mercoledì 31 dicembre 2014

Di solitudine che non mi appartiene



Ieri mi sono scontrata confrontata con una persona circa il tema della solitudine.
Questa persona mi ha fatto notare che pur avendo avuto tre figli, la sua solitudine, ovvero il suo essere figlia unica con una famiglia senza cugini, la porta dentro, nel cuore, da sempre e che durante queste feste si accentua, nonostante.
Nonostante lo dico io.
Pagherei oro per passare le feste con tre dei miei figli in vita.
Eppure è così.
Perchè io sono figlia di una famiglia numerosa, che si confronta scontra quotidianamente con problematiche diverse. 

Eppure, ci si può sentire soli anche con tanti fratelli.
Eppure ci si può sentire soli anche essendo madre di tre figli.

Ho riflettuto molto su questo.

Io non mi sento sola perchè non ho figli.
Io mi sono sentita sola perchè abbandonata dalle persone a cui volevo bene quando ero addolorata.

Oggi non mi sento sola.
Mi basto, con tutti i miei difetti e le mie inquietudini e i miei vuoti.
La mia famiglia, quella formata da noi due e da Hope è davvero quanto più mi rende sicura e in pace.

Mi volto indietro a questo anno passato.
Non è stato affatto male. 
Non ho avuto ciò che desideravo ma mi ha aperto a nuovi mondi e nuovi modi di vedere la vita.
Non sono stata male. Non ho provato dolore.
Per me vuol dire tanto, tutto, dopo anni di sofferenza, anche fisica.
Sono stata bene e questo non è poco. Ho potuto riprendere le forze e ricominciare a vivere.
Avevo bisogno di questo tempo, non sarei riuscita a ri-iniziare altrimenti.

Ne è valsa la pena sin qua.


Buon anno, noi, per la prima volta da quando viviamo insieme, saremo a casa nostra. Hope tremante al mio fianco.
Aspettiamo la persona che si sente sola con i tre figli, anche se avremmo voluto tanto rimanere "solo" noi.
Eppure,
nessuno dovrebbe sentirsi mai solo.




Buon inizio.




ù

mercoledì 24 dicembre 2014

Buon natale

E buon natale ai miei bambini, Eugenio, Beatrice, Diego, Carla, Alberto, Lorenzo, e buon natale a quelli che abiteranno ancora la mia pancia.
E buon natale ai vostri cuori smarriti, soli e vuoti, che si possano riempire ancora di speranza.
E buon natale alle mie amiche con la pancia e la paura che le ha costrette al silenzio, pur di non respirare.
E buon natale alle già mamme, che i loro figli le prendano per mano e non le lascino mai sole.
E buon natale a chi non c'è qui, su questa terra, ma è altrove, dove noi li immaginiamo.
E buon natale a chi si sente solo.
Perché nessuno di noi dovrebbe provare la solitudine.

Io prometto di essere più buona e più bella (certo, è difficile ancor di più !) e di essere meno critica e meno polemica. Più stronza, però più neutra nei giudizi, più serena, meno agitata, più silenziosa, più abitata.

Buon natale a Filippo, che mi segue. Questa notte è per lui.



giovedì 18 dicembre 2014

Silenzi e risposte

mi piacerebbe che per questo Natale, le persone si ricordassero come ci si sente a mandar giù aria e vuoti per l'ennesimo anno.
si sorride comunque.
si festeggia comunque.
si vive comunque.
si fa l'albero e il Presepe.
si fanno i dolci, i regali, i buoni propositi.
si regalano libri di favole.
Poi si incartano regali che non verranno mai spediti, preparati per quelle donne che come me, hanno fatto un cammino insieme, hanno pianto, mi hanno stretto la mano, si sono sentite amate e comprese, e poi hanno proseguito il loro cammino lasciandomi indietro.
Io non ho capito.
Ma è un mio limite.
Non ho altre spiegazioni.
Mi farei piegare affinchè altre donne non provino ancora questo senso di vuoto e di smarrimento e di paura. Aprirei ancora le porte della mia casa, come sempre, e vivrei per ridere insieme e condividere ancora.
Ma il silenzio, quello non lo so gestire.
Il silenzio dà spazio a interpretazioni, spesso sbagliate.
Il silenzio mi destabilizza, mi fa sentire sola.
Il silenzio, quello da rispettare, è incoerente se si scontra con pezzi di vita quotidiana che fingono normalità.
Il silenzio allontana.
E la sensazione più forte che ho in questo Natale, è questo silenzio intorno a me, nonostante io non abbia mai smesso di condividere.
Non ci saranno spiegazioni, nè interpretazioni.
E i miei regali rimarranno sotto l'albero. Impacchettati e mai portati.

Ho in mano una verità che fa male, una risposta. Quella risposta che cercavo tempo fa e che poi ho smesso di cercare. Una verità che mi è venuta incontro e che ora fa i conti con le tante morti nella mia pancia.
Oggi fa i conti con la responsabilità. Non la colpa.
Ma non venite a dirmi che è tutto normale e che non è colpa di nessuno se le cose sono andate così.
Fateci voi i conti con un corpo che uccide i propri figli.
Poi ne riparliamo.

Questo Natale è per Filippo, la mia lente nuova, che mi ha insegnato a vedere la vita da un altro punto di vista. La mia consolazione quando mi sento disperata. La mia forza quando mi sento debole. Sicura di essere guardata e guidata da lui, che ora gioca con i miei bambini.

Questo Natale è Madre Natura così benevola in alcuni casi, così severa come nel mio.
AnnaMaria mi dirà che la dea Madre mi protegge ancora, e che
"Chi é piú forte toglie la paura a chi é piú debole....Vorrá dire che comincerá tuo figlio ad essere forte per te"



Se tu ce la fai figlio mio, allora io accetto volentieri.
Se tu sei più forte di me, allora prego, avanti. Perchè io non lo sono quanto vorrei. Quel tanto che dovrebbe servire a proteggerti.
Dammi la forza per proseguire su questa strada di verità. Toglimi questo senso di solitudine che mi fa sentire malata, diversa.
Donami la voglia di sorridere davvero, nonostante la tua assenza e l'assenza di chi ho amato.
Aiutami a far comprendere che questi giorni sono il centuplicarsi del dolore e del vuoto di pancia.
Che l'indifferenza, quella che si indossa perchè non si sa che fare, fa più male di un silenzio cercato, e che io non ho capito.
E che sono immensamente grata per i doni che mi sono stati fatti e che rifarei tutto daccapo.
Dall'inizio alla fine.
Ma che non ce la faccio a non guardare indietro, in questi giorni di indifferenza globalizzata mascherata da buonismo.
I giudizi risuonano nella mia testa e mi stringono all'angolo.
Mi sento piccola e indebolita.

Sarà un anno diverso quello che arriverà.
L'anno in cui cambierà tutto e tornerà la pace, nel mio cuore e nella mia pancia.



lunedì 15 dicembre 2014

Attesa di nascere, attesa di Natale.



Il mio viaggio per i sette anni con il mio compagno, collega, amante, amico, padre,
Ve lo racconto così.
In attesa di nascere.












         
Basilica di Sant'Elia. Viterbo.
15 dicembre 2007 
Inizio del cammino




venerdì 5 dicembre 2014

Di situazioni già viste, anfibi e pantaloni neri.

C'è che oggi io dovevo sottopormi ad un esame.
Una di quelle cose che sono abbastanza rompine.
Fastidiose.
Invasive.
Diciamocelo,
dolorose.
C'è che io non ne avevo voglia. Niente.
Ficcavo il mio cervello in altri posti, persone, cose, pur di non pensare a questa cosa che
1. mi avrebbe riportato indietro di mesi
2. mi avrebbe fatto male, ed io sono stanca di provare male
3. mi avrebbe agitato, ed io non mi piaccio agitata.

Ci sarebbe anche il 4, 5, 6 e tanto più, ma non aggiungo altro.

C'è che mi dicono che è necessario farlo per "vedere se gli aborti hanno lasciato conseguenze", e come si fa a dire di no ?
Si dice di si, storcendo il naso.
Quindi, armata di mantras contro la paura scaricati a manetta sul mio telefonino da donna manager, mi appresto a fare anche 'sta cosa.
Che due palle.
Tralasciamo il fatto che mi sono dovuta imbottire di antibiotici e antidolorifici che io odio, firmare consensi e attraversare una Roma più incasinata del solito (eh già, è venerdì!) sotto la pioggia costante e battente come non mai, tralasciando i soldi che sono stati versati cash appena varcata la soglia di una ridente nota clinica romana, dicevo, mi appresto armata di anfibi, pantalone nero e cuffiette nelle orecchie ad entrare in sala operatoria, cercando il più possibile di astrarmi dal mondo intorno a me. Non voglio fare amicizia con nessuno, non voglio raccontare la mia storia, voglio sbrigarmi a svolgere la pratica e basta.
Passa un pò di tempo e finalmente mi chiamano. Lascio marito, cuore, cappotti, borse e ombrello e mi spoglio, rivestendomi con un abitino da sala operatoria la cui fantasia è identica a quella dell'altra notissima clinica romana il giorno che feci il mio bellissimo pick up.
Sorrido.
Cuffietta in testa, copriscarpe.
Ridicola.
Lo svilimento di questi posti è in realtà dovuto a come ti conciano prima di presentarti ai dottori, mica le posizioni che devi assumere durante gli esami.
Comunque,
mi danno un armadietto per i pantaloni neri e il cellulare dotato di mantras, e una chiave per chiudere tutto lì dentro.
E poi mi fanno sedere tra due tendine bianche su una mega poltrona per niente comoda.
L'attesa è snervante. Io canticchio i miei mantras guardandomi gli anfibi dotati di calzari blu e le mie gambe nude bianche come non mai.
Ripenso a quante volte sono stata in una situazione simile.
Ripenso al fatto che tutte le altre volte ci sono stata che stavo male, provavo dolore, paura, strazio, apprensione.
Oggi no.
Razionalizzo che non potrò provare più dolore di quella volta che stavo morendo nel pronto soccorso per l'extrauterina. O quella volta che aspettavo il raschiamento, che tremavo talmente tanto che non riuscivo nemmeno a firmare i consensi.
Non potrà essere più doloroso.
Sono una donnina grande e consapevole che ha scelto di fare delle cose e nessuno mi può costringere a farle. Sono consenziente e volontaria.
Funziona, fino a quando non esce la ragazza che era prima di me.
Sta male.
Urla poi.
Dice che ha dolore.
Piange.
Poi vomita.
Esattamente.
Io non la vedo, sto chiusa tra due tendine bianche. Ma la sento. Si vomita tutta la cena della sera prima credo, a meno che non ha mangiato un bue a colazione, perchè l'obbligo era di un digiuno di due ore.
Poi urla ancora e scongiura di essere aiutata.
La fanno sdraiare. Arriva la caposala, le infermiere, il dottore dell'esame.
Flebo di toradol, plasil, buscopan, bombola di ossigeno, misurazione della pressione.
A quel punto cerco di otturarmi le orecchie.
Avete capito bene.
Non voglio sentire.
Non voglio vedere persone che stanno male.
Mi dico che al tre mi alzo e me ne vado.
Non so come avrei potuto spiegare all'accoglienza il mio abbigliamento, ma poco importava in quel momento.
E invece mi dicono di entrare in sala operatoria.
Ok, vado a salutare e poi scappo.
Mi dico.

Invece no.
Invece poi mi chiedono come va e io dico che prima di ascoltare la tragedia di là stavo benissimo e mi rispondono "il mondo è bello perchè è vario".
Al che alzo il sopracciglio.
"vedrà che non sarà niente"
E io rispondo che non mi aspetto altro che questo.
Faccio la spavalda.
La mia condizione di 40enne poliabortiva mi rende tristemente veterana. Triste, ma sempre veterana.
Della serie "vuoi che faccio da sola?"
Ma ovviamente me la faccio sotto.
Invece va proprio così. Abbiamo anche l'ardire di discutere al monitor della mia cavità uterina, che è perfetta e bellissima (cito testualmente) e che uscirà sul prossimo numero di GENTE in edicola (giusto Daniela?)
E poi discutiamo di altro, l'altro che ancora non pronuncio e non racconto, che è un bel pò più serio, e poi basta, mi dicono di rivestirmi che mi dimettono.
Niente.
Manco l'ombra di un dolore.
Che fico.
Torno dal VIA dove sta la collega sotto flebo che ancora urla, e aspetto (ancora) in mutande.
Poi mi dicono che posso andare a recuperare i pantaloni neri nell'armadietto e uscire.
Bene.
Ma io non ho tasche.
Sono in mutande.
Dove sono le chiavi dell'armadietto???????
Sono sparite.
Panico.
Infermiere di nuovo in agitazione.
Fermi tutti. Si torna in sala operatoria. Si alza il materassino del lettino. Si rovista nei cesti dell'immondizia. Negli angoli. Nei calzari blu.
Le chiavi sono sparite.
Io comincio a ridere.
Loro, sono costretti a chiamare uno scassinatore di armadietti per ridarmi pantaloni e cellular-mantras.
E continuo a ridere.
Un pò perchè sono fatta di medicinali, un pò perchè sono contenta che l'esame è andato bene, un pò perchè mi sento leggera e meno apprensiva delle volte scorse (dopo è sempre facile dirselo).
Mi rendo conto di essere dentro da un'ora e mezzo e che fuori marito, cappotti e ombrelli, stanno per chiamare la polizia. Mi affaccio con la cuffietta e le mutande alla prima porta che vedo e faccio segno a Fabio che è tutto ok, tanto per non ritrovarmi un marito infartato, poi dopo dieci minuti mi fanno uscire.
E io ancora rido.
E fuori invece le persone dopo di me erano bianche come latte, Fabio era bianco come un cencio e, povera, mamma e marito della collega con flebo, bianchi come fantasmi.
Tutta questa gente mi assale e devo aver pensato che sono scema, e va bene, forse sì.
Poi  riprendo contegno e  spiego che la ragazza stava meglio (-ossigenazione del sangue e pressione nella norma, e non urla più dottore-) e che l'esame è una cavolata, oh tu che stai per entrare.
Il tempo passato è dovuto a una serie di sfighe. Don't worry.

A me tremano le gambe, altro che.

Mi ricompongo e firmo per le dimissioni.
Poi ripenso a quella ragazza.
E' stata presa in giro là dentro. Dicevano che lei ha sempre queste reazioni al dolore.
A me è sembrato che stesse per morire.
Io non lo so se era esagerata lei, fatto sta che stava male e nemmeno una flebo di un mix di droghe la stava facendo rinsavire. Solo panico?
Può darsi.
Ma quanto siamo disposte a farci fare per questi figli?
Fino a che punto siamo disposte ad arrivare?
Io sono andata oltre i miei limiti.
Lo so.

Poi ho imparato che i miei limiti sono altri e attraverso lo yoga, ho imparato che non è necessario superarli ma che bisogna impegnarsi per fare il nostro massimo. E che non mi si venga a dire che sono ferma, ancorata al passato e fissata.
Ognuno di noi ha una strada da percorrere, sta a noi decidere se farlo o no.
Il come è affar nostro, solo nostro e nessuno può sapere e dire niente.
Nessuno.
Ho nel cuore quella donna che urlava.
Ero io, in quel pronto soccorso di due anni fa, mentre mi dissanguavo.
Disposta a tutto.

Quello che non sono più disposta a fare ora.
Il mio tutto è altro.
E l'ho riconosciuto.
Così ho trovato la forza per ricominciare.
Anzi, come dice la mia amica Nicole,
per iniziare.

Ecco dove stava la forza, ora ho capito.


martedì 2 dicembre 2014

Giuro, sarò roccia per darti forza sempre


E levo questa spada
Alta verso il cielo
Giuro sarò roccia contro il fuoco e il gelo
Solo sulla cima
Attenderò i predoni
Arriveranno in molti
E solcheranno i mari
Oltre queste mura troverò la gioia
O forse la mia fine comunque sarà gloria
E non lotterò mai per un compenso
Lotto per amore, lotterò per questo

Io sono un guerriero
Veglio quando è notte
Ti difenderò da incubi e tristezze
Ti riparerò da inganni e maldicenze
E ti abbraccerò per darti forza sempre
Ti darò certezze contro le paure
Per vedere il mondo oltre quelle alture
Non temere nulla io sarò al tuo fianco
Con il mio mantello asciugherò il tuo pianto

E amore il mio grande amore che mi credi
Vinceremo contro tutti e resteremo in piedi
E resterò al tuo fianco fino a che vorrai
Ti difenderò da tutto, non temere mai
E amore il mio grande amore che mi credi
Vinceremo contro tutti e resteremo in piedi
E resterò al tuo fianco fino a che vorrai
Ti difenderò da tutto, non temere mai

Non temere il drago
Fermerò il suo fuoco
Niente può colpirti dietro questo scudo
Lotterò con forza contro tutto il male
E quando cadrò tu non disperare
Per te io mi rialzerò

Io sono un guerriero e troverò le forze
Lungo il tuo cammino
Sarò al tuo fianco mentre
Ti darò riparo contro le tempeste
E ti terrò per mano per scaldarti sempre
Attraverseremo insieme questo regno
E attenderò con te la fine dell'inverno
Dalla notte al giorno, da Occidente a Oriente
Io sarò con te e sarò il tuo guerriero

E amore il mio grande amore che mi credi
Vinceremo contro tutti e resteremo in piedi
E resterò al tuo fianco fino a che vorrai
Ti difenderò da tutto, non temere mai
E amore il mio grande amore che mi credi
Vinceremo contro tutti e resteremo in piedi
E resterò al tuo fianco fino a che vorrai
Ti difenderò da tutto, non temere mai

Ci saranno luci accese di speranze
E ti abbraccerò per darti forza sempre

Giuro sarò roccia contro il fuoco e il gelo
Veglio su di te, io sono il tuo guerriero





Stanotte, la mia amica Pamela è tornata a trovarmi.
Come tutte le volte che arriva in sogno, ciò che sogno di lei è il sapere della sua malattia (che nei sogni non sparisce) e la consapevolezza che è tornata da dove è ora per passare del tempo insieme.

Quello che facciamo insieme è vita quotidiana, non sono cose importanti.
E' normalità.
Lei torna insieme alla ricerca di mio figlio.
La sua presenza è legata nel mio inconscio al mio voler fare luce.

Oggi pomeriggio tornando a casa ho realizzato che la scorsa settimana sua nonna è venuta a mancare.
Non sono andata al suo funerale, un pò perchè presa dagli eventi intorno a me e un pò (molto) perchè non volevo riincontrare la sua famiglia, e sua figlia.
Non volevo stare male.
Lo so, non è un bel pensiero, soprattutto è da egoisti, ma è così.
Pamela ha lasciato un vuoto incolmabile, e la sua assenza, anche se so che sia il marito che i parenti sono andati avanti, ricominciando la propria vita, per me è un fatto drammatico.
Qui, su questa terra.

Ma lei mi viene a trovare spessissimo.
In questi anni, ormai cinque, ci siamo incontrate talmente tante volte che io la sento sempre presente.
Oggi pomeriggio ho realizzato che avrà rivisto sua nonna, e sua nonna avrà rivisto sua figlia, perchè la mamma di Pam è venuta a mancare esattamente un anno prima di lei.

Ora sono insieme finalmente tutte e tre, e ho pensato a questa anziana signora che ha smesso di aspettare di riincontrare le sue donne. E ho provato una sensazione di felicità.
Poi ho ricordato di averla sognata stanotte e che il pensiero di lei aveva lavorato in sottofondo per tutta la giornata.
Mi parla.
Lo sento.
E tutte le volte viene per dirmi qualcosa.

Io so di cosa si tratta.




Mi piace questa canzone.
Chi lo avrebbe mai detto.
I 40 anni mi stanno rovinando.
Mi piace l'idea del guerriero che protegge.

Ci saranno luci accese di speranze
E ti abbraccerò per darti forza sempre
Giuro sarò roccia contro il fuoco e il gelo
Veglio su di te, io sono il tuo guerriero.


Giuro, sarò roccia per darti forza sempre,
nonostante le mie paure.