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giovedì 3 novembre 2016

Terremoto sulla propria pelle


Il nostro cuore non è fatto di pietra. La pietra a un certo punto può andare in frantumi, sbriciolarsi, perdere ogni forma. Ma il cuore non può andare in frantumi. E questa cosa senza forma che ci portiamo dentro, buona o cattiva che sia, possiamo trasmetterla gli uni agli altri senza limiti.
(Haruki Murakami)


Salve a tutti, come molte di voi sanno, l'epicentro del sisma del 26 ottobre e del 30 ottobre con la scossa di magnitudo 6.5 , ha avuto epicentro nel paese di Castelsantangelo sul Nera, il mio paese di origine, dei miei genitori, dei miei nonni, di mio marito. In particolare la mia famiglia aveva tutte le seconde case a Gualdo, frazione del comune di Castelsantangelo, completamente raso al suolo. Il comune era già stato colpito dal sisma del 24 agosto e ogni casa era stata già lesionata gravemente, sono stata lì, sia a settembre che ottobre, per varie iniziative di solidarietà e ho potuto vedere con i miei occhi lo stato delle cose e poi verificare l'agibilità di molte abitazioni essendo io un architetto, ma mai avremmo pensato di vivere la distruzione totale a seguito degli eventi di questi giorni. Attualmente mi sto organizzando per mandare aiuti materiali, ma è difficilissimo farlo perchè non ci sono più nemmeno le strade, si arriva solo a Visso ma non più dalla Valnerina completamente chiusa e a Castelsantangelo si arriva solo scortati dai vigili del fuoco, figurarsi nelle frazioni che sono in montagna, dove ora non c'è più nessuno (il mio paese è a 1000 mt). La popolazione è stata portata tutta sulla costa, ma ci si sta organizzando per riaprire i posti di lavoro e qualche attività, e allora le persone faranno i pendolari, perchè in zona, adesso non si può più vivere.
Io vi chiedo dunque se potrete contribuire anche con pochissimo alla raccolta fondi attraverso l'IBAN che vi allego, che è il conto del tesoriere del comune. Non passa per associazioni, nè possiamo darli direttamente al sindaco (con cui sono in contatto) perchè il comune non esiste più fisicamente. Questo è il link all'IBAN per verificarne l'attendibilità: http://www.comune.castelsantangelosulnera.mc.it/iban/
Tra i miei sogni, c'era quello di portare i miei figli a conoscere le mie origini: questi figli non ci sono ora e anche le mie origini adesso sono colpite profondamente. Aiutateci a rinascere e se volete, condividete. Vi ringrazio per l'attenzione

Anna


domenica 23 ottobre 2016

Infertility day

Non ci sono giorni da ricordare per noi infertili.
Non ci sono campagne pubblicitarie sbagliate per noi infertili.
Infatti, nessuna delle coppie infertili che conosco ne ha reclamato l'assenza.
Ora che i riflettori del fertility day si sono spenti, ora, noi infertili possiamo ricominciare il nostro lavoro di ricerca affannosa di collocazione nella vostra società.
Ora che le coppie gay si sono sposate e fino al prossimo scandalo per la nascita di un figlio da utero in affitto, fino al prossimo sbaglio in laboratorio di scambio di provette, fino alla prossima morte di parto per medici obiettori di coscienza, ecco, fino a quel momento, noi infertili possiamo celebrare i nostri infertilities days. Che sono tanti, non è uno solo.
Ogni giorno della nostra esistenza è un giorno infertile da riempire di ragioni per cui ha senso la nostra esistenza.
Ogni giorno si combatte un vuoto inspiegabile, che sia esso dovuto ad una malattia o una scelta pentita.
Ogni giorno, ripercorriamo al contrario la nostra vita, mentre si riempiono camere tenute vuote per anni, in attesa di essere colorate di rosa e celeste.
Stanze da riempire di libri, di hobby, di lavoro, di film, di tavoli da pranzo, di cucce di animali.
Stanze da riaprire, spolverare, arieggiare.
Stanze da non dimenticare.

Attese da depennare, nelle liste delle speranze.
Speranze disattese, nelle liste della nostra vita.

Ora, che abbiamo un pò di pausa dall'opinione insulsa di persone che, con delicatezza a volte, se vìs à vìs, o con rabbia se da dietro una schermo o un telefonino, ci ricordano che ci sono tanti bambini al mondo che attendono di essere adottati (ed io mi chiedo sempre "e voi, perchè non adottate? voi fertili, perchè non lo fate?"), ora, dicevo, che forse c'è un pò di silenzio, che siete distratti dall'inizio della scuola, dalle vostre conversazioni di gruppi di genitori su whatsapp, dal natale che arriva, ora davvero,
state zitti.
C'è tutto un mondo silenzioso che lavora.
Tanta gente che vive e sta imparando a farlo anche senza i propri figli.
Vive.
Non riempie la giornata. Non colma vuoti.
Vive.
Semplicemente.
Faticosamente.
Non più, nè meno di altri.
Questa gente ha imparato sul proprio corpo cosa significa provare un dolore non narrabile. Non comune.
Sono persone che si fanno domande, cercano risposte, si interrogano sul senso della maternità e non vogliono fare altro che imparare ad accettare senza sentirsi giudicare.
Questa gente ha visto la morte dei propri figli prima che venissero alla luce e non comprende la frase "meno male che è successo presto". Ha imparato a parlarci con la morte, facendola entrare nella propria esistenza e trasformandola in vita. E' ripartita da quel punto zero e ha capito che si può rinascere da un dolore così grande, si può abbracciare l'altro, nonostante le assenze.

Il nostro infertility day è guardare un'amica ignorarti dopo tanto tempo che non vi incontravate, perchè la sua attenzione è ad una neonata, figlia di una semi sconosciuta. Una neonata che profuma di borotalco, di latte, di rosa, un odore che rapisce le menti, inebria i presenti, e tu lo capisci che non puoi competere con quell'odore, anche se tu e la tua amica non vi vedevate da mesi. Se non fosse la figlia di una sconosciuta andresti anche tu da lei, la prenderesti, la coccoleresti, la baceresti, ma non puoi farlo, se no ti internano. Mentre la tua amica lo può fare, è già mamma, e la neonata le ricorda quando suo figlio era piccolo così. Non può stare con te.

Il nostro infertility day è sperare di poter crescere almeno i nipoti, che però vanno dalla zia solo per essere viziati, che le zie a questo servono. E quando dici che sei disposta a non dormire pur di tenertene uno nel lettone, per guardare insieme un film, leggere una storia, che poi il giorno dopo lo accompagno presto a scuola, ti rispondono che no. Tu sei zia. Non sei capace di preparare la cartella, lavare, vestire, alzarti presto la mattina per accompagnare a scuola.

Il nostro infertility day è dover giustificare la presenza di un cane in famiglia, senza subire battutine ironiche sull'aver trasformato il cane in questione in un bambino, senza ricordare affatto che si è sempre stati amanti di animali, sin da bambini e che un figlio non sostituisce un altro figlio, o un cane, o un gatto, o un pregiudizio, incorniciato da frecciatine sottovoce.

Il nostro infertility day è consigliare ad un'amica nei guai, con un periodo funesto alle spalle, di fare un figlio. Che fare figli è vita. E' continuità. E' solo puro semplice amore. 
E sentirsi rispondere che la nostra amica ha ben altro a cui pensare che alle solite fisse mentali dei figli che non arrivano, che noi infertili abbiamo.

Il nostro infertility day è imparare a stare in silenzio, tutti i giorni. Perchè il nostro non è un problema, un'assenza non può essere un problema se non c'è, e augurare tanta felicità ad ogni amica che aspetta, e che ora ha anche i figli grandi, e che di problemi ne ha da riempire la giornata, di mamma socialmente e intensamente attiva.

Il nostro infertility day è perdere contatti sociali, perchè le pance bucate da punture di ormoni, sono faticose da portare in società. Le nostre pance si nascondono, sono scomode, non vengono accarezzate, solo additate.

State zitti


ecco.

Solo per un pò.

Lo sentite questo silenzio?
Dai che ora siete distratti dal referendum.

Noi si.
Noi lo sentiamo questo silenzio.
Lasciateci vivere i nostri giorni infertili. 

Non ve ne accorgerete neanche. Siamo gente in gamba, che può fare molto alla società. 




Infertility day

Non ci sono giorni da ricordare per noi infertili.
Non ci sono campagne pubblicitarie sbagliate per noi infertili.
Infatti, nessuna delle coppie infertili che conosco ne ha reclamato l'assenza.
Ora che i riflettori del fertility day si sono spenti, ora, noi infertili possiamo ricominciare il nostro lavoro di ricerca affannosa di collocazione nella vostra società.
Ora che le coppie gay si sono sposate e fino al prossimo scandalo per la nascita di un figlio da utero in affitto, fino al prossimo sbaglio in laboratorio di scambio di provette, fino alla prossima morte di parto per medici obiettori di coscienza, ecco, fino a quel momento, noi infertili possiamo celebrare i nostri infertilities days. Che sono tanti, non è uno solo.
Ogni giorno della nostra esistenza è un giorno infertile da riempire di ragioni per cui ha senso la nostra esistenza.
Ogni giorno si combatte un vuoto inspiegabile, che sia esso dovuto ad una malattia o una scelta pentita.
Ogni giorno, ripercorriamo al contrario la nostra vita, mentre si riempiono camere tenute vuote per anni, in attesa di essere colorate di rosa e celeste.
Stanze da riempire di libri, di hobby, di lavoro, di film, di tavoli da pranzo, di cucce di animali.
Stanze da riaprire, spolverare, arieggiare.
Stanze da non dimenticare.

Attese da depennare, nelle liste delle speranze.
Speranze disattese, nelle liste della nostra vita.

Ora, che abbiamo un pò di pausa dall'opinione insulsa di persone che, con delicatezza a volte, se vìs à vìs, o con rabbia se da dietro una schermo o un telefonino, ci ricordano che ci sono tanti bambini al mondo che attendono di essere adottati (ed io mi chiedo sempre "e voi, perchè non adottate? voi fertili, perchè non lo fate?"), ora, dicevo, che forse c'è un pò di silenzio, che siete distratti dall'inizio della scuola, dalle vostre conversazioni di gruppi di genitori su whatsapp, dal natale che arriva, ora davvero,
state zitti.
C'è tutto un sottobosco che lavora.
Tanta gente che vive e sta imparando a farlo anche senza i propri figli.
Vive.
Non riempie la giornata. Non colma vuoti.
Vive.
Semplicemente.
Faticosamente.
Non più, nè meno di altri.
Questa gente ha imparato sul proprio corpo cosa significa provare un dolore non narrabile. Non comune.
Sono persone che si fanno domande, cercano risposte, si interrogano sul senso della maternità e non vogliono fare altro che imparare ad accettare senza sentirsi giudicare.
Questa gente ha visto la morte dei propri figli prima che venissero alla luce e che non comprendono la frase "meno male che è successo presto". Ha imparato a parlarci con la morte, facendola entrare nella propria esistenza e trasformandola in vita. E' ripartita da quel punto zero e ha capito che si può rinascere da un dolore così grande, si può abbracciare l'altro, nonostante le assenze.

Il nostro infertility day è guardare un'amica ignorarti dopo tanto tempo che non vi incontravate, perchè la sua attenzione è ad una neonata, figlia di una semi sconosciuta. Una neonata che profuma di borotalco, di latte, di rosa, un odore che rapisce le menti, inebria i presenti, e tu lo capisci che non puoi competere con quell'odore, anche se tu e la tua amica non vi vedevate da mesi. Se non fosse la figlia di una sconosciuta andresti anche tu da lei, la prenderesti, la coccoleresti, la baceresti, ma non puoi farlo, se no ti internano. Mentre la tua amica lo può fare, è già mamma, e la neonata le ricorda quando suo figlio era piccolo così. Non può stare con te.

Il nostro infertility day è sperare di poter crescere almeno i nipoti, che però vanno dalla zia solo per essere viziati, che le zie a questo servono. E quando dici che sei disposta a non dormire pur di tenertene uno nel lettone, per guardarci un film, leggerci una storia, che poi il giorno dopo lo accompagno presto a scuola, ti rispondono che no. Tu sei zia. Non sei capace di preparare la cartella, lavare, vestire, alzarti presto la mattina per accompagnare a scuola.

Il nostro infertility day è dover giustificare la presenza di un cane in famiglia, senza subire battutine ironiche sull'aver trasformato il cane in questione in un bambino, senza ricordare affatto che si è sempre stati amanti di animali, sin da bambini e che un figlio non sostituisce un altro figlio, o un cane, o un gatto, o un pregiudizio, incorniciato da frecciatine sottovoce.

Il nostro infertility day è consigliare ad un'amica nei guai, con un periodo funesto alle spalle, di fare un figlio. Che fare figli è vita. E' continuità. E' solo puro semplice amore. 
E sentirsi rispondere che la nostra amica ha ben altro a cui pensare che alle solite fisse mentali dei figli che noi infertili abbiamo.

Il nostro infertility day è imparare a stare in silenzio, tutti i giorni. Perchè il nostro non è un problema, un'assenza non può essere un problema se non c'è, e augurare tanta felicità ad ogni amica che aspetta, e che ora ha anche i figli grandi, e che di problemi ne ha da riempire la giornata, di mamma socialmente e intensamente attiva.

Il nostro infertility day è perdere contatti sociali, perchè le pance bucate da punture di ormoni, sono faticose da portare in società. Le nostre pance si nascondono, sono scomode, non vengono accarezzate, solo additate.

State zitti


ecco.

Solo per un pò.

Lo sentite questo silenzio?
Dai che ora siete distratti dal referendum.

Noi si.
Noi lo sentiamo questo silenzio.
Lasciateci vivere i nostri giorni infertili. 

Non ve ne accorgerete neanche. Siamo gente in gamba, che può fare molto alla società. 




giovedì 21 maggio 2015

Fare spazio.

Eppure,
nonostante le meditazioni per ripulire il karma, le preghiere, le speranze, la maturità incessante, il disperato bisogno di combattere contro il vento per raggiungere la méta, le situazioni sembrano ripetersi ed io mi ritrovo oggi davanti ad una nuova porta da aprire, busso, sto per entrare.
Cosa c'è dopo.
Ancora non lo so.
So cosa mi aspetta.
Forse perchè vivo talmente intensamente tutto, che i ricordi mi rimangono appiccicati e non se ne vanno. Vivo in uno stato di inconscienza e vago senza capire davvero cosa sta per accadere, perchè tutto è arrivato di corsa, mentre io correvo, mentre il mondo continuava a vivere, ed io imperterrita riempivo le mie tasche di speranza, ancora e ancora.
- Eppure mio figlio non c'è - 
Sono qui, tremante, il fianco destro comincia a far male, ho il terrore che la situazione peggiorerà con il passare delle ore, ma stavolta c'è anche il sinistro, lento, silenzioso, ma ancora in forza.
8+3
sono i numeri che mi gioco.
8 signorini a destra e 3 a sinistra.
Numeroni che affiancati ai miei 41 anni, formano un cerchio magico, grande come gli occhi dei dottori che non credevano per niente ad una risposta tale di un'attempata come me, alla stimolazione.
9 giorni di stimolazione.
18 punture, più qualcun altra, visto che ho sbagliato a bucarmi varie volte.
930 di beta-estradiolo
225 di Gonal, poi 300, poi 350.
nessun antagonista -non c'è bisogno, gli ovuli sono talmente perfetti che non vogliamo intaccare la loro qualità con uno stop&go - mi dicono.
16.5 mm a ieri sera. Tutti. Senza differenze.
Crescita costante, omogenea, perfetta, silenziosa.
Oggi alle 23.30 la puntura libera-tutti, che dopo 36 ore porterà i signorini ad aprirsi  e poi attenderanno di essere risucchiati in un ago e poi attenderanno di essere portati ad incontrarsi con quegli amichetti tutti lavati e ben profumati degli spermatozoi.
Poi toccherà a loro.
Solo a loro.
e allora poi, attenderemo noi.
- Eppure mio figlio non c'è - 
Dal 20 novembre al 20 maggio, un altro cammino lungo, fatto di esami, paura, lacrime, dubbi, flebo, dieci (10) flebo sin qui per ripulire il mio sangue della sua tossicità, salti, attese, tante ore di attesa nelle anticamere, meditazioni, preghiere, incoscienza.
Otto (8) + tre (3), molto meglio della scorsa volta, nonostante tutto.
Mi sorprendo da sola.
- Eppure mio figlio non c'è - 
Non si capisce il perchè nel frattempo non ci sia più stato un concepimento naturale visto la mia splendente risposta, ma una delle ipotesi è che l'unica tuba rimasta si sia chiusa perchè danneggiata nel tempo dagli aborti.
E' una risposta plausibile.
A me sta bene. E' una risposta.
Se nel frattempo avessi riscontrato un abbassamento della mia riserva ovarica che so, o un'irregolarità fisica, meccanica, allora avrei avuto dubbi. Invece sono perfetta, un'isteroscopia che fa vedere una cavità uterina degna di medaglie, un nido perfetto.
Tutto è perfetto.
- Eppure mio figlio non c'è - 
Sento la paura risalire dal basso.
Sono i ricordi di ciò che è stato che mi bloccano.
Cosa c'è di diverso stavolta.
Non lo so.
Uno stato di incoscienza misto a determinazione e consapevolezza.
So cosa mi aspetta.
Non voglio un altro aborto.
Non lo voglio con tutta me stessa.
Ma non basta.
Non riesco ad essere leggera, nonostante i miei sforzi e la mia aria da spavalda quando entro nelle sale di attesa piene di donne nella mia stessa situazione.
Vorrei dire che la mia storia potrebbe spazzare via ogni paura che avverto nell'aria, ma sono spavalda e stronza, ma lo sono dentro, fuori faccio finta di niente e sto buona. Solo non voglio sentire nessun altra storia.
In questi giorni non ho fatto altro che leggermi e rileggermi in passato, e mi basto.
Davvero mi avanzo pure.
E non voglio capire oltre.
Non voglio più indagare.
Ho le vene traumatizzate, sono piena di lividi, faccio amicizia solo con gli infermieri che mi fanno i prelievi e le flebo. Mi attacco a loro e racconto anche se non mi chiedono.
Non voglio commiserazione, voglio solo comprensione.
Non voglio battute acide.
Voglio solo un abbraccio.
Un abbraccio.
Ne ho tanto bisogno.
Tanto.
Ecco cosa c'è di diverso stavolta.
Le lacrime.
Mi sono uscite da sole, per tutto il tempo della stimolazione. Anche se io non volevo, anche se non ce ne era motivo.
Lacrime.
A fiumi.
Il perchè non lo capisco.
O forse si.
Ho bisogno di buttare fuori tutto, da sempre, e non l'ho potuto fare mai.
Mi sento in prigione, non so come fare. Devo buttar fuori la tensione e la paura, non posso incamerarla. E' il mio modo di vivere.
Ma non riesco a contenere il giudizio.
Mi sento fragile.
Chi mi ostacola sottilmente perchè ha paura per me, chi lo fa perchè non comprende la mia scelta, chi lo fa perchè non ideologicamente daccordo con la procrezione assistita.
Ancora, nonostante anni di battaglie, ancora quelle parole fuori posto, quelle note stonate che avverto tra una frase e l'altra, quelle note che ti fanno capire che chi hai davanti non ha capito, non ha capito quanto sacro è concepire una vita e quanto santo è il desiderio di concepire, arroccati su posizioni ideologiche invece che umane.
Se avessimo il coraggio di scendere dai nostri piedistalli ogni tanto, ci accorgeremmo che non è necessario scomodare il nome di Gesù per farlo scendere dalla Croce. Egli è sceso sì, ma non per battagliare ideologicamente ma per accogliere la vita, stravolgendo il concetto di morte.
Cosa c'è di diverso stavolta.
C'è che siamo solo noi due.
Tre con Hope.
I tre moschettieri.
Che con le spade in mano combattiamo.
Stavolta, non sono loro I cavalieri. Lo siamo noi.
Come dice la mia insegnante di yoga:
 "la paura la conosci, e una cosa conosciuta è sempre meglio di una sconosciuta".
Una cosa conosciuta si combatte e io so come batterla.
Devo combattere la paura e poi lasciarla andare e fare spazio ad altro.
Fare spazio ad altro.
Ecco.
Alla fine di tutte queste parole senza senso e senza costruzione, alla fine di tutti questi numeri.
Fare spazio.
Eccola la differenza rispetto all'altra volta.
Via tutto e tutti.
Ho spazio solo per tutto quello che sarà e per tutto l'amore, mio e di Fabio per i nostri figli.



Sabato, ore 9.
Pick-up.

lunedì 28 aprile 2014

Speranza

"Stato d’animo di attesa fiduciosa nel compimento imminente o futuro di un evento,
nel raggiungimento di uno scopo"











sabato 19 aprile 2014

Gestione del dolore

"La mamma sta bene. Lo sa anche Picasso che è una bugia. Che le mamme intrise di dolore fanno paura. E non c'è rimedio che lenisca, finchè non riescono a uscire loro stesse dall'abisso. E non c'è modo di affrettarne il ritorno alla vita. Ma almeno abbiate compassione. E rispetto. "
Ciao Lapo Onlus


Sono giorni che mi frullano in testa tante parole, sarà che non sono più immune al dolore anche se non mi riguarda più direttamente, sarà che non mi è più possibile passare oltre, sarà che il dolore mi gira intorno, poi mi scova, ne annuso la presenza da lontano, e non sbaglio mai. Non sbaglio più.
Il dolore va attraversato, ci si convive insieme, prende forma e poi spazio nel cuore, con il tempo, piano piano, e poi si impara a gestirlo. Ci vuole tempo ed esperienza, ma una volta provato non si è più immune, ormai fa parte di te, e non si guarisce. Ma non è una cosa negativa questa. Se sei ammalato di dolore sviluppi una sensibilità verso gli altri e riguardo i fatti che ti girano intorno, che, seppur non ti lasciano indifferente e fanno sempre lavorare cuore e testa, io considero comunque un dono.
Non è facile ok. Ma non si può non considerare il fatto che l'apertura al mondo ti eleva ad un gradino dal quale osservi la vita con un punto di vista che mai avevi raggiunto prima.
Gestire il dolore è altro affare e su quello ci si sta lavorando.
Ho chiesto silenzio durante il massimo dolore perchè mi sono sentita smarrita, non sapevo cosa fare, non sapevo gestirmi, tanto meno riuscivo a capire come mitigare quell'ondata che mi investiva con violenza e mi lasciava senza fiato. Poi, dopo lo tsunami, quando tutto intorno a me era deserto e desolazione, ho teso le mani per rialzarmi e spesso, non ho trovato nessuno a tirarmi su.
Le parole che mi sono state rivolte in alcuni casi sono state proprio quelle riguardanti l'incapacità a saper gestire il mio dolore, quella situazione. E in effetti ho capito, ho giustificato.
A volte ho suggerito io, a volte ho dichiarato che lo capivo il perchè di certi allontanamenti che secondo me derivavano dal non saper gestire una situazione come la mia, eppure mi è stato risposto che non era affatto così.
Diffidare da tale sicurezza, quelle sono le persone che pretendono un comportamento sempre e comunque costante da te. Nonostante lo tsunami.

Non affronto in questa sede il dolore a seguito della perdita di una persona cara, parliamo di quello di cui normalmente scrivo qui. Parliamo dell'aborto finito in un raschiamento, l'ultimo in ordine di tempo.
 Di tutte le interruzioni di gravidanza vissute, nonostante l'aver rischiato la vita con l'extrauterina (forse perchè quella volta viveva in me un certo stato di incoscienza), ecco nonostante ciò,  dicevo, la più dolorosa in assoluto è stata la perdita fisica dopo il raschiamento. Sarà che un raschiamento dopo una gravidanza ottenuta con pma è davvero difficile da affrontare fisicamente, dopo mesi di punture, letto, medicine, esami, vane ecografie. Sarà che la pma è tanta roba, tanto accumulo di speranza, tante situazioni, belle, brutte, tanto tempo prima e tanto tempo dopo, tempo sottile, che si diluisce nel tuo sangue, diventa dialogo continuo tra te e tuo figlio.

La mia gravidanza non è andata bene dall'inizio: di quel periodo ricordo il letto, il computer, la tv, i libri e le punture. Poi ricordo perfettamente la sua presenza dentro di me e il mio corpo che cambiava, e un sottile, costante, flebile dolore, che mi ricordava che le cose no, non stavano andando per niente bene. Tutto teso alla vita, mica alla morte. Tutto un lavoro proteso verso la luce, mica verso il buio.
Poi ti abitui anche a questo.
Però,  quando tuo figlio smette di vivere, il tuo corpo mica lo sa e pensa che deve continuare a lavorare, e il raschiamento, orrendo termine per descrivere ciò che avviene realmente, porta te stessa e il tuo corpo alla pazzia. Improvvisamente "toglie" ciò per cui vivevi. Improvvisamente, il buio, pur volendo la luce.
Calo ormonale, lo definisce la medicina. 
Nel giro di poche ore arriva lo tsunami e tu, per non morire, non puoi fare altro che prendere fiato e reggere l'apnea, stringendoti ad una roccia (il tuo uomo) e aspettare che finisca. Perchè non sai che altro fare per non morire, pur volendolo in quel momento, pur avendo l'impulso di lasciare la presa e lasciarti andare.

Ecco, io credo che per chiunque viva questo (o un altro tipo di dolore così sconvolgente) si debba il rispetto, quel rispetto che concede la giustificazione di un comportamento, agli occhi degli altri, irrazionale, senza spiegazioni.
Il rispetto si impara, anche se non si è in grado, e non si pretende da chi prova quel dolore. 
Ricordo i periodi intorno ai miei lutti come i più difficili da gestire con gli altri, ricordo la mia inadeguatezza e il mio senso di colpa per il mio rendere nuda la mia sofferenza, parlandone, scrivendone, allontanandomi da chi non comprendeva come fosse innaturale per me in quel momento accettare le gravidanze nate parallele alla mia. Non ero arrabbiata con nessuno, non ero gelosa di nessun altra pancia, mi chiedevo solo "perchè mio figlio no". Perchè mio figlio se ne era andato. E ogni passaggio, ogni conquista altrui, ogni ecografia, battito di cuore, movimento fetale era per me la tomba della speranza che avevo cercato di tenere accesa per tanto tempo. Mi sono giudicata. Mi sono sentita come una brutta persona. Ho cercato di spiegare in lacrime. Mi sono costretta nel cercare di comprendere chi mi era intorno. L'ho fatto male. Ho chiesto maldestramente scusa. Non è servito.
Ci si trincea dietro le proprie convinzioni per non attraversare quel dolore, per non volerlo gestire.

Con il tempo ho smesso di chiedere di essere compresa. 
Ho imparato a volermi più bene, nonostante il vuoto intorno, sapendo che non era affatto dentro di me.
Ma non riuscirò mai a dimenticare quella non gestione del dolore che mi ha spogliato della mia identità di madre, che non ha riconosciuto l'esistenza di mio figlio, che non ha rispettato quella mia sorda sofferenza di genitore mancato. 
Con il tempo ho avvertito come un sottile odio verso di me e quello che rappresentavo, come fossi diventata lo specchio di ciò che non si è riuscito a risolvere.
Pesa su di me tutto questo. 
Ogni giorno.
A volte compaiono parole e gesti e sguardi, che mi spezzano in due e mi costringono a notti in bianco affogate nelle lacrime.
E anche se non sono arrabbiata ora, perchè la rabbia non costruisce, pur essendo a volte necessaria ma solo se circoscritta, io non giustifico più.

"... Ma almeno abbiate compassione. E rispetto. "




Tutti gli uomini sanno che non esistono consigli di conforto al dolore, eppure, di fronte al dolore di altri si cerca di dire qualcosa, consolare, se non altro per sussurrare che…. esiste qualcuno lì, oltre al dolore. Sussurrare qualcosa di banale, per dire di più: “Io sono con te”.

Stephen Littleword, Nulla è per caso




(*)queste parole sono per te.


martedì 11 settembre 2012

E' tempo


Genitore non è solo colui
che stringe un figlio tra le 
braccia; genitore è anche
chi un tempo ha atteso un
figlio che adesso abita il 
suo cuore. (C. Ravaldi)

E' una lunga giornata questa, come lunghe sono le ore che corrono sull'orlo del mio cuore, ultimamente.

venerdì 30 marzo 2012

Hope

Hope
è arrivato
a riempire i nostri cuori
a scaldare le nostre giornate
Speranza è il suo nome
che rimanga a lungo 
ospite
delle nostre anime.
Da oggi siamo meno soli




venerdì 27 gennaio 2012

E siamo a questo punto


Or dunque,
siamo al 10° PM nella landa desolata del paese di vattelappesca a nord di Roma.
Il mio corpo si sta svegliando e segnala dolori tipici di donna in ovulazione e muco fertile.
Nulla di nuovo sul fronte.
Ah bè, mi conosco come le mie tasche ormai e sono tanto tanto contenta per questo, perchè ho fatto pace con il mio fisico e lo riconosco nei suoi comportamenti tipici.

L'ecografia ci rimanda una misurazione pari a 14 mm di un bel follicolo (sempre uno mai due per carità ci mancherebbe altro) a sinistra...sempre a sinistra, che pure in quello ho il pensiero coerente con il corpo, altrimenti non me ne sarei fatta una ragione tanto facilmente.
Detto ciò, prossimo appuntamento a lunedì con prescrizione categorica di mettere a riposo gli spermatozoi per il grande incontro che avverrà presumibilmente la prossima settimana.
Tradotto in termini comprensibili ai più, le parole testuali del gine-tascabile sono state:
"niente sesso"

"..."
"...niente sesso...?"

"niente sesso Anna!"


...augh.
ma guarda te 'st'mpunito.
ma ti pare che deve decidere lui?
pare di si.
Santa Pazienza aiutaci tu a sopportare cotanta ingiustizia, io che mi ero preparata un we di fuoco.
e vabbè, prepariamoci al grande evento e che sia quello buono.

...spero.

sabato 31 dicembre 2011

speranza

Voglio condividere questo pensiero della mia amica G. mentre racconta del suo natale appena trascorso, della felicità nell'aver potuto avere a casa suo marito per qualche giorno di pausa dalla chemio ospedaliera.
Perchè questa consapevolezza mi abiti ancora, perchè questo grande dono sia di insegnamento, affinchè ogni momento di sconforto non prevalga sulla speranza nel futuro.
Buon anno,
Anna


(...) Certe volte mi dimenticavo che è L. è malato e poi mi accorgevo di quale assurdità sia questa leucemia che rende fragile ogni certezza e prende il sopravvento sui nostri amori, sulle nostre più potenti volontà. Così per me è stata bella anche solo la normalità: sono certa che non la si sa apprezzare finché non ci si accorge di quanto è preziosa. Eppure ho realizzato che ogni momento della nostra esistenza, seppur difficile, ha un senso, e rende più innamorati della vita e di quanto di semplice e buono ci offre. Se penso a quando usciremo da questa terribile esperienza, arrivo a sentirmi persino fortunata per l'occasione che abbiamo avuto per godere di ogni dono, pensando che nulla è automatico, ma tutto è una conquista o un'opportunità. E devo ringraziare per essere più pronti di altri per accettare quest'angoscia e sconfiggere il dolore e la malattia.(...)


domenica 27 novembre 2011

stick ribelli

36° PA
niente ciclo
attesa

E' domenica mattina, c'è il sole, e tutti dormono.
Anche la gatta Ema dorme, sono andata in bagno prima e lei di rimando, accocolata nella sua cestina, ha messo una zampetta sulla faccia come per dire "non disturbatemi e spengete la luce quando uscite". Roba da non credere. Fab dorme manco a dirlo, eppure dovremmo uscire di casa tra mezzora.
Ed io?
Io sono appollaiata sulla poltrona, con la coperta patchwork lavorata dalla mamma di Fab e sono in piedi da un'ora e mezzo, nonostante ieri sera gli ospiti siano andati via alle due.
Sono preoccupata per questo ciclo che non arriva. Non sono abituata a queste lunghe attese. I miei cicli sono brevi, di 28 gg ormai, una volta arrivavo a 30, ma ora come ora non è così. Lo so che il ciclo post aborto può essere sballato, so che il mio bhcg era talmente alto che ci vuole necessariamente del tempo per abbassarlo.

35° PM

Bellini questi test di ovulazione vero?
Belli ciccioni ciccioni e positivi.
Mi ricordano quando c'eri tu.
Non dovrebbero essere così a questo punto. La mia parte razionale mi dice che invece è normale siano così, considerando quanto alte erano le beta nel sangue, la mia parte irrazionale invece....lasciamo stare.


Tu non centri niente con tutto questo amore mio, ti sento che te ne stai appollaiato sopra di me, con i gomiti appoggiati a terra e le manine sul mento. Guardi silenzioso chiedendomi quando sarò pronta. Io sono già pronta per accoglierti amore mio, ma dobbiamo fare i conti con il mio corpo ribelle e con la sorte avversa che ci tiene divisi, ancora, e ancora, e ancora.
Ho sperato di poter vivere un dicembre di speranza, ma mancano tre giorni ormai, ed io non ho preparato in tempo la mia culla per farti stare in me. E' un'attesa sospesa questa, senza progetti. Solo ferma al presente, all'istante unico che non si ripete, ingoiando ogni respiro, ogni emozione che ti tiene ancora lontano da me.

lunedì 13 giugno 2011

speranza

- "stai meglio vero?"
- "....si."
- "si vede dal viso, hai una luce diversa"
La verità  è che non voglio più leggere la parola compassione negli occhi delle persone che mi guardano.
Ho un difetto. Esternare quello che ho dentro, e allora parlo, parlo, parlo. Di tutto quello che mi accade. E così mi rendo vulnerabile perchè sono io che dò gli strumenti alle persone per attaccarmi nei punti più deboli.

Una persona è arrivata a dirmi che se io non fossi così attenta, nemmeno mi sarei resa conto dei miei aborti, tanto erano iniziali e che magari è accaduto anche a lei e non se ne è mai accorta.
Mi dispiace per lei, perchè io invece, me ne sono sempre accorta.
E sono questo anche grazie a quello che è accaduto, non sarei potuta essere diversa.
Ed è vero, sì. Sto meglio.
Ho paura a scriverlo, ma sto davvero meglio, perchè ora riesco a pensare al futuro, mentre prima avevo paura del giorno dopo.
E non è male.
Non è poco.
Per me.

martedì 26 aprile 2011

quanto è difficile





Questa sera sono tornata tardi a casa perchè dopo il lavoro io e Gio siamo rimaste fuori studio a parlare. Condividiamo quattro mura e mezzo (tanto è grande il nostro piccolo studio) e non riusciamo a parlare delle nostre cose se non quando usciamo di lì, come se, riempendole delle nostre vite non fosse più possibile  avere spazio per noi.
Dice che guarda i miei occhi e li "sente" tristi, che legge quanto sono amareggiata.
Le ho spiegato che è così, che non ho superato questa nuova perdita, che mi segno  con la matitina i momenti in cui non sento stringersi la gola, che solo quando mi distraggo, allora la vita sembra più semplice, ma che io una vita così non me l'ero immaginata.
Le dico che sto cercando di ricordare come ero prima della ricerca di questo figlio, che non me lo ricordo più.
Che stanotte mi sono sognata il marito della mia amica Pami che mi ha lasciato da due anni, che questo significa che io non ho elaborato nulla. Che non ce l'ho questa capacità ora, non sono capace di andare avanti. Che il mio futuro non me lo immagino ma che il guaio è che non riesco nemmeno a pensare al presente.
Come si chiama questa? depressione?
chiamatela come volete, fatto sta che c'è.
Io la chiamo inizio del cammino.
Conosco il mostro e so che lo devo combattere, ma non so come.
Ecco.
Non so come fare a stare bene. Devo lavorare in questo senso, capire quale è lo strumento per imparare a stare bene. E non ditemi : la palestra, la dieta, lo yoga, i balli di gruppo, il volontariato in Chiesa. No. Per favore. Sono dotata di una sottile capacità emozionale, tale da farmi dividere le cose che mi "distraggono" dal mondo, dalle cose che mi fanno vivere. E la ricerca di mio figlio è una di queste ultime. Dunque, non sarà una palestra a farmi stare bene, no. Ma ora, non so cosa è, e dunque, consapevolmente sto male.

E non lo so come si fa a vivere così, ma si vive. Mi basta aggrapparmi all'odore di Fabio a pensare che questo momento passerà e che mio figlio arriverà, ed io sarò una brava mamma, più consapevole di altre, più difettosa, è probabile, ma già in grado di fare delle scelte.
E passerà lo so.
Per questo non mi preoccupo per questa brutta bestia che è l'ansia, so che è causa-effetto di quello che ci è accaduto e che questo è il mio modo di vivermi questa nuova perdita, avvenuta dentro di me.
Finchè non troverò il modo di riporla in un cassetto e cercare di dimenticare.

giovedì 7 aprile 2011

Ricominciamo

Ricominciamo.
Nemmeno poi dopo tanti rimuginamenti, ma dopo aver compreso che le mie crisi di ansia di questi giorni non sono dovute all'aborto, ma alla non comprensione di quello che è accaduto, ho preso coraggio e ho contattato un nuovo dottore.
Consigliatomi dalla sorella di una mia collega, con cui ho parlato questa mattina, telefono direttamente nello studio e la segretaria mi fa parlare con lui.
Gli racconto della geu precedente e poi di questo episodio. Arrivo a raccontargli dei test della farmacia positivi e lui mi interrompe, chiedendomi se ho fatto esami sulla trombofilia. Dico di no e dico di aver assunto l'aspirinetta questo mese. Mi dice che non è possibile che ho preso l'aspirinetta senza fare esami specifici. Gli dico che invece è possibililissimo perchè tant'è.
Mi interrompe chiedendomi il mio numero di telefono perchè lui stava visitando e che mi avrebbe richiamato lui di lì a 10 minuti.

non ci potevo credere.

Passano meno di 10 minuti e mi richiama per davvero!
Gli racconto delle beta, ma senza dirgli cosa ne pensavo.
"questo risultato lo considero negativo"
e io:
"non ho capito. Quindi lei mi dice che non c'è stato concepimento?"
"no. Io dico che se lei ha fatto i test il giorno prima ed erano positivi, e sono attendibili con sensibilità 50, quindi non con alta sensibilità, le sue beta il giorno prima sarebbero state 30 minimo. Poi si è interrotto tutto e le sue beta sono arrivate a 14:

c'è stata una gravidanza che non è andata avanti.
Mi tremavano le gambe e ho ingoiato due lacrimoni giganti.
Gli ho detto che la mia dottoressa ritiene che non ci sia stato concepimento.
(insisto)

Mi risponde :

"allora perchè i suoi test e le sue beta sono positive?"

mi si è aperta una voragine.
Tra le lacrime gli ho detto che non lo sapevo che volevo capire che sono in uno stato di ansia tale che non mi fa dormire.
Mi ha detto di capire, di vederci, di inquadrare la situazione, che mi farà fare una serie di esami sul fattore R (o qualcosa del genere) e ha aggiunto:

"e cerchiamo di mettercela tutta!"

lo incontro mercoledi alle 20.30! il primo giorno che sono riuscita a farmi dare.
Mi sembra di rinascere da un incubo.