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domenica 25 maggio 2014

Il coraggio di scegliere

Sono giorni in cui alcune questioni mi ronzano intorno.
Io le caccio e poi i pensieri tornano, poi se ne vanno, poi torno io.
Fermo i fatti, scriverò cose impopolari, ma tant'è.

Alcune persone a me molto vicine, non riuscendo a concepire, sono state da me indirizzate al mio dottore.
Trovato il problema di natura meccanica, si è deciso per un ciclo di pma.
Ok, tutto bene sin qua.
Difficile per me riviversi da vicino tutto l'iter, ma mi fa piacere sapere di essere stata di aiuto al concepimento di una nuova vita.
Queste persone da subito, dichiarano di non voler sapere nulla di come si svolgeranno le cose, per non agitarsi, per non entrare in ansia.
Pace.
Scelta loro.
Poi una settimana fa circa, tre giorni prima del pick up, ci ritroviamo a cena insieme e ad un certo punto spuntano le domande.
Ci chiedono cosa è un transfer e cosa succederà (a tre giorni dal pick up, ripeto). Noi due ci guardiamo sorpresi, ingoiamo aria, poi sospiriamo, poi decidiamo di spiegare.
La seconda domanda è più tosta. Ci chiedono se fare o no la diagnosi preimpianto, perchè a loro avviso, è il dottore che glielo deve dire se farla o no. A quel punto noi ci rifiutiamo di dare questo consiglio e riteniamo di non dover entrare in merito. Cerchiamo di spiegare che comunque la questione ha implicazioni di varia natura e che la decisione è unicamente la loro, e non del dottore.
Ne usciamo sconvolti.
I fatti di non conoscenza si susseguono dopo il pick up e poi con il transfer con una gravità tale che nemmeno le basi, ora lo capisco, sono state assorbite (che cosa è una blastocisti? dove sono ora i cosi fecondati? sono congelati? perchè quelli in eccesso non possono essere buttati?ma perchè il mio estradiolo è aumentato dopo le prime punture di gonal? sto male? eccetera).
Io nel frattempo incontro il mio dottore, come già scritto in altro post, e discuto con lui del fatto che portare una coppia alla pma con tale inconsapevolezza, è per me assurdo.
Mi si risponde che le cose sono state spiegate e che comunque forse, è meglio così, perchè così si può evitare il fattore ansia che ha come unica conseguenza quella di far star male la coppia senza aiutare il concepimento.
Mi fermo qui a raccontare i fatti perchè su questo punto, non sono affatto d'accordo.
Ne ho discusso ampiamente questa sera, in altra sede e con persone totalmente estranee alla pma, e il risultato che ne è uscito è che io devo tenermi fuori da questi fatti, per tutelarmi emotivamente, e altre cose che continuano a non andarmi bene.
Lasciamo stare che dovrei davvero evitare queste situazioni per il mio equilibrio emotivo, ci sta, ma non sono io la protagonista ora.
Non concepisco e non riesco a comprendere, per quanto io stia cercando di sforzarmi, questo atteggiamento di non conoscenza e inconsapevolezza di fronte alla scelta della PMA.
La PMA non è una gravidanza arrivata per caso, non è un concepimento naturale, una scelta non sempre consapevole, un desiderio di diventare madri e padri e "oh, allora stasera non usiamo il preservativo dai! vediamo che succede!". No. La PMA è una scelta, obbligata spesso, ma una scelta. Una volta presa questa decisione, vuol dire che non si va in clinica per farsi iniettare un vaccino che ti renderà magicamente fertile.  No. Tu rimarrai per sempre infertile, anche se riuscirai a partorire, e questo tu, hai l'obbligo di saperlo. Tu hai l'obbligo verso te stesso, il tuo corpo e i figli prodotti, di sapere cosa succede al tuo corpo, a te stessa, dentro quel laboratorio di biologia, dentro la sala operatoria mentre con un ago infilato dentro l'utero ti rubano quello che mai avresti potuto produrre naturalmente, di sapere cosa succede allo sperma del tuo compagno, di conoscere chi sono quei dottori che hanno in mano il destino della tua famiglia.
Tu hai l'obbligo di saperlo, perchè la PMA, il luogo dove avviene, chi la pratica, cosa succede,  sono una scelta, come quando girate come schegge impazzite per i quartieri della vostra città sottoponendo a test severi tutti gli asili della zona dove vostro figlio dovrà stare di lì a pochi mesi dalla nascita. Scegliete la struttura in base ai vostri personali parametri tenendo ben presente l'obiettivo e quello che per voi è prioritario, ovvero il benessere di vostro figlio.
La scelta della PMA è il più grande gesto d'amore verso quelli che saranno i vostri figli e per questo è necessario conoscerne i dettagli, ora non dico proprio ogni cosa (nel mio caso cmq nulla è stato lasciato tralasciato), ma almeno le basi.
Invece no.
Invece ci si giustifica dietro la paura.
Ma chi non ha paura quando si diventa genitore? Quanta paura c'è di fare sbagli e nuocere in qualche modo ai propri figli? Eppure si sceglie.
Si è madri e padri da sempre, anche senza un figlio terreno, anche solo nel cuore.
A me è concesso di esserlo solo così, e la conoscenza dei fatti e la consapevolezza delle decisioni prese, è il mio più alto gesto d'amore verso i miei figli, l'unico che posso fare, l'unico, perchè non li posso abbracciare e stringere.
Si è genitori da molto lontano, non solo con i figli in braccio.
La conoscenza eleva, allontana quei fantasmi che alimentano paure e false dicerie sulle "fabbriche dei bambini" in provetta. La conoscenza ci rende genitori da subito, che scelgono, pur avendo paura, per il meglio dei propri figli.
Per scegliere ci vuole coraggio. Me ne rendo conto.
Ma sul grado di responsabilità che si ha decidendo di concepire vita in questo modo, io non transigo.
In realtà, la mia rigidità mi porta a non transigere nemmeno sull'ignoranza nel concepimento naturale,ma okkey, io lo so che sono una talebana, ma sulla procreazione assistita no dai.

Lo posso proporre il test di ingresso alle coppie per poter usufruire della pma? no perchè, a me questa arroganza, questa pretesa che gli "altri", che siano i dottori o gli amici o  chi sa, debbano spiegare, mica mi sta tanto bene. Se vuoi sapere ti informi. Non è che chiedi a spotting e assorbi solo quello che ti va di sentire, perchè ti fa comodo così. 

La pma non è un trattamento passivo, non si subisce. Si fa con tutto il cuore, i muscoli, la testa e i sentimenti.

Da dove inizia l'essere genitore?

Per me, per noi due, da quando i nostri figli hanno cominciato ad esistere nei nostri cuori.
Il resto, è venuto da sè.

venerdì 17 gennaio 2014

Quei lunedì.

33° giorno di meditazione Adi Shakti
II° ciclo e ultimo di agopuntura per "un buon concepimento"
-7 giorni a Londra
-15 giorni all'inizio di un cantiere solo mio
3° giorno di dolore delle cicatrici della geu
5° giorno di ciclo. L'ennesimo.


Ci sono dei giorni che è lunedì, che anche se non è lunedì, è come se lo fosse.
Dei giorni in cui devi ricominciare di nuovo daccapo tutto.
Dei giorni in cui non ti va, che non è possibile che di nuovo devi ricostruire tutta l'impalcatura del tuo benessere.
Che non ce la fai a portare avanti la settimana che ti aspetta, e i giorni, e i mesi.
Ancora.
Che è dura, nonostante tutto, nonostante i sorrisi.
E sei stanca di un sacco di cose, di un sacco di situazioni, di un sacco di persone.
E non puoi dirlo.
Perchè ora sei il guru della consapevolezza, della speranza, della luce.
Ma non è così che funziona.
Sono sempre io e certe volte non ho voglia di fare la forte.
Vorrei battere i piedi e urlare e lasciar fare agli ormoni, che da sempre hanno avuto la meglio sul mio carattere. Mi piacerebbe tanto che in quei lunedì la razionalità non prevalesse. Che non mi si ricordasse che quarantanni, sei aborti senza causa, una tuba, e tanto dolore accumulato, è troppa roba messa tutta insieme.
Che non ce la posso fare, lasciando che sia.
Perchè pensi a tutto questo, tutto insieme, e ti dici Ma dove vuoi arrivare tu? Che ti si incollano addosso quegli occhi di compassione e di scrollata di spalle, che tu no, tu adesso basta. E' ora di voltare pagina e non vivere più attaccato a qualcosa che non si realizza. E' ora di dire a te stessa che hai sbagliato, sbagli a vivere così, che una vita sospesa, che vita è?

Che io lo so che un cane non è un bambino.
Lo so che una nipote non è un figlio.
Lo so che non sono una madre.
Fatico.
Fatico quando arrivano questi lunedì, fatico che la luce non si accende.
E poi mi dico che va bene lo stesso. Che se sono tornata a piangere per questo, vuol dire che un poco sto guarendo dal dolore grande, quel dolore che mi ha immobilizzato e che mi ha fatto vivere tutto il resto come inutile.

E cerco di guardare avanti, di osservare il bello della vita, di godere delle piccole cose, di coltivare il sorriso senza crearmi aspettative senza senso. Ma questi lunedì qui, non ce la fai. E' davvero difficile.
E non piangi. Ancora no. Non più. Fai finta di niente. Solo tu lo sai che gli angoli della bocca sono in giù mentre forzi un sorriso. E intanto ti spezzi dentro.

Penso che oggi, ventinove anni fa, è nato il mio ultimo fratello e che mia mamma quando lo ha partorito aveva quarantuno anni. Penso che erano terrorizzati dalla possibilità che non sarebbe nato sano, come tutti le dicevano, visto la sua età. Mia mamma aveva altri quattro figli prima di lui.
Ed io sono qui, ferma, quasi alla sua stessa età. Senza figli vivi.
Che non ho nessun appiglio concreto, e vivere senza razionalità non è che è da tutti.
Si vive bene senza ma non è facile.
Per niente.
In questi momenti di disperazione e di buio, ti sembra di nuotare nel niente, nel vuoto, affoghi.
Poi ti ricordi che hai imparato a respirare anche senza ossigeno e allora respiri.
Ma è difficile.

Partiremo per un viaggio a Londra tra una settimana.
E' un viaggio regalo che avremmo dovuto fare da un anno e che l'anno passato non ci ha permesso di fare.
Ho, con molta gioia, organizzato tutto, ma ho sperato in cuor mio di non dover partire per altri motivi, quei motivi che ora non oso nemmeno più scrivere qui.
Quei motivi non sono arrivati.
Io dovrò partire, come fosse una condanna.
Ci sono persone che ci invidiano. Siamo arrivati al punto che si invidia la nostra libertà, il nostro stile di vita senza orari, il nostro poter dormire fino a tardi, il nostro poter viaggiare senza rendere conto a nessuno, il nostro lavoro senza obblighi. Ho letto anche articoli in cui si afferma che le coppie senza figli sono più felici.
Sono arrabbiata. Finalmente di nuovo arrabbiata con il mondo. Senza che il mondo mi scivoli addosso. Si pretende di più da gente come noi: ci si sente dire di tutto, si devono pagare i conti senza sconti. Si pretende, perchè i figli non sono tutto, e poi gli altri, senza, non sanno vivere.
Voglio sentirmi normale.
Voglio potermi sentire in diritto di piangere se arriva il ciclo, come quattro anni fa, all'inizio, quando non sapevo niente, quando mi sentivo privata di un diritto che per tutte era scontato.
Voglio potermi sentire in diritto di chiedere un figlio, naturalmente, nonostante i quaranta anni, nonostante l'unica tuba rimasta, nonostante l'ovulazione che fa come gli pare, nonostante tutti gli aborti.
Vorrei sentirmi in diritto di gridare il nome di mio figlio.




Succede in questi lunedì, anche se non è lunedì.