giovedì 19 gennaio 2012

insostenibile assenza

C'è un momento in cui si sente il vuoto.
Quando per te nessuno può capire, nessuno può immaginare, nessuno sa come ci si sente.
Quando ti dicono che devi vivere, che non è possibile che tutto giri intorno a questa attesa, che bisogna ricominciare, che non è possibile che tutto si concentra su questo.
Quando ti dicono che non sei più obiettiva, non hai più in mano il senso delle cose, ingigantisci i piccoli accadimenti e covi dentro.

Quando ti dicono che devi riposare che poi passa, che domani torna il sereno.
E tu ti senti una persona in balìa degli eventi. Che combatte, lotta, e manda a rotoli tutto, per raggiungere il proprio obiettivo.
Ma ho poco tempo per riuscire a incontrare mio figlio. Poco. Non ho tutta la vita davanti. Il tempo finisce e io sto perdendo pezzi per strada.
Non costruisco, demolisco tutto intorno, perchè questo è il prezzo da pagare.

E' che tutti sentiamo questa insostenibile assenza, ognuno per i propri motivi: la morte di un genitore, la partenza di un amico, l'abbandono del proprio compagno, la solitudine nell'essere genitore, l'addio di un amore, l'inadeguatezza sul lavoro, la paura di non riuscire a farcela. Ognuno ha la propria assenza ed io osservo, spettatrice assetata di vita. E non chiedo che questo.
Essere considerata come tutti.
Una persona che sbaglia, si, ma che cerca di imparare dai propri errori.
Non sono una madre mancata.
Sono io. Con i miei vuoti, ma sempre io. E vorrei urlare, gridare, piangere adesso, perchè io capisco, giuro, capisco. E non è vero che non sono più obiettiva. Io sono proprio così, un'imperfetta, ma non perchè questo figlio non arriva.
Di questo, non posso farmene una colpa.

Vorrei che il mondo  non venisse inquadrato per categorie, vorrei che si potesse vivere senza questo peso, queste dita puntate a contare espressioni sul volto, pieghe di sorrisi falsi a nascondere dolore, che normalmente non puoi far vedere, per non essere giudicato.
Perchè.
Mi chiedo perchè non si può essere se stessi a questo mondo.
Perchè mi perdo nell'attesa di te e piango questa insostenibile assenza.

14 commenti:

  1. Come dici l'assenza è una cosa che viviamo tutti prima o poi in qualche parte della nostra vita. Io mi ricordo alle elementari quando è morta la mia mamma che ero la bambina orfana e poi ero la ragazzina taciturna e poi ero quella che era stata tradita e lasciata. C'è una fascia di persone che ragiona così Anna ma non tutte. E' questione di sensibilità e di esperienza di vita. Per me una ragazza senza mamma, come me da piccola, è una persona che ha sviluppato una parte che sarebbe meglio non sviluppare, una persona che viene lasciata ha modo di guardare oltre e ricostruirsi una vita e una donna che subisce la violenza della perdita di un figlio ha una parte di se che capisce ancora più cose degli altri. Per ogni esperienza bruttissima c'è il lutto la rabbia e i pugni in testa (io li chiamo così :) ) e per ognuno c'è un periodo che non deve essere calcolato. Ma poi le cose cambiano sempre perchè si decide cosa fare per andare avanti. Succede... sempre!! Ah adesso sono quella che si è sposata il figaccione della palestra ;) Ti mando un bacino Anna Piera

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    1. lo so Piera, ma quando ti si dice che non sei più obiettiva e tu stai male con la maggior parte della gente, forse un fondo di verità c'è.

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  2. E' vero le assenze pesano per tutti in ogni modo, e la gente continua a giudicare per niente.

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    1. sei ti senti forte te ne freghi dei giudizi, tanto io sono abituata con una famiglia quasi tutta formata da donne, ad essere giudicata...è quando ti senti a pezzi che non reggi. E ogni frase, ogni parola, ogni assenza è un macigno che pesa e ti distrugge l'anima.

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  3. quello che posso dirti è che mi riconosco pienamente in quello che provi...e so anche che il fatto di essere in tante a sentire le stesse cose aiuta un po' sicuramente ma non consola perchè siamo sole con il nostro dolore. Io da quando ho perduto la mia bimba mi sono sentita dire di tutto, da: "si può vivere anche senza figli, che sarà mai!" a: "ma perchè non vai dallo psicologo", a "la vita va avanti"....Fanno male queste frasi e fanno male perchè in realtà quello che io volevo sentirmi dire era tutt'altro. Io avrei voluto che le persone che mi stanno intorno mi dessero invece dei consigli concreti su come fare per raggiungere il mio obiettivo. Avrei voluto che le "amiche" mi dicessero: "perchè non tenti questa strada?", "perchè non ti informi su questo tipo di esami?", "non ti arrendere, devi farcela". Invece no. Solo compassione. Solo braccia allargate a significare che bisogna piegarsi alla realtà dei fatti.
    Da una parte, pensandoci con razionalità (se me ne è rimasta un poco) non posso nemmeno biasimare del tutto i giudizi degli altri. Probabilmente, se la maggioranza reagisce così, avranno ragione loro...Però io so che se mi capiterà di dover parlare con qualcuna che vive questo tipo di esperienza cercherò di portare tutte le soluzioni concrete e possibili che conosco nel mio piccolo. Sappiamo che purtroppo non tutti riusciamo a realizzare i nostri sogni ma sono convinta che, se davvero per alcuni di noi non c'è speranza, la rassegnazione arriverà dentro di noi al momento giusto quando saremo pronte a rassegnarci. Adesso tu combatti, combatti ancora! C'è ancora tempo! Guarda il lato positivo: almeno riesci a rimanere incinta abbastanza facilmente!Ce la farai checazzo!
    Irene

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    1. Irene, anche io avrei voluto ascoltare parole di conforto piuttosto del "devi stare calma", ma il punto vero è che a volte il dolore fa paura. E anche questo è umano. Io lo capisco e capisco la difficoltà a stare vicino all'altro in alcuni momenti, giuro. Ma vorrei che si ammettesse che non è facile accostarsi al dolore, invece che fare la cosa più semplice, giudicare.

      ti abbraccio

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  4. E' un momento in cui è difficile gestire certi rapporti. Alcune persone desiderano sicuramente aiutarti, anche se magari non individuano la modalità migliore; altre parlano perché... hanno la lingua. Penso anche che, quando si vivono certi stati emotivi, sia difficile discernere fra gli uni e gli altri: si ha solo bisogno di essere comprese e, magari, di essere lasciate in pace.

    Ieri, studiando, mi sono imbattuta in una splendida frase di Kierkgaard: "Quando si vuole riuscire a portare qualcuno ad un luogo determinato, bisogna anzitutto cercare di trovarlo nel luogo dove egli si trova e qui cominciare. Questo è il segreto dell'arte del soccorso. Chi non ne è capace, costui s'illude di poter aiutare qualcuno".

    Forse il disagio che avverti dipende dal fatto che ciascuno vuole "portarti nel proprio luogo", cioè si aspetta che tu ti comporti come egli si comporterebbe, piuttosto di venirti semplicemente incontro.

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    1. ...io non voglio essere lasciata in pace. C'è stato un momento che è durato una decina di giorni, dopo l'aborto, in cui avevo bisogno di stare da sola con questo mio piccolo prima di separarmene fisicamente. E l'ho detto. Non volevo vedere nessuno, nè respirare, nè parlare. Poi è finito. Ho ricominciato a vivere, pezzetto per pezzetto, e a volere intorno a me i cuori, le anime, le esperienze che ogni giorno mi arricchiscono.
      Prendo quello che mi dici sul soccorso e lo faccio mio, mi sembra molto saggio...

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  5. Grazie Nora, hai centrato il punto di questo malessere. Intorno a una sofferenza non c'e' nessuno, solo inviti ad allontanarsene. Tilla

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    1. inviti ad allontanarsene...quanta verità in quello che scrivi.

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  6. Ma è così importante quello che dicono gli altri? Io credo che spesso siamo noi che, soprattutto nei momenti di debolezza, restiamo enormemente feriti da cose che o di per sé non sono poi così gravi o comunque non sono state dette con intenzione cattiva. Penso che di fronte alla sofferenza altrui è molto facile essere maldestri, e risultare superficiali anche quando siamo intimamente convinti di avere compreso nel profondo il dolore di un amico. Chissà, forse sarà capitato a te, senza saperlo, di non riuscire a essere stata vicina nel modo giusto (ovvero nel modo specifico di cui lei aveva bisogno) a una tua amica. Magari ancora adesso tu sei convinta di esserle stata sinceramente vicina e lei invece pensa che tu avresti potuto comportarti meglio. Certe sofferenze sono così intime e solitarie che escludono di fatto gli altri, anche se ne sentiamo il bisogno, poiché ogni parola detta da loro o ogni comportamento... non ci va mai bene. E non è colpa di nessuno, è che nessuno può tirarci fuori dal nostro pantano. Ti fa soffrire se ti dicono che non sei obiettiva. Ma perché? E' un loro pensiero sbagliato che non deve influire su di te; non ti fa del male. Probabilmente chi tende a sminuire o "interpretare" in questi modi il tuo dolore è perché è debole lei/lui, ha paura della sofferenza che provi, cerca di difendersi dicendoti "Non sei obiettiva". E' una debolezza di un altro, che non deve far star male te. A questo mondo siamo in tanti e ognuno pensa ed etichetta le cose col suo cervello, il mio non è il tuo e non è quello di un altro. Una cosa che a te sembra in un modo, a un altro sembra in un altro modo; chiaro che se la divergenza di interpretazioni riguarda una cosa esterna a te, ti fa meno male; se riguarda un tuo sentimento, un tuo vissuto (su cui tu ovviamente ti senti più "competente") ti fa star più male; ma il meccanismo è sempre lo stesso: modi diversi di vedere, e anche quando fanno male bisogna capire che ok, quel tale la pensa così, pazienza! Che lo pensi. Io non sono una persona particolarmente forte, in più ho fatto tanti errori e ho ricevuto tante etichette, tanti giudizi, ma ho imparato a non prenderla come una cosa personale. Ho capito che ognuno di noi cerca di barcamenarsi in questo mondo e alcuni lo fanno sparando giudizi sugli altri per rassicurare se stessi. Può non farmi piacere, ma non mi fa soffrire perché di fatto quello che pensano gli altri non è un problema mio...

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    1. dunque Ilaria, non è davvero importante quello che gli altri dicono, hai ragione. Questo è un punto di cui parlo spesso ciclicamente, e con il tempo ho imparato a farmene una ragione. La verità è che gli ultimi miei avvenimenti sono stati così intensi che poi il resto non ha più davvero contato.
      Ma c'è un ma.
      Mi fa soffrire se mi dicono che non sono più obiettiva perchè ho paura che questa sia la verità. So che per questo figlio sto lasciando indietro pezzi della mia vita, il lavoro, il divertimento, gli amici, la famiglia. Cerco di arrivare dappertutto come posso, ma non dò il massimo. Lo so. Il massimo lo sto dando per mio figlio, per il resto ho tempo, per mio figlio no. E questo è un dato oggettivo. Questo comporta necessariamente un cambiamento di me stessa, verso gli altri, verso la mia vita, verso i miei affetti, e questo è un punto cruciale. Mi rendo conto che sentirmi dire che non sono obiettiva nei giudizi e nelle azioni può nascondere un fondo di verità, verità per la quale ora però, non posso fare nulla. Questo mi fa soffrire. Questo "solo"...

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  7. Annina tu fai tutto quello che ti senti.. hai voglia di distruggere? distruggi, arriverà il tempo in cui vorrai solo costruire. hai voglia di piangere? piangi, arriverà il giorno dei sorrisi. ascolta solo te stessa. perchè nessuno anche la persona più amica che abbiamo accanto , possiede la bacchetta magica. tutto dipende solo da noi. e i dolori li affrontiamo e li superiamo da soli. io lo sai che sono qui accanto in silenzio e ti osservo..un bacio

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  8. Bà, ho imparato a fare quello che voglio e alzo la voce spesso ultimamente. Questo fa uscire una parte del mio carattere che non piace. Quello polemico e astioso. Ma anche questo sono. pazienza, me ne farò una ragione...

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grazie per essere qui.