lunedì 22 giugno 2015

Accoglienza, accettazione. Addìi.

Dopo un anno che non ci vedevamo:
ciao dottore. Ho fatto una pma omologa senza dirtelo. Però ti voglio bene lo stesso. Tu me ne vuoi lo stesso? si me ne vuoi.
Mi abbraccia e allarga le braccia. Cioè lo fa in senso lato, ma comunque a me è parso di vedere le sue braccia allargate. E poi mi chiede come è andata. E gli dico che sono qui, altrimenti sarei lì, e che niente. E allora allarga le braccia di nuovo (sempre in senso lato) e a me viene da piangere, perchè avrei voluto tanto portargli una gravidanza alla dodicesima settimana, quel tempo oltre il quale, per quelle come me è consentito tirare un sospiro di sollievo. Poi mi guardo intorno e le foto dei bambini appena nati, appesi ai muri sono aumentate. Gli chiedo se si ricorda della mia amica, quella che gli avevo presentato un anno fa dopo una pma nel pubblico, quella che le ho presentato dicendogli "è come mia sorella, si sente persa, ha paura, ti prego, aiutala come fossi io", quella mia me, a cui ho dato cuore, anima e ubriacature di rosso buono, e amore e disperazione e tante risate. E che nonostante il suo silenzio verso di me (inspiegabile per me e pieno di preoccupazione) durato nove mesi, io ho atteso piena di speranza. Glielo dico perchè vorrei dirgli che poi lei alla fine il bimbo lo ha in braccio e che i sogni si avverano, a volte.

E poi rimanere immobile, con le gambe aperte, mentre ti  controlla che due stimolazioni non abbiano fatto troppo casino, e che questo corpo prima o poi non ceda, mentre ti controlla ecco, sentirlo dire che "si, certo. L'ho fatta partorire io, non lo sapevi?"  e sentire, in quella posizione, un senso di abbandono salire su, dalle tue gambe, dentro la tua perfetta cavità uterina che non genera, e poi risalire le tube, no, l'unica tuba, e comprendere che, per quanto in tanto tanto tempo si è pensato che con-dividere il dolore possa essere di aiuto per dividere a pezzettini la sofferenza, in modo da poter almeno arrivare a condurre un'apparente serena esistenza, tutto questo è stato una bugia.
La com-prensione e la riconoscenza hanno viaggiato a braccetto per molto tempo sin qui, fino a quando oggi, ma non solo, ho capito quanto ognuno di noi è solo davanti alla sofferenza e quanto non si vuole vestire i vestiti dell'altro, nella totale incapacità e impossibilità e desiderio, prima di ogni altra cosa, di sopravvivere a se stessi prima che all'altro.
Ho buttato il cappotto viola della prima volta che ci siamo incontrate. L'ho fatto da mesi. Così come ho buttato tutti i vestiti che indossavo ogni volta che mi hanno detto che avrei abortito.
Perchè è difficile dimenticare, ma si può lavorare intorno per cancellare i segni, affinchè rimangano solo quelli indelebili, quelli dentro la pancia. Tutto il resto è cancellabile, ed io ho cancellato.

Ho fallito.
Sono una mamma che ha fallito e che ha combattuto fino a mettere a repentaglio la propria vita, per proteggere i propri  figli.
Contro tutto ciò che diceva di non farlo.
Non li ho potuti salvare, per quanto io abbia fatto il massimo per farlo. Mi sono spinta oltre i miei limiti, e non li ho salvati.
Ora è tardi.
Continuerò a chiamarli, ma è tardi.
Sono una di quelle persone malate che si chiede "perchè a me", come le persone che hanno un cancro, che hanno una malattia inguaribile.
Tante volte ho parlato di Pamela in queste pagine.
In questi cinque anni, quante volte ho parlato con lei nei miei sogni. Quante volte lei si sarà chiesta "perchè un cancro a me?perchè io muoio e lascio qui mia figlia?".
Eppure, io darei la mia vita per avere uno dei miei figli qui.
Ho combattuto, ho lottato tanto.
E ho fallito.
Come madre, come amica che ha pensato di dare tutto, come sorella, come donna e amante.
Sono stata concepita con un errore, quello di non poter procreare.
Sono fallata.
Uno scherzo della natura.
E ora fatevi avanti, voi che accettate ciò che è stato deciso per me. Voi che alzate le vostre bandiere di presunzione, perchè siete in grado di accettare tutto ciò che la vita vi propone. Fatevi avanti e giudicatemi.
Ditelo che si vive anche senza figli e che i miei non sono esistiti.
Ditelo che se non si è in grado di accettare ciò che non si ha, non si è in grado di accettare se stessi.
Ebbene avete ragione.
Io non lo accetto.
Non accetto di essere stata un'assassina in questi anni, perchè l'aver chiamato qui tutti i miei figli ha significato andare contro la mia natura di donna non in grado di dare vita.
Deliri?
Stateci voi in quella posizione a gambe aperte, mentre l'ennesimo strumento ti esplora per cercare di capire, e ascoltare che hai fallito anche come amica oltre che come madre, nell'illusione che la condivisione potesse guarire.

Io non sono guarita e probabilmente, in tutto questo tempo, non ho guarito nessuno.

ac-cò-glie-re (io ac-còl-go)
                 Ricevere qualcuno o qualcosa; accettare
 L'accoglienza è un'apertura: ciò che così viene raccolto o ricevuto viene fatto entrare - in una casa, in un gruppo, in sé stessi. Accogliere vuol dire mettersi in gioco, e in questo esprime una sfumatura ulteriore rispetto al supremo buon costume dell'ospitalità - che appunto può essere anche solo un buon costume. Chi accoglie rende partecipe di qualcosa di proprio, si offre, si spalanca verso l'altro diventando un tutt'uno con lui.
Accogliere talvolta è segno di rassegnazione. Attendere è sempre segno di speranza. 
Allora, io accogliendo ho fallito, rassegnandomi.


Tornare oggi dal mio dottore, dopo un anno, è stato come tornare a casa. Io so come stanno realmente le cose, ma non le accetto. E questo è il più grande e colossale errore di tutta la mia vita.
Giudicatemi.
Fatelo attraverso queste pagine, che sono tutto ciò che io ho condiviso nell'intenzione di raccontare a me stessa e a chi mi ha tenuto la mano sin qui, cosa vuol dire imparare ad essere una madre.
Io lo sto ancora imparando, ma non ho dubbi sul fatto che darei la mia vita per i miei figli, forse questo mi colloca di diritto nella casella genitore.
Che io sia un uomo o una donna, sposata o single, sorella o amica, poco importa. Sono un genitore.
Senza riconoscimenti.
Perchè la natura ha deciso per me.
E siccome non lo accetto, non è giusto che io combatta ancora.

Avete vinto voi.
Questo è il traguardo.
Bravi.




Questo è un addio. Qui.
Credo di aver detto tutto sin qua. Anche oltre. Molto di più.
Ciò che ancora vorrei dire non desta più attenzione, o comunque, non aiuta, come io pensavo facesse ad un certo punto.
Di commiserazione non si vive.
Di braccia aperte, come quelle del mio dottore, invece sì.
E so che ne incontrerò molte nel frattempo, nonostante tutto ciò che ho appena detto.
Perchè ho fiducia.
Un'inguaribile fiducia nel prossimo.
E un sogno nel cassetto.
Quello che alla fine arriverà mamma.









anais@inwind.it
io ho condiviso, adesso non più,
attendo voi ora.

lunedì 15 giugno 2015

Una richiesta

Care amiche, io e un'altra donna stiamo scrivendo un libro sulla pma e sulle nostre vite mentre facciamo questo percorso.
Non conosco tutte le vostre storie, molte di voi conoscono me, ma non io voi, e quindi vi scrivo.
Mi piacerebbe ricevere le vostre storie, se vi va di partecipare.
Naturalmente, in forma anonima o con il vostro nome, questo lo deciderete voi.
Dovreste scrivere massimo due pagine Times new roman 12, seguendo questi semplici ma importanti punti:
1. come hai scoperto di non poter avere figli in modo naturale e come ti sei sentita
2. quando hai iniziato questo percorso: raccontaci i dosaggi dei farmaci, le punture o altro.
Mettici i numeri per favore perché il titolo "E' do i numeri perché aspetto te" (numeri dei dosaggi, le ore in cui vai a fare i controlli, le date, i tuoi anni... Più cifre ci sono meglio sarà)
3. La cova: cosa fai, cosa pensi con chi sei chi lo sa
4. Le beta
5. Come stai ora
6. Come vedi il tuo futuro.




Ho condiviso tanto in questi cinque anni, l'ho fatto per me, ma spesso anche per voi, ora sono io che chiedo una cosa a voi.
Mi rivolgo in particolare anche alle donne che mi hanno inviato le Happy Pills e le storie di Bolle nel tempo ma che ora non riesco a rintracciare se non da qui.
Ho bisogno di voi, soprattutto in questo momento.

E' il mio piano B?
No, stiamo scrivendo da tempo ormai e il progetto non riguarda il fatto che questo ultimo tentativo non è andato.
Il mio piano B, sarà un altro, e naturalmente è già in cantiere.
Ormai mi conoscete, io non mi fermo, ma non per questo, accetto il giudizio di chi non ha mai provato il mio dolore.
Credo che l'umiltà debba essere alla base del rispetto del dolore. Credo che, il giudizio, quando è mascherato da preghiera, sia più pericoloso di una preghiera ingenua recitata con amore. Credo che la presunzione di conoscere quel dolore, e quindi di giudicarlo, sia un peccato grande tanto quanto chi pensa di poter dire all'altro cosa è giusto chiedere a Dio e cosa no.
Continuerò a chiedere e a pregare con forza, come molte persone fanno ogni giorno per noi senza che io lo chieda loro.
E' stato un periodo intenso e faticoso, ma non triste. Mi sono sentita circondata di amore e in forze.
Per questo, e grazie a molti di voi, la ripresa sarà veloce.
Ho gettato delle solide basi affinchè i miei figli possano sentirsi sicuri.
Non ho mai pensato a loro come miei e non mi ha mai sfiorato un sentimento di possesso nei loro confronti, ciononostante, il mio agire, pur avendo condiviso nel tempo tutti i miei dubbi e tutte le mie paure, viene comunque giudicato costantemente dagli uomini, nella presunzione di conoscere la mia condizione e quella di persone nella mia stessa situazione.
I figli non si posseggono, certo.
E i processi e i cammini di accettazione che si fanno verso se stessi per i figli che non arrivano o non arriveranno mai, non vanno mai giudicati in nome di Dio.

E l'amore per chiamarli questi figli, non si può chiudere e stigmatizzare e in nome di questo, io vado avanti.
Comunque.




Grazie a chi vorrà partecipare, mandatemi le vostre storie su facebook (Allafine Arrivamamma) o ad anais@inwind.it

postilla del 17 giugno:
Non è che mi servono solo storie di PMA a lieto fine. Se fosse questo il criterio, io sarei la prima esclusa. Non ci interessa sapere solo se le vostre betahcg sono state positive, ci interessa anche il vostro zero. Perchè ZERO è un numero reale. E non è un numero nè positivo nè negativo.
Scadenza: facciamo quando potete voi, poi ad un certo punto io vi verrò a tirare le orecchie.
Passate parola.
Anna



mercoledì 10 giugno 2015

Noi

Dopo qualche tempo che noi due dormivamo nello stesso letto, mi sono accorta di una cosa.
Nel dormiveglia, quando stai quasi del tutto cedendo al sonno vero, lui si muoveva.
Un movimento impercettibile che all'inizio non capivo.
Osservandolo poi capii cosa mi ricordava.
Si cullava.
Un movimento appena accennato del suo corpo, ripetuto su se stesso, come quando tenti di addormentare un neonato cullandolo con una nenìa.
Chiesi spiegazioni e mi disse di non essersene mai accorto,  ma che, ora che glielo facevo notare, era un movimento che veniva da lontano, quando sua madre lo cullava nel letto prima di addormentarsi. Negli anni, inconsciamente, per addormentarsi, a sua volta, lui ripeteva quel rito.

Ieri notte, spenta la luce, io ero di spalle e ci siamo ritrovati abbracciati.
In quel momento ho sentito intensamente il bisogno di essere cullata e, in quel momento, mi sono accorta che lui, quel movimento non lo faceva più da anni.
Gli ho chiesto: "non ti culli più prima di addormentarti, te ne sei accorto?"
E lui, non se ne era reso conto.
Non lo fa da quando si prende cura di me, da quando siamo l'uno, la vita dell'altro.

C'è una frase che le persone che ci sono intorno  continuano a ripeterci: "voi siete la forza insieme, siete l'amore, la cosa più importante siete voi due", nel tentativo dolce di consolare due persone come noi che non hanno figli.
Ma noi lo sappiamo.
Non ci diamo per scontato, sappiamo esattamente cosa l'altro sta pensando e sta provando in un preciso momento, questo preciso momento, e sappiamo come camminare nel mondo, senza inciampare.
Quando ci gridiamo contro, non lo facciamo per disperazione, è per ripetere a noi stessi, che se gridiamo e non ci teniamo tutto dentro, allora una soluzione la possiamo anche trovare.
Ogni volta, ogni prova, ogni ostacolo, ogni insormontabile apparente problema, lo viviamo da dentro, all'unisono, e poi lo digeriamo, e lo rivomitiamo. E troviamo la soluzione.
Non c'è bisogno di dirci che siamo noi la forza.
Lo sappiamo.
Senza di noi, tutto questo non potrebbe accadere.
Anche tutta questa ricerca estenuante, certo no, non potrebbe accadere.
Ed io, lui, staremmo meglio? E chi può dirlo?
Abbiamo scelto.
Consapevolmente.
E camminiamo.
Anche adesso che la parte più difficile tocca a me, quella fisica, non rimpiangiamo ciò che siamo.
Stiamo rinunciando a molto. Nei momenti di stanchezza, ce lo rinfacciamo, facciamo il gioco dei se, dei se fosse.
Alla frase di sconosciuti che ci dice che "non credete eh, che poi la coppia con un figlio, fatica, scoppia", rispondiamo che la coppia scoppia anche se non riesce ad avere un figlio.
Ma noi no.
Navighiamo a vista, cercando di intravedere la costa, a volte la tempesta ci porta più vicino, e ci sembra quasi di poter toccare terra, ma ecco che un'ondata ci riporta in alto mare, e dobbiamo ricominciare tutto daccapo.
Adesso abbiamo perso la bussola, non sappiamo più dove siamo andati a finire.
Ma lo sappiamo, che se ci teniamo a vicenda, non affoghiamo.

lunedì 8 giugno 2015

Ciao



Beta negative.


Fidatevi di quello che dico, ormai mi conoscete no?




Grazie per tutto l'amore incondizionato che siete stati in grado di darmi in questi lunghi giorni.
É stato un post transfer dolcissimo.

domenica 7 giugno 2015

C'erano una volta tre embrioni che ora no.

Come fanno a diventare 288 ore di attesa, un manciata di secondi di silenzio assordante?



Basta andare in bagno e trovare delle leggere perdite di sangue sulla carta.
No signori, le perdite da impianto arrivano tra il 6° e il 7° pt.
Cerchiamo di essere realisti.
Questo è un inizio di ciclo.
E così, anche loro sono andati via, lasciandomi qui da sola.

Ora silenzio.
Il resto, tutto quello che arriverà, lo conosciamo già.

martedì 2 giugno 2015

Sarà, se sarà, perchè è così che devono andare le cose.

Sono calma, di quelle calme senza respiri.

Una settimana insieme.
Quei tre mocciosetti sono con me da una settimana.
Non ci parliamo molto.
Io li sento la notte, quando le voci si placano e le luci non ci spaventano.
Metto la mano lì e li sento.
Ho imparato ad usare l'energia delle mani grazie allo yoga in questi anni, e ora le uso così.
Stanotte, ce la siamo spassata, noi quattro, così.
Le giornate sono lente, le ore scandite da medicine e da punture, ma questo lo sapete.
Non mi lamento.
Di queste medicine non ho paura.
Dormo spesso durante il giorno, e ho fame, continuamente.
Non ho molto lavoro.
Ho fermato il mondo e le conseguenze sono che non ho scampo. Il mio lavoro ora è quello di custodirli e di tenerli qui, niente altro può essere più importante.
Durante il giorno, i sintomi da ciclo vanno e vengono, il mio umore con loro.
Non ci si potrà mai abituare all'altalena del post transfer, nemmeno una veterana come me può farlo davvero.
Ma sono calma, differentemente dai precedenti post transfer, dove uno stato di agitazione mi chiudeva la gola e non mi faceva dormire.
Stavolta, dormo, e non vedo l'ora di farlo, per incontrarli nei miei sogni.

Non so davvero se ci sono o se mi hanno lasciata. La paura mi blocca, quella sì, è rimasta.
Non so cosa farò poi se mi lasceranno, sono forte ma non ho un piano B. Lo progetterò al momento.
Non li immagino.
Sono lontana da tutto ciò che potrebbe costruire un rapporto con loro che mi renderebbe ancora più dipendente di quello che già sono.
Una settimana fa sono stata felice.
Di una felicità intensa, profonda. Una sensazione che non provavo da tanto tempo.
Sono stata felice e per ora mi basta.
Se vivi così, e scegli di vivere così, è tanto, perchè riesci ad assaporare cose che prima nemmeno vedevi.
Piangerò e mi straccerò le vesti, o probabilmente come prima battuta, non scriverò più, chiuderò questo blog, mi sentirò stanca e getterò la spugna, se loro dovessero lasciarmi. Ma tanto ormai, chi legge, lo sa come sono, e sa anche che tornerò poi, con il piano B in mano.
Ho imparato a rispettarmi, prima di rispettare gli altri.
Che suona male così come è messa, ma se non lo hai mai fatto, fai male a te stessa. Ed io, per gli altri, mi sono fatta molto male.
Non chiedo più.
Oggi è il compleanno di Filippo. Il mio angelo è con me, il suo sorriso mi accompagna tutte le mattine ad iniziare questi giorni così lenti e difficili.
Non dipende da me.
Non dipende da nessun altro.
Sarà, se sarà, perchè è così che devono andare le cose.