto, altrimenti sembro scema, ma sono anche consapevole che al mio corpo non si può chiedere di più dopo quello che gli ho fatto nei mesi scorsi. Diciamo che stavolta si è vendicato: mercoledi passato, 26° PM, macchioline rosa, poi il nulla. Comincia a battermi il cuore, scrivo al gine tascabile e lui mi dice di fare un test dopo il 16. Mi illudo un pò, lo ammetto: io non soffro di spotting premestruale e cmq quello non era spotting, e ogni volta che son rimasta incinta ho avuto perdite da impianto anche più importanti di questa. 
Sabato sera, tadaaannnn, nuova macchiolina, un pò più decisa, ma non arriva nemmeno a toccare il salvaslip, mi crolla tutto l'immaginario possibile, ma non caccio una lacrima, dico che mi sta arrivando il ciclo, scrivo che qualcosa si è rotto (di qui il post, ora si capisce?), ma va bene. L'ho giurato a me stessa che doveva andare bene così e che tutta questa adrenalina mi fa bene al cuore e allo spirito e coltiva la speranza, la mia alleata, la mia unica amica.
Invece il ciclo non parte, niente, zero, sparito. Ok, lunedì faccio questo test rosa del supermercato con 25 di sensibilità, 'na ciofega insomma, e mi dico che se questo è positivo ehhh cavoli, allora sono davvero incinta. Il risultato sta qua sopra, non evidente, ma è lì, in tutta la sua pochezza.
Ricomincio a sperare, oh cavoli come spero, e stavolta ci credo anche se non mi emoziono...anzi no, dico una bugia, un pò di patema a vedere 'sto piccoletto sotto la statuina di willow tree, c'è stato.
E allora che faccio? Per ritornare alla domanda iniziale.
Stamattina test di clear blue, il mio fedele amico quello che per ben due volte si ritrova tra le pagine di questo  blog a testimoniare l'arrivo dei miei due angioletti più grandi. E....SDENG! NON INCINTA!
AHAHHAHAHAH! e io che pensavo di essere immune a tutto ciò! ILLUSA.
e che faccio allora?
e che faccio? ma posso fare finta di niente? no. Faccio le beta, stavolta non nel laboratorio farlocco, ma in un mega chiccoso laboratorio del quartiere Parioli a Roma, dove mi accolgono con un tappeto di strass, e la signorina all'accettazione mi spiega che le beta quest'anno costano €19.00+€14.00 di impegnativa, per la nuova finanziaria, e a me a momenti cade la bocca per terra e i capelli in blocco quando la mia testolina calcola che, dovendo io, povera poliabortiva, ripetere le beta ogni due giorni, presto sarò sull'orlo del lastrico. Corre in soccorso la mia benefattrice del centro extra lusso, dicendomi che io con una gravidanza a rischio cmq, non pagherò nulla. Ah. bè certo. Io ho una gravidanza a rischio. Capito piccolè? Se mi senti ora dove sei, siamo a rischio io e te, non te lo dimenticare che tanto ce lo ricordano gli altri .
Ok. Stavolta non devo telefonare io e rischiare di incontrare un dottore rincoglionito che mi dà un valore per un altro (vedi post "la sagra delle beta"), no, mi danno un codice i  gran figaccioni, mi collego al loro sito ed ecco che magicamente dopo le 14 arriveranno i risultati. Stamattina lavoro con la mia collega, sistemo foto di  eventi, conto i minuti, i secondi. Alle 14.01 appaiono i risultati. BHCG = 0. SDENG. altra botta.
Che è successo? eh? chi è? dove? perchè? come?
la mia collega continua a parlare, io continuo a ridimensionare foto, impostare pagine, fare calcoli.
Dentro muoio.
Ancora un pezzettino.
Un altro ancora, che questo cuore non so se ci rimarrà più per quando incontrerai questa mamma.
Posso andar via finalmente, sono le 15.00, e posso andare a piangere e disperarmi.
Oppure no.
Devo far fede alla mia promessa di felicità, tu ci conti, Fabio pure, io meno, ma io non conto per l'appunto.
.



Non posso stare sola in casa. Devo frivoleggiare. Vado in un centro commerciale.

Trovo subito parcheggio, salgo la scala mobile e due, dico due davanti a me con i passeggini. Ma perchè mi perseguitate? Che volete da me? Almeno oggi, non potreste diventare trasparenti? Vi mettete un mantello sopra e tutti voi, con i vostri pargoli felici, mi diventate trasparenti, poi andate a casa e tornate normali. eh? che dite?




mi devo distrarre. Ma non c'è verso. Sento arrivare il ciclo, e lo scopro nel bagno del centro commerciale. Maledetto bastardo. Non ti sei vendicato abbastanza facendomi spendere tutti questi soldi in due giorni, 
mettendo le ali a quel bel paio di scarpe che avevo puntato da prima dei saldi? Devo distrarmi, e solitamente lo faccio andando nei negozi riguardanti la casa, essendo una del mestiere. Certo, un centro commerciale al massimo ti offre Zara HOme, e va bene. Dove mi fermo? incantata davanti a questo delizioso lettino di merletti...una meraviglia che sa di confetto.
CRETINA.
Ecco come mi sento, una cretina. Un'illusa e una paurosa. Ma che mai avrei potuto fare?non lo so, non lo so cosa avrei potuto fare, ho fatto quello che ho ritenuto necessario, quello che secondo me era giusto fare nel caso il mio piccoletto fosse arrivato. 
Due lacrimoni grossi come una casa, per tutta l'agitazione di questi giorni, e ora sono stanca, provata e delusa. Ma va bene. Il ciclo è arrivato sul serio, e io sono contenta ora. Ricomincio a sentire il mio corpo.
Cosa è accaduto non lo so. Incidente tecnico. Niente più. A me preme che il mio piccoletto non si sia fatto male e che non sia sceso giù per sbaglio. E quindi va bene dai. Sono tanto stanca. Vorrei dormire per ore ore e ore e recuperare le ore delle notti passate, quelle che si affacciano mentre tu dormi, o fai finta di dormire, quelle ore passate a fantasticare, a chiedersi che dai, stavolta è andata, stavolta siamo io e te, di nuovo qui dalla tua mamma.

Sarà per la prossima volta. 
...stavolta, ci siamo solo divertiti....
...scherzavamo.






giovedì 20 ottobre 2011

la nostra storia

mi dicono che questo momento è il peggiore di tutta la nostra storia insieme.
ieri pomeriggio quando il dottore mi ha voluto vedere in urgenza per capire, mi ha fatto andare nella stanza in fondo al corridoio, quella da dove ho iniziato a percorrere il cammino verso di te,
dove ho controllato, analizzato, guarito la culla che in questo mese e mezzo ti ha accolto e ancora oggi ti custodisce.
Poi quando tu sei arrivato ho avuto i bonus per entrare nella prima stanza, quella piccola, che non ha il bagno annesso, quella dove serve solo una macchina per vedere se cresci, non serve altro, perchè non c'è altro da guarire, non c'è altro da vedere, quella dove quell'infernale ecografo non ti esplora, accarezza solo la pancia da fuori e ti ascolta dondolare nella mia acqua.
Ieri pomeriggio abbiamo perso tutti i bonus guadagnati ed io e te siamo ritornati dal via, come nel più classico gioco dell'oca. I piedi e le gambe nude stavolta erano freddi, la prima volta in quella stanza era agli inizi della primavera e il caldo iniziava a scaldare il mio cuore, così come alimentava la nostra speranza. Papà è sempre stato lì con noi due, sempre, non ci ha mai lasciati. Non ho mai visto un uomo affrontare con tanto coraggio la visione non proprio piacevole di noi due che dialoghiamo nel nostro linguaggio invisibile, quello che nemmeno il dottore può tradurre. Eppure lui è sempre stato lì e non ci ha mai lasciati, nemmeno quando ieri, non ti abbiamo più visto, la tua cameretta non si vede più, il dottore non ce l'ha detto ma noi ce ne siamo accorti, avevamo imparato a memoria quelle immagini e sapevamo come era fatta. La situazione è disomogenea, trofoblasto diffuso, camera gestazionale non visualizzata, battito cardiaco assente, aborto incompleto.
Succede che stai andando via anche se io non me ne accorgo. Succede che se non vai via, martedì mi portano in ospedale e fanno tutto gli altri per noi due. Noi due saremo lì a guardare e ci separeranno, almeno per ora. Poi aspetteremo due cicli e saremo di nuovo insieme io, te e papà. Noi tre di nuovo insieme.

Mi dicono che questo è il periodo peggiore, perchè sono in attesa per vedere cosa farai e che questo è un limbo. Non è così. Sono gli ultimi momenti in cui io e te saremo insieme fisicamente. Io non voglio pensare al futuro ora, voglio stare con te. Ancora.
Vorrei proteggerti amore mio, volevo farlo e non ho potuto.
Torneremo a stare insieme, tra poco amore mio, devi aspettare ancora un pò. Un altro pò.
E poi mamma tornerà da te.
Per sempre amore mio. per sempre te lo giuro.

giovedì 2 giugno 2011

2 giugno: si chiude un ciclo di dolore

Non potrò più dimenticare e cancellare dalla mia mente questa data, il giorno in cui svegliandomi mi sono accorta che te ne eri andato via da me. Il giorno prima ti sentivo e la mattina dopo non eri più con me.
E' passato un anno.
Quel giorno pioveva, io a letto immobile, seguivo le istruzioni dei dottori pur sapendo che questo non sarebbe servito a nulla. Oggi c'è il sole, anche dentro di me.
Tu sei il mio lutto, quella ferita che non riesco a cicatrizzare, quel dolore che si rinnova sanguinando, ma ora sei anche la mia forza, la mia rinascita, la mia partenza.

"non ho fretta dottore, ma voglio sapere contro quale mostro sto combattendo, perchè io non ho superato queste perdite, e so che per lei sono un caso come gli altri, ma credo che se vuole, può capire".
Deve aver visto nei miei occhi lucidi, la mia vulnerabilità, il mio dolore e le mie aspettative, e il mio sconforto dopo aver compreso che finito l'intervento di laserterapia avremmo dovuto attendere altri 40 giorni per capire cosa fare. Allora si è alzato in piedi e si è appoggiato al muro, le mani dietro la schiena, si è tolta la maschera di fretta che ha sempre avuto negli ultimi controlli e guardandomi fisso nel punto in cui stavo per scoppiare a piangere, mi ha detto:
 "noi tre siamo un team. Io, te e Fabio. Abbiamo lo stesso obiettivo, arrivare ad una gravidanza ed essere in grado di portarla avanti. Non posso dirti che sarò in grado al 100% di evitare altri aborti, io questo non lo posso sapere, lo può sapere solo Dio, ma faremo tutto quello che è scientificamente e umanamente possibile fare. Tutto. Quando ti sentirai sconfortata e depressa pensa a questo: stai facendo tutto quello che è in tuo potere. Non sei sola e non ci sono colpe. Ti sembrerà strano ma invece io capisco le tue parole, perchè l'aspetto abortività è da un punto di vista della ricerca e della scienza, l'aspetto che più mi appassiona e che studio continuamente e che mi ha portato ad un livello molto alto della mia ricerca, e da un punto di vista psicologico ciò che più mi coinvolge e mi stimola a cercare di risolvere. Non sei sola, siamo una squadra, e non ci sono colpe. Ora stiamo pensando alla tua salute, poi inizieremo la battaglia, perchè avremo molto da combattere".
A chi mi ha detto che l'intervento di laserterapia per i condilomi era una cazzata, faccio una pernacchia sonora, perchè il dolore che ho provato e che ora provo è di un certo rilievo, per non dire che vorrei sbattere la testa al muro. Mi sento acciaccata e stremata e mi vien da ridere pensando all'ironia della coincidenza del calendario, che con questa data chiude un cerchio di dolore, intimo e fisico.

Ora di dolore non ne voglio più provare.

Abbiamo schierato le truppe, sono in fila in attesa della battaglia.
Appuntamento il 4 luglio, un altro mese, per verificare se il laser ha avuto gli effetti desiderati, e controllo per lui, che nel frattempo si è visto in diretta televisiva tutta la guerra laser al papilloma ed è rimasto impietrito quando il dott gli ha detto che faremo il laser anche a lui nel caso il controllo e le analisi dovessero rilevare l'hPV, ma ubbidisce il mio uomo, perchè sa che se ce la faccio io, può farcela anche lui.
Nella prossima puntata affronteremo la questione endometrio ed eventualmente faremo una sonoisteroscopia dell'utero per controllare che sia tutto a posto.
Intanto ho iniziato una terapia preconcezionale a base di prefolic e integratori di vitamina B che tra un mese dovrebbe dare effetti anche sull'endometrio, nella speranza non mi debba sottoporre ad ulteriore esame invasivo di controllo.
Gli esami sulla poliabortività "vanno bene un paio di ciufoli", cito testualmente l'emerito dott, abbiamo delle mutazioni eterozigoti per l'MTHFR e delle alterazioni delle sottopopolazioni linfocitarie che ci daranno filo da torcere, e quella sarà la "battaglia madre" che ci porterà alla conquista di te, figlio mio.

Come sto io?
a parte il dolore fisico, sollevata, come se tutto il peso che ho portato fino ad ora sulle mie spalle fosse stato equamente distribuito.
Ho molta strada da percorrere ancora, soprattutto per guarire il mio cuore e non so come ci riuscirò ma comunque ci riuscirò. 
Inizio la terapia omeopatica e interrompo l'agopuntura.
Questo ha provocato un disastro diplomatico, perchè io, nel tentativo di percorrere tutte le strade possibili per tornare a stare bene, non ho pensato che due terapie contemporaneamente potevano essere incompatibili se non eseguite dalla stessa persona. Ragionamenti e dibattiti che, a dirla tutta, ieri sera mi hanno sfiancato, soprattutto perchè per l'ennesima volta mi sono vista protagonista sul palco del giudizio degli altri, che in realtà sono io che coinvolgo e dunque poi non posso pretendere che non esprimano il loro parere in merito, parere che nella maggior parte delle volte coincide con la frase: " non devi pensarci. E' tutta colpa della tua testa e del tuo pensiero fisso". Abbozzo, ma sto imparando a tirar su i muri e a tirar fuori la rabbia e la competenza e soprattutto, la consapevolezza di me nella comprensione di cosa significa la gioia del dolore, senza altri giri di parole che mi fanno entrare in un circolo vizioso, un cane che si morde la coda, un'ansia che si rigenera nell'ansia. Invece no. Voglio uscire da tutto questo e smettere di parlarne. Basta.
Non c'è nulla da aggiungere, ora devo stare bene per combattere questa guerra che mi porterà a te.
chiuso.