lunedì 30 dicembre 2013

Un giorno ti ho sognato.

Due giorni fa ho sognato di aver avuto un bambino.
Piccolo piccolo.
Un maschio.
Lo tenevo in braccio.
In realtà questo bambino aveva un gemello, ma quest'ultimo non era nato vivo.
Non ce l'aveva fatta. Io non soffrivo per questo.
Lo davo per scontato.
Poi tenevo questo piccoletto e ad un certo punto lo attaccavo al seno per allattarlo.
Un gesto normale per me. Spontaneo. Innato.
Una sensazione precisa. Nitida. Conosciuta.
Lo cullavo e lo allattavo dicendogli di rimanere e non andare via. Ma era già nato.
Perchè mai sarebbe dovuto andare via?
I miei figli non sono mai nati, perchè il destino dovrebbe portarmi via un figlio nato? Perchè la paura ha continuato ad abitarmi pur sognando un figlio vivo?

Comunque, queste sono state domande che mi sono posta da sveglia.
Il resto, tutto il resto, è stato meraviglioso. Meraviglioso perchè la sensazione era talmente forte e naturale che non poteva non farmi bene: stringevo le sue mani, accarezzavo la sua pelle, e i suoi pochi capelli. Lo osservavo succhiare dal mio seno.

Vorrei scrivere:
Un giorno ti ho sognato.
mi sei venuto a trovare prima della tua nascita e mi hai raccontato quanto siamo vicini e quanto tutto quello che ho fatto e sto facendo ha un senso.

Siamo tornati a cercarti nei luoghi dove le prime volte ti abbiamo immaginato.
Una fine d'anno per mettere a tacere il dolore e mantenere viva la speranza, là dove le basi non ci sono e il raziocinio lavora contro.
Mi sento sola alla fine.
Io che ho bisogno di esternare tutto, per esorcizzare la paura ed alimentare la speranza.
Sono rimasta sola senza poter raccontare di te, che oggi ancora più di prima, sei vicino a me.
Nonostante.
Non ci sono più amici in questa casa, e i pochissimi rimasti, crescono figli appena nati, difficile il confronto da raccontare.
Non c'è famiglia che sostiene. Troppi dolori recenti, troppi problemi, per poter buttare nella mischia il nostro desiderio di te, proprio ora che si dà per scontato che noi abbiamo rinunciato a te, perchè è giusto così, è sano e normale.
Non ci sono confronti con chi combatte con le armi della pma, perchè la nostra finora non è classificata come una condizione di infertilità.
Non ci sono confronti con chi ha rinunciato, perchè noi no. Non abbiamo rinunciato.

Mi sento sola.

Due sere fa abbiamo cenato con quattro ragazzi amici di famiglia. Due coppie di ragazzini, laddove per ragazzini intendo persone di quindici anni più piccole di noi.
Una coppia aspetta un bambino. Così. Accidentalmente.
Lei vive a Milano, lui a Roma. Ho chiesto come faranno. Non lo sanno. Ho chiesto dove era seguita. Non era seguita. Ho chiesto se erano felici. Erano felici.

Mi sono sentita così inadeguata.
Vecchia.


Mi sono guardata al di fuori e mi sono vista fuori tempo massimo.
Io che tutti i giorni faccio questa meditazione per chiamare a voce alta mio figlio e la mia energia primordiale.
Quella di madre.
Io che cerco spontaneità e naturalità con il lanternino.
Che ho rifiutato tutte le medicine, almeno per ora.
Che non rinuncio più a nulla.
Che non dico più no a niente.
Io mi sono sentita fuori luogo.
Mi sono fatta compassione.
Ci sono state volte in cui ho raccontato per filo e per segno cosa stavo facendo.
Ho esternato le mie paure, ho descritto con minuzia di particolari cosa era successo.
Ho messo in allarme.
Ho fatto campagne di prevenzione per una gravidanza sicura e per un concempimento consapevole.
Poi i bambini degli altri sono nati, arrivati senza essere chiamati.
Ed io sono qui.
Ancora.
Ancora a sognarti.



Non racconterò di cosa penso di questo 2013 finito.
Ringrazio solo che sono qui.
Ho già ampiamente ringraziato per le poche cose belle che ho ricevuto. Cose da ricercare con la lente di ingrandimento ma che ho dovuto per forza coltivare, per non morire.
Ho pochissime persone che porterò con me nel 2014.
Le cose dovevano andare così.
Comunque sarebbero andate così.
Ringrazio voi che mi leggete, uno per uno.
E le persone che mi hanno sostenuto sempre, ogni giorno, con un pensiero (spedito, raccontato, pensato) e con un gesto, un abbraccio, mentre io poco ho fatto nell'ultimo anno.
Ringrazio chi ha capito senza che io spiegassi.
Quello è stato il regalo più bello perchè mi ha alleggerito di un peso sul cuore, un peso che difficilmente riesco a sostenere.

Tutto il resto no.
Tutto il resto mi ha fatto piangere, tanto.
E quindi non viene con me, nè lo ricorderò.

Per la fine di questo anno, lascio questo regalo.
Il mantra della guarigione.

In questa posizione: 















recitate questo mantra:
Ra Ma Da Sa Sa Sey So Hang

Ra (Sole)
Ma (Luna)
Da (Terra)
Sa (Totalita')
Sa (Totalita')
Sey (Spirito, Energia)
So (Manifestazione)
Hang (Esperienza dell'Assoluto)

Ritrai l'ombelico verso la spina dorsale sul So e sull' Hang. Recita un ciclo completo dell'intero Mantra poi inspira profondamente e ripeti. Ricorda, piu' che recitare o cantare, si tratta di vibrare il Mantra.
 

Dopo 11 minuti di vibrazione del Mantra, chiudi gli occhi, inspira profondamente e trattieni il respiro mentre offri una preghiera di guarigione e visualizzi la persona che desideri guarire, sana, forte e radiosa. Poi espira ed inspira nuovamente; trattieni il respiro e offri un'altra preghiera ..... . Puoi fare questo diverse volte, ogni volta creando nella tua mente l'immagine di una persona completamente guarita. Per completare la meditazione, inspira profondamente, solleva verso l'alto le braccia e scuotile vigorosamente. Rilassati.
(fonte: Sat Nam, La via dello yoga)

A me è stato regalato il giorno prima del natale.
Potete dedicarlo a voi stessi o una persona a voi cara malata, per chiederne la guarigione attraverso di voi.

Questa la musica del mantra, che io ho trovato bellissima:
video

Sto imparando a guardarmi dentro, e se posso farvi un regalo, questo è il mio modo per augurarvi di iniziare bene il nuovo anno.
Ecco, sì, insomma, non sono brava a fare gli auguri, non sono stata brava a fare i bilanci.
Ho disatteso ogni mia aspettativa. E ho sofferto per questo. Tanto.
Non lo farò più.
Non attenderò più.

Imparerò a cercarti nel buio con solo la compagnia di una piccolissima lanterna.
E tu un giorno mi verrai a trovare e mi racconterai di quando mi sei venuto in sogno.

Buon anno,
che sia pulito e vero.
Guarito da ogni malanno.


lunedì 23 dicembre 2013

Un regalo inaspettato

Il nostro natale è una corsa.
E poi i regali e la vigilia con i miei nipoti e ventidue persone a tavola.
Cose banali, senza fantasia, ma ne abbiamo bisogno.
Abbiamo bisogno di normalità senza pretese.
Di tranquillità e di un pizzico di serenità
Pesano questi giorni, come macigni.
Si nascondono dolori, trasformandoli in sciocchezze. Si cerca di non pensare, cacciando indietro lacrime. A volte è facile, altre no, soprattutto quando hai necessità di spiegare le tue azioni irrazionali.
Ho da sempre dovuto spiegare la mia parte irrazionale. Alle persone come me si chiede sempre raziocinio, comportamenti sensati, una retta via.
Quando questo non é accaduto, ed io non ho dato spiegazioni, perché ritenevo che potessi essere giustificata senza darne, ho perso pezzi per strada. Ho perso persone, subíto giudizi.
Ed è finita così, con una nuova etichetta sulle spalle e nessuna possibilità di poter tornare indietro.

Sono giorni pesanti, di corse si, ma anche di pause, a volte lunghe.
E durante una di queste pause, mettendo a posto tra i vestiti della mamma mio marito, è arrivato questo regalo:


Due maglioncini per un bambino/a ancora da finire .
Le avevo chiesto molte volte un maglione fatto con le sue mani.
Chissà magari li aveva iniziati e poi ogni volta, i miei aborti le hanno impedito di continuare. Chissà .
Ho riempito gli occhi di lacrime alla vista di quei golfini...un forte senso di colpa per non essere riuscita a renderla nonna e non essere riuscita a rendere padre suo figlio, lui che papà lo è da quando lo conosco. Lo era a venti anni quando il desiderio di figli era lontano, lo è ora che va verso i quaranta e che padre lo è stato per poche settimane, accontentandosi di accarezzare una pancia ancora priva dei segni di una vita nel suo interno. 

Poi ho pensato che questi golfini da completare erano un segnale da cogliere.
Un regalo inaspettato per natale, quello che lei non potrà farci quest'anno.
Un regalo di speranza , che guarda al futuro, non al passato.
Allora ho sorriso.


Buon Natale a chi passerà di qua.
La vita non è facile. Non lo è per nessuno.
Sta a noi cogliere i segni che possono rendercela più semplice.
Più normale.

Auguri.








lunedì 16 dicembre 2013

di giorni prenatalizi

«…Il mantra possiamo spiegarlo in questo modo: prendete una pietra e la gettate nell’acqua e si producono onde costanti. Questo è tutto ciò che è il mantra. Questo deve essere ricordato, ricordato, ricordato: va recitato dentro di voi, con il cuore, la mente, il corpo. L’unico desiderio che dovete avere è di ripeterlo. Può essere difficile all’inizio, ma presto Dio vi attraverserà e lavorerà per voi…»
  Yogi Bhajan (“Master’s Touch”)

Da oggi, e precisamente da questa sera, perchè il tramonto è per me l'ora migliore, ho iniziato questa meditazione con il mantra Adi Shakti (Energia Primaria /Primordiale) per 40 giorni.
Non so se ce la farò, è la mia prima volta, ma ho voglia di farlo, perchè, come dice il mio insegnante  "è il momento che the universe can flow through you"!

Riporto il testo del mantra, che trovo bellissimo:

Adi Shakti, Adi Shakti, Adi Shakti, 
Namo Namo, 
Sarab Shakti, Sarab Shakti, Sarab Shakti, 
Namo Namo, 
Prithum Bhagawati, Prithum Bhagawati, Prithum Bhagawati, 
Namo Namo, 
Kundalini, Mata Shakti, Mata Shakti, 
Namo Namo

Mi inchino a questa Energia Primaria (Primordiale), Energia Primaria, Energia Primaria, 
Mi inchino a questa Energia che ci circonda, Energia che ci circonda, Energia che ci circonda, 
Mi inchino a questa Energia attraverso la quale tutto si manifesta (che crea attraverso Dio), questa Energia attraverso la quale tutto si manifesta, questa Energia attraverso la quale tutto si manifesta, 
Mi inchino a questa Kundalini.

L'abbiamo pensata così, perchè raccontata la mia storia, e il lavoro che sto facendo ora con me stessa, è la mia Energia Primordiale che ho bisogno di coltivare, prima del corpo. E' il mio cuore che ho bisogno di coccolare, ed è me stessa che ho bisogno di far rinascere.
Di qui, per questa porta, passerà il nostro bambino.

Da oggi, il Natale è entrato anche a casa nostra. Finalmente abbiamo trovato il tempo di fare l'albero e di fermare con una foto il momento.
Abbiamo festeggiato ieri i nostri sei anni di matrimonio, sei dolcissimi anni e oggi Fab mi ha detto "mi sa che noi siamo più innamorati ora che sei anni fa!" e questo vale per ogni altra parola in mezzo a tanta confusione.
Confusione è la parola che più di tutte mi gira intorno.
Ma non la mia, quella degli altri.
Anche insoddisfazione, e rabbia.
Le persone che mi girano intorno sono stanche e arrabbiate, e, sicuramente io sono ipersensibile in questo momento e quindi avverto di più le tensioni altrui, ma questo mi provoca malessere. Assorbo come una spugna, ma diversamente dal passato, cerco di non ripetere l'atteggiamento che assorbo, ma di farlo mio e digerirlo, cercando di prendere spunto per migliorare.
Non sono sicura di essermi spiegata bene ma la questione dell'atteggiamento altrui è un punto a me caro e dolente, proprio perchè un tempo mi era impossibile essere indifferente.
Oggi è diverso.
Osservo.
Assorbo.
Ma non faccio in modo che gli altri mi buttino addosso ciò che loro stessi non sono stati in grado di elaborare per se stessi.
Anche questo è progresso per la mia crescita e per il mio cammino.

Comunque,
questo è il nostro albero, dove non può mancare la speranza.

         


Dei mercatini natalizi di Bolzano e Merano, una nuvola di pace.
Mi sono resa conto di non avere mai staccato in un anno e l'ho potuto fare in tre giorni.

Nonostante la febbre alta.
Febbre di cui preferirei non parlare, visto che anche ora mentre scrivo mi sta risalendo.
Facciamo finta di niente e non le diamo importanza.

Nonostante i piumini del letto separati.
Ma perchè da quelle parti, ovvero in Tedesconia, si applica questo stato di divorzio latente a letto?
Ma lo sanno che vuol dire stare accoccolati sotto le coperte, abbracciati stretti stretti?
Maledetto piumino singolo.
E' stato più tempo a terra che sul mio corpo.

Tutto il resto, è stato talmente perfetto, che da oggi, ho bisogno di inserire nell'elenco delle mie terre preferite il Trentino e le sue montagne. Prevedo grandi cambiamenti in fatto di vacanze estive, forse perchè sto invecchiando?
O forse perchè cerco pace?








Buon anniversario amore mio





sabato 7 dicembre 2013

All'inizio

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Non ho molte parole da raccontare in questi giorni.
Vivo di ricordi purtroppo in questo momento, perchè certe date ti rimangono dentro e non è possibile più cancellarle.
 Esattamente un anno fa,  il piccolo cavaliere ed io,  venivamo divisi per sempre almeno fisicamente.
Non dimenticherò mai più quella giornata.
Ho letto e riletto quelle righe in questi giorni e rivissuto tutti quei momenti.
Non si vive nel passato ma non è possibile vivere solo facendo finta che certe cose non siano accadute.
Non sono nè triste nè addolorata, credo solo che sia giusto rivivere anche quel pezzo della mia vita.
Ho amato tanto quel figlio, e l'ho sentito così vicino, forse perchè risultato del mio primo tentativo di pma, forse perchè è stata la gravidanza più lunga, forse perchè era il figlio della Speranza dopo l'extrauterina.
E poi è stato il figlio che più mi ha dato dolore.
Perchè quella Speranza, me l'hanno tolta a colpi di razionalità.
L'hanno raschiata via, mentre raschiavano anche il mio utero.
E' stata la gravidanza più dolorosa, quella che più di tutto mi ha fatto impazzire.
Perchè con la Scienza non si scherza . Per la Scienza o è bianco o è nero, e dopo sei gravidanze non andate avanti, è solo nero. Razionalmente parlando.
Perchè l'unica spiegazione trovata (ma non provata) è che io produco embrioni geneticamente sbagliati, ovvero, in misura maggiore di quanto una donna normalmente ne produce.
Perchè diciamocela tutta, ogni donna produce cellule aneuploidi, quegli errori che sommati gli uni agli altri, provocano aborti nel primo trimestre, solitamente direttamente collegati all'aumentare dell'età della mamma.
Ma io di più.
Forse.

E così, un anno fa mi hanno tolto la speranza, quella a cui mi sono attaccata con tutte le mie forze nonostante tutto.
Questo ha significato per me cadere in un baratro.
Sei mesi dopo, esattamente sei mesi dopo, un'altra morte, quella di Carla, mi ha tolto il respiro e tutto è precipitato ancora.

Lo so che giro e rigiro sempre intorno alle stesse cose e a volte mi annoio da sola. E' che ci sono date, appunto, in cui tutto torna, e andare avanti occupando quel vuoto del cuore, non è facile per niente.
Allora metto qui questa lettura del Vangelo dell'8 dicembre, anche per chi non crede, perchè ad un occhio attento, è facile trovare in quelle righe la bellezza pura dell'istinto.
 La possibilità che può accadere l'impossibile. 
In un anno, da quel 7 dicembre 2012, ho imparato a riconoscere una realtà che prima non avevo preso in considerazione. Una realtà che non è fatta di spiegazioni scientifiche. Una verità che nasce da un focolaio che sembra, all'apparenza, spento, ma che invece, rinasce da ceneri di dolore.
Ho imparato a credere che mio figlio tornerà, non so come, ma lo farà, ed io lo riconoscerò tra tanti.

Per la Scienza non sarò mai madre.
Ne ho parlato a lungo in uno dei miei recenti incontri con il mio carodott.
Sentirselo dire in maniera categorica e oltre ogni contestazione, fa male come ricevere delle pugnalate ai fianchi.
Fare i conti con questo non è per niente una passeggiata, ed io ho imparato a convivere con tutto ciò da un anno ora.
Eppure, so che una cosa così grande, quella di concepire una vita, non è fatta solo di Scienza, è molto altro ancora.
Non c'è solo il pensiero razionale, c'è molto di più, quel di più che la Scienza non riesce a spiegarsi davanti ad una nascita che non doveva essere nascita. Il miracolo della Vita, per fortuna, è ancora sconosciuto a noi uomini. Perchè non fare proprio questo concetto allora, invece che disperarsi solo dietro alle sentenze dei medici che poco conoscono di tutto questo mistero?
Perchè ci limitiamo ad ascoltare solo quella parte di tutta la grande storia che è ?

Allora io faccio questo ora.
Lascio andare, sapendo di aver fatto il massimo per conoscere e sapendo di non aver ricevuto risposte razionali e convincenti.
Mi ascolto.
Questo è il vero lavoro difficile, non imbottirsi di medicine, fare analisi, eseguire esami.
Quello si fa, meccanicamente, come delle marionette, perchè si deve fare.
Ascoltarsi è la parte più difficile da fare.
Io non l'ho fatto fino ad ora.
Sono dovuta passare per i miei figli, per arrivare a questo punto.
E solo ora mi rendo conto di essere solamente all'inizio di tutto.
Ma come si fa?
Litri di lacrime e poi, si trascura la parte più importante.
Se stessi.

Non sarà facile, ancora.
E ancora.
E ancora.
Ma ora sono all'inizio di un cammino molto più vero, grande, coinvolgente.
E sarà.
Lo so.





Buona festa.
Noi si parte per i mercatini di Natale del Trentino.
E quest'anno il Natale non me lo leva nessuno.

venerdì 29 novembre 2013

Esercizi di consapevolezza associati a senilità


La speranza è un sogno fatto da svegli.
Aristotele, in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, III sec.



In questi sei mesi...
Ho imparato ad aspettare.
Ho capito cosa significa fare del male al mio corpo e al mio cuore.
Ho avuto bisogno di fermare il tempo.
Ho coltivato le piccole soddisfazioni che la vita mi ha presentato.
Ho goduto dei pochi momenti in cui stavo bene.
Ho fortemente voluto stare bene
Ho creduto di stare bene
Ho imparato che per stare bene bisogna partire dalle radici di me stessa.
Non rinnego il mio passato, la mia disperazione, il mio dolore. Quello era il momento per ciò che ho vissuto.
Per quell'esperienza dovevo passare.
E ne verranno altri, meno importanti o forse più importanti, di momenti per cui fermarsi.
Ma non attendo più "quel giorno" per ricominciare a vivere.
Sto già vivendo
e molto intensamente.
Così intensamente che mi sento come stessi davanti ad un camino con una poltrona e un bicchiere di vino rosso in mano a dondolarmi soddisfatta. Questa è la sensazione.
Qualcuno dirà che non c'è proprio niente da farmi ritenere così soddisfatta. In fondo non ho sinora ottenuto l'obiettivo che mi ero prefissata.
Forse o forse no.
C'è una molla che è scattata ad un certo punto nella mia vita e questo ha cambiato radicalmente, o comunque è ancora in essere il cambiamento, il modo di vivere questo cammino.
Dapprima la scoperta che sto camminando su una strada. E per accorgertene devi per forza toccare livelli di intensità piuttosto elevati, in positivo o in negativo. Quei livelli ti fanno fare delle scoperte. Io li ho vissuti sinora solo in negativo, ma non è questo il punto.
Ho scoperto ad un certo punto di camminare su di un sentiero che vedo bene davanti a me, non vedo la fine ma vedo la strada.
Eh, bella scoperta.
Che ci si fa con una strada se non si sa bene dove si sta andando?
E qui la svolta. La mia personalissima svolta.
Ritengo di essere stata sempre una persona molto lucida, anche nei momenti più difficili.
Mi sono autoanalizzata molte volte e molte volte ne ho tratto delle conclusioni. Ho sempre saputo il perchè di certi miei comportamenti, i perchè di alcuni miei modi di reagire, i perchè di certi miei giudizi.
Mi sono lasciata fare.
Espressione che forse più di tutte descrive quanto io sia stata democratica finora con me stessa.
Non è che io sia stata sempre daccordo con quella Anna, per carità, ma la democrazia per l'appunto, questa è, soprattutto quando poi a vivertela sei proprio tu ed unicamente tu.
E così, ho lasciato drenare attraverso di me e il mio corpo un sacco di bella roba, non lasciando indietro niente: non ho fatto da setaccio, ho lasciato passare anche i sassolini più grandi, anche se poi "si sono infilati nelle scarpe e hanno fatto tanto tanto male, ahi".

Oggi, quella strada la percorro in pianura.
Ecco la svolta.
Fino ad un certo punto l'ho percorsa in salita. Che fatica. Ansimavo e sbuffavo. Ma io non sono una sportiva e non nemmeno tutta questa resistenza fisica a dirla tutta. E proprio mi fa schifo sudare, ansimare e sbuffare. Stare ad osservare come il mio corpo può arrivare ai personali limiti fisici mi fa orrore. Non lo trovo salutare, non è utile, è rischioso.
Perchè allora ho permesso che accadesse?
Non lo so.
Perchè era scontato che andasse così? Perchè anche io trovavo giusto piegarmi ai clichès emotivi della donna senza figli?
Non lo so com'è che è andata così.
Comunque.
Non è che io non mi disperi al giungere dell'ennesima notizia di una pancia nuova appena farcita. Non è che io non pianga quando guardo V. fare il bagnetto a T. e poi baciarlo sul pancino e sui piedini e sul nasino.
Cioè, non è che improvvisamente sono diventata un ghiacciolo.
No.
E' che percorro la mia strada in pianura. Non sudo più. Non ansimo più. Non fatico più. Mi godo il panorama intorno. Mi guardo le persone che fanno un pezzo di strada con me e stringo loro la mano. Apprezzo il tempo che mi scorre affianco, manco fosse la prima volta. E che quest'anno metterò quel 4 davanti ai miei anni passati, e mi fa una paura pazzesca. Mi guardo allo specchio e chiedo a mio marito: "ma ti sembro una quarantenne? ma porco boia! perchè mi chiamano Signora?".
E quindi, non è che improvvisamente io sia diventata un guru del vivi e lascia vivere, del tutto scorre e del carpe diem.
Ma se qualcuna ha pensato bene di scriverci un libro sui suoi primi quarant'anni, pensando fosse giusto raccontare al mondo di che cosa avesse trattato la sua interessantissima vita fino a quel momento, io non posso permettermi di smettere di correre e di sentirmi bene, molto meglio di altri?
Si, lo posso fare.
E il perchè è uno solo.
Ho sempre creduto di essere una che si accontentava nella vita.
Nel lavoro.
Per la casa.
Per i rapporti sociali.
Per il proprio corpo.
Per i soldi.
La carriera. Le scarpe e i pantaloni e infine per i capelli, che non vedono mai il parrucchiere.

Invece ora che mi sono fermata e mi guardo intorno, mi rendo conto che non è così. Non mi sono accontentata finora. Ho semplicemente vissuto come meglio credevo di fare e nelle mie possibilità, tutta la mia esistenza.
Ho cercato la felicità altrove.
Tutto qua.
Ed io mi sento felice.
E' semplice.

Voglio sempre un figlio.
Lo cerco ancora.
Lo piango ancora.
Ma mi sento felice.
Non so spiegarlo.
Vivo ancora talmente intensamente ogni singola cosa che faccio, che, mi dico, ne vale la pena.
Ne vale ancora la pena.
E lo so che questa strada è stata tracciata solo per me, anche se non vedo ancora la fine (e per fortuna). E ringrazio chi mi ci ha messo su questa strada, perchè non sarei stata in grado di apprezzare quello che respiro ogni giorno oggi.
I miei figli arriveranno ed io racconterò nelle case e in giro per i paesi la nostra favola, come un cantastorie d'altri tempi.
E voi riderete pensando che io sia una pazza.

E anche io riderò di me e con voi.
Come sempre, come ho sempre fatto.
Portavo una maschera e non me ne accorgevo.
Ora l'ho tolta e il mio sorriso è lì.



Vorrei raccontare di un sacco di roba accaduta in questo autunno che si va a chiudere.
Vorrei raccontare di aver ricominciato le sedute di agopuntura per il concepimento, che alla prima seduta ho pianto lacrime calde, perchè ho sentito come se, tutto quello che è accaduto tra l'ultima seduta fatta e questa, non fosse accaduto. Che mi sono sentita come umiliata dapprima: io che ancora insisto con questa storia dopo tutti questi tentativi, che tutti i miei amici hanno già pure figliato a occhi chiusi, ed io qui su questo letto a farmi bucare in parti che certo vorrei non vedesse il mio amico dottore. E che però questi pensieri, mentre la seduta faceva effetto, sono scemati, e hanno chiuso quel cerchio, quel brutto e doloroso cerchio, per riaprirsi a questo nuovo inizio in pianura. Ancora.
Vorrei raccontare di quanto mi manca e che mentre mi spalmo la sua crema lenitiva, sento le sue mani e mi immagino mentre lo faceva lei con tutta la fatica che il suo corpo le dava, e che mi manca come l'aria, come quando ti tolgono una cosa scontata e che mai penseresti di non avere più.
Vorrei raccontare di aver litigato con i miei genitori e che per la prima volta, seppur avrei voluto non farlo per il dolore che mi ha provocato, mi sono sentita un'adulta, ferma e decisa nelle sue posizioni. Determinata a staccare finalmente quel cordone ombellicale che ancora oggi mi teneva attaccata a loro.
Vorrei raccontare che ho chiuso delle porte, definitivamente questa volta. Che non ho più voglia di giustificarmi per come sono e per i miei sbagli, mettendomi comunque sempre nella posizione di rendermi vulnerabile e in difetto.
Vorrei raccontare di quante belle storie mi arrivano e di quanto amore mi circonda e di quante persone, anche semisconosciute, hanno un pensiero, una preghiera serale per noi.

Vorrei raccontare che ho incontrato occhi che sanno, quegli occhi che con le parole hanno descritto un dolore in comune, quegli occhi che non mi fanno più sentire sola.

Ma queste sono altre storie. Altre parole.
Forse le racconterò ancora.
Forse.

sabato 16 novembre 2013

Non saremo più gli stessi

Ieri sera, mentre cercavo di addormentarmi, ti guardavo.
Il tuo viso contratto nel sonno, la mano stretta alla mia.
Le tue lacrime ferme agli angoli degli occhi.
Ti sussurro nelle orecchie "che cosa c'è" e mi dici "non lo so. E' qualcosa dentro che fa male".





Ho pensato che questo è il momento in cui il dolore si sta sedimentando.
Prende una forma in fondo alla nostra vita.
Si sta depositando.
Mentre prima era tutto agitazione, nebulosa, fino alla gola il dolore ci strozzava.
In questo momento no. In questo momento ci stiamo sedendo sul dolore. Lo osserviamo mentre si deposita.


Dopo picchi acuti, la mia gastrite mi ha abbandonato. Faccio un pò di fatica a metterlo nero su bianco perchè ormai è tanto che sto male fisicamente e vorrei che le cose non cambiassero ora che vanno meglio, ma improvvisamente, dopo una crisi intensa legata anche un'influenza piuttosto forte, il mio male dentro, se ne è andato.
 Il mio fuoco si è spento.
Mi aspetto qualche ripresa di fiamma, ma sento che è passata.
Curioso il mio modo di reagire stavolta, ma io so perfettamente cosa è accaduto.

Ogni mio aborto è stato seguito da una mia ripresa immediata. Una reazione sempre più aggressiva in proporzione al dolore provato. Ho lasciato che il dolore mi investisse in pieno all'inizio, appena abortito, ho lasciato che tutto avvenisse senza freni e senza farmi sconti. Ho lasciato che tutto si agitasse intorno. Ho creduto di non farcela. I giorni dopo la gravidanza extrauterina e l'intervento alla tuba, e poi, i giorni dopo il raschiamento di dicembre scorso, sono stati i giorni in cui ho pensato seriamente di non riuscire a sopportare quel dolore e di non voler vivere così.
Quelle situazioni esulavano dal mio desiderio di diventare genitore.
Non eravamo noi ad essere messi in discussione ma i nostri figli.
Il dolore provato è stato equivalente a quello che si prova dopo l'addio improvviso di una persona cara. Un addio che non ti ha permesso di dare quell'ultimo bacio, un addio che ti ha strappato per sempre il suo abbraccio, la sua voce. Quel dolore che si prova non per se stessi ma per quella vita che non può più essere vita. Ecco, è il dolore che si prova dopo un aborto. Non ha importanza quanto tu possa stare male. Tuo figlio non esiste più. Non è più vita. Questa è la tristezza più grande.

Poi però, arrivano i giorni della speranza.
Improvvisamente quella luce si riaccende. Improvvisamente hai bisogno di ricordare a te stessa che tu hai ancora il potere di fare qualcosa. Puoi ancora "generare speranza"!
E allora reagisci. Sempre con più forza.
Così ogni volta.
Invece.
La morte improvvisa della mamma di mio marito, ha generato una reazione immediata, forte, violenta, grande.
Poi sono seguiti i giorni in cui tutto è crollato.
E' accaduto il contrario di quello che normalmente accadeva, solo che stavolta mi è mancata la fase della speranza.
Ecco cosa è accaduto.
E' mancata la speranza.
A quell'addio improvviso e crudele non ha avuto seguito lo spiraglio di luce che ogni volta tentavo di mantenere acceso.
E così sono stata male, fisicamente stavolta.
E così sono caduta, in ginocchio.
Non sarò più la stessa persona di prima, mai più.
Non saremo più gli stessi, io e lui.


Questo è un momento in cui siamo spesso insieme.
Per questioni lavorative accadute, subito dopo la morte di Carla, ci siamo ritrovati a lavorare entrambi in casa.
Non è facile gestire la giornata da mattina a sera senza che il lavoro e le preoccupazioni entrino a far parte della nostra vita di coppia. E' difficile normalmente per tutti aprire la porta di casa la sera e lasciar fuori le preoccupazioni. Noi fuori della porta non possiamo lasciare nulla, perchè sta già tutto in casa.
Però.
Però siamo diventati una cosa sola.
Che sembra una frase scontata eppure di scontato non c'è nulla. A volte non dobbiamo dirci le cose, i pensieri, i ragionamenti, perchè ci scopriamo a fare gli stessi pensieri, gli stessi ragionamenti. A volte no. Ci urliamo dietro le incomprensioni, ma sempre di più oggi mi rendo conto di quanto forte è il nostro dialogo e la nostra capacità di spiegarci.

Allora,
forse saremo per sempre solo io e lui.
Forse tutti i nostri figli sono già esistiti e non nasceranno più.
Ma siamo noi due la speranza.
Ecco perchè il mio fuoco si sta spengendo.
Adesso mi è tutto chiaro.

Allora, quel male dentro, io lo so cos'è.
Dormi,
ci sono io qui, vivo per te e per la nostra famiglia.
Dormi.



giovedì 7 novembre 2013

Uscite dai nostri uteri per favore.

Mi è scappato un sorriso ieri mattina, quando nella cassetta della posta ho trovato il pacchetto ordinato da ebay.
I soliti stick per l'ovulazione.
L'ennesimo stock acquistato.
Non lo facevo da più di un anno in realtà, segno del mio bisogno di ricominciare, ma con semplicità.
Ammesso che stikkare ogni mese significhi ricominciare con semplicità, ovvio.
Ma il sorriso non mi è scappato per questo motivo, ma per questo:
Il venditore, che sarà sicuramente una -trice ha messo nel pacchetto un test di gravidanza gratuito e, vuoi per promozione o qualcosaltro, ha pensato di scriverci sopra gli auguri per l'ottenimento dell'obiettivo.
Mi ha fatto tenerezza 'sta cosa.
Mi ha riportato indietro di anni.
Mi sono accorta di quanto disincantata io sia oggi.
Mi sono accorta di quanto innaturale per me è rimanere incinta e portare avanti una gravidanza, tanto da considerare risibile un augurio del genere. Come a dire "non è roba per me, a me no, non può succedere". E questo, ne sono sicura, ad di là del voler credere ai miracoli o alle happy pills o no, è il pensiero di molte donne passate per questi inferni.
Dico la verità.
Al di là del mondo web, nella realtà io conosco solo persone che non hanno mai avuto difficoltà ad avere una gravidanza, e non parlo di giovincelle ventenni, per le quali immagino (forse) sia un gioco da ragazzi. Parlo di vecchiarde della mia età che da un giorno all'altro decidono che è il momento e zac! hanno il loro bambino.
A volte ho la sensazione di avere di fronte una realtà distorta, fatta solo di storie difficili, come fosse la normalità. Poi invece la realtà fuori da tutto questo, è un'altra, ed è la realtà normale.
Allora mi chiedo se sono io che faccio sì che tutto questo avvenga. Se sono io che ho tutto questo potere.
Il potere della mente è forte, lo sto imparando con lo yoga, ed è forte la capacità di autoguarigione.
Oggi che ho resettato tutto,  vivo come se ciò che è accaduto fosse accaduto a qualcun'altra. Sono distaccata, scettica, fredda. In tutto questo tempo non mi era mai successo di vivere così la mia storia.
Forse una sorta di autoprotezione: facciamo il gioco che le cose brutte che sono successe in realtà non sono successe a me.
A volte ho la nausea a sentir parlare di pma, di adozione, di diagnori pre-impianto, di eterologa.
Le persone, giustamente, mi chiedono che piani sto portando avanti. Ho abituato tutti a pensare che io sia una che attacca e che ha sempre un piano B. Era così.

Ora no.

Non ce l'ho il piano B.
Non voglio averlo.

E' come se stessi rifiutando la mia realtà.
E' come se stessi volutamente dimenticando che sono una donna malata che non è in grado di portare avanti una gravidanza.

Poi succedono queste cose qui:

Cimitero dei feti è ancora polemica

Sepoltura dei feti: approvata la delibera della giunta Renzi

e poi arriva questa lettera:

Renzi approva il cimitero dei non nati, un calcio alla 194

Se non avete tempo di leggere, vi prego, ritornate più tardi e soffermatevi un attimo su questa lettera della signora Lidia Ravera.
Soffermatevi su quelle parole pesanti come macigni.
Poi tornate qui.
Poi uscite e confrontatevi con quel mondo con cui anche io mi confronto oggi, quello fatto di sguardi di compassione e di espressioni a punto interrogativo. Quello fatto di persone che partoriscono figli senza porsi domande, ma solo perchè la Natura, così ha deciso per loro.

Poi di nuovo tornate qui. Qui, in questo mondo fatto di cose anomale, di cose che non funzionano come dovrebbero funzionare. Questo mondo in cui fare l'amore con il proprio compagno non ti dà nessun risultato di concepimento. Questo mondo in cui "la Natura ha scelto per te ed evidentemente le cose per te devono andare così, non andare contro Natura".
Poi fermati a pensare a quei grumi di materia che vuoi chiamare bambino o bambina.
E a "quelle donne che, poiché il corpo ha le sue insondabili leggi, non sono riuscite a portare a termine il loro dovere di animali al servizio della specie."

Io sono una di quelle donne.
Fuori di qui i discorsi sulla 194.
Non permetterò che se ne parli, come ho già fatto in passato.
Se non posso impedirlo ad una donna qualunque, che però viene pagata per scrivere sulla tastiera del suo computer, lo posso fare qui.
Non ho nulla contro la signora in questione, vorrei solo non sentirmi così piccola, dopo aver letto il suo articolo. Vorrei solo sentirmi così poco utile per la specie e per il dovere per cui sono stata chiamata in quanto femmina.
Poi vorrei non dover parlare di aborto, e vorrei non dovermi giustificare per aver sentito come tutti figli miei, tutti i prodotti del concepimento delle mie gravidanze.
Io non ho seppellito nessuno dei miei figli, gravidanze troppo precoci, un solo raschiamento, che è finito in un laboratorio di biologia, un bimbo incastrato in una tuba invece che in utero, buttato via insieme alla tuba stessa.
Però ho piantato un salice per uno di loro.
Sono passati tre anni da allora, e il nostro albero ora è bellissimo. Io lo accarezzo, ci parlo, rimetto a posto il cuore di plastica che allora avevamo attaccato e che inevitabilmente si spezza per la pioggia e il tempo che passa e mi fa sorridere. Mi ricorda quanto sarebbe potuto crescere quel bambino, ma non è un ricordo triste.
E' un modo per dire a me stessa che anche io sono stata capace di far passare per questo mondo un pezzo di me e del mio compagno, perchè donne come la Ravera, mi ricordano che questo è il nostro dovere e che siamo al mondo per questo.
A me viene da ringraziare questa signora, perchè in questi giorni mi ha aperto gli occhi. Finalmente ho letto negli sguardi delle persone che non sono passate per queste maglie strette, quello che non avevo mai visto.
Davo per scontato che si comprendessero i comportamenti postumi i miei aborti, ma poi, di fatto, non ricevevo mai ciò che mi aspettavo. Il gap stava proprio lì. Ora lo capisco. Stava, sta, nell'attribuire o no il significato di figlio a quei grumi di materia che ho abortito.
Ho dato per scontato che quei grumi fossero considerati comunque figli miei da tutti, come istintivamente ho fatto io dal test di gravidanza positivo in poi.
Invece non è così.
Sorrido.
Inconsapevolmente questa signora, tanto attenta a difendere i diritti delle donne (ma è evidente, non tutte le donne), mi ha dato la chiave di lettura per stare bene.
Ora so che il mio istinto di animale ha sempre funzionato.
Ora so che non soffrirò più per quegli sguardi che non corrispondevano agli sguardi che io pensavo di comprensione per la mia situazione.
Ora so che l'egocentrismo, mascherato da paladino dei diritti della donna, non fa parte del mio mondo.
Ora so che, pur volendo dire a me stessa che le cose non sono accadute e che è stato tutto uno scherzo, io sono una persona che non ha figli, forse non li avrà mai, ma sono comunque una madre, oltre che una donna.
Sta qui il punto.
Ora io sono prima una madre, poi un donna.
Per gli altri, sono prima una donna. Sorrido, perchè non è una questione ideologica questa, è un dato di fatto invece.
E sono una madre con tutti i suoi diritti di madre e di donna.
E non i diritti di ricevere una pensione da abortiva o i diritti di chiedere un'indennità all'INPS.
Sono una madre con il diritto di sentirmi in lutto ogni volta che abortisco.
Il diritto di piangere non per me, ma per il figlio che non ha avuto l'opportunità di vivere questa vita.
Si parla tanto di ingerenza di alcune istituzioni sulla vita del cittadino a-politico, a-religioso, a-sociale.
L'ingerenza in questa lettera sta nel voler fare di un gesto (quello del sindaco di Firenze), sicuramente politico (ma poco mi importa), un manifesto contro la legge 194, ancora nelle modalità del grido "l'utero è mio e ci faccio quello che mi pare!", perchè, se pur è fuori moda, andare nelle piazze a sventolar reggiseni, scegliere opportunamente certe parole (non-mamme, cimiterino, grumi di materia, tomba-culla, crociate del superfluo, eccetera) è atto di violenza gridato ad alta voce tanto quanto sventolare reggiseni e vagine.
E non provateci ancora a parlare di impedimento alla 194.
A nessuno delle non - mamme viene da pensare che sarebbe opportuno stracciare questa legge in nome di "un fazzoletto di terra smossa" dove andare a piangere. Si cerca solo conforto e omologazione a questa società che ti impone di raccontare solo l'evento lieto, solo quello che va bene, mettendo in un angolo il brutto, il dolore, la morte il lutto.
Perchè facciamo un pò ribrezzo noi donne che parliamo di dolore.
E' più facile dire che siamo delle fissate, che non andiamo avanti nella vita, che guardiamo solo indietro, piangendo davanti a tombe che non contengono niente.
E' più facile nascondersi dietro questo che porgere la propria mano.
E' più facile ghettizzare il dolore, in associazioni, circoli, blogs, movimenti per la vita, che guardare in faccia certe realtà.
E' più facile pensare che tua sorella, quella con cui hai condiviso tutto, ce l'abbia con te perchè sei rimasta incinta, piuttosto che credere che i suoi occhi pieni di dolore e il suo silenzio, il suo allontamento, hanno in essere una sola domanda:
"non mi interessa di te mamma, per te sono felice, ma perchè gli altri bambini si, e mio figlio invece, non ha la possibilità di vivere?"


Grazie signora Ravera.
Lo dico anche io a lei, accogliendo le parole di Claudia Ravaldi di CiaoLapo Onlus:
"Uscite dai nostri uteri per favore".

...come se tutto fosse come prima.
come se un soffio di vento
 e sabbia spazzata via dalla strada
il sapore del mare all'alba.
eppure mi piego
incapace di  comprendere il perchè di quello che è stato,
come un ramo spezzato
sanguino.


Per chi fosse daccordo, vi chiedo di contribuire aderendo a questa iniziativa:
http://www.ciaolapo.it/index.php?option=com_myblog&show=lidia-ravera-assessore-alla-crudelta-chiediamo-le-sue-dimissioni.html&Itemid=100043
grazie,
Anna, madre abortiva.




Aggiornamento:

Nel frattempo sono state ritirate le richieste di dimissioni per la signora Ravera, a nome di CiaoLapo e di nessun altra associazione.

Grazie a tutti per la partecipazione.
CiaoLapo Onlus ritira la richiesta di dimissioni di Lidia Ravera

mercoledì 30 ottobre 2013

Credo che

Credo che un anno sia un tempo sufficiente per lasciar andare.
Credo che questo sia un tempo per riprendere ad accogliere.
Credo che un anno, sia tanto, quel tanto per non continuare a vivere guardando indietro.
Credo però che ci sono giorni in cui questo non è facile, vivere senza voltarsi.

Un anno fa non sapevo, nonostante i tanti aborti, che avrei vissuto una gravidanza così tanto intensa, quella del mio piccolo Cavaliere.
Tremo al suo ricordo.
Un anno è tanto tempo se si guarda avanti,  ed è poco se, voltandomi, rivivo come fosse ora, quegli istanti così profondi e pieni d'amore. Quello che è accaduto dopo mi ha costretto a non voltarmi più.
Il tentativo di maggio, nonostante tutta la positività, non ha avuto spazio. Non ho potuto piangere i miei pinguini, li avevo già pianti quando il piccolo Cavaliere mi ha lasciato per sempre quel maledetto 7 dicembre.
Loro non hanno potuto fare nulla contro il destino, quello già scritto.
Io non lo sapevo, loro sì.
E poi tutto il resto.
Ora ho la sensazione di aver corso tanto, di aver continuato a ingoiare aria senza davvero fermarmi a respirare.
E poi il mio fuoco, lo stomaco che si stringe, e tutto il mio corpo che grida "basta. ora basta."




silenzio.




non ne voglio sapere.
ho paura.
non voglio più provare.
sto male.


Basta.
Ora basta.
Basta!



E il dolore, quello vero, quello subdolo, che ti sbatte contro un muro, che ti rende acida, sola, stronza.




silenzio.



Ascolta.
Ascoltati.
Riparti da qui.
Da te stessa.
Tu lo sapevi che saresti dovuta passare per questo, lo sapevi da quando eri piccola.
Sapevi che il passaggio verso una nuova te sarebbe stato così.
Ora respira.






Le camerette che accolgono le neo partorienti sono bellissime. Colorate di giallo, blu e verde. Hanno gli armadietti di legno chiaro, le porti scorrevoli e il mosaico in bagno.
I loro bambini dormono al fianco dei letti delle loro mamme e il personale ride.
In corridoio, mille foto testimoniano il passaggio dell'inizio della vita qui.
Le persone parlano piano, sottovoce, sorridono.
Allo stesso piano, in un altro corridoio, ci sono donne che muoiono dentro.
Io oggi ho riattraversato quei corridoi, da quel freddo giorno di dicembre, per andare a salutare una nuova vita e i loro genitori.
Dieci mesi fa, allo stesso piano, in un altro corridoio, una parte di me moriva insieme al mio bambino.
Nell'altro corridoio, non ci sono controsoffitti, le stanze sono buie, le sale d'aspetto non hanno le sedie. Il personale urla e si incazza, la gente ha il viso spento. Le camerette sono identiche, ma non sono colorate, e nessun paravento divide una vita dall'altra e ci si raccontano a vicenda le disgrazie.
Nell'altro corridoio, si va in sala operatoria a piedi, si tiene l'agocannula da sole, si fa la lista delle analisi all'infermiera, senza saltarne nemmeno una, non puoi permetterti di dimenticare.
Poi si trema come una foglia, sedute su una sedia di metallo, senza mutande e con il camice che non arriva.
Poi ci si siede, lì, in quella poltrona strana, identica a quella sulla quale è iniziato tutto: non nel tuo letto dopo una notte di sesso sfrenato. No. Su una poltrona che diventa letto, che guardi in su e così non ti accorgi di quello che ti fanno, ma poi c'è la plafoniera delle luci che è a specchio, e tu vedi. Vedi come inizia la vita da quel momento dentro di te. Vedi come fossi un Dio. La procreazione.
E allora chiudi gli occhi, che certe cose solo Dio le deve vedere, e chiudi gli occhi come quando quel giorno tremavi come una foglia. Chiudi gli occhi e quando li riapri, tu sei morta per sempre, insieme al tuo bambino.
E torni lì, in quelle camerette senza colori, con solo un quadro della Madonna appeso e tremi ancora, e non smetti più di tremare.



Tempo.
Ci vuole tempo.


Credo che un anno sia sufficiente per lasciar andare.
Credo che tornare dove tutto è finito, sia il modo giusto per rinascere un pò.
Credo che andare all'origine del proprio malessere sia l'unico modo per tornare a stare bene dopo.
Credo che questo sia il momento.
Ora.

mercoledì 23 ottobre 2013

voi che potete!

«Tre mantra che non dovreste mai usare. 
1) Io non so. 
2) Io non sono pronto. 
3) Io non posso farlo.»
Yogi Bhajan


Partiamo da qui.
Da quello che ho imparato a non fare.
Da quello che ho imparato a non essere.
E di questo, non mi stancherò mai di dirlo, devo ringraziare i miei figli e il loro non-essere.
Prima ero una persona attaccata alle sue insicurezze, al suo credere che tutti gli altri erano migliori della sottoscritta e che comunque, in ogni caso, ero io a sbagliare, anche se non centravo nulla.
Poi è cambiato tutto.
Oggi non esiste non ce la faccio, non so, non posso farlo.
Non me lo posso permettere.
Oggi le cose vanno così, che io lo voglia o no.
Poi ci sono gli altri.
E gli altri non sono felici.
Non sanno, non sono pronti, non possono farlo.
Due giorni fa ho chiesto a mio marito cosa avrebbe fatto per prima cosa, avendo a disposizione una certa somma di denaro, non una cosa esagerata che ti cambia la vita, mettiamo una roba come cinquantamila euro.
Lui mi ha risposto nell'ordine:
1) metterei a posto la casa
2) farei dei tentativi in pma all'estero

A me è caduto il piatto che stavo asciugando perchè avevo pensato alle stesse identiche cose.
Poi ci siamo detti che in effetti, tutto il resto, davvero, è un contorno.
Possiamo raccontarcela come ci pare.
Noi siamo,certo, comunque.
Noi conosciamo.
Noi ci riempiamo la vita di tante cose, la riempiamo fino all'orlo, ma sono poche le cose importanti, e forse la più importante, quella di avere la voglia di stare insieme, la diamo per scontato.
Il resto è un contorno.
I figli non lo sono. I figli sono una di quelle cose importanti, che ti fanno felice, anche se sei un puttaniere, anche se sei una che se ne frega e incinta ci sei rimasta per caso.
I figli sono quella cosa che la mia vita è differente, come la banca.
E mi dispiace, ma è così.
E non si tratta di essere fissati, di ruotare intorno a questo punto e basta. No cari miei. Se non te ne curi è perchè questo aspetto non lo hai affrontato.
Ma non affrontare la questione della continuità di te stesso, della possibilità che puoi dare ad un'altra persona di stare qui, in questo mondo del cavolo, vuol dire non aver affrontato un pezzo di te stesso.
Non è condannabile questo, certo che non lo è. Ognuno fa della propria esistenza ciò che vuole.
E' solo un peccato.
Un vero peccato non volerlo affrontare.
Ma questo vale anche per chi è comunque genitore. Il punto sta sempre lì: è un genitore consapevole?
No perchè, a me rode che mi telefoni dopo mesi e mesi e:
-come va?
-bè insomma, così cerchiamo di riprenderci.
-ah ma io non so niente, nessuno mi ha aggiornato
-no, parlavo della mamma di Fab ( ovviamente è l'ennesimo amico che non è venuto al funerale)
-ah bè si certo
-...
- ah. io e L ci separiamo.
- ah cazzo. E i bambini?
- non lo sanno
-...
-no perchè sai, te lo devo proprio dire (...a meeee? ) :  i bambini sono una cosa bellissima, la più bella che io ho fatto, ma la loro gestione non è mai stata una cosa fatta bene tra noi. La seconda non ha mai dormito la notte come il primo, e poi non l'hanno presa al nido ed è irrequieta. Poi il mio lavoro, la sua università, non siamo mai riusciti ad organizzarci bene...
- .........ma sono cose normali. Cioè...questa è vita normale!
-eh, vabbè, è vita normale. Ma insomma che fatica!

No ecco.
Non ci sto.
Tu non sai.
Tu non sei pronto.
Tu non puoi farlo.

Ed è un peccato.
Un vero peccato.
E mi dispiace per te. Per voi.
A me dispiace un sacco, perchè io non mi scambio nemmeno un cm di pelle con te che hai due meravigliosi e bellissimi figli.

Perchè  è morta Stefania.
Una donna di 38 anni che andava a scuola con mia sorella e che da marzo era in coma, perchè al suo terzo cesareo il suo utero non ha retto.
Emorragia e coma profondo. E questa settimana se ne è andata via. Ha smesso di lottare.
E le avevano detto di non avere il terzo figlio.
E la sua bambina si chiama Rita, sta bene, vive.
E si.
Sto giudicando.
E si, lo faccio perchè ne ho diritto.
E non ce l'ho fatta ad andare al funerale.
Perchè questa donna mi tocca il cuore e la pancia e mi ricorda che da quel lettino di ospedale potevo non rialzarmi più anche io.
Ed è così.
Le persone che non conoscono, non sono felici.

Prendete al volo questa occasione, voi che potete!
Fare figli è un'occasione unica per guardarsi in faccia, per quanto brutta possa essere la vostra faccia.
Coglietela.



martedì 22 ottobre 2013

Il mio senso di responsabilità

C'è un difetto che mi contraddistingue da sempre.
E con gli anni peggioro.
Il mio senso di responsabilità.
Da quando sono piccola, mi guardo intorno e una stretta alla gola mi ricorda che al mondo le cose potrebbero non andare come dovrebbero andare, e quindi, il mio intervento è necessario. Essenziale.
IN-DIS-PENSABILE.
Balle.
Il mondo va avanti lo stesso senza di me.
E ancora non l'ho capito.
Eppure, da quando il destino ha giocato con la mia vita, il senso di responsabilità si è riaffacciato più imponente che mai.
Ed io, ogni volta, ho un attacco di gastrite.
Ora l'ho capito.
Il mio potere di autoguarigione è forte, si, ok.
Però.
Però io non sto bene se ogni volta che le situazioni si stringono, il mio stomaco si stringe con loro.
Eppure la vita va avanti da sè e senza di me.
E le cose succedono lo stesso.
Senza che io mi affanni, senza che io mi stanchi dietro al mondo.
Qualcuno lo chiama "senso materno", sarà. Per me è solo "senso di responsabilità" che ora mi sta logorando.
Tutto deve essere perfetto, al massimo delle mie possibilità. La mia maledetta perfezione.
E poi, e poi il tempo passa, ed io sono qui, in attesa del mio miracolo, un miracolo che magari è già avvenuto ma che io ancora non vedo.
E fatico. Fatico perchè a volte è tutto così difficile che andare avanti distratti non è la soluzione.
Perchè noi, non ci possiamo distrarre.
Noi andiamo avanti, comunque, con tutto il nostro bagaglio di responsabilità, con il senso stretto in gola, da soli, con i sogni in tasca, senza spazio per noi, con le lacrime pronte agli angoli degli occhi.

giovedì 10 ottobre 2013

ma è così.




Non è che nel frattempo sono diventata un'altra.
No.
E' che va bene così.
Se non fosse per gli attacchi di gastrite, mi sentirei pure bene, scriviamolo piccolo che non si sa mai, ecco sì, mi sentirei bene.
Poi ci sono giorni in cui all'improvviso, mentre sto disegnando, oppure giro il sugo, oppure guido, che mi si riempiono gli occhi di lacrime e non riesco a capire come sia possibile mandare avanti questa vita senza la presenza di lei, che manca, ora manca di più, perchè questa vita va avanti, nonostante tutto, con normalità.
E nella normalità ora lei manca di più.

C'è che arriva il ciclo ed io non mi dispero più.
Alla fine mi dico che ancora no, non è il momento.
Non corro più.
Poi succederà che arriverò ai quarant'anni e allora ricomincerò a correre, ma anche no.
Che alla fine per la gente come me, quaranta, quarantacinque, cinquanta, che importanza ha?
Ha importanza per chi viene generato, l'ipotetico frutto dell'aspirato concepimento, certo.
Una mamma già vecchia non è che per caso è da egoisti?
Forse si.
Forse no.
Comunque, ora è un problema che non posso affrontare.
C'è troppa carne al fuoco. E troppa carne al fuoco si brucia.

Ora la gggente mi guarda male e mi dice che sono una pazza a continuare a cercare.
Ora io rispondo con delle semplicissime parole, le stesse parole che mi sono ritrovata a dire ad alta voce, l'altro giorno, alla fine di una lezione di yoga in cui, ma guarda un pò, ho ri-pianto tutte le lacrime di riserva, e durante la quale le partecipanti erano due, me medesima e una bellissima pancia rotonda abitata, ovvero, un'altra ragazza munita di bambino dentro una pancia (che culo eh.). Ecco, io alla fine ho parlato, ad alta voce, perchè la ragazza munita di pancia-bambino voleva dirmi quanto era bella l'esperienza che stava facendo, che le aveva cambiato la vita, che vedrai che alla fine quando meno te lo aspetti tocca pure a te, ed io, ho detto che, 
io non posso pronunciare le parole adesso basta, sono stanca e troppo provata.
io non posso dire che sono alla fine del cammino, al the end della storia.
non lo posso dire perchè per me è naturale ricercare mio figlio.
per me è naturale essere in gravidanza.
per me è istintivo e innato dare una possibilità di vita.
E non si tratta di voler diventare madre ad ogni costo. Per quello ci sono altre vie, che chissà, verranno prese. No. 
Questa è un'altra storia, ed io lo so come finirà.

Ed è così che la ggente ammutolisce, e poi anche la ragazza con la pancia, che con tutta la sua dolcezza, lei non lo sa, mi ha regalato la sua energia e quella di suo figlio, durante la lezione.
E mentre ero lì che meditavo, dicevo (ma non a voce alta): bambino, bambino, hey tu, bambino nella pancia accanto a me, mi senti? Io si, io ti sento. La sento la tua presenza. E se sento la tua presenza, come non posso sentire quella dei figli miei?
SAAAAT- NAM.

Ecco, è facile e semplice.

E ora è il momento dell'irrazionale, perchè al razionale abbiamo dato troppo spazio fino ad ora.
E il carodott, lo so che mi pensa e si starà dicendo "c'ha rinunciato la mia pupilla, alla fine si è arresa."
Col cavolo.
Solo che non sono più in guerra.
Convivo con il mio fuoco, che come dice Ylenia, ho dentro. 
Sì, sono diventata un'infertile da quando mi hanno tolto quella tuba.
Sì, non sono riuscita a portare a termine nessuna gravidanza.
Sì, mi sono disperata e ho toccato i miei limiti.
E poi sono arrivata qui, in questa dimensione che è di attesa, ma non snervante.
Dolce.

Sarà.
Lo so.
Contro tutto e tutti.
Sarà.
Non so come, ma è così.

mercoledì 2 ottobre 2013

Una sedia, la mia.

Tenderness Diptych, left (2003) © Kyle Rand
fonte: Come sedia


Grazie a Silvia,
che mi ha accolto nel suo sito, con la delicatezza che solo una donna sensibile e attenta al vissuto come lei, riesce ad avere.
Vi invito a leggere le sue interviste perché raccontano di uomini e donne le cui storie sono un esempio.
Amo il progetto di Camilla e Silvia di Measachair.
Un lavoro che va condiviso perché è un cammino, fatto di sedie che raccontano di arte, creatività, sentimenti, vita.

Buona lettura:
http://measachair.blogspot.it/2013/10/tutte-le-sedie-di-a.html?spref=fb

martedì 24 settembre 2013

#04 HAPPY PILLS : la storia di A. e il bisogno di non arrendersi



Questa sera vi racconto una storia, la storia di A. che qualche giorno fa mi ha mandato una mail e timidamente si è presentata.
Anche la sua storia è una pillola di felicità, una delle più commoventi.
Potrebbe essere inserita tra le Bolle di questo sito, ma la mia visione della vita è cambiata. Non cerco più storie simili alla mia per condividere il dolore ma gocce di luce, e A. ha tanta luce e tanta forza dentro e per questo merita uno spazio speciale.
Convinta che prima o poi ci sarà un lieto fine anche per lei, anche per me, non posso che rimanere ammirata da tanta caparbietà.

Questi sono giorni in cui il passato mi insegue.
Ci sono persone e situazioni che tornano a galla, nonostante abbia fatto di tutto per tenere tutto a posto.
Sono giorni di somme tirate, di conti da fare.
Sono giorni in cui non penso molto, vado avanti gustandomi le forze fisiche che stanno tornando con il fresco dell'autunno.
Sono giorni in cui ricordo quello che accadeva un anno fa esatto: l'inizio della pma. Ho un ricordo bellissimo di quel momento, nonostante la paura. Ho un ricordo bellissimo fino alle seconde beta, nonostante il difficile pick up, ma il dolcissimo transfer. Ho un ricordo di gioia, di speranza, di futuro.
Poi il futuro me lo hanno tolto, con una sentenza ancora da provare.
Mi sento lontana da qualsiasi gravidanza, la ricordo una per una e il ricordo, anche qui, sa di miele, non sa di dolore. Perchè quando sono in attesa sto bene, sempre, e perchè non sono in attesa in realtà, lo sono prima, ma quando uno dei miei figli cresce dentro di me, tutto va al posto giusto, tutto torna, ogni pezzetto come in un puzzle.
E' questo quello che vale più di ogni altra cosa, ciò che mi fa andare avanti. E coltivare quelle sensazioni è la chiave.

Grazie per le storie che mi state inviando, continuate a farlo se vi va, e grazie A. per il tuo grande esempio di donna che porta avanti, oggi, in questa società che è il contrario di tutto, una scelta e un ideale, quello di diventare madre.



"Cara Anna,
mi presento...mi chiamo A. ed ho 31 anni.
Ti scrivo perchè vorrei raccontarti la mia storia....una storia dolorosa ma ricca di significati!
Sono sempre stata una ragazza molto solare,determinata e fortemente sognatrice...
Ho sempre creduto che qualsiasi cosa avessi desiderato con impegno e volontà avrei potuto realizzarla...
A venti anni entro nella facoltà che desideravo.....inizia la mia avventura universitaria...sarò un medico dentista...
Il mio sogno si è avverato...amo studiare quelle materie...amo immaginarmi nel mio studio a curare i miei pazienti...
Poi qualche anno dopo arriva anche l'amore della mia vita...un ragazzo meraviglioso,dolce,sensibile...
Tutto era perfetto...la mia vita era perfetta...non mi mancava niente...amici,famiglia,amore....il futuro che avevo sempre sognato si stava realizzando...
Ad un certo punto,poi,al terzo anno di università inizio ad avere strani sintomi...tachicardia,affanno,stanchezza cronica....
Per i medici,tanti medici,ero semplicemente ansiosa e troppo stressata...per loro dovevo solo rilassarmi un pò...
I mesi passano ma io continuo sempre a peggiorare...si aggiungono altri strani sintomi...ad inizio 2008,dopo mesi passati a stare male,arriva la diagnosi....
Ho un tumore al timo...un timoma che produce ormoni...
Nessuno vuole operarmi...l'intervento è troppo rischioso....rischierei di morire durante l'operazione...
Poi dopo vari consulti trovo un chirurgo toracico che si prende la responsabilità di operarmi....
Mi opera il 15 maggio del 2008...
Io firmo il consenso all'anestesia sapendo che c'era la possibilità che non mi risvegliassi mai più...
Fu atroce salutare la mia mamma,il mio papà e G.  fuori la sala operatoria....
Ore infinite di intervento...ogni tanto usciva l'anestesista a dire ai miei parenti: "per adesso A. è ancora viva"...
Superai l'intervento...ma i problemi erano appena iniziati...
Purtroppo una brutta infezione allo sterno (mediastenite) e mille altre complicazioni gravi (tromboembolie polmonari,insufficienza renale ed epatica,setticemie e shock settici,....) mi hanno fatta restare in ospedale per tantissimi mesi....
Ho vissuto l'inferno...sia da un punto di vista fisico che emotivo...
Io non ho mai mollato...ho lottato con le unghie e con i denti...e alla fine ho vinto...
G.  l'ultima volta che uscii dalla terapia intensiva mi disse che poichè aveva avuto troppa paura di perdermi lui voleva vivermi anche un solo giorno da marito e moglie....
Il mio cuore si sciolse dalla gioia....
Per i medici io sono un miracolo...
Inspiegabilmente ho superato setticemie,shock gravissimi....piangono di felicità quando ricomincio a camminare e a mangiare....
Nonostante tutto il dolore,la dura prova che avevo superato per me la vita ora poteva ricominciare....
Organizzai il matrimonio con la paura nel cuore che qualche nuovo problema mi impedisse di vivere il giorno che avevo sempre sognato....
Il giorno del nostro matrimonio però arrivò...
Fu bellissimo....tante lacrime di gioia....tanta speranza ...tantissimo amore...
Io non ero più sola...iniziava la nostra vita insieme...
Da subito iniziamo a sognare un bimbo....
Ma noi sappiamo che dobbiamo aspettare almeno maggio del 2012 per poterci provare...devo smaltire i farmaci citotossici che ho assunto...
Così ci mettiamo il cuore in pace....
Vedo le altre donne incinte e sogno di avere anche io presto un bel pancione...
In quei mesi sono tranquilla....
Decido anche di riprendermi il sogno della laurea...sentivo che era giusto realizzare quel sogno che tanto desideravo...e così torno all'università...
Mille sacrifici,tante lacrime,tante ingiustizie ed umiliazioni ma alla fine con la mia determinazione arrivo a laurearmi....è ottobre del 2012...
Adesso è ora di diventare mamma....adesso posso...
Ma in realtà non è così....perchè a causa del mio ovaio policistico e degli anticorpi antispermatozoo posizionati sugli spermini di G.  (sterilità immunologica) ci dicono proprio prima della mia laurea che la nostra unica possibilità per avere un figlio è ricorrere alla ICSI...
Un'altra dura prova mi aspetta....lacrime infinite....tanta rabbia....
Ma purtroppo,avendo letto tutto il tuo blog, so bene che tu puoi capire tutte le emozioni che si provano dovendo iniziare un percorso di pma.........
A maggio di quest'anno inizia la mia avvventura con la pma...
Il primo tentativo me lo interrompono per scarsa risposta...avevo prodotto un solo follicolo...ma loro mi avevano dato una dose bassissima di gonal f...
Il mese dopo inizio la nuova stimolazione...produco tanti bei follicoli...il pick-up per me è dolorosissimo....sono in iperstimolo....mi ricoverano...niente transfer a fresco....a fine luglio congelo due blastocisti...
La dottoressa mi dice che appena sarà possibile mi trasferirà le mie piccole blastine...
Ma come nelle più belle favole il 23 agosto scorso scopro di essere incinta...
Io e il mio amore tocchiamo il cielo con un dito....finalmente capiamo come è la vera felicità...il nostro sogno più bello si è avverato...
Trascorriamo giorni magici....ci sentiamo mamma e papà...il nostro miracolo è tutto ciò che desideriamo...
Ma poi inizia il calvario delle beta...all'inizio il raddoppio ogni 24 ore c'e'...poi la crescita rallenta...
Ci viene detto di iniziare a pensare che questa gravidanza possa finire...
Io mi dispero...piango tutte le mie lacrime...mi dico che il mio miracolo non può non compiersi....
La vita non può essere di nuovo crudele....
Già ho sofferto troppo...
Anche G. è distrutto....
E poi la sera del nostro anniversario,il 6 settembre scorso,iniziano le perdite e i dolori...
Vado in pronto soccorso e la diagnosi fa ancora più male...la mia era una gravidanza extrauterina...
Il mio dolce angioletto è bloccato nelle mia tuba sinistra....
Mi ricoverano...all'inizio vogliono operarmi poi però le beta scendono e ieri mi dimettono...
Decidiamo di prenderci qualche giorno di tempo...io vorrei evitare il methotrexate...spero che almeno questa sofferenza mi sarà evitata...
Oggi sto iniziando a capire che il mio angioletto non nascerà mai...
Il nostro sogno è finito...
Ho il cuore spezzato dal dolore....
Ti ho raccontato tutta la mia storia perchè credo che nonostante tutto il dolore la mia è anche una storia di speranza...
Io sono un miracolo vivente...
Io e il mio amore abbiamo concepito naturalmente nonostante noi per la scienza non avremmo mai potuto concepire senza una ICSI...
Quindi mi sento di dirti di non arrenderti....
Lotta come hai sempre fatto per raggiungere tuo figlio....sei una donna molto coraggiosa....e ti stimo molto!
Anche io non mi arrendo...
Lotterò con tutta me stessa affinchè il mio desiderio di stringere mio figlio tra le braccia diventi presto realtà....
Un abbraccio. "