lunedì 4 febbraio 2013

e se.


Ho lasciato la mia automobile in doppia fila, a quell'ora il quartiere Prati è invivibile, impossibile sperare in un parcheggio, ho pensato "ci metto un attimo" e ho attivato le quattro frecce.
E' stato quando ho ripercorso quei gradini, ho spinto quel portone, che violento, è arrivato come uno schiaffo, il ricordo.
Avevo camminato per quei corridoi dieci anni fa, alla nascita della mia Magali, ho ripercorso quelle stanze avanti e indietro, il 7 dicembre 2012, per dire addio al mio piccolo cavaliere, sono tornata stamane, per ritirare la cartella clinica.
E non sapevo che si sarebbero di nuovo innescati tutti quei meccanismi che in questi ultimi due mesi ho cercato di nascondere, di non far ripartire. Non lo sapevo.
Sono entrata a testa bassa, ho cercato di sorridere, mi è uscito un brutto sorriso, la bocca storta, il cappello calato sugli occhi. Ho preso quello che dovevo prendere e ho spinto di nuovo quel portone, di corsa, violentemente, senza guardarmi intorno, cercando di non tapparmi le orecchie con le mani, quando il pianto di un neonato si è fatto sempre più insistente.
Son salita in macchina senza nemmeno allacciare le cinture, sono scappata via, da quella strada, da quei negozi, da quel caos, da tutto quel dolore soffocato.
E ho iniziato a piangere.
Mi sono fermata al semaforo di via trionfale e quando quell'uomo si è avvicinato per vendermi gli accendini, scendevano due lacrime giganti e il naso era rosso, e si vedeva che sembravo un clown, nonostante gli occhiali da sole cercassero di celare la smorfia del mio viso.
E allora quell'uomo è andato via.
E ho guidato così fino a studio, con le lacrime che scendevano senza sosta, e il respiro a tratti, e i singhiozzi accellerati, e i capelli sugli occhi, e il naso che colava.

Ed io non lo so se ce la faccio.

Ed io non voglio essere più una mamma speciale.
Non voglio più parlare con bambini che non vedo.
Non voglio più sentirmi sbagliata.
Vorrei sentirmi normale.
Una donna normale.
Con un desiderio normale.
Quello di dare la vita. Di concepirla e trattenerla.
Perchè è così che deve funzionare.
Perchè ce la possiamo cantare in mille modi. Ma io sono stata programmata per questo.
A me non me ne frega niente della carriera, dei tacchi, della palestra, degli aperitivi, del lavoro figo, dei soldi.
Non - me - ne -  frega - niente.

Sono stufa di ritirare cartelle cliniche dagli ospedali, per leggere nero su bianco che i miei bambini si sono trasformati in materiale deciduo coriale, materiale deciduo ovulare, in residui.

Residui.

Non sono una persona forte come pensano ora tutti.
Una volta, prima di iniziare questa storia, non ero considerata una persona forte.
Com'è che adesso tutti pensano che io lo sia?
Non lo sono.
Crollo solo perchè ho percorso quattro gradini in fila.
E il cuore mi faceva male al solo ricordo di quanto è atroce un aborto.
Di quanto è innaturale.
crudele.
irrispettoso.
del tuo corpo.
del tuo essere mamma.
del suo non essere più vita.

E allora, mi chiedo come farò. 
E' un purgatorio questo.
Non posso fare a meno di desiderare mio figlio, ma questo desiderio mi porta solo dolore.
Non è vero.
Lo so che non è vero.
Ma sono stanca.
Vorrei veder crescere la mia pancia, senza dover programmare le gravidanze come fossero eventi epocali. Dover fermare la mia vita per poter permettere alla vita di andare avanti.
E allora, mi preparo.
Tutte le volte.
Mi preparo ad accogliere.
Sembro una formichina laboriosa che deve affrontare l'inverno, anche se sta arrivando la primavera.
Cerco di sistemare tutto, ogni angolo della casa, del cuore e del mio corpo se possibile, come se stessi partendo per un viaggio, un viaggio che ogni volta, spero non si interrompa.
Vorrei che tutto questo fosse spontaneo, naturale, normale.
Ma non lo è. Non lo è mai.
Ed è difficile. Difficile. 
Ed io non lo se ce la faccio.
Posso continuare a parlarne ancora, ma lo so che passerà. E' un momento di bassa, forse perchè Fab non c'è, forse perchè saranno gli ormoni, forse perchè davvero è troppo lungo questo cammino sin qua, non lo so.
Sto sbagliando?
Alla mia età, dovrei occuparmi di altro.
Dovrei pensare ad organizzare cene, coltivare una passione, scegliere nuove amicizie, frequentare altri ambienti, andare all'estero, scappare. Andare via.

E invece questo bisogno, questa responsabilità, mi inchioda ad una me stessa immobile.

C'è un'onda di dolore alta, che mi rincorre, a tratti mi raggiunge. Io nuoto veloce per non essere sommersa. Ma spesso arrivano i crampi e devo fermarmi, non ce la faccio a nuotare ancora.
Ho paura.
Tanta paura.
E se vanno via anche questa volta?





16 commenti:

  1. Nessuno, mia cara Anna, è forte DENTRO certi dolori. Ci attraversano, indebolendoci, lacerandoci. Poi ci alziamo, apriamo gli occhi e ci rimettiamo in cammino. Qualsiasi strada sia.
    Ti abbraccio, più vecchia e meno forte anche io, ma ancora *umana*, come lo sei tu. Qui.

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  2. Ci dicono che siamo forti perché non siamo morte. Non apparentemente almeno.

    Arrivano impetuosi questi stati d'animo, così, all'improvviso. E non possiamo scappargli. Li dobbiamo vivere, andiamo affondo, ci diciamo che non ce la facciamo più, che non è vita questa che ti obbliga a respirare con il cuore a pezzi. E poi risaliamo, poi vediamo la pseranza, la luce. E poi ancora buio. Ed è sopravvivenza questa. Pura sopravvivenza.

    Mi dico che se siamo arrivate sino a qui, se non siamo morte davvero, allora possiamo fare un altro passo in avanti, possiamo crederci per davvero. Qust'ultimo mese per me è stato un oscillare tremendo... un continuo nero e bianco. Ma quando è bianco, quando vedo la luce, mi sembra quasi di toccarla, e sto bene. E solo per la sensazione di quella serenità apparente credo che valgano i momenti di nero.

    Non può andare di merda per sempre. Non funziona così. La ruota a un certo punto girerà anche per noi. Ti abbraccio fortissimo

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  3. so che le avrai già provate tutte...ma io sono una ex-poliabortiva come te ed ora ho 2 bimbe meravigliose...ti abbraccio forte anche se il tuo dolore riapre in me vecchie ferite tanto che finora ti ho letto senza mai commentare, perchè non ce la faccio...perchè il rimbombo di quel dolore che lacera il petto ritorna prepotente...non so se può servire a qualcosa ma se vuoi posso darti il nome della mia gine che ha reso possibile il mio sogno dopo tanto dolore...un consulto in più può sempre aprire nuove porte e nuove speranze..
    scrivimi a ilblogdiunamammamanager@gmail.com

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  4. ti dicono che sei forte Anna perchè trovi la forza di andare avanti, comunque.
    E sei forte anche nella paura, nel dolore e nella stanchezza.
    Hai la forza di parlarne e di aprirti. Di piangere e distruggerti per poi riemergere
    non tutti lo sanno fare, non tutti ce la fanno.

    Hai tante mani che stringono la tua con affetto sincero
    tante braccia che ti abbracciano forte.

    sei forte, ma umana ... e viva...
    e questi momenti di bassa sono normali purtroppo
    devi solo resistere e lasciarli passare

    non sai quanto ti penso..
    annalisa (trilli)

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  5. mi specchio nelle parole di SIlvia
    "Ci dicono che siamo forti perché non siamo morte. Non apparentemente almeno."
    la verità è che siamo morte

    io mi sento come se fossi davvero un corpo legato su un vagone delle montagne russe
    mio malgrado
    e non riesco a scendere
    anche se ho paura, se voglio vomitare
    fermarmi
    chiudere gli occhi e riposare.

    la mia anima è altrove da tempo

    Eppure continuo, non so come, ma continuo.
    e a volte sono pure felice - e questi momenti non me li può togliere nessuno.

    ti abbraccio
    Adelia

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  6. Cara
    ma farti aiutare da qualcuno? Uno psicologo ad esempio, solo come sostegno? Non sei fatta di ferro.

    Baci, Igra

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  7. Se è più doloroso pensare di abbandonare pittosto che continuare...allora devi continuare.
    Non cè ricetta, non c'è consiglio,amore, affetto, che possa sollevarti dai dubbi e dalle incertezze. Non c'è tesoro, ci siete solo voi. E la paura.
    Ma anche la speranza.
    Raffaella

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  8. Tornare in quei luoghi, dentro quell'aria piena dei nostri bambini...
    Anche se loro non sono là, è là che li abbiamo lasciati.
    Succede anche a me, quando entro nelle remote stanze. Ogni volta è affondare nel dolore.

    Noi siamo morte, ma vive.
    I nostri figli sono vivi, ma morti.
    E siamo così, sospese tra queste due dimensioni.
    Ed è difficile trovare uno spazio di equilibrio, ma forse possiamo scavarne altri di quiete.

    Un abbraccio.

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  9. le persone normali cadono e si rialzano, cadono e si rialzano, cadono e si rialzano.

    Il giorno che non ce la farai più ad alzarti significa che "quel momento è arrivato". Che devi abbandonare la percentuale positiva, l'altra faccia del "e Se".
    Quella che ti dice "E se ci riuscissi?" Ecco, non dovrai più porti qs domanda, dovrai cambiare direzione per salvarti.

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  10. http://www.youtube.com/watch?v=IHpQFF_Et4s
    "l'amore dura per sempre"
    ti voglio bene

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  11. Essere forti non significa non provare dolore, non avere paura, non scoppiare a piangere mentre si guida. Essere forti significa avere un progetto, un desiderio, uno scopo, e perseguirlo anche quando tutto o quasi rema contro.

    Le persone ti dicono che sei forte perché vedono qualcosa che tu non riesci a vedere, perché troppo impegnata a lottare, a vivere, ad aspettare, a incespicare, a fare domande.

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  12. la normalita' e' per noi un lusso,
    e chi ce l'ha spesso non se ne rende conto.

    ti auguro che ti arrivi presto, questa normalita'...
    e sappiamo tutti che saprai apprezzarla, perche' speciale

    [scusa le parole contorte]

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  13. Non dico niente, ti abbraccio e basta.

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  14. Rivedo me stessa nelle tue lacrime!!! È vero noi siamo "programmate" per concepire la vita, trattenerla, data ed è come se in questo momento un virus mi abbia riprogrammata solo per lavorare ed aspettare con il cuore trafitto dal dolore che qualcuno mi resetti e mi faccia fare quello per cui sono stata concepita! Questo dolore sta corrodendomi come un acido che brucia tutto ciò che incontra! Ti abbraccio forte Anna !

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  15. Ho dimenticato la firma. Alice

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  16. Alice...
    quanto dolore ...

    quando puoi e vuoi scrivimi.
    i

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grazie per essere qui.