La speranza è un sogno fatto da svegli.
Aristotele, in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, III sec.
In questi sei mesi...
Ho imparato ad aspettare.
Ho capito cosa significa fare del male al mio corpo e al mio cuore.
Ho avuto bisogno di fermare il tempo.
Ho coltivato le piccole soddisfazioni che la vita mi ha presentato.
Ho goduto dei pochi momenti in cui stavo bene.
Ho fortemente voluto stare bene
Ho creduto di stare bene
Ho imparato che per stare bene bisogna partire dalle radici di me stessa.
Non rinnego il mio passato, la mia disperazione, il mio dolore. Quello era il momento per ciò che ho vissuto.
Per quell'esperienza dovevo passare.
E ne verranno altri, meno importanti o forse più importanti, di momenti per cui fermarsi.
Ma non attendo più "quel giorno" per ricominciare a vivere.
Sto già vivendo
e molto intensamente.
Così intensamente che mi sento come stessi davanti ad un camino con una poltrona e un bicchiere di vino rosso in mano a dondolarmi soddisfatta. Questa è la sensazione.
Qualcuno dirà che non c'è proprio niente da farmi ritenere così soddisfatta. In fondo non ho sinora ottenuto l'obiettivo che mi ero prefissata.
Forse o forse no.
C'è una molla che è scattata ad un certo punto nella mia vita e questo ha cambiato radicalmente, o comunque è ancora in essere il cambiamento, il modo di vivere questo cammino.
Dapprima la scoperta che sto camminando su una strada. E per accorgertene devi per forza toccare livelli di intensità piuttosto elevati, in positivo o in negativo. Quei livelli ti fanno fare delle scoperte. Io li ho vissuti sinora solo in negativo, ma non è questo il punto.
Ho scoperto ad un certo punto di camminare su di un sentiero che vedo bene davanti a me, non vedo la fine ma vedo la strada.
Eh, bella scoperta.
Che ci si fa con una strada se non si sa bene dove si sta andando?
E qui la svolta. La mia personalissima svolta.
Ritengo di essere stata sempre una persona molto lucida, anche nei momenti più difficili.
Mi sono autoanalizzata molte volte e molte volte ne ho tratto delle conclusioni. Ho sempre saputo il perchè di certi miei comportamenti, i perchè di alcuni miei modi di reagire, i perchè di certi miei giudizi.
Mi sono lasciata fare.Espressione che forse più di tutte descrive quanto io sia stata democratica finora con me stessa.
Non è che io sia stata sempre daccordo con quella Anna, per carità, ma la democrazia per l'appunto, questa è, soprattutto quando poi a vivertela sei proprio tu ed unicamente tu.
E così, ho lasciato drenare attraverso di me e il mio corpo un sacco di bella roba, non lasciando indietro niente: non ho fatto da setaccio, ho lasciato passare anche i sassolini più grandi, anche se poi "si sono infilati nelle scarpe e hanno fatto tanto tanto male, ahi".
Oggi, quella strada la percorro in pianura.
Ecco la svolta.
Fino ad un certo punto l'ho percorsa in salita. Che fatica. Ansimavo e sbuffavo. Ma io non sono una sportiva e non nemmeno tutta questa resistenza fisica a dirla tutta. E proprio mi fa schifo sudare, ansimare e sbuffare. Stare ad osservare come il mio corpo può arrivare ai personali limiti fisici mi fa orrore. Non lo trovo salutare, non è utile, è rischioso.
Perchè allora ho permesso che accadesse?
Non lo so.
Perchè era scontato che andasse così? Perchè anche io trovavo giusto piegarmi ai clichès emotivi della donna senza figli?
Non lo so com'è che è andata così.
Comunque.
Non è che io non mi disperi al giungere dell'ennesima notizia di una pancia nuova appena farcita. Non è che io non pianga quando guardo V. fare il bagnetto a T. e poi baciarlo sul pancino e sui piedini e sul nasino.
Cioè, non è che improvvisamente sono diventata un ghiacciolo.
No.
E' che percorro la mia strada in pianura. Non sudo più. Non ansimo più. Non fatico più. Mi godo il panorama intorno. Mi guardo le persone che fanno un pezzo di strada con me e stringo loro la mano. Apprezzo il tempo che mi scorre affianco, manco fosse la prima volta. E che quest'anno metterò quel 4 davanti ai miei anni passati, e mi fa una paura pazzesca. Mi guardo allo specchio e chiedo a mio marito: "ma ti sembro una quarantenne? ma porco boia! perchè mi chiamano Signora?".
E quindi, non è che improvvisamente io sia diventata un guru del vivi e lascia vivere, del tutto scorre e del carpe diem.
Ma se qualcuna ha pensato bene di scriverci un libro sui suoi primi quarant'anni, pensando fosse giusto raccontare al mondo di che cosa avesse trattato la sua interessantissima vita fino a quel momento, io non posso permettermi di smettere di correre e di sentirmi bene, molto meglio di altri?
Si, lo posso fare.
E il perchè è uno solo.
Ho sempre creduto di essere una che si accontentava nella vita.
Nel lavoro.
Per la casa.
Per i rapporti sociali.
Per il proprio corpo.
Per i soldi.
La carriera. Le scarpe e i pantaloni e infine per i capelli, che non vedono mai il parrucchiere.
Invece ora che mi sono fermata e mi guardo intorno, mi rendo conto che non è così. Non mi sono accontentata finora. Ho semplicemente vissuto come meglio credevo di fare e nelle mie possibilità, tutta la mia esistenza.
Ho cercato la felicità altrove.
Tutto qua.
Ed io mi sento felice.
E' semplice.
Voglio sempre un figlio.
Lo cerco ancora.
Lo piango ancora.
Ma mi sento felice.
Non so spiegarlo.
Vivo ancora talmente intensamente ogni singola cosa che faccio, che, mi dico, ne vale la pena.
Ne vale ancora la pena.
E lo so che questa strada è stata tracciata solo per me, anche se non vedo ancora la fine (e per fortuna). E ringrazio chi mi ci ha messo su questa strada, perchè non sarei stata in grado di apprezzare quello che respiro ogni giorno oggi.
I miei figli arriveranno ed io racconterò nelle case e in giro per i paesi la nostra favola, come un cantastorie d'altri tempi.
E voi riderete pensando che io sia una pazza.
E anche io riderò di me e con voi.
Come sempre, come ho sempre fatto.
Portavo una maschera e non me ne accorgevo.
Ora l'ho tolta e il mio sorriso è lì.
Vorrei raccontare di un sacco di roba accaduta in questo autunno che si va a chiudere.
Vorrei raccontare di aver ricominciato le sedute di agopuntura per il concepimento, che alla prima seduta ho pianto lacrime calde, perchè ho sentito come se, tutto quello che è accaduto tra l'ultima seduta fatta e questa, non fosse accaduto. Che mi sono sentita come umiliata dapprima: io che ancora insisto con questa storia dopo tutti questi tentativi, che tutti i miei amici hanno già pure figliato a occhi chiusi, ed io qui su questo letto a farmi bucare in parti che certo vorrei non vedesse il mio amico dottore. E che però questi pensieri, mentre la seduta faceva effetto, sono scemati, e hanno chiuso quel cerchio, quel brutto e doloroso cerchio, per riaprirsi a questo nuovo inizio in pianura. Ancora.
Vorrei raccontare di quanto mi manca e che mentre mi spalmo la sua crema lenitiva, sento le sue mani e mi immagino mentre lo faceva lei con tutta la fatica che il suo corpo le dava, e che mi manca come l'aria, come quando ti tolgono una cosa scontata e che mai penseresti di non avere più.
Vorrei raccontare di aver litigato con i miei genitori e che per la prima volta, seppur avrei voluto non farlo per il dolore che mi ha provocato, mi sono sentita un'adulta, ferma e decisa nelle sue posizioni. Determinata a staccare finalmente quel cordone ombellicale che ancora oggi mi teneva attaccata a loro.
Vorrei raccontare che ho chiuso delle porte, definitivamente questa volta. Che non ho più voglia di giustificarmi per come sono e per i miei sbagli, mettendomi comunque sempre nella posizione di rendermi vulnerabile e in difetto.
Vorrei raccontare di quante belle storie mi arrivano e di quanto amore mi circonda e di quante persone, anche semisconosciute, hanno un pensiero, una preghiera serale per noi.
Vorrei raccontare che ho incontrato occhi che sanno, quegli occhi che con le parole hanno descritto un dolore in comune, quegli occhi che non mi fanno più sentire sola.
Ma queste sono altre storie. Altre parole.
Forse le racconterò ancora.
Forse.
Oh si....si si! Tu racconti anche senza batter ciglio. ..si. ..
RispondiEliminaper esempio, i tuoi di occhi.
Elimina;-)
:* a tutte e due!
Elimina:-)
EliminaConsapevolezza
RispondiEliminaE si, lo puoi fare!
Grazie Anna.
RispondiEliminaOgni tua parola mi entra sotto pelle, non so spiegare... Ti sento così vicina seppur lontana. Ti abbraccio
Non sono solo ira e dolore...
RispondiEliminaforza io sono di pietra pensosa,
allegria di mani insieme allacciate.
Infine, sono libero entro gli esseri.
E tra gli esseri, come l'aria vivo,
e dalla solitudine assediata esco verso il folto delle battaglie a conquistare gioie indomabili.
P.Neruda
Bellissima.
EliminaSei bella. E lo e' anche questa tua strada.
RispondiEliminasei felice e io sono felice di sentirti così.
RispondiEliminaChe bella immagine: la sedia che dondola davanti al camino. Vorrei tanto arrivare a quello scatto, a quel punto di svolta e ricominciare finalmente ad assaporare veramente la vita. Come so di saper fare! Come ho fatto prima di questi anni. Un abbraccio Anna.
RispondiEliminaNon sai quanto ho sperato che scrivessi "sono felice" :)
RispondiEliminaBella tu!
Sorella, come ti capisco! Ti meriti la felicità
RispondiEliminaAnna cara, quanta strada, quante salite e cadute, quanto amore per la tua famiglia, per la vita. Quanta Anna. Bellissima, intensa, vera. Quanta Anna, qui e adesso.
RispondiEliminaRaffaella
Vivo ancora talmente intensamente ogni singola cosa che faccio, che, mi dico, ne vale la pena.
RispondiEliminaAnna cara certo che ne vale la pena.
Ti abbraccio forte!
cara Anna, il tuo post è incredibile. Hai ragione tu. E' in pianura che si deve camminare. Quanto hai saputo insegnarmi in questo autunno. Quanto devo ancora imparare. Come sono felice di leggerti così. ti abbraccio
RispondiElimina