mercoledì 26 febbraio 2014

Radici

Dovete imparare ad arrendervi
alla vostra consapevolezza più elevata.
Se prima non imparate questo,
potrete anche conoscere tutto quello che c'è da conoscere
al mondo sul misticismo e la spiritualità ,
ma non raggiungerete
alcun risultato.
(18/09/1971 yogi Bhajan)



In questi giorni è andata in onda sulla RAI una fiction che racconta la storia del Maestro Manzi, il maestro d'Italia.
Per noi, per la mia famiglia, Alberto Manzi è uno di casa, un parente, un amico. 
Per il papà di mio marito, Manzi è stato dapprima un insegnante, poi padre, fratello, amico del cuore, e poi collega. Insieme hanno scritto libri per bambini, insieme hanno organizzato incontri, impostato lavori. Manzi ha presentato la sua futura moglie a mio suocero, che lavorava nella casa editrice che pubblicava i loro lavori, Manzi è stato il loro testimone di nozze, quel lontano ottobre del 1969. Si può dire che,  se crediamo alla storia e ai suoi incastri, ad Alberto Manzi devo tutto, perchè è anche grazie a lui che poi è nato mio marito ed io ho potuto unire la mia vita alla sua.
Ci siamo molto emozionati nel vedere la fiction, anche perchè contemporaneamente, è uscito anche un libro su di lui, scritto in parte da mio suocero. In verità, le cose sono andate che, una settimana prima della morte di mia suocera, una persona, che era un ex compagno di classe di mio suocero, ci ha contattati per chiedere collaborazione nella stesura di questo libro, e così, quello che era, per la famiglia di mio marito, diventato un ricordo, è diventato poi un appliglio per non annegare nel dolore.
Ancora una volta Manzi è diventato protagonista, inconsapevole, della storia della mia famiglia.

Ho un peso nel cuore.
Quel peso che più di tutto è difficile da sostenere.

Anche mia nonna materna era un'insegnante. Io porto il suo nome, dopo la virgola, e ho conservato i suoi quaderni, i suoi libri, i sussidiari. Mia nonna era una donna che lavorava in epoca fascista, in un paesino piccolo vicino Roma. Una donna con quattro figli e tutto un mondo da tenere insieme e caricarsi da sola sulle spalle. Non l'ho mai conosciuta, ma la sento dentro di me da sempre. Forse proprio per quel suo nome dopo la virgola, che da quando sono nata mi appartiene.

Le mie radici mi appartengono.
Sono quella che sono, grazie a loro. 
Convivo da sempre con questa consapevolezza, che per me è naturale.
Il mio passato, le persone che hanno contribuito alla mia esistenza, sono presenti in me e si apparecchiano a tavola ogni giorno con noi, in una sorta di benevola convivenza.

Non riuscire a dare continuità alle mie radici è il peso che oggi più di ogni altra cosa è difficile per me, sostenere.
Sapere di avere un potenziale nonno-insegnante in grado di trasmettere ad un bambino tutto l'oro del mondo, molto più di quel che sanno fare oggi la maggior parte degli insegnanti, sapere di poter avere a disposizione la possibilità di crescere una persona ricca, educata alla consapevolezza, sin dalla sua nascita, e non poterlo fare.
Sento tutte le persone che mi sono appartenute intorno a me, e Manzi in questi giorni me lo ha ricordato pur non avendomi conosciuta, guardarmi, guardarci.
Sento la mamma di mio marito che è qui, al nostro fianco. Ricordo perfettamente l'odore della sua pelle e il tono della sua voce, quando era arrabbiata, quando era felice, quando voleva consolare.
La vedo con la mano appoggiata al suo volto e vorrei averla qui, negli occhi di questo figlio che non c'è.

Quanto è facile guardare in faccia una donna senza figli e darle consigli non richiesti, come se l'unica cosa importante al mondo possa essere davvero solo il desiderio di quella donna e non porsi mai altre domande, altre implicazioni, oltre quel desiderio di figlio.
Quelle implicazioni chiamate radici, che tanto mi danno, ogni giorno.
Mentre io, mio malgrado, riesco ad offrire solo queste mani vuote.

sabato 22 febbraio 2014

Così come sono.

Sarò schietta.
A me il mondo fatto di glitter, stelline e cuoricini di certi siti, non è mai piaciuto.
I blogs che accolgono uno stile così, non mi interessano, i loro autori tanto meno.
Non leggo i migliori  delle classifiche di gradimento. C'ho provato in passato, giuro. Poi mi sono stufata. Non mi arricchiscono, non ce la faccio, proprio non mi interessano. Senza dubbio sono una che si annoia presto e sono incostante, per carità, questo lo ammetto.
Trovo però che in giro ci siano tantissime cose ben fatte che val la pena di seguire senza tanto clamore: un sacco di gente che disegna in modo sublime e si racconta per immagini, tanta gente che fa il mio lavoro (l'architetto intendo, non la blogger) descrivendo la passione che ha senza piegarsi ai cliché degli articoli shabby chic che l'ultima moda detta.
Ci sono persone vere che si raccontano profondamente, e si capisce subito. Lo capisco da quanto poco è curata la grafica del loro sito, con questo non voglio dire che il sito non è gradevole, ma è chiaro che non è una presentazione, la loro, paracula, accattivante, che ti strizza l'occhiolino per accalappiarti e farti tornare poi a leggere alla volta successiva. Si capisce che ci sono persone a cui va di raccontarsi, perchè scrivere e scrivere in pubblico, senza chiudersi tra le quattro pareti virtuali del proprio pc, fa bene a tutti, ma che se un giorno succede che ti rode e non scrivi, oppure ci butti dentro due parolacce, va bene lo stesso.
Quelle persone non sono bloggers.
Sono persone.
Sono le stesse che pensano sia normale indossare il cappotto dello scorso anno e non rendersi conto che quest'inverno il vero must è il giaccone di piuma d'oca.
Sono persone distratte da quelle che dovrebbero essere le regole per farsi leggere, a cui interessano i commenti, ma per crescere e confrontarsi.
Ci sono persone che non contano.
Non mettono in fila le parole, non si segnano opinioni.
Sono quelle persone che camminano silenziose, costruendo.
Senza chiedere agli altri cosa ne pensano delle loro invenzioni di vita. Accolgono consigli  e li elaborano, poi mixano tutto e affrontano, in maniera critica, l'argomento.
Non chiedono. Non pretendono.
Non giudicano.
Raccontarsi in un blog è come raccontarsi nella vita reale.
Si sceglie come farlo, per come si è, per quello che si può fare.

Io ho cercato sin qui di farlo raccontando una vera verità, la mia.
Senza paillettes e  senza edulcoranti. E non perchè faceva piacere a chi mi leggeva, ma perchè faceva piacere a me che scrivo per me, pubblicamente sì, ma perchè sapere di essere letti mi mette in una posizione di nudità. Non ci sono scuse. Sei quello che scrivi e quello che si vuole leggere di me. Questo fa crescere e il mio è stato sin qui, un interessante esperimento di crescita.

Sono stata criticata per aver scritto tanto qui.
Sono stata anche amata per aver scritto così di me, qui.
Nessuno mi obbliga a farlo, quello che mi ha sempre mosso è sempre stato esclusivamente una roba egoista.
Ma mi piace sviscerare le situazioni, i pensieri, i sentimenti.
Il rischio è sempre lo stesso, quello di essere fraintesi. Ma se si decide di scrivere nudi, non è che poi se piove all'ultimo momento si può rimediare una mantellina.
Mi bagno.

Però non è sempre facile.
Io lo so che a volte mi parlo addosso. Lo so che posso dare la sensazione di girare intorno al vuoto.
Ma il vuoto vero non sono le mie parole. Il vuoto vero è tra le mie mani, per quanto io possa raccontarmi cose diverse.
Io lo so.
Non è mica necessario ricordarmelo. Sono piuttosto obiettiva, nonostante mi si dica che il dolore può non rendermi tale. Ho coltivato una buona dose di razionalità nel tempo, quel tanto che mi ha permesso, credo, di leggere con lucidità cosa mi accade.
Io non sono una persona con tante certezze. Mi faccio tante domande perchè cerco risposte.
Le mie sicurezze me le sono costruite con il dolore. Un tempo no. Un tempo ero più in balìa dei giudizi, delle situazioni. E non è facile certo raccontarsi girando intorno a un vuoto.
Una persona vera è vera proprio perchè si è dimenticata di truccarsi quella sera e ha una scarpa di un numero diverso dall'altro. Può essere guardata male dal pubblico in sala, però all'inizio dello spettacolo c'è arrivata comunque puntuale.


So quali sono le parole che possono far raggiungere i numeri per i massimi ascolti, ma non è così che la vita funziona.
E quindi, continuo ad essere sempre convinta che non sono i nostri figli il nostro alibi. 
Prima o poi, i conti con noi stessi li dobbiamo pur fare e allora, bisognerà vedere cosa troveremo.










martedì 18 febbraio 2014

Sei immune alla gravidanza?



“Qualora la gravidanza garantisca vita sicura del feto, perché la gestante protetta si rafforzi per affrontare un facile parto, deve bere dittamo e mangiare lumache…” Lucrezio IV (libro De rerum natura)

Non è una domanda qualsiasi. È una domanda che ogni medico di fronte ad una storia complicata di infertilità e abortività, dovrebbe porre e dovrebbe porsi.

Brutta domanda.
Io me la sono fatta un sacco di volte.

Sarò immune alla gravidanza? Cioè, il mio corpo sarà nemico dei miei figli? Guardate che lo so perfettamente che il passo da qui a pensare che è tutta colpa mia è brevissimo, ma non mi importa. Cioè mi importava, ora no. Ora ho acquisito quel necessario auto-cinismo che mi consente di andare avanti come un caterpillar senza per questo incolpare me stessa per quello che è stato.

Ma non è mica sempre così.

Alcune donne si sentono espropriate, si ribellano, cercano di trovare un colpevole e sprofondano nel dolore e nella depressione prima di cominciare ad elaborare un lutto indispensabile. Secondo Freud, ” il lutto è una reazione straordinaria dolorosa che richiede un lavoro fisico intenso”.
A seconda delle donne e della storia della loro gravidanza (fecondazione assistita o altri aborti), questo periodo sarà più o meno lungo.

A me è accaduto fino al mio secondo tentativo di fecondazione assistita andato male, poi mi sono fermata. Ho dovuto elaborare quel dolore. Questo è il momento in cui io sento che il dolore si sta sedimentando, forma un livello di crescita in me, ed io riesco ad andare avanti. Ho poche cadute sulla strada per ora. Ne ho avute tante in passato. Adesso mi risulta più facile analizzare i contesti e le persone che mi circondano e questo mi consente di essere più lucida e meno propensa agli attacchi, anzi no, direi meno tollerante agli attacchi e i giudizi esterni.


Per molte donne l’aborto spontaneo è un argomento sconveniente, anche se è qualcosa che capita spesso. E’ una perdita fisica, la gravidanza e l’embrione sono persi, ma anche simbolica: la realizzazione del desiderio di avere un bambino è minacciata. 
L’aborto spontaneo provoca lo stravolgimento di un certo status sociale.
Molte volte ho vissuto la scena che davanti a me una donna, conoscente o il più delle volte amica, con il test di gravidanza positivo in mano, acquisiva quello status sociale da me tanto desiderato e poi prendesse il volo.
Quante volte mi sono vista davanti a me volar via quelle donne panciute, gongolanti in tutta la loro pienezza, fiere di quello status, incuranti del resto.


L’altro giorno ero all’ikea (è un posto che mi distrae, vado sempre all’ikea invece che dal parrucchiere quando sono depressa, e che volete fa’? sono pur sempre un architetto, abortivo, ma non di tutti i miei progetti) e mio marito mi dà una gomitata. Io faccio giusto in tempo a scansarmi che quasi vengo investita. Mi giro e una coppietta di venticinquenni? (ventisettenni massimo) mi passa a fianco: lui spinge un carrellone di quelli che Ikea mette a disposizione per i mobili grandi, lei sta sopra con una risata assordante e acuta e si spingono tra la folla, provocando non poco disagio. Dietro due, quattro esseri umani del tipo adulto, presumo i loro genitori, ridacchianti anche loro. Lei ha il pancione.

Questa allegra combriccola De’ Noantri (*Festa de’ Noantri: nota festa trasteverina ) portava in processione la propria Madonna in mezzo alla folla di un centro commerciale, incurante di vecchi, anziani e passeggini, nonché di abortive in cerca di distrazione, ribattendo alle proteste che la biondina aveva il pancione, dunque, andava portata su un carrello per mobili, starnazzando, appunto, il suo status sociale.
Come fosse un diritto.

Le stavo facendo una foto, ma la mano di mio marito mi ha fermata (era forse la mano dall’alto che me lo ha impedito, così da evitarmi confessioni piene di sensi di colpa?). Ho strizzato gli occhi e ho detto sotto voce un paio di paroline non ripetibili e che stanno male in bocca ad una distinta signora come me e sono andata avanti.

Ma perché dico io.

Perché non ti fai una domanda? Davvero la tua pancia spinta in avanti in mezzo alla folla, con la spavalderia e l’arroganza di chi può tutto, ti fa sentire così sicura di te?

Cosa racconterai un giorno a tuo figlio? Ma tu, parlerai con tuo figlio?


Io, sono immune alla gravidanza?

Forse si allora.

Forse parte tutto da qui.
Se io avessi quella pancia, il sentimento che più avvertirei sarebbe quello dell’umiltà e quello della gratitudine.
Mi sentirei al servizio del miracolo che mi è stato affidato.

Mi sentirei il veicolo, solo il mezzo per portare qui su questa terra, una vita.

Non sentirei che quella vita è solo mia, ma è Creatura del mondo, lontano dal concetto di possesso, desiderosa di fare il massimo per dare a quella vita le stesse possibilità che ho io di stare qui, oggi, in questo negozio, a pensare che va bene, va bene così e che se le cose sono andate in questa maniera una ragione davvero ci sarà.

E sarà quella che sto ora faticosamente accettando, cercando di venirmi incontro, cercando di conoscermi.

Sono io che spingo me stessa in avanti tra la folla.

Non metto la mia pancia vuota o abitata, avanti. Non ho uno status acquisito. Sono solo io.

Senza alibi.

Perché i nostri figli, non potranno mai essere il nostro alibi.

Di questo, ne sono certa.






Questo post è stato pubblicato nella rubrica Diversamente Fertile in Le Nuove Mamme e potete leggerlo qui

venerdì 14 febbraio 2014

intensamente

Mi telefona mio suocero e mi dice:
"auguri!"
 Ed io con il mio solito cinismo rispondo:
 "perché?" 
E lui: 
"come perché !! Non sei innamorata? Allora auguri. Io sono sempre innamorato, anche ora che mia moglie non c'è più. Mi dispiace solo che non posso farle più le sorprese che le facevo il giorno di San valentino, perché lei ora è sempre accanto a me, e vede quello che faccio." 
Ora, come dicono a Roma, 
metteteci una pezza.

Sono rimasta con la bocca aperta e mi sono appoggiata alla parete del bar dell'ospedale, dove ero entrata di corsa con l'impellente esigenza di divorare un cornetto dopo il digiuno post analisi.
E così mio suocero, entra a pieno diritto nella top ten degli uomini più romantici che io conosco.
E già che ero in quell'ospedale, e in quel bar con il ricordo che spingeva in gola e le lacrime che stavano lì lì per spuntare.
Mi capita così.
Che in quell'ospedale ci sono stata per tantissimi motivi prima delle mie ultime gravidanze, e motivi seri, gravi, due ricoveri con interventi chirurgici al fegato, pronti soccorsi vari, a me e ai miei cari, la mamma di mio marito anni fa per un'embolia, i miei zii che non ne sono usciti mai, mio fratello operato in urgenza nel cuore della notte, dovrei odiarlo quel posto...eppure.
Eppure ora mi prende che se torno lì sorrido, sorrido perchè il mio ricordo vivo e presente è quello di quando aspettavo e andavo lì per ritirare le mie betaHCG al cardiopalma e poi andavo in quel bar.
A mangiarmi quel cornetto.
E dovrei avere brutti ricordi, che sono stati più brutti che belli. 
E invece proprio no.
Mi ricordo i pianti in corridoio dentro il laboratorio analisi dopo aver ritirato i risultati delle beta dopo l'ICSI. Ma quante beta positive avevo avuto fino a quel momento? Parecchie.
Eppure ricordo perfettamente quel momento bellissimo. Mi basta chiudere gli occhi e rivedo come ero vestita e la luce, nonostante la pioggia, di quel giorno.
E ricordo, la precisa sensazione di cosa provavo sentendo la mia pancia abitata.
E mentre mi appoggiavo a quella parete stamattina, con il telefono in mano, ho risentito precisa e nitida quella sensazione bellissima che pensavo di aver dimenticato per sempre.

Che è l'aver vissuto intensamente certe cose, che ti rende vivo.
Se respiri senza consapevolezza poi cosa ti rimane dopo?
Se mio suocero non avesse amato sua moglie con così tanto lucido e consapevole amore, come potrebbe oggi vivere senza di lei? Eppure vive, ancora di più, nel suo amore, con lei.

Se non avessi vissuto con tanta intensità tutte le mie gravidanze e amato ogni luce che si è accesa nella mia pancia, ogni speranza, quella luce che tanti non chiamano vita, che non considerano anima, come potrei oggi continuare a respirare, amando?


Buon San Valentino a voi che amate e non rinunciate mai a farlo.



martedì 11 febbraio 2014

...ciò che è già dentro di me.

Oggi non è un giorno di rabbia, nè di delusione.
Un nuovo tentativo è andato via, con l'arrivo di un altro ciclo.
Oggi mancano esattamente due mesi e poi mio figlio mi conoscerà come una mamma quarantenne.
Oggi:
"L'anima è neutrale, la mente è vibratoria, e il corpo è la macchina
d'azione. La direzione è la vita. Qualunque sia il cammino verso cui volete
andare, potete farlo. La questione è: volete ridere o volete piangere?

 Ciò richiede esattamente la stessa quantità di energia. 
Volete insultare o volete lodare? Ciò richiede la stessa quantità di energia. 
Volete essere depressi o volete essere felici? 
Ciò richiede esattamente la stessa quantità di energia".
(yogi bhajan)


E allora, oggi non c'è rabbia nè delusione nè sconforto.
La situazione sta cambiando, il mio cuore non ha bisogno di proclami, manifesti, nè di categorizzazione .
Non sono gli altri che devono darmi la soluzione, nè dagli altri posso pretendere quella comprensione che tanto ho cercato e per tanto tempo. Tutto dipende da me, dal mio coraggio di voler andare avanti.
Oggi è arrivato il ciondolo di Ciao Lapo Onlus per la sottoscrizione annuale.
Questo ciondolo rappresenta una donna con all'interno il suo bambino. 
Una volta, all'inizio di questo cammino, portavo al collo la bola chiama angeli, che ora va tanto di moda e che spesso ho regalato a tante mie amiche. Quella bola ha suonato con il suo tintinnio per ogni angelo che è arrivato. È consumata, liscia. 
Oggi, è riposta in fondo ad un cassetto e non suona più. 
Oggi il mio ciondolo è una donna che contiene il suo bambino, perché io non chiamo più i miei angeli, io li contengo.
Sono dentro di me per sempre, sono il mio sangue.
Come quello di stasera, l'ennesimo, come un fiume in piena, che si libera dopo tanta pioggia, e rompe gli argini, inonda le terre intorno.
Ecco perché non sono arrabbiata ogni volta che l'attesa si spezza mensilmente.
Perché so che è solo un momento, una pausa.

Io attendo ciò che è già dentro di me.

E non è poi così male, vista così.





venerdì 7 febbraio 2014

Rispetto

C'è un motivo per cui sono diventata così silenziosa, e non è perchè ho rinunciato al mio sogno, ma perchè parlarne (non qui, fuori di qui) mi annoia. Ho acquisito una sorta di condizione superiore, che fa sì che io ritenga di dare "perle ai porci" ogni volta che racconto delle mie esperienze.
Credo di aver contribuito al concepimento di un certo numero di bambini, nell'inconsapevolezza dei loro genitori, sia chiaro, non è che io mi senta Dio improvvisamente, ma ci sono state situazioni in cui la mia personale esperienza ha contribuito a rendere più consapevole il potenziale genitore, tanto da indurlo a porsi delle domande.
Cosa rara.
In realtà la gente mi sconvolge sempre di più, perchè il non porsi delle domande non è che è solo per quel che riguarda questo campo: non ci si pone nessun problema per nessuna situazione. Si accettano gli eventi senza spirito critico. Spenti.
Ma va bene, non divaghiamo. A noi interessa il campo procreativo ora.
Dicevo, ho conosciuto coppie a cui  propongono la pma e non si chiedono minimamente in che cosa consisterà. Accettano senza farsi domande.
Ora, da qui a farsi i pipponi che io a mio tempo mi sono fatta, per carità, magari c'è una via di mezzo, ma farsi prescrivere la roba che ti spari in pancia, senza sapere che cacchio è, no, scusate ma non va bene.
E vogliamo dirci che è meglio non sapere così non ci agitiamo?
Può darsi.
Però a me rode lo stesso.
Insomma, qui non è che si sta parlando di buttar giù un pò di echinacea per il raffreddore. Possibile mai che non ti interessa sapere cosa stai per fare? In che cosa consiste quel meraviglioso procedimento in cui, la mano dell'uomo interviene, collaborando con Madre Natura in un processo di creazione talmente sconvolgente da lasciarti senza fiato?
Due delle coppie in oggetto, fanno pma nel mio centro: una di loro ha avuto il bambino quindici giorni fa. La seconda farà ICSI+preimpianto. La coppia numero 1  ci ha detto che non voleva sapere niente di quello che sarebbero andati a fare perchè si agitavano, la coppia numero 2 non si pone proprio la domanda, non fa la scelta, esegue e basta, e alla mia domanda "ma perchè preimpianto scusa?" la risposta è "boh, ce l'ha detto il gine di farla", e conosco perfettamente i problemi procreativi e il passato di queste persone, nonchè il gine, altrimenti non mi sarei permessa di chiedere.
Comunque, per carità, ognuno è libero di scegliere, però che ne so, a me sconvolge abbastanza questa cosa di non voler sapere per paura, mi sembra un non volersi assumere delle responsabilità.
Dove volevo andar a parare?
Da nessuna parte fondamentalmente, ma che ne so, ci stanno dei periodi in cui mi rode di più?  E allora li fermo.
La verità è che sono sicuramente più intollerante in questo momento della mia vita e per l'appunto, una volta spiegavo, raccontavo, condividevo, oggi no. Oggi mi girano talmente tanto che la mia esperienza me la tengo per me.
Come l'altro giorno che ho voluto riincontrare una mia ex-intima-vecchia amica dell'università. Boh. Che io mi devo ricordare ciclicamente perchè non frequento più alcune persone, che me lo dimentico, 'nnaggia a me.
La tipa, a parte che non mi chiede come sto, manco se mi metto in ginocchio. Non mi chiede degli aborti, di come mi sento, di cosa ho provato in questi anni, di cosa sto pensando di fare ora. Poi allegramente, alla mia domanda se sua sorella sta pensando al secondo, mi risponde che anche no grazie. E chiedo come mai. E mi risponde che non è una scelta alla sua età. E io le dico che mi ricordo che non è vecchissima, un anno più di te mi sembra no? E lei, appunto. Guarda che fare un figlio a quarantanni mica è una passeggiata, guarda che è faticoso eh. No ma figurati a questa età un figlio!
Fingo indifferenza.
Intanto dentro mi rompo tutta.
No dico, te lo ricordi stronza che non sei altro, che io tra due mesi compirò quarant'anni?
No dico, te lo ricordi che ho avuto un sacco di aborti e mi hanno aperto in due mentre mi dissanguavo?
E che va bene essere realisti!! Ma non si fa! Ecchecccavolo. Non si fa!
Non si dicono queste cose ad una poverina che sta lì con la bocca appesa.
Che poi mi si sconvolge la tipa, perchè crede che "il gruppo" non c'è più e non siamo più quelli di una volta.
E no!! no che non c'è più il gruppo !!!
Abbiamo avuto sei gravidanze interrotte e un'operazione durante la quale a momenti ci lascio le penne, abbiamo affrontato una pma che si è conclusa con una gravidanza a tre mesi con raschiamento, poi è morta la mamma di mio marito, così, senza un vero senso e noi siamo piombati nel buio più assoluto e nessuno e dico nessuno del gruppo, ha alzato la cornetta del telefono solo per dire "mi dispiace". 
Che ci si può dire un sacco di cose, che non si sa affrontare il dolore, che non si sa cosa dire, ma un mi dispiace non si nega a nessuno, nemmeno agli sconosciuti.
Allora, qui non si tratta di empatia, si tratta di egoismo.
Non si tratta di "ma tu lo sai cosa è successo a me intanto?" no, non lo so, ma perchè non me lo hai detto nemmeno quando te l'ho chiesto.
Mentre io si. Io ho detto tutto. Io ho raccontato tutta la mia vita fino al tentativo della pma. Qui e fuori di qui. Mi sono messa a nudo, anche con chi non gliene fregava palesemente niente.
Allora no.
Io non ci sto che mi si venga a dire che non chiamo per l'ennesima nascita del bambino degli amici.
Perchè i miei bambini non nati non hanno meritato nemmeno una telefonata.
Una volta ero arrabbiata.
Oggi no.
Oggi mi devo solo ricordare ciclicamente il perchè non frequento più alcune persone.
Perchè poi alla fine me lo dimentico. E si vede che non covo rancore. Ma poi mi dici che io sono una vecchia, beh allora procedi per la tua strada, amica.

L'altra notte ho fatto un sogno.
Ho sognato di avere l'ennesimo neonato in braccio. 
Piangeva perchè aveva fame e io sapevo che dovevo allattarlo.
Ci provo ma niente.
Ci provo ancora e vedo uscire del liquido dai miei capezzoli. Latte.
E il neonato riesce a mangiare e si calma.
Io comincio a piangere dall'emozione per questo evento.
Lacrime di felicità, di gioia pura per essere riuscita a compiere un atto naturale ed istintivo.

E allora il punto è che, possiamo fingere di fare altro, impegnare la mente in cose bellissime, occuparsi la giornata, fare nuove amicizie, viaggiare, andare in palestra, lavorare per dodici ore, ma per alcune donne il  riprodursi è la cosa più naturale del mondo, il non riuscire a farlo è un dolore profondo.
E' quanto di più innaturale possa esistere.
E lo si può accettare, se si fa un discorso legato alla natura, oppure no, ma l'istinto rimane. Quello non si può mettere a tacere.
E il dolore è profondo.
Sconvolgente.
Innaturale.
E per questo, ci vuole rispetto.
Tanto rispetto.