C'è che oggi io dovevo sottopormi ad un esame.
Una di quelle cose che sono abbastanza rompine.
Fastidiose.
Invasive.
Diciamocelo,
dolorose.
C'è che io non ne avevo voglia. Niente.
Ficcavo il mio cervello in altri posti, persone, cose, pur di non pensare a questa cosa che
1. mi avrebbe riportato indietro di mesi
2. mi avrebbe fatto male, ed io sono stanca di provare male
3. mi avrebbe agitato, ed io non mi piaccio agitata.
Ci sarebbe anche il 4, 5, 6 e tanto più, ma non aggiungo altro.
C'è che mi dicono che è necessario farlo per "vedere se gli aborti hanno lasciato conseguenze", e come si fa a dire di no ?
Si dice di si, storcendo il naso.
Quindi, armata di mantras contro la paura scaricati a manetta sul mio telefonino da donna manager, mi appresto a fare anche 'sta cosa.
Che due palle.
Tralasciamo il fatto che mi sono dovuta imbottire di antibiotici e antidolorifici che io odio, firmare consensi e attraversare una Roma più incasinata del solito (eh già, è venerdì!) sotto la pioggia costante e battente come non mai, tralasciando i soldi che sono stati versati cash appena varcata la soglia di una ridente nota clinica romana, dicevo, mi appresto armata di anfibi, pantalone nero e cuffiette nelle orecchie ad entrare in sala operatoria, cercando il più possibile di astrarmi dal mondo intorno a me. Non voglio fare amicizia con nessuno, non voglio raccontare la mia storia, voglio sbrigarmi a svolgere la pratica e basta.
Passa un pò di tempo e finalmente mi chiamano. Lascio marito, cuore, cappotti, borse e ombrello e mi spoglio, rivestendomi con un abitino da sala operatoria la cui fantasia è identica a quella dell'altra notissima clinica romana il giorno che feci il mio bellissimo pick up.
Sorrido.
Cuffietta in testa, copriscarpe.
Ridicola.
Lo svilimento di questi posti è in realtà dovuto a come ti conciano prima di presentarti ai dottori, mica le posizioni che devi assumere durante gli esami.
Comunque,
mi danno un armadietto per i pantaloni neri e il cellulare dotato di mantras, e una chiave per chiudere tutto lì dentro.
E poi mi fanno sedere tra due tendine bianche su una mega poltrona per niente comoda.
L'attesa è snervante. Io canticchio i miei mantras guardandomi gli anfibi dotati di calzari blu e le mie gambe nude bianche come non mai.
Ripenso a quante volte sono stata in una situazione simile.
Ripenso al fatto che tutte le altre volte ci sono stata che stavo male, provavo dolore, paura, strazio, apprensione.
Oggi no.
Razionalizzo che non potrò provare più dolore di quella volta che stavo morendo nel pronto soccorso per l'extrauterina. O quella volta che aspettavo il raschiamento, che tremavo talmente tanto che non riuscivo nemmeno a firmare i consensi.
Non potrà essere più doloroso.
Sono una donnina grande e consapevole che ha scelto di fare delle cose e nessuno mi può costringere a farle. Sono consenziente e volontaria.
Funziona, fino a quando non esce la ragazza che era prima di me.
Sta male.
Urla poi.
Dice che ha dolore.
Piange.
Poi vomita.
Esattamente.
Io non la vedo, sto chiusa tra due tendine bianche. Ma la sento. Si vomita tutta la cena della sera prima credo, a meno che non ha mangiato un bue a colazione, perchè l'obbligo era di un digiuno di due ore.
Poi urla ancora e scongiura di essere aiutata.
La fanno sdraiare. Arriva la caposala, le infermiere, il dottore dell'esame.
Flebo di toradol, plasil, buscopan, bombola di ossigeno, misurazione della pressione.
A quel punto cerco di otturarmi le orecchie.
Avete capito bene.
Non voglio sentire.
Non voglio vedere persone che stanno male.
Mi dico che al tre mi alzo e me ne vado.
Non so come avrei potuto spiegare all'accoglienza il mio abbigliamento, ma poco importava in quel momento.
E invece mi dicono di entrare in sala operatoria.
Ok, vado a salutare e poi scappo.
Mi dico.
Invece no.
Invece poi mi chiedono come va e io dico che prima di ascoltare la tragedia di là stavo benissimo e mi rispondono "il mondo è bello perchè è vario".
Al che alzo il sopracciglio.
"vedrà che non sarà niente"
E io rispondo che non mi aspetto altro che questo.
Faccio la spavalda.
La mia condizione di 40enne poliabortiva mi rende tristemente veterana. Triste, ma sempre veterana.
Della serie "vuoi che faccio da sola?"
Ma ovviamente me la faccio sotto.
Invece va proprio così. Abbiamo anche l'ardire di discutere al monitor della mia cavità uterina, che è perfetta e bellissima (cito testualmente) e che uscirà sul prossimo numero di GENTE in edicola (giusto Daniela?)
E poi discutiamo di altro, l'altro che ancora non pronuncio e non racconto, che è un bel pò più serio, e poi basta, mi dicono di rivestirmi che mi dimettono.
Niente.
Manco l'ombra di un dolore.
Che fico.
Torno dal VIA dove sta la collega sotto flebo che ancora urla, e aspetto (ancora) in mutande.
Poi mi dicono che posso andare a recuperare i pantaloni neri nell'armadietto e uscire.
Bene.
Ma io non ho tasche.
Sono in mutande.
Dove sono le chiavi dell'armadietto???????
Sono sparite.
Panico.
Infermiere di nuovo in agitazione.
Fermi tutti. Si torna in sala operatoria. Si alza il materassino del lettino. Si rovista nei cesti dell'immondizia. Negli angoli. Nei calzari blu.
Le chiavi sono sparite.
Io comincio a ridere.
Loro, sono costretti a chiamare uno scassinatore di armadietti per ridarmi pantaloni e cellular-mantras.
E continuo a ridere.
Un pò perchè sono fatta di medicinali, un pò perchè sono contenta che l'esame è andato bene, un pò perchè mi sento leggera e meno apprensiva delle volte scorse (dopo è sempre facile dirselo).
Mi rendo conto di essere dentro da un'ora e mezzo e che fuori marito, cappotti e ombrelli, stanno per chiamare la polizia. Mi affaccio con la cuffietta e le mutande alla prima porta che vedo e faccio segno a Fabio che è tutto ok, tanto per non ritrovarmi un marito infartato, poi dopo dieci minuti mi fanno uscire.
E io ancora rido.
E fuori invece le persone dopo di me erano bianche come latte, Fabio era bianco come un cencio e, povera, mamma e marito della collega con flebo, bianchi come fantasmi.
Tutta questa gente mi assale e devo aver pensato che sono scema, e va bene, forse sì.
Poi riprendo contegno e spiego che la ragazza stava meglio (-ossigenazione del sangue e pressione nella norma, e non urla più dottore-) e che l'esame è una cavolata, oh tu che stai per entrare.
Il tempo passato è dovuto a una serie di sfighe. Don't worry.
A me tremano le gambe, altro che.
Mi ricompongo e firmo per le dimissioni.
Poi ripenso a quella ragazza.
E' stata presa in giro là dentro. Dicevano che lei ha sempre queste reazioni al dolore.
A me è sembrato che stesse per morire.
Io non lo so se era esagerata lei, fatto sta che stava male e nemmeno una flebo di un mix di droghe la stava facendo rinsavire. Solo panico?
Può darsi.
Ma quanto siamo disposte a farci fare per questi figli?
Fino a che punto siamo disposte ad arrivare?
Io sono andata oltre i miei limiti.
Lo so.
Poi ho imparato che i miei limiti sono altri e attraverso lo yoga, ho imparato che non è necessario superarli ma che bisogna impegnarsi per fare il nostro massimo. E che non mi si venga a dire che sono ferma, ancorata al passato e fissata.
Ognuno di noi ha una strada da percorrere, sta a noi decidere se farlo o no.
Il come è affar nostro, solo nostro e nessuno può sapere e dire niente.
Nessuno.
Ho nel cuore quella donna che urlava.
Ero io, in quel pronto soccorso di due anni fa, mentre mi dissanguavo.
Disposta a tutto.
Quello che non sono più disposta a fare ora.
Il mio tutto è altro.
E l'ho riconosciuto.
Così ho trovato la forza per ricominciare.
Anzi, come dice la mia amica Nicole,
per iniziare.
Ecco dove stava la forza, ora ho capito.
Ho immaginato tutto mentre ti leggevo Anna, come un film, come essere lì, dagli anfibi, alla tipa che vomita, alla testa di Fabio con i suoi capellissimi che si agita verso di te, bianco, e pensa "oh ma ha finito o cosa? Quando me la ridanno la mia Annina che senza di lei come faccio?" :D Felicissima per il niente male. Un abbraccione Sandra
RispondiEliminaSandra, ma com'è che ultimamente mentre io leggo te, tu contemporaneamente scrivi a me ?! ;-)
RispondiEliminaE' una cosa bellissima! (Oggi comunque è stata dura, ho portato un alberello natalizio addobbato a papà e ho pensato "dai tra 20 giorno è finita", non che io sia falsa, fare l'albero è stata la cosa bella del giorno, ma la malinconia colpisce, il progetto è proprio sconfiggerla.) Bacione
RispondiEliminaIniziare. Ho sempre pensato che fosse un verbo meraviglioso, che contenesse in sè la conclusione di una fase e l'energia di una nuova! Iniziare, mai parola più ricca e piena potevi usare per esprimere al meglio questa nuova determinazione e consapevolezza!! Inizi e noi con te, perché il sostegno c'è sempre, non ha bisogno di un inizio. C'è punto e basta perché sei una grande donna!
RispondiEliminaTesoro sono felicissima che questo stronzissimo esame sia andato bene. Ma 'ste chiavi alla fine dove stavano? :D
RispondiEliminaIo, pensa, ancora in attesa della preospedalizzazione. Mi 'sto rompendo le balle, se po' dì?
Ti penso sempre, un bacio enorme
Ciao, anche se ti commento poco, ti leggo sempre!!!
RispondiEliminaOgni volta mi ritrovo nelle tue parole, nelle tue emozioni, sensazioni, ecc... anche se le nostre esperienze e i nostri percorsi sono un pò diversi, la situazione di diversamente fertili rende simili tutte noi, almeno nelle emozioni positive e negative e nelle sensazioni spesso molto negative... e ci permette di comprendere quegli stati d'animo che le altre magari possono solo immagonare, ma non capire...Sono contenta che il tuo esame sia andato bene, ma soprattutto della tua ritrovata voglia di INIZIARE...un abbraccio
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RispondiEliminaUahahaha si si me ne compri una copia di Gente.. che poi la prendo quando ci vediamo? :-D
RispondiEliminaSai già che la storia delle chiavi mi ha fatto morir dal ridere..
Per il resto... sai pure che credo in TE :-*
Sei una roccia, sotto ogni punto di vista.
RispondiEliminaSono fiera di te. Sempre.
solo ciao.
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