martedì 30 settembre 2014

Sei tutta la mia vita

Questo post è uno dei post che non ho mai pubblicato.
Ce ne sono una serie.
Ora sto bene e lo tiro fuori dal cassetto.
Ogni tanto ne tirerò fuori uno, a seconda del momento.
In fondo, ho sempre condiviso, non riesco a non farlo.
Il silenzio che mi si impone intorno, nella mia vita, questo non parlare dell'argomento, mi avvilisce, mi fa sentire sola. E allora ho solo questo posto per tirare fuori le mie domande e le mie riflessioni.
E lo tengo aperto.
Nonostante tutto.



02/07/2014 ore 00.34

Non so come inziare questo racconto, figlio.

Perchè è un racconto che arriva da lontano, scava in profondità, tocca corde della mia esistenza.
Provo a raccontarti allora che ieri sera ho partecipato ad uno scambio Reiki.
Non chiedermi cosa significa perchè non lo so. Per la prima volta ho partecipato ad un evento che sapevo, avrebbe toccato da vicino la mia anima, senza prima informarmi e studiare come è al mio solito.
Ho deciso che non dovevo crearmi aspettative e così ho chiuso gli occhi e mi sono tuffata.
Sono stata insistentemente invitata da una persona, la quale in realtà, non ci conosce. Non conosce me, non conosce te, non conosce noi due insieme, la nostra storia, passata e futura. E' una persona che conosco in conseguenza di un caro amico. La sua insistenza affinchè io partecipassi mi ha colpito e alla fine ho deciso di andare.
Cosa è accaduto in realtà non so descriverlo davvero a parole.
Era buio, silenzio preceduto da una meditazione in cui mi sono ritrovata. Ero sdraiata, la testa sul cuscino.
Dietro di me l'insegnante, il master reiki, non so come si chiama tecnicamente, comunque, la persona che ha fatto il trattamento, ha posto le sue mani sulla mia testa.
Da quel momento in poi un clic.
Si è aperta una porta. Un'ondata di energia mi ha investito. Anzi no, erano delle onde. Come fossi in mezzo al mare, sentivo la sua energia (o era la mia?) che mi arrivava dalla testa fino alla punta dei piedi.
Poi cambia posizione delle mani, e di nuovo, avverto sussultare, picchiettare, poi di nuovo onde, più breve, più intense.
Mi soffermo a raccontarti nei particolari, mi sforzo di farlo per farti capire, perchè quel che è accaduto dopo è importante e allo stesso tempo, sconvolgente.
Le sue mani si sono fermate sulla mia pancia e lì è cominciato tutto.
Lì è iniziato il mio viaggio incontro a te.
Un dolore lontano, profondo, ha cominciato a risalire dal mio utero. Io sentivo fortissima l'energia che ti ha creato, e questo era per me fonte di gioia e di dolore. Sentivo le mie ovaie pulsare alternativamente e poi il mio utero...potevo sentirne le pareti, individuarne il perimetro in ogni cm. Lo avvertivo come il centro di tutto, come un vortice, dal quale nasceva una forte energia.
Poi ti ho visto.
E' qui che volevo arrivare.
Io ti ho visto dentro il mio utero, legato a me,  in questa culla come sospeso, con un dito in bocca e gli occhi chiusi.
Ti ho visto così bene che ho potuto individuare le tue vene attraverso la tua pelle trasparente e delicata.
E ho iniziato a piangere.
Un grande desiderio di lasciarmi andare.
Che cosa stava succedendo?
Che cosa è tutto questo?
Era questa la chiave per arrivare a te?
Il riconoscimento di un'energia che risiede in me e di cui non sapevo l'esistenza?

Il trattamento si è concluso, ed io, al buio, con gli occhi bagnati, completamente priva di ogni sovrastruttura, chiedevo in silenzio di non allontanare quelle mani dalla mia pancia ferita.
Non ancora.
Ho bisogno di vederti.
Ancora.
Ancora.
Ancora.

Più tardi, ci siamo ritrovati in piedi, con la luce, ed io ho raccontato, ed io ho chiesto.
E mi è stato domandato: "hai subìto una perdita Anna?"
Ed io ho raccontato di averne avute tante, molte.
E allora,mi è stato detto che c'eri tu, durante il trattamento.
Tu, una bambina.
Eri tu, ero io.
Una bambina.
E questa bambina pronunciava una frase:
"Sei tutta la mia vita".

Sono passate ventiquattro ore ed io continuo a respirare con questa nuova modalità.

Sei tutta la mia vita.
Sei una bambina, o sono io bambina?
Quanto siamo collegate io e te? Da dove inizia la nostra storia? E' davvero iniziata con la tua perdita o tu eri in me da prima ed io non ti vedevo? Dovevo perderti per così tante volte prima di accettarti?
Ora lo so chi sei.
Ti sento di nuovo.
Ti avevo perso.
Sei arrivata in sogno ad altre due persone, e questo mi ha sconvolto, e mi ha rassicurata.
Qualche tempo fa, sei entrata nel sogno di una cara persona, che non mi conosce fisicamente ma che conosce la nostra storia. Eravamo noi due, io ti tenevo in braccio e intorno a noi c'era tanta luce.
Poi sei entrata nel sogno della persona che ieri sera mi ha portato a questo incontro reiki.
Ecco perchè ero lì.
Lei ti ha sognato, ma dapprima il sogno è passato per me, nel racconto della tua perdita e poi nel messaggio che solo attraverso l'accettazione che io potrei non essere mai madre, potrai allora arrivare. Come mia figlia o come altra forma. Che tu sarai la mia creatività o la mia potenzialità o la mia bambina in carne ed ossa non si sa. Con l'accettazione di ciò poi, nel sogno tu arrivi in carne ed ossa ed io dico alla persona che ci ha sognate "ho capito cosa volevi dirmi, ecco mia figlia".
Non nego di essermi rattristata all'inizio per questa interpretazione.
Ho da subito indossato la modalità di difesa.
Che ne sapete voi?
Come potete capire che cosa significa vivere sei aborti sulla propria pelle, attraverso le proprie viscere?
Perchè tutto deve passare per la mia responsabilità verso me stessa, senza la quale non posso diventare madre?
Perchè ancora una volta io devo essere la protagonista?
Mi sale una rabbia e un dolore per tutto questo, che mi avvilisce.
Poi mi sono fermata a pensare che il miracolo di essere apparsa in due sogni diverse a persone a me sconosciute, e poi ieri sera, nella mente di chi non conosceva la nostra storia, è una cosa talmente grande, che non può essere soffocata da un'interpretazione. Il punto non è questo.
Il punto non è discutere se io sarò mai madre a seconda di quanto io impari ad accettare quello che è o quello che non è.
Io sono già tua madre.
Questo è il punto.
E' questo ciò che non si riesce a comprendere da fuori.
Io sarò comunque, per sempre, tua madre. Anche se tu non tornerai mai più da me.
E il mio è un comportamente d'istinto, atto a difenderti con le uniche armi che ho, quelle dell'amore, che questo significhi sacrificare tutto, non importa. Questo è il mio istinto. Questo è il mio cuore.
Sei tu, tutta la mia vita.
Te lo ripeto da anni e ora, che tu lo hai detto a me, imparo ad essere felice, anche quando mi manchi come l'aria, anche senza di te.

sabato 20 settembre 2014

#07 HAPPY PILLS: La storia di F.

Ho un problema con gli altri.
 Non so tenere rapporti umani decenti, e se le cose sono andate così evidentemente un po' di colpa ce l'ho.
La questione è che io apparentemente non mi sono chiusa al dolore, ne parlo, ne parlo sempre. Condivido. Lo faccio.
già.
E non comprendo che gli altri non sono come me.
 Mi dicono "brava che da questo dolore hai tirato fuori la forza"
Già.
Però alla fine faccio errori grandi come case, perdo pezzi per strada, continuo a perderli.
Voglio tanto dagli altri.
È questo il mio problema.
Voglio tanto.
E non si può, e poi non riesco più a spiegarmi. Le tante parole si chiudono in uno scrigno e non hanno più il coraggio di uscire, ed io non mi racconto più.
 Ci sono persone di cui mi innamoro.
Io sono una che si innamora terribilmente e in maniera travolgente e come un'innamorata al silenzio non so rispondere. Nel silenzio non mi trovo. Il silenzio è fraintendimenti, buio, incompleta salvezza. E io sono una che vuole salvarsi.
Mi voglio salvare dal silenzio e voglio continuare ad amare.
Perché alla fine, e mi dispiace per tanta retorica, se non si combatte per l'amore, per che altro val la pena respirare?
Rimarrò sola, lo so.
Accanto a me è difficile rimanere.

Com'era quel film?



Io ballo da sola.





Questa è la storia di F. che mi racconta come ha imparato a respirare e ad amare dopo anni di apnea.
F. mi aveva raccontato di come si stava nella sua bolla, in quella sfera con poca aria, in attesa di romperla. Ad un certo punto le nostre strade si sono incrociate e abbiamo fatto un pezzo di cammino insieme.
Poi la sua bolla si è rotta e lei ha ricominciato a respirare. Io la osservo per un po' e poi la lascio andare, come ho lasciato andare finora tutte le bolle che si sono dissolte davanti ai miei occhi, e a tutte quelle che verranno.



Buona bella vita F.




"Lei ora dorme vicino a me, mi ruba la mia parte di letto e io mi acciambello intorno a lei, attenta a non toccarla ma annusando forte tutto il suo calore e cercando di indovinare i suoi sogni.

E in momenti come questo ancora quasi non me ne capacito.

Le guardo questa pelle di bambola, le conto le pieghette di lardo, perfette, ascolto il suo respiro e ancora oggi trattengo il mio, fino a che non sono convinta che sta bene.

E questi 7 kg e passa di amore che si rotolano e sbuffano come un animaletto caldo sono miei, li ho fatti io.

E ancora non mi pare vero.

Bianca è arrivata. In una notte d’aprile. 15 giorni prima del previsto. 10 giorni prima del cesareo programmato. Lei che dalla ventesima settimana ci aveva fatto capire che non è affatto una ragazza paziente.

PLOP … SPLASH! Questo è quello che ho sentito nel dormiveglia. Una di notte: rotte le acque all’improvviso, un fiume che si sparge per tutta casa, in auto, all’accettazione del pronto soccorso, in reparto … è il sentiero di mollichine di Hansel e Gretel: mi riporta a casa, mi riporta da mia figlia.

In un’ora mi partono le contrazioni ogni due minuti, mi dilato di dieci centimetri, mi fanno letteralmente correre in sala operatoria: ci arrivo che Bianca ha già un piede fuori … eh sì, perché la signorina non ci risparmia niente, neanche la posizione podalica. Poteva essere un parto naturale da manuale e invece è un cesareo con un’anestesia frettolosa che fa poco effetto e mi fa urlare come un vitello al macello.

Ma lei è arrivata ed ora tutto è solo gioia, calore, scoperta, rinascita, nasi, abbracci, tetta, nanna, pianto, tetta, pipì, tetta, bagnetti, vestitini che sanno di bambino e tanta tanta tetta.

 

E tutto il prima? Tutta la ricerca, tutto il dolore, tutti i fallimenti e tutti i passi avanti? C’è tutto, c’è ancora, ma è in un cassetto ora, quello basso che sai che c’è ma lo usi per i ricordi che hai accumulato nel tempo e ogni tanto, con trepidazione e sospetto, vai ad aprire.

Oggi lo apro, mentre la mia nanetta russa al mio fianco e non so per quanto tempo me lo lascerà guardare, perché tra un po’ si sveglierà e allora sarà tutto coccole, pannolini e tetta, tanta tetta.

Siamo fermi al ricordo del primo aborto e del secondo e dell’attesa della FIVET.

E allora siamo a settembre 2012. Per noi insegnanti tutto ricomincia a settembre, e dunque quale momento migliore per iniziare a procreare? SBAGLIATO.

Inizia la scuola e inizia la stimolazione: per fortuna va via liscia, produco ovuli che è una bellezza e sono tutti ciccioni, mi sembra che grondino fertilità ad ogni ecografia.

Arriviamo al prelievo: sono 15, tanti, forti. Tornando a casa dalla clinica io e marito giochiamo alla tombola di quanti se ne feconderanno. Mi immagino con l’imbarazzo della scelta. E immagino male.

Il giorno dopo faccio LA telefonata al centro, armata solo di carta e penna per segnare il giorno del transfer. E mi arriva addosso un TIR a 200 all’ora.

« Signora, non ce ne capacitiamo nemmeno noi, ma sa, abbiamo dovuto fare un’ ICSI perché lo sperma di suo marito era poco mobile, ma nonostante questo … se ne è fecondato UNO SOLO! »

Su 12 buoni?! Uno solo?! E io che volevo arrivare a blastocisti! Fare le riserve in congelatore per i tempi di carestia! Io degradata da formica a cicala nello spazio di una telefonata. Io convocata per il transfer in seconda giornata “sennò rischiamo di perdere anche questo”.

Io sono disperata, io sono incazzata, io sono determinata.

Vado a casa e lo dico a marito, e lo vedo che mi si frantuma davanti questo mio amore, che si sente un delinquente e un inetto e allora io afferro lui, i 2 grammi di coraggio che mi restano e i 2 kg di opuscoli del centro di fertilità e in 20 minuti lo trovo: il NOSTRO esame, la NOSTRA diagnosi.

Ci ammicca dalla carta patinata e dalle foto di ovuli siringati e nessuno ce l’aveva detto prima che c’era questa possibilità. Se solo un ovulo su 12 si è fecondato vuol dire che c’è qualcosa che non va nello sperma. Ma se gli spermiogrammi vanno bene, vuol dire che è qualcosa che questi non vedono. C’è questo test, costoso ovvio, ricerca la deframmentazione del DNA spermatico. Una cosa che può provocare aborti, mole vescicolari, gravidanze chimiche, etc.

Chiediamo di fare il test. Ce lo fanno, ma la centro sono scettici, “sarà stato un caso – dicono – la prima FIVET  spesso va male …”.

E invece abbiamo ragione noi.

E io non sono più disperata, ma sono molto ma molto incazzata. La risposta era lì, in quel test che il mio centro è uno dei pochi a fare, gli indizi c’erano tutti. E nessuno me ne aveva parlato. Lacrime e soldi spesi, e medici e primari, perché alla fine alla soluzione ci arrivassi io leggendo un opuscolo?!

E oltre al danno la beffa: come si cura il problema di mio marito? Con un semplice integratore!

Il primo tentativo di PMA, nel frattempo, ovviamente è fallito, il mio unico piccolo eroe non ha neanche attecchito.

Insomma, facciamo anche questa cura, e intanto il tempo passa. Arriva l’inverno, con i suoi grigiori nel cielo e nel cuore. Il lavoro è pesante, l’amore al lumicino, più che un rifugio è un cappio, e a tutto si aggiunge l’impegno per il mega concorso a cattedre, la mia ultima spiaggia per un posto fisso. Mi preparo alla prima prova con fatica e controvoglia, mentre continuo a torturare marito con i tentativi mirati.

Le vacanze di Natale ci danno un po’ di tregua, dopo anni di feste separate io e marito ci apprestiamo pure a festeggiare un capodanno insieme.

Il 31 dicembre il ciclo non arriva … dai , va’, chiudiamo l’anno col solito test di gravidanza sprecato.

Cazzo, sono incinta.

E’ come una bottiglia di vodka bevuta a collo, chi se l’aspettava, io e lui inebetiti, a cercarci con occhi timorosi tra il delirio dei festeggiamenti di fine anno, a rassicurarci che sto bene, che si può fare.

Ma il dolore arriva presto, prestissimo, grande, grandissimo.

Per fortuna è l’ultimo, ma in quel momento chi lo sapeva?, non ci arrivi mai preparato, neanchequando già lo conosci. Perdite, dolori, il gine mi dà già per spacciata e mi vuole fare il raschiamento in tutta fretta.

Io le provo tutte, chiamo chiunque, approdo a quello che oggi è il mio superginecologo e lui una camera gestazionale la vede, un cuore lo vede, UN CUORE, IL MIO PRIMO CUORE!!!

Però vede anche un distacco, e allora è gioia ma anche immobilità, ferma a letto a trattenere il fiato per 15 giorni, ad avere paura a sperare ma a non riuscire a non farlo. Quindici giorni dopo il distacco non c’è più, ma non c’è più neanche il mio cuore. Si è fermato tutto, ancora.

Io ancora sprofondo, in recessi che pensavo di non poter raggiungere, e poi ancora mi rimbocco le maniche per risalire. La vita corre veloce intorno a me, io carburo metà a rabbia e metà a inerzia.

Il referto della biopsia dice che era femmina. E sana. Il dolore, lo stupore e la costernazione si sciolgono in unico lungo pianto sulle scale del reparto di ginecologia, su quella me ripiegata su un foglio di carta.

E poi si va avanti. E arriva l’estate. E vinco il concorso. E arrivano le vacanze. E ripartiamo con la PMA.

Stavolta si va giù duro, vai di IMSI, perché i semini belli belli del marito ci sono, ma come le perle vanno cercati con cura in mezzo alla sabbia. 12 ovociti prelevati, TUTTI fecondati, 4 blastocisti, 1 tesoro dentro di me. Tombola.

E’ il 2 agosto a Bologna quando facciamo il transfer, data simbolica, quel giorno non ci avevo fatto caso, ero solo intontita dal sole abbagliante che ci ha accompagnato per tutto il viaggio, che, insieme a un disco dei Mogway, mi faceva vedere tutti i contorni delle cose nitidissimi, e irreali.

Da quel giorno è iniziato il mio nuovo viaggio, la mia nuova vita. E reale.

La cosa che più ha contraddistinto la mia gravidanza è stato il senso di accettazione che mi ha invaso sin dall’inizio. Calma, olimpica accettazione. Come della gioia, così del dolore, o meglio delle preoccupazioni. Perché è stata una grande altalena di gioie e preoccupazioni, ma l’accettazione ha sempre riportato l’equilibrio.

Il test positivo, le beta che crescono belle e sode, quella cameretta così tonda con quel puntino così pulsante: gioia pura, pura incredulità, pace.

Le perdite, le corse al pronto soccorso, la paura del bi-test, la paura della morfologica: ansia pura, che poi si tramutava sempre in un sospiro di sollievo, per fortuna.

Il mio “nemico” questa volta è stato il collo dell’utero: ha iniziato ad accorciarsi inesorabilmente dalla ventesima settimana e le contrazioni che ogni tanto partivano ci mettevano il carico da 90.

E allora la mia vita ha iniziato a dondolare tra il letto e il divano, passando per i punturoni dilentogest.

Intorno a me i miei familiari impazzivano di ansia e terrore ad ogni nuova misurazione del collo dell’utero, il mio gine schierava tutto il suo impegno e la sua competenza prescrivendomi l’intero scibile umano, e io? Io me  ne stavo lì, ode al fatalismo, e il mio unico rammarico era di non poter andare in giro a sfoggiare finalmente la mia pancia.

All’inizio ho avuto paura anch’io, ci mancherebbe. Ma poi, quando la pancia ha iniziato a crescere e io ho iniziato a sentire Bianca, prima sfarfallare, poi fluttuare e infine scalciare come una matta, la paura ha lasciato il posto all’accettazione e a una fiducia che si allargava come il sole che filtra tra le finestre al salire del giorno.

Parlavo a Bianca, la coccolavo, le cantavo le mie canzoni e le leggevo le mie storie, le descrivevo le mie giornate, le raccomandavo di non aver fretta, che avrebbe avuto tutta una vita per godere della sua vita; aveva fatto tanta fatica per arrivare fin lì, che glielo faceva fare di anticipare i tempi col rischio di star male? Era così bella e tonda nelle ecografie, non voleva mica farmi qualche scherzo e fare il suo ingresso nel mondo come un piccolo ragnetto indifeso?

Per fortuna mi ha ascoltato, la sua fretta non l’ha del tutto placata, ma è arrivata tra noi bella e perfetta.

Dall’8 aprile ho una nuova vita, sconvolgente e naturalissima al tempo stesso. Ho la sensazione che la maternità mi calzi come un guanto, l’olimpica accettazione per fortuna non mi ha ancora abbandonata.

Certo, ci sono le giornate buone e quelle storte, ma sono di più quelle buone, c’è stato un momento di pura paura, un esame male interpretato, il sospetto di una brutta patologia cardiaca, un ricovero, e poi tutto si risolve con un medico BRAVO che finalmente dà le risposte giuste e le giuste interpretazioni.

Ma soprattutto c’è tutti i giorni una sorpresa, Bianca che cresce e fa le sue prime conquiste, ci regala a piene mani sorrisi e incazzature, occhietti furbi e occhietti assonnati, manine che giocano, tentativi di gattonamento, capriole, urletti e lallazioni, e tutto da mordere e da ciucciare, e tutto da guardare e da scoprire e tutto insieme, tutto sempre, tutto buttato con allegro disordine in questo grande cesto che si chiama famiglia.

Io sono innamorata della mia famiglia. Sono innamorata di mio marito che è innamorato di mia figlia e sono innamorata di mia figlia che è innamorata del suo papà.

E, come già ho sentito dire da altre, ora so che dovevo passare tutto questo per arrivare sino a qui. So che non avrei vissuto così questi momenti se non ci fossero stati tutti quelli passati. Me li sarei risparmiata volentieri, certo, ma ora li ho accettati. Sono lì, forse più sfumati, ma non li dimentico.

La mia nanetta si sta svegliando, è qui che soffia e mugola e mi ricorda che fra un po’ aprirà gli occhi, mi farà uno di quei suoi sorrisi sempre nuovi e sempre stupiti e poi inizierà subito a reclamare la sua tetta. E allora vado, io e Bianca andiamo, a tutta tetta!"

 

 







lunedì 15 settembre 2014

Per voi. L'eterologa e la pma.


Il titolo non è il mio.
La fecondazione eterologa non si cerca, si fa.
In ogni caso, non è la nostra scelta attuale, 
ciò non vuol dire che non lo sarà.
Ho bisogno di riscattare il mio corpo, e questo può avvenire solo attraverso una gravidanza naturale.
Ma questo voi, lo sapete già.

Sono diventata un'infertile?
Forse sì.
Ma come dice AnnaMaria, noi crediamo in madre natura e la rispettiamo, ogni giorno, respirando.
Ora l'eterologa è un mood, e l'intervista doveva parlare di eterologa.
Se questo significa rompere qualche muro, va bene così. Per carità.

Come la penso, lo sapete.
La mia vita è la testimonianza di ciò che è stato e di quello che sarà.

Non è facile espormi così.
Tutto questo mi costa fatica.
Ecco perchè, se mi googlate non mi trovate.
Provateci.
Non cerco pubblicità.
Ma oggi questo sprazzo di notorietà su D di Repubblica, mi ha procurato una tachicardia che è durata per due ore di seguito.
Lo so che scrivo anche per voi, lo so che vi fa bene leggere parole che altrimenti non uscirebbero nella stessa forma.
Ma è faticoso.
Tremendamente faticoso uscire allo scoperto.
E se lo faccio è per raccontarlo a me e ai miei figli.
Poi ci siete anche voi.

Sono molto stanca.
Stanca di parlare. Stanca di raccontarmi. Stanca di urlare il mio dolore. 
Sarebbe più semplice con mio figlio tra le braccia testimoniare.
Ma mio figlio non c'è, ed io sono stremata.

Questo articolo è per voi, grazie a voi.

A.M. 










giovedì 11 settembre 2014

Rabbia e sogni

Devo fermare a fine giornata il sogno di questa mattina, perché mi insegue e non mi lascia e non lo voglio dimenticare. Perché è stata una brutta giornata, di quelle che vuoi cancellare, perché non è accaduto nulla ma tu sei stata male emotivamente e hai lasciato che la rabbia avesse spazio in te.
Non va bene.
Non posso permettermelo. Non lo posso fare. 
Mi ritrovo sul divano ora, senza forza, nel maldestro tentativo di isolarmi senza riuscirci, con un forte mal di testa e tanta stanchezza, e amarezza. Amarezza per questioni familiari che tornano a galla e che non si risolveranno mai. A volte mi sento soffocare, vorrei abitare lontano, solo noi due e Hope e la nostra schiera di angeli e basta. Nessun altro.
Fatico.
Mi manca l'aria.
Ma non so vivere senza le mie origini, non so respirare senza il bisogno di comunicare e sapere come stanno, tutti.
Tutta la mia ingombrante e fagocitante famiglia.

Sono arrabbiata, e non va bene.
Devo respirare e le parole fermate mi restituiscono ossigeno.
E poi ci sei tu e l'incontro di stanotte.

Sono in un corridoio, come di ospedale, assomiglia al corridoio dell'ospedale dove sono stata operata al fegato la prima volta. Ci sono altre persone appoggiate alle pareti, aspettano il loro turno, credo. Io non so bene cosa sto facendo o aspettando.
C'è Silvia e suo marito, e poi Claudia, il sogno inizia che io parlo con loro convincendoli che è il caso di fare un test di gravidanza. Il perché lo dico non mi è chiaro. So che deve essere così, Silvia e Francesco scendono giù per andare ad acquistarne uno in farmacia. Allora mi ricordo di averne uno in borsa (!!!), tipo gli stick di ovulazione, solo che per hcg, con la linea di controllo fissa e quella sensibile all'ormone accanto che si deve colorare se, appunto, l'ormone c'è.
Insomma, io capisco che devo fare quel test.
Vado in bagno e lo faccio, ma non guardo il risultato. Metto il test in una tasca della mia borsa.
Continuo a parlare in corridoio con la gente che attende, ma io sto lì come un vigile, una che deve direzionare il traffico piuttosto che attendere.
Mi ricordo del test fatto e vado a prenderlo scettica.
Ci sono due linee, una normale che ê quella di controllo, l'altra enorme, scurissima, intensa. L'intensità del risultato mi fa indietreggiare, mi spaventa. 
E mi spaventa il ricordo di quell'immagine anche ora che la descrivo.
Sono abituata a sognare test di gravidanza e numeri di beta. Mi succede sempre prima di una gravidanza. Ma sono risultati flebili, la linea appare sempre debole e poco convincente. E flebili sono state tutte le mie gravidanze nel loro decorso successivo al test.
Nel sogno il risultato è netto e inequivocabile.
Certo. 
Senza dubbi.
La sensazione ê di destabilizzazione, non ci sono abituata.
E gioia infinita.
Torno in corridoio con il test in mano e lo mostro.
Ci abbracciamo forte.
A quel punto sento la mia pancia.
La sento come quando mi accorgo di essere incinta.
Una sensazione che non riesco a descrivere con le parole.
È una sensazione di certezza di vita.
Avverto questo.
Avverto la mia pancia viva e non morta.
Credevo di aver dimenticato e invece no.
Credevo di aver cancellato.
Invece no.
Sono viva.
È il mio corpo a dirmelo.
Sei tu che me lo stai dicendo.

Credo di aver avuto reali contrazioni all'utero, forse dovute alla fine del ciclo, o forse dovute davvero alle sensazioni forti del sogno, perché "ho sentito" la mia pancia per tutto il giorno. E ancora ora.

Poi la sveglia ha suonato, ed io mi sono svegliata ma non volevo abbandonare quelle sensazioni e mi sono riaddormentata. Allora la mia parte razionale è entrata nel sogno, dovuto al fatto che svegliandomi avevo rimesso i piedi in terra.
Allora ho sognato di non avere il coraggio di andare in bagno.
E che poi ho ceduto e c'era una macchiolina di sangue. Quel sangue che conosco. Quella paura lì.

Ma ê stata una paura circoscritta, perché anche quella sensazione li non si dimentica. Proprio no.

E poi è tornata la bambina.

Mia sorella partorisce una bambina, me la mostra, vado a vederla e sembra come se tutti stessero lì in corridoio ad attendere questo.
La neonata ha due grandi occhi, enormi, intensi e neri. Grandi come due laghi.
Ci guardiamo intensamente ed io capisco che non è figlia di mia sorella.


È la mia bambina e noi ci apparteniamo.


martedì 9 settembre 2014

Da ricordare.

"Non c'è nulla da temere, 
ogni seme sa come diventare albero"
Jorge Bucay.





Ricordamelo la prossima volta,
quando deciderai di farmi lo scherzo di farmi avere quattro giorni di ritardo, dopo un anno di cicli in anticipo.
Ricordamelo prima di farmi fare un test di gravidanza negativo.
No, così eh.
Che mamma si sta invecchiando.
'Sti scherzetti non li regge più.



Castelluccio, luglio 2014






lunedì 1 settembre 2014

inviTRA, l’evento internazionale della Riproduzione Assistita



Non è mia abitudine parlare delle questioni di infertilità e di abortività al di fuori della mia sfera personale, ma in questo caso ho deciso di fare un'eccezione, nel momento in cui mi è stato chiesto di scriverne.

Perchè se possibile, nel mio piccolo, posso contribuire a far circolare informazioni che già, mio malgrado, faccio circolare con la mia esperienza. Molto spesso mi sono trovata davanti a situazioni in cui la non conoscenza ha portato a paura e la paura non è di aiuto alla fertilità.
 inviTRA è la fiera internazionale della fertilità, vuol dire che partecipando si potranno avere tutte le risposte alle domande sulla nostra fertilità, non sulla nostra infertilità. Se la guardate da questo punto di vista, non è male, perchè io sono convinta che è questa la chiave. Bisogna curare e prendersi cura della nostra fertilità, perchè ogni donna e ogni uomo è fertile. Noi che cerchiamo nostro figlio dedicando tutta la nostra esistenza a questa ricerca, sappiamo cosa significa sentirsi fertili, nel cuore e anche nella pancia, nonostante le realtà avverse.

Le informazioni, la conoscenza, sono fondamentali nella ricerca. Facciamole girare. Diffondiamo invece che nascondere, noi siamo i primi a ghettizzarci, nascondendoci dietro il timore di essere giudicati.

Io ho raccontato delle mie ICSI, come dei miei aborti, qui e per strada, sostenendo tutti gli sguardi e non ho mai ricevuto sdegno, semmai indifferenza e per questo combatto ancora, ma ho ottenuto anche tanto, perchè all'amore non c'è che risposta d'amore. Informatevi, raccontatevi, riconoscetevi. Le soluzioni ci sono, sempre e comunque.



Buon incontro.


inviTRA è l’unica fiera della fertilità in Spagna, un evento di riferimento in cui il visitatore può trovare tutte le informazioni sulla riproduzione assistita, in uno stesso spazio a sua disposizione.
Nel mondo, sono sempre di più le persone che scelgono di ricorrere ai trattamenti di fertilità per riuscire a formare una famiglia. Gli studi indicano, ad esempio, che una coppia su sei, in Europa, ha difficoltà ad arrivare ad una gravidanza in modo naturale: i problemi di fertilità, assieme con i cambiamenti nella struttura famigliare propri della società attuale, rendono un evento come inviTRA ( www.invitra.com) un appuntamento internazionale da non perdere.
L’obiettivo di inviTRA è riunire gli specialisti del settore in uno stesso evento, perché gli interessati possano ottenere informazioni attendibili ed oggetive sulle diverse possibilità attualmente a disposizione.
In questa fiera sarà possibile conoscere notizie e professionisti dei procedimenti nell’ambito della salute riproduttiva. inviTRA, infatti, dà appuntamento alle più importanti cliniche di riproduzione assistita a livello nazionale, così come alle agenzie di maternità surrogata di tutto il mondo, e ai diversi prodotti che riguardano la sfera della maternità. Oltre a poter visitare i vari stand, i visitatori potranno assistere a conferenze in cui professionisti illustreranno i trattamenti di fertilità e tutte le opzioni disponibili per i pazienti – senza contare l’area inviTRA, in cui incontrerete associazioni e testimonianze personali, vera ricchezza della scorsa edizione.
Dopo il grande successo di inviTRA ( www.invitra.it) 2013, quest’anno la fiera sarà a Madrid, dal 14 al 16 novembre, nell’Hotel Meliá (avenida de América)