Mi
sento una culla vuota, mi sento una bara vuota.
Questa frase mi ha colpito come un proiettile di vetro che poi si è fatta schegge dentro il mio corpo.
Ha racchiuso tutto ciò che sento, tutto ciò che mi sento, tutto l'odio che ora provo per il mio corpo, che non culla i miei bambini.
Non si nasce da un corpo, ma dalla coscienza di una madrequesta è Adelia.
Una donna con le braccia aperte e la sua pancia vuota in attesa.
Una donna che accoglie e condivide.
Avevo pianto mentre leggevo la sua storia in ospedale, lei è una conchiglia sulla spiaggia di Nina e la trovate qui nel suo blog, perchè con lucida consapevolezza aveva raccontato il suo dolore, come se fosse capitato ad un'altra donna, e ora, oggi, che vivo il mio di dolore, e la mia nuova perdita, piango ancora.
Perchè la ritrovo qui, in questo angolo di precarietà e di incertezza, in questo mondo fatto di vuoti, di quel "dopo" le beta che non crescono, "dopo" le camere gestazionali vuote, "dopo" quel sangue che porta via, "dopo" le assenze e i sogni dei figli mai nati, e i sorrisi dei figli non tuoi, nati quando dovevano nascere i tuoi.
E perchè mi ritrovo nella sua forza, nel suo bisogno di combattere nonostante la paura che possa riaccadere, il terrore cieco quando il test è positivo, eppure, il bisogno di guardare avanti, senza permettersi di tornare a guardare quel buio, nella speranza che quella luce non si spenga mai, nella convinzione di diventare un giorno madri di figli su questa terra, già mamme speciali oggi.
La bolla di Adelia
Ciao
Anna
Per
prima cosa vorrei ringraziarti per questo spazio di confronto e di conforto che
ci offri.
Probabilmente
qualcuna delle tue lettrici conosce già la mia storia, qualcuna forse no.
Ad
ogni modo, se la mia triste esperienza - malgrado il dolore che provo ed il
desiderio di mantenerlo intimo - può essere in qualche strano modo di aiuto ad
altre donne e ad altri uomini, ben venga il continuare a parlarne.
Vorrei
però cominciare, se mi permetti, con una poesia della mia amatissima Alda
Merini, tratta da “La terra santa”.
“Pensiero, io
non ho più parole.
Ma
cosa sei tu in sostanza?
qualcosa
che lacrima a volte,
e a
volte dà luce.
Pensiero,dove
hai le radici?
Nella
mia anima folle
o
nel mio grembo distrutto?
Sei
così ardito vorace,
consumi
ogni distanza;
dimmi
che io mi ritorca
come
ha già fatto Orfeo
guardando
la sua Euridice,
e
così possa perderti
nell'antro
della follia.”
11
volte mi sono fatta culla, e 11 volte mi sono ritrovata bara.
Sono
madre di 11 figli, ma nessuno è con me.
Non si
può descrivere il dolore, è intimo, lacerante, devastante. Non c’è momento di
tregua, non c’è nascondiglio. Mai. Da qualche parte nella mente un pensiero ti
scopre ancora là, attonita, ferma a quell’istante che separa la gioia
dell’attesa dal vuoto disperato di voci, suoni, immagini.
Ed è
esattamente in quell’attimo di limbo che si vorrebbe restare, si vorrebbe non
aver ascoltato, non aver capito, non essere ancora entrate nella stanza,
sdraiate sul lettino. Un attimo prima, ancora con le mutandine addosso, il
nostro pudore non stracciato, il nostro sogno ancora intatto.
Mi
sento una culla vuota, mi sento una bara vuota.
Non ho
un bambino da annusare, non ho una tomba su cui piangere.
Non ho
neppure una spiegazione.
Come
un animale mi sono aggirata furibonda in ogni più remota parte del mio cuore,
ho graffiato, morso, fatto a pezzi, devastato ogni pezzetto della mia anima.
Come
un animale ho deciso che continuerò a provarci ancora e ancora, finchè la morte
non si arrenderà lasciando almeno uno dei miei figli con me, o finchè il mio
corpo non si piegherà al passare del tempo.
Magari
sarà la prossima volta, chi può dirlo?
E sarà
il mio dodicesimo figlio.
Perché
io sono già madre di 11 figli.
A
volte mi sembra di vederli correre nel corridoio, li sento ridere nella loro
stanza.
Apro
la porta e non ci sono più.
Li
guardo mentre loro guardano me la mattina, sull’autobus, figli di altre madri,
luci di altri occhi.
Mi
specchio negli occhi dei bambini che vengono a giocare con me al parco, saranno
i miei capelli a rendermi irresistibile.
Il
complimento più bello che ho ricevuto nella mia vita è stato da Hisham, che
all’epoca aveva 8 anni e un futuro negato dalla burocrazia.
“Sei
bella come un pagliaccio!”
Così
m’ha detto.
Ed io
sono stata il pagliaccio più felice del mondo.
Tornare
a vivere, trovare un senso che non c’è.
Accogliermi
ed accettarmi così come sono non è stato facile. Piano piano, continuando a
camminare, costringendomi a gesti che per me ormai non significavano più nulla,
un passo alla volta, un giorno alla volta.
I miei
figli non si meritano una madre scheggiata, per le rughe non posso farci
niente, il tempo è passato. Ma ho vissuto anche per loro, ho permesso loro di
sorridere attraverso il mio sorriso, di abbracciare attraverso le mie braccia,
di usare le mie mani.
Io
sono loro e loro sono me.
Non
siamo soli, mai.
grazie per le belle parole
RispondiEliminami fai sembrare migliore di quello che sono.
un abbraccio
Adelia
Le vostre parole mi suonano dentro.
RispondiEliminaVi abbraccio.
Owl
...Siete delle grandi donne e mamme...
RispondiEliminaValentina
Conoscevo Adelia e la sua conchiglia. La sua bolla mi conferma la bella persona che c'e' dentro tanta sofferenza. Un abbraccio sincero.
RispondiEliminaABBRACCIO AD ADELIA CHE CI SI DOVEVA PURE INCONTRARE E POI NON SE NE E' FATTO + NULLA.
RispondiElimina.. hai ragione
Eliminapoi l'ultima gravidanza, il raschiamento a novembre
un giorno lo faremo, promesso.
e grazie a tutte
Adelia
siete delle grandi donne entrambe e le vostre parole colpisco dritte al cuore. un bacio
RispondiElimina174 visualizzazioni, 7 commenti
RispondiEliminaLo so che è difficile scegliere le parole ma a volte le parole al posto del silenzio ci fa sentire meno soli e meno diversi.
Meno al buio.
E' vero... Io vado in bestia quando vedo che mi leggono e non mi commentano... E' come sbirciare qualcosa di nascosto... E' vero anche che a volte per commentare serve del tempo, per questo abbiamo tolto i controlli con i codici illeggibili! Facciamo un appello: se ci siete battete in colpo!!! ;-)
RispondiElimina"... di quel "dopo" le beta che non crescono, "dopo" le camere gestazionali vuote, "dopo" quel sangue che porta via, "dopo" le assenze e i sogni dei figli mai nati, e i sorrisi dei figli non tuoi, nati quando dovevano nascere i tuoi...". Ho la pelle d'oca a leggere parole che porto incise nel ventre, nonostante per me ci sia stato ancora un altro "dopo", quello della (ri)nascita.
RispondiEliminaIo ti abbraccio, cara Adelia. Come vedi qui non sei sola. So che a volte è una magra consolazione, eppure ha un valore enorme. Troppe volte le poliabortive si sentono dire "eh... ma almeno tu puoi concepire... se è successo, ce la farete di nuovo ecc...". E' vero, ma così dicendo, a volte, è come se si volesse negare un lutto. Invece noi lo affrontiamo. Insieme.
E ogni volta è come rivivere tutto con te. E ogni volta immagino di poter essere lì, prima, durante e dopo. A tenerti la mano, a cantarti quella dolce canzone d'amore che mia madre cantava spesso per me. Per coprire le grida, per non farti ascoltare le loro parole.
RispondiElimina"Se stasera sono qui, è perché ti voglio bene..."
No, non c'è un senso, ma tu sei una donna come ne ho viste poche: rara e preziosa.
Capace di trasformare il dolore in energia che crea, in vita.
Le ultime frasi dicono tutto di te: sei ricca, sei nutriente e accogliente, sei terra fertile di vita.
Io voglio solo abbracciarvi tutte!
RispondiEliminaMaria Grazia
Un abbraccio immenso
RispondiElimina.. grazie a tutte
RispondiEliminanon volevo rattristarvi
io, a modo mio, sono serena
e ogni tanto pure un pò felice
un abbraccio a tutte
Adelia