sabato 30 marzo 2013

una storia difficile

Preciso il post di due giorni fa.
Non abbiamo fatto il transfer, non era meccanicamente e fisicamente possibile farlo due giorni fa.
I miei piccoletti in realtà, sono due grandicelli, due blasto di 6 giorni. Tanta roba.
Questo vuol dire che dal momento dell'ovulazione, che coinciderebbe con il giorno del pick up di 5 mesi fa (18 ottobre 2012), devono passare altri 5-6 giorni prima di essere trasferite in utero.
Dunque, così è.
O almeno dovrebbe essere.
La realtà è che questa settimana mi è stato dapprima detto che non se poteva proprio fà questo incontro d'ammore, perchè sembrava avessi già ovulato a destra (lunedi mattina), si è presupposto un ciclo anovulatorio o ovulazione precoce. Poi, mi è stato chiesto il prelievo del progesterone per confermare la tesi (martedì mattina), ma il progesterone ha detto che no, no no no, non avevo ovulato. Tutto da rifare. Un nuovo monitoraggio (giovedì pomeriggio) mi ha confermato che c'era un bel follicolo ma a sinistra, 14 mm d'amore, pronti per scoppiare. Allora mi è stato proposto un monitoraggio stamattina, ma nella clinica dove dormono al freddo e al gelo i miei piccoletti, perchè il mio dottore oggi non era a Roma.
Il piano era che a seconda di quanti mm eravamo oggi, avrei poi dovuto fare la puntura di gonasi. Da lì si calcolano le solite 36 ore per arrivare ad ovulazione e da quel momento sarebbe dovuto partire il countdown dei 6 giorni per le mie stelline.

Sarebbe dovuta andare così.

Ma così non è andata.

Perchè questa è una storia di quelle complicate.
L'abbiamo capito.
Una di quelle storie senza fine, piena di ostacoli.
E anche questo l'abbiamo capito.

E così, siam passati da un disorientamento totale di lunedi mattina, in cui proprio non avevamo contemplato lo stop del mio corpo, ad un'euforia incredula di giovedì.
L'incontro sarebbe dovuto avvenire tra una settimana.
Ma appunto, stamattina la dottoressa mi guarda e mi fa:
"signora, lei ha già ovulato, e a sinistra, dove non c'è la tuba. Io non vedo nessun follicolo"

E così, bocche appese ed asciutte, ci siamo rivestiti, senza batter ciglio, senza far partire il cuore, senza far sudare le mani.
Abbiamo ripreso l'ascensore.
Cinque piani in giù, mentre veloci passavano davanti ai nostri occhi i ricordi dei momenti bellissimi ed emozionanti del pick up e del transfer di ottobre, in quelle stanze, in quel palazzo.

E poi, occhi sbarrati, nessuna parola, a fare colazione allo Zodiaco e a realizzare.


Realizzare che non è il momento.
Che non sono pronta.
Lo è il mio cuore ma il mio corpo no.
Il mio utero no.
Il mio endometrio no.
Le mie ovaie no.
Le mie tube no.
Le mie braccia no.
Le mie gambe no.
Non sono pronti.
Loro no.
Io si.
Loro no.

Va bene.
In una settimana abbiamo imparato un'altra cosa.
Eravamo preparati.
Abbiamo corso sin qua.
Tantissimo.
Ora ho un mese davanti per non fare più cose.
Raccogliere i tempi della lentezza.
Gustare i momenti positivi che ho preparato con fatica.
Ricominciare daccapo.
Perchè questa è una storia difficile.
Lo avevamo capito.


Buona Pasqua.
Ho fatto le pastiere napoletane, appena cotte posto foto.



:)


giovedì 28 marzo 2013

si.





"Quel tanto di dolce da poter essere avvicinate e quel tanto di amaro 
da non poter essere morse"
Yogi Bhajan


Mi sento così felice che non ho paura che questo equilibrio si spezzi, come invece in passato accadeva.
Sono serena e in pace.


DHAN DHAN RAM DAS GURU
JIN SIRI-AA TINE SAVAARI-AA


PURI HO-II KARAAMAAT
AAP SIRJANAHAARIA DHAARI-AA
SEKHII ATE SANGATEE
PAARBRAHM KAR NAMASAKAARI-AA
ATAL ATHAAHO ATOL TU
TEYRAA ANT NA PAARAAVAARI-A
JINI TU (n) SEYVI-AA BHAA-U KAR
SEY TUDH PAAR UTAARI-AA
LAB LOBH KAAM KRODH MOHO
MAAR KADHE TUDH SAPARVAARI-AA
DHAN SU TEYRAA THAAN HE
SACH TEYRAA PEISAKARI-AA
NAANAK TU LEHNAA TU HE
GUR AMAR TU VICIHAARI-AA
GUR DITHAA TAA (N) MAN SAADHAARI-AA

(Questo è il mantra dei miracoli che ieri mi è stato dato come gesto d'amore e come saluto per l'ultima lezione di yoga che dovrò necessariamente interrompere per questioni fisiche / mediche, 
di seguito il link da seguire per la recitazione cliccare qui )





martedì 26 marzo 2013

sbagli e cose da fare

E così, nonostante tutti i miei sproloqui, le congiunzioni astrali decantate, le frasi belle gridate ad alta voce, gli encomi, le riminescenze, le onniscienze, le coscienze,

ho fatto un errore

già.
Che davanti a quel monitor nero, il solito, quello che mi conosce meglio di chiunque altro, l'unica mia certezza si è sgretolata.
Ho abbassato la guardia, ho dato per scontato.
Mai farlo.
O almeno, non nel mio caso.
Quanti monitoraggi dell'ovulazione avrò fatto da quando questa storia ha avuto inizio?

innumerevoli.

E bene, non ebbene, quante volte il mio corpo ha fatto cilecca?

zero volte.

E così ho dato per scontato, non ho minimamente pensato all'ipotesi che un follicolo avvistato tre giorni prima sulla via della rinascita, potesse improvvisamente scomparire.
puff.
sparito.
ma come sparito dott ?
succede. 
Hai avuto un'ovulazione precoce, può darsi, forse. Vediamo. Qualcosa del genere. Molto probabilmente un ciclo anovulatorio. Facciamo il prelievo del progesterone e capiamo. Succede tranquilla. 
Certo, niente transfer
Non ci sono i presupposti.

A me non succede.
L'unica cosa su cui ho sempre potuto contare è il mio ciclo.
L'unica cosa certa di questa storia.
Mi dispiace, non succede a me. 
O almeno, a me non succedeva.

E così, ho dovuto rimettere al posto giusto, ciò che ho dato per scontato.
Bella roba.
Ho corso come una pazza sin qui. Per far quadrare tutti i conti, per mettere a posto tutti i tasselli, io e la mia mania di dover tenere tutto sotto controllo.
Sin qui, mi sono preparata come se stessi per rinchiudermi in un rifugio antiatomico.
Faccio provviste.
Non alimentari, ma siamo lì.
Sistemo tutto in maniera maniacale. Mi alzo la mattina prestissimo, apro gli occhi come se non avessi dormito per niente, e comincio la mia giornata. Incontro gente, organizzo cene, mi riempio di lavoro, ridipingo, faccio yoga, pulisco, incontro gente, scrivo, scrivo, scrivo, spiego, abbozzo sorrisi, rinnovo patenti, compro oggetti, rinnovo, prego, spero, e ri-spiego.
Organizzo.
Oh come sono brava a fare questa cosa.
Non dovevo fare l'architetto nella mia vita. Dovevo fare l'organizzatrice, di cosa non so, delle vite degli altri, ecco, questo lo so fare bene.
Io la mia vita la organizzo sempre.

Ecco lo sbaglio.

Perchè, se ancora non ho capito che in tutta questa storia, di organizzare non se ne parla proprio, allora davvero, non ho capito niente.

E così, ieri mattina esco sconfortata dallo studio del dott, chiedendomi più che altro quale sarebbero dovute essere le cose da fare a quel punto, non dovendo fare più il transfer. E mi dispiaccio, per carità, ma poi mi dico che mi sono rimaste fuori altre robe da fare e che magari questo tempo in più mi servirà per questo.
E così, non piango mica, che oramai la mia elasticità si sta convertendo in maniera indissoluta e anche un pò irrisolta, fatto sta che allo sconforto sostituisco velocemente, da mattina a sera, con un sentimento di resa incondizionata e di tempo in più per fare, appunto,  cose.

Poi succede questo.
Succede che oggi pomeriggio, dopo l'ennesima cosa fatta, mi arriva la mail di risposta con i risultati del progesterone, risultati, appunto, anch'essi dati per scontato.
Che mi dovevano confermare questo strano ciclo anovulatorio o questa presunta ovulazione precoce.

Ebbene, e stavolta anche, e bene, risultati scontati un cavolo.
Il progesterone è negativo.
L'ovulazione non è avvenuta.
Il gioco si riapre.
Nulla è scontato.

E se non ho capito ancora, in tutta questa storia, che di scontato qui non c'è proprio, ma proprio nulla, allora, bè, non finiremo mai di imparare.
Che, per carità, anche questa è una verità sacrosanta, ma pensavo di aver imparato tantissimo finora. 
E invece no.

Lo faremo questo transfer?
Non si sa.
Non me lo chiedo più.
Non programmo più.
Ecco, questo sì, davvero l'ho imparato. 

to be continued.

sabato 23 marzo 2013

Riunire la famiglia

Giorni fa Daniela mi ha regalato questa espressione:

riunire la famiglia.

E' quello che farò.
Non farò un transfer e basta.
Andrò a prendermi i miei bambini. Mi aspettano da 5 mesi oggi.
23 ottobre il giorno in cui sono stati congelati.
E' tanto.
Non è giusto stiano lì ancora ad aspettare.
Chi sono io per decidere per loro?
Ho deciso tutto per loro fino ad oggi, ma in funzione del mio benessere, non del loro.
Devono conoscermi.
Non sanno cosa significa essere cullati dalla mia pancia.
E non è giusto.
Sono nati in un laboratorio, qualcuno ha scelto per loro la parte maschile e li ha iniziati alla vita.
Poi li ha osservati per cinque giorni e li ha fermati.
Ed io dove ero in tutto questo piccolo-grande cammino di vita?
E' incredibile come la vita di una persona sia già segnata dai primi istanti di esistenza.
Se sopravviveranno e verranno al mondo, saranno persone speciali, non può che essere così.
E lo so che questi discorsi non si fanno, che si potrebbe impazzire a farli, che ci si mischiano in mezzo questioni etiche, morali, religiose, agnostiche, scientifiche, umane, ma sono i miei figli...un pugno di cellule che si contano con un microscopio.
Però prima non c'erano.
Ora ci sono.
E questa è vita per me.
E mi aspettano.
E noi stiamo riunendo la famiglia.
Una sorta di richiamo ancestrale che sento da sempre.
Ho paura, e mi vergogno perchè ho paura per me, non per loro, invece dovrei aver paura per loro, perchè io sono qui, sono viva e ce la faccio, lo supero il dolore, cresco e rinasco.
Ma loro?

E' difficile.
Io non prego per me, non chiedo per me.
Chiedo per loro.
Che abbiano una possibilità.
E a chi mi dice che sono pazza, io rispondo che non centro niente in questa storia, sono solo il mezzo per portarli qui.
Ed io ho il dovere e la responsabilità di farli vivere.

Non ho niente in mano.
Ho bussato alle porte della scienza e la scienza non ha risposto.

Ho la speranza.
La paura e la speranza.
Non posso fare altro che aprire le braccia ora e portarli a casa.

mercoledì 20 marzo 2013

di suddetti passeggini

Questa è la storia di un passeggino.
Uno di quelli completi, con tutti gli accessori, con tutte le cosine al posto giusto, un tipo superaccessoriato.
Pezzo per l'automobile, pezzo per la culletta, pezzo per il passeggio, ruote con gli ammortizzatori, freni e frizione.
Perfetto.
Nuovo.
Bello e firmato.
Che ci fa un passeggino strafico a casa di allafinearrivamamma?
Infatti non ci fa niente.
All'inizio di questa storia, il suddetto ci viene proposto in regalo.
Noi due ingenui, reduci dal primo aborto, accettiamo. I nostri amici ci dicono che a loro lo hanno regalato nuovo ma che loro ne hanno già uno e che è troppo fico e che insomma se lo vogliamo è nostro. Ci guardiamo e diciamo di sì subito.
Stra-fico davvero.
Il suddetto viene avvolto in plastica e tutto profumato viene parcheggiato in soffitta, certi che di lì a poco sarebbe stato riesumato.
Il resto della storia la conoscete.
Il suddetto prende polvere per tre anni, quasi quattro.

Con la partenza del mio ultimo cavaliere, mi ricordo dell'attrezzo firmato e lo voglio riesumare, per sbarazzarmene.
Mi rendo conto che questo oggetto è un peso sulla mia speranza e che quindi va eliminato insieme ad un sacco di altra roba.
Un peso sulle nostre teste, perchè, oltre al fatto che è in soffitta, rappresenta una me che non c'è più. Una mamma meno mamma di quello che sono ora, una donna meno consapevole e più disillusa e più ingenua.

Non lo volevo più con me il suddetto, ho sentito il bisogno di disfarmene perchè non centrava più nulla con quello che siamo diventati e perchè se sarà, quando sarà, i miei cavalieri avranno un passeggino meno fico ma preso per loro.
Solo per loro, quando saranno qua.

E così, oggi, sotto la pioggia, dopo una giornata di lavoro e una decisione presa a cuore aperto, abbiamo incontrato delle persone che si sono presi il suddetto e lo hanno portato via. Andrà ad un altro bambino, forse già nato, forse no, non lo sappiamo. Uno scambio tra sconosciuti. Una stretta di mano, la pioggia che cadeva battente, il mio cuore in tumulto che salutava un passato che non voglio rivivere più.

E così, oggi, salutiamo il passato e accogliamo il futuro.
E così, tra poco, pochissimo, davvero pochissimo, i miei bambini torneranno a casa.

Nella mia pancia.

Verranno risvegliati dal gelo e conosceranno la culla che non ha visto il loro concepimento.

Mi conosceranno e spero mi riconosceranno.
Tra poco.

E lo scrivo quasi sussurrandolo dando spazio ad un'emozione che mi fa tremare il cuore e quasi me lo fa scoppiare.


lunedì 18 marzo 2013

tra reale e virtuale

Sono mesi che penso a questo post.
Non l'ho mai scritto perchè il mio timore era quello di fare una lista di nomi e dimenticare qualcuno.
Però sabato ho incontrato qualcuno di voi che leggete, e ora non ne posso fare a meno.
Frequento il mondo di internet dal '99, nasco come forumista, il mio nome è sempre stato questo, Anna/Anais, tanto che ora li uso anche nella realtà, e mi sembra tutto normale.
Ho sempre creduto molto nella condivisione, nell'espressione della propria opinione, nel confronto.
Ci ho creduto molto.
Anche nel lavoro.
Ci ho creduto così tanto, che ho scelto un lavoro che parlava di questo, di collettività, non di individualità.
Ma ho sbagliato gli anni, sono in ritardo almeno di 40, e questo non è il tempo del confronto collettivo, è il momento dell'individualità, dello sguardo  al proprio orticello.
Ce lo impone la società, avara di tutto, anche delle cose più basilari, delle cose più semplici e chiare.
E così il mio lavoro si è chiuso dentro uno studiolo buio senza finestre, ripiegandosi su stesso, e i miei rapporti, sia virtuali che reali, si sono semplificati, rivestendosi di illusione.
Illusione che fossero normali certi comportamenti, che fosse naturale un certo stile di condotta.
Ad un confronto virtuale su una piazza, il forum, ho sostituito l'analisi, l'introspezione, il mettere a nudo una me stessa, prima nel dialogo con i miei figli, dopo, nel confronto, con chi stava vivendo la mia stessa situazione.
Ho compreso, in questi mesi, quanto la mia idea di confronto si fosse modificata negli anni, parallelamente ad un'esigenza di approfondimento: non più solo di sfogo, di racconto.

Dalla mia ultima interruzione di gravidanza sono successe molte cose.
Seppur io scriva quasi spesso di momenti di sconforto e di tristezza, io so, quanta consapevolezza e cambiamento siano avvenuti in me, e quanto diverso è ora il mio modo di rapportarmi con gli altri, e quanto importante sia questo confronto, e quanto aiuto io abbia ricevuto in cambio dell'apertura della mia anima.
Scrivere di se stessi non è facile.
Scrivere di aborti è difficilissimo.
Perchè un'interruzione di gravidanza ti lascia stordita la prima volta che avviene, come uno schiaffo in pieno viso: non l'avevi proprio contemplata, mai avresti pensato potesse accadere.
Cominci a fare i conti con un fatto che non è naturale e poi tiri le somme.
O soccombi e rinunci, o vai avanti.
E parlarne ti rende vulnerabile, attaccabile.
E non solo.
Mettere nero su bianco un dolore, non è facile.
Vederselo lì, riga su riga, sviscerato fino al midollo.
Mica ti va sempre di guardarlo in faccia.
Io l'ho fatto.
Qui.
scrivendo fino allo stremo.
E imparando da chi, passando di qui, mi ha detto "non sei sola".
Da chi oggi è attraversato da questo dolore, da chi ha avuto la forza di raccontarmi la propria esperienza, da chi si è seduto accanto a me pur non conoscendo, ma solo ascoltando o tenendomi la mano.
Si sbaglia tra persone, io ho sbagliato molte volte. Ma ho chiesto scusa. Molte volte.
Ho pregato che le mie scuse arrivassero dritte al cuore.
Ho preteso, questo sì, perchè ho dato.
Ma ho più ricevuto.

E' per questo che sabato, quando ho incontrato Clara V, MissSunshine, Sandra e Nina, ho capito quanto normale fosse diventato il mio concetto di condivisione, perchè negli anni, e grazie a questo dolore, si era trasformato.
Eravamo lì, come sorelle, a raccontarsi a voce, parole che normalmente si scrivono, con semplicità e senza filtri.
Perchè eravamo davvero noi.
Non dei nick.
Per anni ho dovuto difendere davanti agli scettici, quelli che venivano etichettati come avatars, nickname senza volto.
Come può esistere un rapporto vero, se parte dallo schermo di un pc?
Mi è stato sempre detto.
Poi mi sono ritrovata sola.
Con i miei aborti.
E le persone che non si erano mai nascoste dietro lo schermo di un pc, si sono nascoste dietro le loro vite, il loro individualismo, non disposti ad accettare, a capire.
Perchè condividere non è un concetto virtuale, è un concetto reale.
Ma non è da tutti.
E così, noi sabato, eravamo le normali, senza filtri, senza schemi, senza dover recitare ruoli di personaggi, attori messi su scene tra reale e virtuale, confusa realtà, dove i confini si toccano e non si comprendono più.
Se le mani si toccano e gli sguardi si sfiorano, senza bisogno di spiegazioni, questa non è che una conferma, che se certe anime si incontrano, si incontrano per amore, non solo per sofferenza.
E l'amore che io ho ricevuto sin qui, è stato tanto, e sabato, queste donne me l'hanno dimostrato, con i loro sguardi e le loro mani e i loro sorrisi di solidarietà, di comprensione senza spiegazioni.


Grazie Nina, Agnese, Sandra, Pasquina.


Grazie a Simona, Raffaella, Daniela, Francesca Drake, Claire, Elle, Silvia, Alessia S., Giulia S, Valentina, Annatrilli, Paola, Tania, Manu, Ele, Annalisa, Silvia duearchitetti, Violetta, MargheritaChiara, FrancescaFiorenza, Adelia, MariaGrazia, Barbara, Erika, Marisa, Deborah, Speranza, Lupyblue, Violetta, Iris, MissOtna, Tiziana, Marica, Stefania Dal R., Jenisha, Sfolli, Cinzia, AntonellaVì, mammachemozione, Sirvia, Frida, Willy, Kiara, Stimadidanno, Ilaria, Mafalda, Igra, ilfruttodellapassione, Eva, LaSimo, Monica, Laura, Alice, Pitipum, Larospainciospa e tutte le donne che sono passate di qua…..

…e la mia Clara.

grazie per la vostra condivisione e la vostra storia, e perché, voi sapete perché.


domenica 17 marzo 2013

non è normale

Sono giornate piene.
Piene di emozione e di lacrime.
Sento il peso di questa responsabilità, che mi schiaccia e che non mi fa respirare.
Ho paura di sbagliare.
Ancora.
Corro avanti e indietro, cerco di fare tutto, di rispondere a tutte le domande, di incastrare tutti gli eventi, di occuparmi di chi mi gira intorno, di sorridere, di accumulare energia positiva, di superare gli ostacoli, fare finta che sia tutto a posto, che sia tutto normale, che io sia normale.
Che tutto il mondo gira per il verso giusto.
Che la vita, la vita è bella, intensa, fantastica, meravigliosa!

Poi.

Riprendi fiato.
E quando lo fai non ci riesci.
Non arriva l'ossigeno.

Durante una lezione di yoga, non sono riuscita ad assumere la postura giusta per la meditazione sul chakra del cuore. L'insegnante era lì ad aiutarmi ed io non riuscivo. Ero in una posizione di difesa.
Le mie spalle erano ricurve sul mio cuore, come uno scudo.
"non difenderti da te stessa, ci sei solo tu"
mi dicono.
Io non mi difendo da me stessa.
Mi difendo dal dolore.
Ho paura.
Di riprovare quelle sensazioni.
Di ri-obbligare la mia vita a fermarsi.
Come si fa a prendere in considerazione tutto questo? Come si fa a congelare la propria vita mentre tutto intorno il resto del mondo cammina?
Come si fa a chiudersi di nuovo in una gabbia, volontariamente chiudere le porte, e in silenzio attendere la vita, non la propria, quella di tuo figlio.
Avere paura di respirare e tenere le orecchie, tutti i muscoli tesi, immobili, silenzio, ascoltiamo se la vita c'è.
Ascoltiamo.
Shhhhhhh.
Silenzio voi fuori.
Non bussate, non chiamate, non urlate.
Lasciatemi sola.
Che devo capire se la vita mi cresce dentro.
Devo capire.
Devo capire.

Non è normale. Tutto questo non è normale.
Sto programmando una nuova gravidanza come fosse l'evento del secolo.
Che nemmeno l'elezione del Papa la supera.
Non è normale.
In cosa mi hanno trasformato questi aborti?
Una gravidanza dovrebbe essere l'evento più naturale per una donna.
Per me non sarà più così.
E più si avvicina il momento e più la paura si impossessa di me.

Poi però, certi raggi di sole, mi ricordano quei momenti di dolcezza infinita, quell'istinto, che viene da lontano, che mi ricorda come ero, chi ero quando ero bambina, quando tu eri dentro di me ed io non lo sapevo, quando eri parte del mio cuore.
E ora che le tue cellule scorrono nel mio sangue, e non vai più via, come faccio io?
Sono una mamma a metà. Sei dentro di me e non riesco a farti uscire di qua.
Mi costruisco castelli bellissimi per attrarti alla vita.
Mi ascolti?
Mi guardi?
Ci sei?
Dove?
Dove?
Dove?

che fatica.
Come faccio a tenere insieme tutti i pezzi di questo puzzle così precario.
Avrò mai una spiegazione?
"sei una persona di testa. Tu conti molto sulla tua testa. E tutto questo ti destabilizza, perchè non c'è niente di logico in questo."
Ed io che pensavo di aver aperto il mio cuore.
Col cavolo!
Ah bella!
Sai quanto bisogna lavorarci ancora?
Ma voi, voi che fareste? Non cerchereste una spiegazione?
Davvero posso solo aprire le braccia e aspettare in silenzio, orecchie e muscoli tesi?
Forse si.
Ma quanta forza avrò ancora?
La vita non sono solo io.
Intorno a me c'è altro.
E in questi mesi me lo sono ricordato.
C'è altro, oltre il mio desiderio egoista.
Ma non ce la faccio. Mi posso solo occupare dei miei figli, nell'attesa silenziosa di portarli alla vita.
E questa per me è un'occupazione gigantesca, che occupa tutta la mia giornata, senza interruzioni.
24 ore su 24.
E non è normale, lo so. Ma è così. Non posso fare diversamente.

lunedì 11 marzo 2013

figlia del suo Figlio



Stasera, ho bisogno di fermare i pensieri, e queste parole mi riscaldano l'anima e mi danno la forza e il perchè di questo cammino.

A volte dimentico la ragione per cui lotto ogni giorno.

A volte la paura e la sofferenza vincono sul cuore.

Non scrivo nulla, lascio alla lettura di questo post meraviglioso e ringrazio l'autore.

Dal blog http://lacapannadellozioblog.wordpress.com/

In ebraico e in altre lingue semitiche, come l’arabo e l’aramaico, la misericordia di Dio si esprime con la radice r-h-m, da cui il termine ebraico rahamim, plurale o accrescitivo di rehem, utero, seno materno. Sempre in questa lingua, quindi, misericordia ha il significato di “uteri”, al plurale, o meglio ancora di “grande utero”, un’unione infinita di tanti seni materni. Alla luce di questo, riesce più facile comprendere il passo in cui è scritto:
Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai (Isaia 49,15)
Di madri che si dimenticano dei loro figli, li abbandonano, li abortiscono, li sacrificano alla propria carriera, agli amori, al successo oggi abbiamo tanti, troppi esempi. Di altrettante madri che, involontariamente, feriscono, sbagliano e, in qualche modo, deludono sentiamo ugualmente parlare. In ultimo, tutti sperimentiamo o sperimenteremo un primo, un secondo, tanti distacchi dalla madre, dalla sicurezza e dall’affettuoso calore che ci proteggevano e ci circondavano prima di venire al mondo e nella prima infanzia. C’è il parto, il freddo, traumatico contatto con il mondo esterno, ci sono le luci al neon dell’ospedale e le tante persone che circondano il neonato, lo affliggono con mille controlli, lo schiaffeggiano leggermente per farlo iniziare a piangere e a respirare da solo, gli tagliano il cordone ombelicale; ci sono gli altri legami da tagliare, il primo giorno di scuola, l’adolescenza, la ribellione, l’uscita di casa per andare a studiare fuori e poi il matrimonio, la malattia, i capelli che divengono bianchi e i volti che si riempiono di rughe e di segni che tradiscono il passare del tempo che condurrà, inevitabilmente, all’ultima, definitiva separazione.
La vita non è priva di madri che dimenticano i figli, molto più spesso è piena di figli che dimenticano le madri e, ancor più frequentemente, di persone costrette – perché è naturale che sia così – ad imparare a camminare ogni giorno con le proprie gambe e a non poter contare più su qualcuno che ti aspettava al ritorno a casa, che ti riempiva di attenzioni e il cui mondo ruotava intorno a te.
In questo tempo di particolari e drammatiche incertezze, poi, siamo un po’ tutti attoniti di fronte a tanti avvenimenti, tanti abbandoni, mancanze e nostalgie. E’ come se l’umanità intera avesse paura, si sentisse smarrita di fronte agli eventi che stanno inevitabilmente marcando il momento storico nel quale ci troviamo. Da un lato, emerge la necessità, per ognuno di noi, di una maggiore virilità e di una più grande consapevolezza delle nostre responsabilità di adulti; dall’altro, la nostra povera umanità ci spinge sempre a guardare in su, anche se siamo cresciuti, verso qualcuno che è più grande di noi, verso occhi che ci rassicurino, occhi che siano più in alto rispetto ai nostri, proprio come quelli della madre quando eravamo bambini.
Penso che la misericordia di Dio sia proprio questo: uno sguardo dall’alto, delle braccia che avvolgono; una voce soave ma, allo stesso tempo, autorevole che spinge, conduce, indica, traccia il cammino da seguire e che incoraggia a non fermarsi; un grande utero che, nonostante, i mille difetti, i mille tradimenti della creatura che custodisce, nonostante le accuse di chi afferma che la nostra umanità sia indegna di vivere, di esistere perché difettosa, imperfetta, piena di handicap e di deformità, si rifiuta di abortire il frutto delle sue viscere, ma gli dona la vita gratuitamente una, dieci, cento, mille volte, lo chiama ad amare, a divenire grande come l’universo di cui, apparentemente, questo piccolo essere costituisce solo una parte infinitesimale e trascurabile. E, perché questo puntino ricordi di essere amato dall’Infinito, il grande utero che lo porta in grembo ne assume la forma e gli dona persino una Madre in carne ed ossa, quella stessa Madre che lo magnifica per averla tenuta nel suo grembo, ovvero per aver avuto misericordia di lei, sua serva, figlia del suo Figlio, cosicché anche quelli di noi che non hanno mai conosciuto la dolcezza di una mamma terrena possano essere certi di essere figli amati di qualcuno.

stamattina, Roma.
E noi, in attesa.

domenica 10 marzo 2013

Rinnovo, ancora, rinnovo.

...e stavolta è toccato alla camera da letto.
Un we dedicato nuovamente a pulire e dipingere.
Tenevo particolarmente alla pulizia di questo luogo, perchè è stato teatro di dolore e lacrime.
Perchè su quel letto ho sofferto, fisicamente ed emotivamente, perchè negli anni la sofferenza si era sedimentata, accumulata negli angoli, pesava sul mio cuore.
Ed io non dormivo.
Perchè sentivo quell'energia negativa prevalere sul mio cuore.
Se chiudo gli occhi, mi passano davanti tutti quei momenti. Tanti.
Avevo bisogno di rinascere, da dentro, da lontano.
Per rinascere davvero son partita da qui, dalla mia casa, teatro di tutte le situazioni più importanti della mia vita. Il cuore della mia famiglia, di una me stessa attaccata alle radici.
Il mio palcoscenico.
Sono quasi pronta.
La mia vita scorre e non è più ferma.
Non ho più la sensazione di immobilità che ha caratterizzato tutti gli anni di ricerca della gravidanza.
Chissà se questo significherà la resa incondizionata, la bandiera bianca, le scarpette al chiodo.
Chissà.
Chissà se invece mi darà quella forza che mi serve ora.
Più di tutte le altre volte.

Lavori iniziati

Il direttore dei lavori





 PURIFICAZIONE DELL'AMBIENTE CON LE ACQUE BIANCHE
 (per chi vuol saperne di più cliccare qui )



a lavoro finito ho acceso gli incensi

stanotte abbiamo (non) dormito qui, tra il divano e la tv, con un improbabile materasso gonfiabile!!!!!!!!

Risultato ottenuto, stamattina il sole entrava

Questa è Tea, la rosa viola piantata per il nuovo bimbo che arriverà e che oggi ha iniziato a germogliare!!



E lui è Nevischietto, il nostro quarto angioletto!
Anche lui ha iniziato a germogliare da pochi giorni
...diventerà un grande salice!




venerdì 8 marzo 2013

condizione di donna-mamma non riconosciuta

Post ad alto livello di ormoni emotivi

..che tanto ormai quelli comandano.
Non la mia testa, il mio cuore, il mio corpo.
Gli ormoni comandano.
A me è successo che dopo tutti questi aborti, la conseguenza più evidente è che i livelli ormonali si sono innalzati talmente tanto da fare picchi così elevati che potrei scalarli senza fatica.
E così non dormo.
Dormo male.
Mi pesa tutto questo fare finta che le cose sono normali, mentre intorno a me è tutto un  lievitare di pancia e nascite felici.
Ieri sera ero ad una cena dove erano presenti 4 bimbi fascia 7-11 anni: per fortuna, vedo e prevedo, ho saltato la mia lezione di yoga perchè sapevo che sarei stata risucchiata energeticamente da loro, ovvero, dai loro genitori inesistenti e assenti, e che avrei mandato sprecata la lezione, oro per me.
E così è andata.
Mi sono scoperta a provare una nemmeno troppo sottile rabbia di fronte a comportamenti di maleducazione inaudita, frutto di assenze comportamentali, di evidente fastidio quando i bambini interrompevano conversazioni inutili tra adulti, quando nessuno ha detto loro che se si buttavano in corsa su tavolini non occupati da noi, facendo cadere bicchieri di vetro, forse avrebbero dovuto chiedere scusa alla cameriera che tutta la sera ci ha servito, piuttosto che avere reazioni di rabbia e non tolleranza alla sgridata, come se, a dieci anni, la ragione e il mondo appartenesse solo a loro.
Ma va bene.
Se non voglio cacciarmi in situazioni in cui mi si può dire "tu non puoi capire perchè..." sto zitta.
Nemmeno quanto dovrei.
Vedevo mio marito fremere. Battere i piedi sotto il tavolo e ripetersi il mantra "nonsonoilloropapà-nonsonoilloropapà-nonsonoilloropapà-nonsonoilloropapà...."

E così via.
Così sarà per sempre.
Fino a quando questi figli cresceranno.
Poi si parlerà della loro università, delle loro scelte, delle loro amicizie, delle loro vacanze.
Perchè chi ha figli, ti ripete, con misto di compassione, che non è vero che nei nostri incontri si parla solo di figli. Si parla con cognizione di politica, cucina, teatro, lavoro.
Balle.
Genitori per sempre.
Non si rendono conto che la loro esistenza si appoggia a quella dei loro figli.
In tutto.
Ci si racconta che non è così, ma non è vero.
Si è genitori per sempre, ed è una condizione di default, si diventa modello-base, poi si può decidere di acquistare gli accessori, ma la base c'è, ed è scontata.

E noi non potremo mai capire davvero fino in fondo cosa significa, anche quando i bambini non chiedono scusa se rompono un bicchiere al ristorante.

Questa sin qui, la condizione di donna-infertile.
Perchè possiamo cantarcela, possiamo raccontare un sacco di altre cose, ma è la quotidianeità che ci viene sbattuta in faccia che scava, scava, e ti rende diversa.
Sono le cose piccole, quelle semplici, come quando scegli una pizza, e non la prendi piccante perchè una fetta la potrebbe anche mangiare il tuo bambino.
Capito? Pensiero di default.
Perchè sei madre.
E per quanto si possa dir di no, conti meno di tuo figlio, vieni dopo, anche se sei la peggior stronza del mondo.

Ecco.
Se poi aggiungiamo a questa condizione di donna-infertile, la condizione di donna-infertile-poliabortiva, il mix è scoppiettante.
Perchè vai a spiegarlo in giro che tu ti senti mamma come tutte le altre.
Spiegalo che però non hai mai allattato, anche se il latte, dopo un aborto, ti esce lo stesso.
Spiegalo che la tua pancia è cresciuta e che ha contenuto.
Spiegalo che ti sei sentita responsabile allo stesso modo della mamma che non prende la fetta di pizza piccante.
Spiegalo che tutti i giorni racconti quello che fai ai tuoi figli, ma che non puoi stringere contemporaneamente le loro manine.
Spiegalo che anche tu sognavi carriere universitarie e viaggi nel mondo.
E dialoghi per spiegare, che il rispetto dell'altro, del lavoro che fa, deve venire prima di ogni capriccio e gioco adrenalitico.

Non ho voglia di riaffrontare tutto.
Non trovo il coraggio.
E' tutto innaturale.
Nessuno mi dà certezza che stavolta sarà diverso.
Per quel che mi riguarda alla fine la mamma è già arrivata, ma il mondo non lo sa, la società nemmeno.
La prossima estate e autunno mi restituiranno nuovi pargoli ed io non potrò fare finta che non esistono, non potrò mettere in stand by il pc, cancellarmi da forum, attaccare il telefono.
Non potrò farlo perchè non è giusto.
Dovrò guardare negli occhi quei bambini e chiedere loro come erano i miei quando stavano lassù.
Dovrò parlarci per forza ed io non lo so se sarò pronta.
E se anche stavolta andrà male, mi annoierò anche a raccontarmi.
Ho scavato fino al midollo la mia esistenza, tirando fuori mostri e paure e gioie e positività.
Sono nuda.
Pulita.
Vergine.
Ma il ricordo non si cancella.
E' indelebile. Fortifica dicono. Preferirei essere una debole ora e non avere il ricordo di quel dolore.

La condizione di abortività ti mette di fronte al fatto che non si riesce ad accettare il fatto che i tuoi figli vengono concepiti ma non vivono.
E' un paradosso talmente grande che apre varchi impossibili da superare, baratri in cui sei risucchiata, che ti soffocano.
Sono una donna.
Sarò per sempre una madre di bambini mai nati.
Una madre non riconosciuta, senza il patentino.
Anche la mia è una condizione di default.
E forse bisognerebbe parlarne un pò di più.
Invece non è così, perchè guardare in faccia il dolore non è facile.
Ammettere un fallimento che non dipende da noi non è normale.
Sentire la vita e la morte contemporaneamente è da alieni, non è da donne.
Ecco.
Sono gli ormoni che parlano?
Già.
Raccontiamocela così.

domenica 3 marzo 2013

di accoglienza e accettazione



Ciò che in questo momento preciso della mia vita più di tutto ritengo sia importante è il tema dell'accoglienza.
Accoglienza e accettazione.
Ciò che più di tutto mi serve in questo momento per completare un puzzle che ho cominciato a comporre tre anni fa, all'inizio di questo cammino.

Ieri sera ho incontrato alcune persone che non fanno più parte della mia vita da molto tempo, ma che erano per me i miei più cari amici.
Non scrivo con rancore.
Non scrivo con risentimento.
Ho preso atto di una situazione, una conoscenza, una realtà che prima di oggi non riuscivo a scorgere.
Prima di oggi il sentimento prevaricante era di disagio. Un disagio latente, sottile, che non mi faceva quadrare alcuni conti, che a somme tirate faceva mancare sempre quel qualcosa che mi sfuggiva.
Mi dicevo che era tutto normale, che le cose dovevano andare così.
Che ero io a sbagliare e che quel senso di smarrimento era momentaneo e legato magari ad una situazione, un fatto accaduto, un dramma, una colpa.
Mi sfuggiva però la visione globale del tutto.
Quel senso di disagio si è poi trasformato in distacco, mascherato da altro.
Mi dicevo che i fatti accaduti nella mia vita, mi ponevano in una posizione di svantaggio che, ritenevo essere non imparziale rispetto ad un giudizio che invece, secondo me, tale doveva essere.
Ieri sera ho rivisto queste persone, e quel disagio si è trasformato in differenza. 
Non era disagio, io sono differente.
Lo ero da sempre, ma non lo sapevo.
Cercavo di essere una persona che non ero, per essere accettata, ma oggi che la parola accettazione ha preso ben altro significato nella mia vita, riesco a ricollocarmi in una situazione vissuta, vivendola diversamente.
Le parole entravano ed uscivano dalle mie orecchie, senza fermarsi per il cervello. Sfoderavo sorrisi di circostanza, non lasciando indietro espressioni di intesa con il mio compagno, che comprendeva ogni singolo mio pensiero, pur non incrociando il mio sguardo.

Due alieni calati in un mondo che non ci appartiene più.

Ieri sera, ricontestualizzando una me stessa in un passato vissuto e un presente mai cambiato, ho riconosciuto una Anna completamente cambiata, profondamente diversa da come era e mai più disposta a tornare indietro.

Ciò che mi è accaduto ha cambiato per sempre la mia esistenza.

Poteva non succedere.

Potevo lasciar scivolare tutto questo e vivere la mia vita, sì con dispiacere per i fatti accaduti, ma etichettando il pacchetto come normale, come un qualcosa che poteva succedere, è accaduta, e per questo nulla potevo fare.
Potevano andare così le cose.
Ma non sono andate così.
Il cambiamento epocale che è iniziato dentro di me, la prima volta che ho perso il mio primo bambino, ha scavato negli anni fino a riportarmi ad un'esistenza diversa, una rinascita.
Potrei sembrare sempre la stessa ad occhi non attenti, ma non è così. Uno sguardo più fermo può accorgersi di quanto la mia espressione si sia trasformata e quanto il mio io sia diverso da quello all'inizio di questo cammino.
Ecco perchè mi è caro il tema dell'accettazione oggi.
Durante un incontro spirituale a cui ho partecipato giorni fa, si è parlato di questo, ci si è soffermati di fronte al fatto che ognuno di noi almeno una volta nella vita, ovvero al momento della nascita, è stato accettato. I nostri genitori sono stati felici di incontrarci per la prima volta, hanno gioito della nostra esistenza, in molti casi lo hanno fatto da prima della nostra nascita, sin dal primo momento in cui si è compreso che eravamo stati concepiti.
L'essere accolti ci dà il biglietto di ingresso per la vita.
Non essere accolti, accettati, ci rispedisce ad una condizione di inesistenza, di orfani.
Ho pensato molto a tutti i figli non accettati, a tutti i nati e poi morti perchè non accolti.
Ho avuto modo di conoscere da vicino, perchè conosco la persona che l'ha soccorsa,  la storia della ragazza romana che, dopo aver partorito in bagno, ha portato suo figlio in giro per la città in una busta.
Penso a questi figli.
A loro nessuno ha dato la green card per stare al mondo.
Penso ai miei figli, mai esistiti se non nel mio cuore.
A quanto mi hanno aiutato prendendomi per mano e portandomi dove sono ora, di nuovo all'inizio di tutto, non più disposta ad essere quella che non sono, non più disposta a sopportare un disagio non riconoscibile, non più disposta ad essere ricollocata in contesti di non accettazione, di me stessa e del mio pensiero. Oggi gridato a voce alta.

Loro hanno dato a me la carta di identità per essere accolta nel mondo.

Penso a quanto  una condizione così drammatica di abortività poteva cambiare la mia vita in peggio, facendomi vivere solo il brutto di tutta la faccenda.
Mi è stata data un'occasione, potevo non coglierla.
I miei figli mi hanno allungato la loro mano e mi hanno tirato.
Io ho avuto modo di conoscere molto più che prima, e a fondo, una situazione, un modo di vedere la vita, che ricercavo ma che non riuscivo a vedere.

Leggo di molte madri che fondano la loro esistenza su quella dei loro figli e che si interrogano di quale vita poteva esserci senza di loro.
Io son dovuta partire al contrario.
Ho dovuto chiedermi come sarebbe stata la mia esistenza e la conoscenza di questa me stessa, se loro oggi fossero stati qui.
Devo rivolgere a me stessa delle domande, dicendomi che, sì, il senso della mia vita è ora e adesso anche se loro non ci sono. Ma non perchè devo convincermi di questo, ma perchè il risultato del cambiamento è davvero questo.
Questo è il mio personale senso della vita.
Questa è la mia accoglienza verso i miei figli.
L'accettazione di me stessa che porta a loro.
Non è cosa da poco.
Eppure tutto ciò mi sembra una grande occasione di vita.
Una enorme occasione di vita.


E questo non può non generare che altra vita.


postilla delle ore 23.00
il mio migliore amico questa sera ci ha detto che è incinto.
il mio migliore amico, non la mia migliore amica.
dunque all'appello mancava solo lui.
ora il cerchio si chiude.
Sono stati concepiti tantissimi bambini insieme ai nostri. Tantissimi.
Tutti questi bambini hanno tenuto per mano i miei e li hanno conosciuti.
Quando i miei erano già desideri fatti carne e loro non erano nemmeno pensieri nelle menti dei loro genitori.
Nasceranno tutti insieme e saranno uomini e donne, quello che i miei non saranno.
Non so ancora gestire tutto questo.
E' così innaturale che io debba ricercare una logica in questo.
Così innaturale....



e poi ci siamo messaggiati, dopo, da soli, ognuno dalla propria casa...
"...Il giorno che ho visto questo nocciolino pulsare sono rimasto ammutolito... Non sapevo come ringraziare la vita...... Oggi capisco ancora di più quanto il vostro sforzo sia motivato. Prego affinché possiate coronarlo al più presto."