sabato 28 giugno 2014

Il futuro non è più quello di una volta.




Mi sono ritrovata in un forum per eterologa.
Ho letto la mia presentazione e non mi sono riconosciuta.
Mi sono letta come se le cose accadute fossero accadute ad un'altra persona, e questo, non mi è piaciuto.
E' una presentazione che riassume molto di me, e che sul blog non ho mai fatto, perchè il blog è per i miei figli e per me.
"L'appoggio" qui, per chi passa, affinchè abbia l'accortezza di non propormi torte di pannolini e offerte per asilo nido, e per me, per tenere nero su bianco ciò che mi ha portato ad essere oggi quella che sono:
una donna in attesa e in continua ricerca di se stessa.

Lun Dic 10, 2012 3:57 pm
"vi racconto il nostro percorso.la nostra ricerca inizia a settembre 2009.la prima volta che vedo un test positivo è marzo 2010 ma subito dopo arriva il ciclo.non mi preoccupo, sono inesperta, sono felice di aver cmq prodotto qualcosa.E infatti, a maggio, con una settimana di anticipo dall'arrivo del ciclo, faccio un clear blue che mi indica "incinta 1-2 settimane"Il 2 giugno iniziano le perdite, forti, che non si interrompono.Lo perdo.A febbraio 2011 inizio un monitoraggio dell'ovulazione, unica iniziativa della mia ginecologa che non ritiene di dover fare nessuno approfondimento.Rimango ovviamente incinta. Ma poco dopo arriva il ciclo. Faccio le beta e sono positive.sono scioccata. Chiamo la ginecologa e lei mi dice che sia il test sulle urine che le beta sul sangue sono sbagliate. Io le chiedo esami e approfondimenti sulla poliabortività e lei mi risponde che faremo un esame alle tube. Mi incazzo. Cosa centra un esame alle tube se io rimango incinta?Vado in crisi. Cominciano le crisi di panico e di ansia.Cerco aiuto.Trovo il mio angelo. Un dottore esperto in abortività che mi ha accompagnato fino ad oggi tenendomi per mano.Iniziano le ricerche che però non rilevano nulla di importante, a parte le solite mutazioni in eterozigote dell'MTHFR e del PAI, sia mie che di mio marito. Dagli esami strumentali invece si scopre immediatamente un papilloma virus al collo dell'utero, che non centra con le gravidanze ma che quella cretina precedente non aveva visto per la mia salute, e da un'isteroscopia all'utero, dei polimi endometriali. Con una terapia forte ormonale i polipi scompaiono. E' luglio. Inizio una terapia a base di integratori e prefolic, a settembre sono di nuovo incinta. Le beta sono altissime in anticipo di dieci giorni dal ciclo. Non capisco cosa è successo. Crescono. Ma non raddoppiano. Iniziamo una terapia a base di cardioaspirina, cortisone, preogesterone in ovuli e punture oltre al resto. Arriviamo a vedere una piccola cameretta gestazionale. Ma le beta si fermano: partite da 1200 arrivano a 13.000 e poi basta. Nuovo aborto. Sempre alla sesta settimana. Espulsione spontanea. Impiego 53 giorni per far tornare il ciclo. Era il 15 dicembre dello scorso anno, ero a Colonia, in Germania, dentro il Duomo. Me lo ricordo come ora. E' l'inizio di un nuovo periodo, lo sento. A gennaio inizio il monitoraggio dell'ovulazione, ogni mese capiamo che è l'ovaio sinistro a produrre, ma è bislacco, secondo il dottore il vero ovaio è quello di destra, quello "buono" che dovrebbe produrre ovuletti buoni da fecondare.A marzo facciamo un post coital test e il risultato è ottimo. Tanti spermatozoi, pimpanti e baldanzosi, si decide che una IUI in questo caso è inutile. Ovulo a destra, due giorni prima del post coital test.Manco a dirlo, a fine mese sono incinta. Ovulazione destra come previsto.Stavolta la terapia dura da mesi, non inizia con la gravidanza, ricominciamo punture e ovuli di progesterone e aggiungiamo eparina.Le beta triplicano. Crescono benissimo. Il mio dottore dice che è la volta giusta ne è sicuro.Una mattina mi sveglio, e mentre facevo il pane, sento un dolore lancinante alla pancia. Un dolore che mi piega in due.Sotto consiglio medico prendo un buscopan e mi metto a letto. Dopo due ore il dolore è tutto a destra. Aumenta sempre di più. Non voglio andare in pronto soccorso, il mio dottore mi accoglie in studio e non vedo nulla in utero. A destra sospetta un versamento, mi manda subito in PS e chiede un monitoraggio delle beta per sospetta GEU. Naturalmente le infermiere minimizzano, io aspetto un'ora e mezzo prima di essere visitata e ad un certo punto vado in choc. Svengo e non mi rialzo più.Di lì vengo portata di corsa in sala operatoria. Il dolore è così forte che non respiro più. Extrauterina a sinistra, anche se il dolore era a destra, anche se l'ovulazione era a destra. La tuba sinistra ha fatto un giro strano e si è pappato l'ovuletto fecondato nella tuba destra. Succede. Raramente. Sfortuna. Io rischio di morire, sia perchè la tuba scoppia in pronto soccorso, sia perchè perdo tanto sangue per via della terapia di eparina e cardioaspirina. Perdo anche la tuba ovviamente. E' maggio. Il 14 maggio 2012.Da subito mi viene messa davanti la realtà che da donna molto fertile ora le possibilità di concepire naturalmente sono bassissime, soprattutto perchè il mio ovaio destro, quello con la tuba lavora poco.A luglio prendiamo la decisione per iniziare la pma a settembre.Passo un'estate di preparazione, tra esami da portare e una dieta che mi fa perdere 14 kg, perchè mi dicono che così ho più possibilità.La pma inizia il 23 settembre con la soppressione, protocollo lungo. Il 18 ottobre con un pick up dolorosissimo ottengo 10 ovuli tutti dall'ovaio destro, il sinistro va in sciopero e questo convalida la teoria che è un ovaio che non va bene. 8 dei 10 sono fecondabili con ICSI. Tre di loro non vanno avanti, cinque si tenta di portarli a blastocisti, per ottenere ovociti di buona qualità. Si ottengono 4 blastocisti di qualità A, i biologi sono soddisfatti, i dottori pure, noi pure. Mi dicono che a 38 anni è una risposta buonissima.Il 23 ottobre è il giorno più bello della mia vita. Due di loro vengono trasferite nel mio utero. Le altre due sono crioconservate.Li amo da subito e so che ci sono.Oramai ho imparato a riconoscere i segnali del mio corpo e dei miei figli. So che ci sono. Il 31 ottobre le beta sono 213. Sono alte per un 8°PT.Pensano abbiamo attaccato entrambi.Lo stesso pomeriggio, la gioia si trasforma in angoscia. Perdite di sangue.dopo due giorni le beta sono cresciute ma non raddoppiate e così per tutta la settimana ogni due giorni.Si ipotizza che uno dei due che inizialmente si era attaccato non ce l'ha fatta e che ora le beta non vanno come dovrebbero perchè falsate da questo evento. Alla terapia aggiungiamo la solita eparina ma raddoppiate di dosaggio. Raddoppiamo anche il cortisone e l'eutirox e iniziamo un integratore per l'omocisteina. A sei settimane la prima eco, ci fa vedere una cameretta gestazionale giusta per le misure, tonda, bella e piena di speranze. Ma c'è un distacco. Io ho perdite marroni continue. Aumentiamo il progesterone e oltre alle punture quotidiane e agli ovuli aggungo il lentogest ogni due gg. Sono a letto. Mi alzo solo per andare in bagno. sono stremata ma penso che il mio piccolo ce la può fare. A 7+0 vediamo un piccolo embrioncino, ma davvero piccolo, di 3 mm.Il battito non lo vediamo. Ci rimandano alla fine della settimana per un'altra eco dove il battito si deve vedere. Io capisco che è finita. Da quel momento smetto di sperare, non lo sento più. Capisco che se ne è andato. E a 7+5 l'eco non vede più nemmeno l'embrione, la cameretta non si è ingrandita, io ho il sesto aborto.Venerdi, a 8+4 il mio primo raschiamento.Quello che si tenta è di ottenere una risposta dal citogenetico, che ci verrà consegnato il 7 gennaio 2013.Nel frattempo il mio dottore si confronta con Martinez di Malaga, che è un suo amico, e che so che qui nel forum molte di voi conoscono, e l'ipotesi che si delinea è che io e mio marito produciamo ovuli malati. Io studiando capisco che quel "malati" vuol dire cellule aneuploidie, alle quali non c'è soluzione, a quanto mi dicono.Capisco da sola che esiste una tecnica chiamata ARRAY CGH proprio per coppie con cariotipo normale e aborti ripetuti.Allo stato attuale non mi è chiaro ancora se è una tecnica che possiamo fare sul nostro sangue, se possiamo farla sulle due blastocisti congelate o non so che altro. Nell'ipotesi di poterla fare sulle blasto, ammesso di non metterle a rischio, dobbiamo accettare di scongelarle, fare la biopsia e poi trasferirle prima dei risultati. Ovvero devo mettere in conto un altro aborto.Ma io so che non posso lasciarle lì, anche se sono malate.Ora è tutto nero. Davanti a noi si delinea l'ipotesi che ogni volta che io e mio marito ci uniamo, nell'atto di amore più profondo, l'unica cosa che rimane, da una vita che potremmo concepire, potrebbe scaturire una morte. E a noi questo ora sembra una condanna infinita, una punizione che non meritiamo, una malattia che non sappiamo come curare.Siamo disperati, perchè sta morendo l'unica cosa che fino ad oggi ci dava la forza per andare avanti: la speranza."

La presentazione si ferma a quel dicembre.
Il 29 aprile 2013 ci prepariamo per accogliere i due crioconservati di classe A e B.
Quella mattina sono calma. Ho imparato a respirare grazie allo yoga. Sono sul lettino con le rotelle con indosso solo la camicia verde di carta da sala operatoria. Mio marito mi guarda affascinato mentre recito i miei mantra.
Entra il giovane biologo, che ci aveva già seguito a ottobre, e ci dice che la blastocisti di grado A non è sopravvissuta allo scongelamento e che trasferiranno solo quella di grado B, la quale comunque, dopo ore dal risveglio, si è espansa e ha buonissimi segnali di crescita. Non c'è motvo per cui non debba farcela.
Io capisco immediatamente che è finita così.
Il mio transfer non è bello come il precedente, mi emoziono comunque ma non piango.
Tengo con me la piccola blasto per dieci giorni e poi decido di fare le beta. Sono positive ma molto basse. Accolgo la notizia senza emozione. Mando a tutti questo sms: " il settimo angelo è arrivato, mi preparo a combattere" ma sento che non va bene.
Infatti dopo due giorni le beta si dimezzano.
Spiegazione: la gravidanza non è partita, il residuo del gonasi ha fatto sì che si leggessero beta positive ma non erano relative alla gravidanza.
L'endocrinologo sposa questa teoria, il ginecologo nicchia, io sorvolo. Nemmeno ho il tempo di piangere e pensare perchè il 6 giugno, improvvisamente, la madre di mio marito muore, in maniera drammatica e dolorosa, e tocca a noi due soccorrerla.
Il dolore mi si stampa nel cuore in maniera indelebile.
Improvvisamente mi cadono addosso tutti gli anni passati a combattere e rialzarmi immediatamente dopo la partenza di uno dei miei figli.
Cado in ginocchio, sotto il peso della responsabilità di una nuova famiglia confusa e dispersa, responsabilità che non mi viene richiesta ma che io per carattere adotto, e sotto il peso della caduta della speranza. La Speranza che avevo tenuto accesa in tutti questi anni.
Sto male. Fisicamente. Una gastrite violenta mi piega. E arrivo a dicembre. un dicembre sereno, calmo, in cui lascio andare tutti i miei figli e tutte le persone che non sono più con me e quelle responsabilità che nessuno mi aveva chiesto. Rinasco. 
Sono passati sei mesi del nuovo anno. Un nuovo periodo. Una nuova vita in cui vorrei raccontare del mio baby raimbow che non è arrivato e che cerco ogni mese, avendo preso la decisione di continuare la ricerca "naturalmente".
Ho poche armi ormai a disposizione.
Una diagnosi preimpianto o un'eterologa.
Per la prima la decisione viene presa seguendo il cuore. Non sottoporrò i miei embrioni, i miei figli, ad esami che li porteranno ad essere "scartati" in caso di errori cromosomici. Non sono loro che hanno chiesto di essere concepiti e il solo avere come risultato la diagnosi non mi porta ad avere la soluzione. Per la seconda, è la mia ultima spiaggia, che economicamente non posso affrontare ora, e per la quale mi dò il tempo per capire. La mia paura è quella di mio figlio da grande, che è la paura di tutti i genitori, e delle sue domande, per le quali oggi, non ho ancora risposte.

Ho superato il compleanno dei 40, che tanto temevo e ho fatto indigestione di storie a lieto fine over40. Ho concluso un altro ciclo di yoga, ancora più profondo e consapevole. Ho riconosciuto i miei sbagli e ho preso atto di una situazione che, da un punto di vista razionale non ha molto da raccontare.
Ho dedicato l'inverno ad un lavoro che mi ha riempito di soddisfazione, ho scritto molto, in maniera approfondita e meditata, su me stessa e sulle donne che affrontano un aborto. Ho conosciuto persone importantissime, che non si sono legate al virtuale, ma che per la prima volta sono reali, con le quali non mangerò la pizza il sabato sera ma dalle quali imparerò ogni giorno.
Ho dato spazio alla preghiera, pur non credendo in fondo che sarò esaudita. Il nodo da sciogliere attuale, è questa fede che non comprendo perchè debba essere viva, solo perchè si esaudisce un desiderio. Questa non è Fede.
Ma non rinuncio. Ci sto lavorando.
Ma non ho voglia di non prendere atto di quello che è stato.
Ho bisogno di recuperare un dialogo che nel tempo si è perso tra medicine, esami, ipotesi e ragion di vita.
Ho perso l'istinto.
Questa è la verità.
Ed è sempre stata l'unica cosa vera in tutta questa storia.
Sono divisa in due, tra il sentirmi ferma e senza armi e il "lasciare che accada quello che deve accadere", e questa situazione ora, è difficile da digerire. Non si trasferisce su un blog, non si racconta per strada quando mi chiedono "come va?" con gli occhi di commiserazione.
Ecco perchè mi fermo qui.
Persa.
Continuo a scrivere fiumi di parole che non verranno lette attraverso un video, ma solo attraverso il cuore di un figlio che arriverà.
Non ho spazio per altro.
E non so cosa accadrà.

lunedì 23 giugno 2014

Pausa


Per questo è importante lasciare
che certe cose se ne vadano, 
si distacchino.
Non aspettarti che riconoscano i tuoi sforzi, 
che capiscano il tuo amore.
Bisogna chiudere i cieli.
Non per orgoglio, per incapacità o superbia.
Semplicemente perchè quella determinata cosa
esula ormai dalla tua vita.
Chiudi la porta,
cambia musica, 
rimuovi la polvere.
Smetti di essere chi eri e trasformati in chi sei.
- P. Coelho


domenica 15 giugno 2014

Ricerca

Faccio i conti con questa me stessa tutti i giorni.
La ritrovo la notte, in sogni pieni di gente, gente che appartiene al mio passato, che ho conosciuto ma con la quale non ho avuto molti rapporti, la ritrovo in luoghi confusi, di luoghi riconosciuti ma senza ragione di essere lì, in quella situazione.
Mi riconosco, in ogni sussulto, respiro di condanna, dolore in punta di spillo, eterna speranza, sorriso ricercato, ossa ricostruite, nel mio corpo da salvare.
Ascolto la mia me stessa razionale, che programma, che organizza, ma non prevale più ormai. La ascolto per istanti, la seguo, ci credo ancora in lei, eppure ne sono distante, non mi appartiene. E' una me che vorrei seguire, a cui vorrei dire che ha ragione, che le cose funzioneranno così, ricordandosi di come si disegna il grafico della funzione di una retta.
Ma quella me vive da sola, è un pezzo che si è staccato nel mondo, è autonoma, non ha più bisogno di me.
Può farcela così, va nel mondo, senza di me. E funziona.
L'ho cresciuta, è maturata, va in proporzione all'età, è la me che ci si aspetta di incontrare. Sempre.
Ma l'ho abbandonata.
Ormai da un pò.

Ciò che scelgo di raccontare è ciò che rimane di me oggi. Non la minima parte. La parte più grande, quella insondabile, quella incomprensibile, la parte piena di dubbi e di domande, che non ha certezze.
Quella più facile da attaccare, da appendere ad un muro, da raccogliere per cercare di salvarla.
Io non devo essere salvata.
Non cerco soluzioni.
Sono in viaggio alla ricerca di una parte di me che ancora non conosco, cado nel frattempo, faccio errori, mi guardo indietro, cerco luce indietro, perchè non è vero che è stato solo buio, e faccio errori, nell'insindacabile bisogno di completarmi, per tornare a ricongiungermi finalmente con la parte che, matura, viaggia da sola. Nel bisogno di completarmi.

Sto imparando ad accettare che l'intercessione, al di là della mia Fede (in qualcuno, in qualcosa), guarisca le mie ferite e mi regali nuova vita. Accetto mani sulla mia pancia, preghiere sussurrate commosse, lacrime e abbracci stretti. Accetto il silenzio intorno a me. Osservo. Chi ha la soluzione, che sia razionale, che sia di Fede. Invidio per questo. Imparo.
A lasciarmi andare a pianti a singhiozzo, sola, al centro di una scala stretta, dopo che mani sconosciute hanno toccato il mio cuore e la mia pancia, chiedendo che io sia completata.
Che è la mia preghiera.
Che è la mia soluzione.
Sussurro, ogni sera, parole lette in un cartoncino, come i mantra che recito durante le lezioni di yoga, dando corpo alla luce che avverto dentro.
Mi pongo domande. Tante. Perchè io. Perchè dovrei essere ascoltata e da chi poi. Perchè la mia richiesta dovrebbe valere più di quella di mio marito, o dei miei genitori o delle tante persone che chiedono per noi. Perchè di nuovo tutto dipende da me? Perchè una grazia non dovrebbe essere esaudita anche se io non la richiedo. Perchè dovrei farlo, io che ho tutto, che ho cuore e testa per salvarmi, quando ci sono persone che non hanno nulla e che hanno molto più bisogno di me?
I miei figli mi hanno attraversata. Parte di loro vive in me. Non riesco ad ignorarli. E questo non vuol dire non riuscire a lasciar andare. I miei figli sono andati via. Sono esistiti talmente poco che la maggior parte della gente non considera nemmeno la loro esistenza. Non ho tombe sulle quali piangere. Non le cerco.
Non ho bisogno ora di questo. Il tempo è passato, ed è stato un tempo sufficientemente lungo per potermi permettere di ricostruirmi intorno ai vuoti che hanno lasciato. Ho imparato a riconoscere i segni dei loro passaggi, e questo mi basta. E' tanto per me. C'è chi non ha nemmeno questo. E così si muore.
Io non muoio perchè li chiamo "figli". Lo so che è un termine che infastidisce. Lo so che mi dipinge come una donna ancorata ad un esistenza fatta a metà. Ma non è così. Il mio bisogno di riconoscerli mi impone l'obbligo di vivere per il mio futuro, e vivere nel migliore dei modi.
Parlarne mi consola.
Io lo posso fare solo qui.
Dare voce alla loro esistenza mi è proibito.
Quando posso farlo, quando possiamo farlo, crolliamo, sia io che lui, da soli, al centro di una stretta scala, a casa di una santa, scomodata per dare voce al nostro distinto istinto di genitori mancati. Crolliamo e piangiamo, sotto il peso dei giudizi, delle condanne, delle parole non richieste che pesano come macigni. Come fosse facile svegliarsi tutte le mattine e non giudicarsi da soli per come scegliamo di andare avanti, incerti se sia il modo più corretto per riprendere a camminare, nella ricerca spasmodica di raggiungerci, per completarci.


Pietro mi squadra intimorito, in quel modo che mi basta a farmi comprendere che non potrà mai capirmi. 
E poi dice una di quelle cose stupide che dice sempre.
"Cerca di stare tranquilla".
Strano che non abbia anche detto: "Dobbiamo guardare avanti".
E invece no, lo dice subito dopo: "Dobbiamo cercare di guardare avanti".
"Ah sì?" ho un tono di voce acuto, derisorio.
"E dimmi allora, cosa c'è avanti?" Cosa vedi di tanto interessante?"
"Io vedo te" mi risponde lui, guardandomi dritto negli occhi.

Nessuno sa di noi, Simona Spartaco

venerdì 6 giugno 2014

un futuro.

Non sono abituata a progettare il mio futuro.
Mi sono programmata una vita tale che ogni giorno è diverso dall'altro. Se tu mi chiedi se possiamo vederci il giorno X all'ora Y, io ho serie difficoltà a risponderti, perchè di fatto, non so mai cosa farò quel giorno. Potrei avere un impegno che mi dura tutta la giornata, oppure no. Non è che sia una persona così impegnata da avere tutte le ore con gli appuntamenti, no. Per carità. Ho scelto un lavoro che non mi fa uscire la mattina e rientrare la sera. Certo, non ho sicurezze. Vado avanti alla giornata. E' una scelta. Condivisibile o no.
Non è facile per niente sostenerla, però mi rende libera. Almeno libera come lo intendo io.
Oggi per esempio, ho preso un appuntamento di lavoro fino all'ora di pranzo, poi abbiamo lasciato la città per entrare in un centro benessere, uno dei regali per i miei quaranta, e cercare di lasciare tutto alle spalle.
Siamo usciti felici, ci siamo cucinati una frittura di pesce e poi bevuti un buon Soave gelato.
Siamo liberi? punti di vista.
Per me la libertà è non essere costretta a programmare il futuro.
E così, quanto mi è stato difficile programmare questi anni a rincorrere un desiderio, calcolare razionalmente i momenti cercando di prevederli.
Non sono mai stata a mio agio in questo ruolo che mi è stato dato o che mi sono data, fatto sta che, a me non piace pensare al futuro.
Vivo il presente.
Quando sto male, vivo nel passato.

Stasera, il mio corto circuito è pensare ad un passato in cui lei pensava al suo futuro.
Il suo futuro sarebbe stato quello di svegliarsi durante la notte per i soliti dolori, lavorare un pò a maglia e aspettare il sorgere del sole.
Il suo ultimo sole.
Poi pensare a prepararsi per quel futuro imminente, una mattina dai dottori a fare esami e controlli, preparare la colazione, uno sguardo indietro alla telefonata con suo figlio, e poi alla cena con suo marito.
Un piccolo futuro.
Piccole ore, minuti che si susseguono, il sole che nasce, e poi, il respiro che si ferma, quelle parole ormai quasi sussurrate, e poi il futuro che si attacca al presente, diventa una cosa sola e poi si trasforma in passato.
Per sempre.
Eccolo il mio corto circuito stasera. Un anno in cui al massimo mi è stato concesso di pensare al presente, mascherato da passato.
Immagini congelate per sempre.
Un dolore che si è trasformato in consapevolezza.
Un'assenza che ha costruito un vuoto senza fine nelle nostre vite.

Cosa vuol dire essere liberi se non il desiderare di costruire il proprio futuro senza avere paura?



“In verità, sarete liberi quando i vostri giorni non saranno privi di affanno e le vostre notti di necessità e sofferenze.
E soltanto quando queste cose avvolgeranno la vostra vita vi leverete sopra di esse, nudi e senza costrizioni.
Kahlil Gibran