martedì 7 ottobre 2014

01. Stimoli

Incastri metropolitani, è una serie di pensieri incastrati nella mia mente che sono diventate parole in un periodo della mia vita in cui ancora non conoscevo la strada che i miei figli mi avrebbero indicato.
Questo blog racconta la storia di quello che sono diventata e ciò che ogni giorno vivo camminando con loro. Ciò che ho scritto in passato, come puro esercizio stilistico, ha contribuito a mettere insieme i pezzetti del mio cuore.

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#01.Stimoli

Sai cosa le mancava?
La possibilità di farsi domande, perchè domande non ne aveva.
Camminava assente in mezzo alla gente e nulla destava il suo interesse.
Mancanza di stimoli, le avevano diagnosticato.
Lei aveva deglutito la sentenza senza respirare e aveva accolto con passivo dolore l'entrata in quella fase della vita che non avrebbe mai pensato di poter avere un giorno.
Non aveva senso la sua esistenza senza stimoli.
Eppure aveva smesso di provare emozioni.
Un giorno le aveva raccolte tutte quante (ci volle un bel pò, perchè erano tutte sparse a caso nella sua mente) e, obbligandosi ad un pò di ordine, le aveva riposte in un cassetto della sua memoria.
Pensava di aver bisogno di un pò di rigore, sano e perfetto rigore da poter infiocchettare in vista delle decisioni importanti da prendere nella sua imminente vita.

Rimandare.

In realtà, aveva buttato la chiave di quel cassetto, e ora, proprio ora che aveva bisogno di emozioni, non ne aveva più di scorta. Era stata ingorda: nel primo periodo del suo fioretto, aveva finito la scorta in una sera sola, quando improvvisamente si era ritrovata in una stanza da sola con il suo ex amante.
Saprò come procurarmene altre, si era detta.
E invece ora non ne aveva più.
Vagava.
I suoi capelli crescevano.
I suoi ricci si ammorbidivano e docili andavano a coprire le spalle.
La sera era fredda. Usciva dall'ufficio per ritornare a casa. Il traffico era fermo. Il semaforo. Verde. Puoi passare. Il viso tagliato dal vento. Assenza.
Si chiedeva cosa era accaduto durante la giornata e non aveva la risposta. Sapeva ancora sorridere e sapeva piangere, ma sapeva anche dov'era il pulsante per attivare i mezzi che esprimevano l'emozione, ma non ne conosceva la causa per cui andava attivato.
Luci.
Nella strada la abbagliavano.
Guidare senza fermarsi.
Ogni giorno la stessa strada. Non c'è problema. E' facile.
Guidare. Sempre presente. Attenzione ai pedoni. Alle multe. Allo smog.
E riprendere a respirare solo quando c'era spazio per farlo, solo quando il tempo lo concedeva.
Aveva bisogno di stimoli.
E non si accorgeva di morire ogni giorno di più, guardandosi allo specchio. Odiava quel viso senza rughe che rimandava ad una maschera perfetta di plastica, sangue e assenza, senza errori da dover correggere.
Guardava indietro per potersi chinare a raccogliere briciole di ricordi vivi e densi, fatti di principi incoscienti, di nani orrendi e di fogli bianchi da riempire.
Viveva senza accorgersi che non v'era soluzione a tanto affanno, che la pioggia batteva inclemente su quel vetro e lei si sorprendeva immobile a fissarne una goccia che lenta, scivolava lungo la finestra, e dentro rifletteva tutto quel mondo che ormai aveva perso e che non ritrovava più.
Dita che rincorrevano la goccia sul vetro e poi labbra a succhiarla la sera, al buio, pensando.
Pensando.
Forse il pensiero le era rimasto, ed era da lì che stava ricominciando, un pezzetto alla volta, giorno dopo giorno, a rieducare il suo cuore, tirando fuori dai pensieri (anche quelli apparentemente inutili) estratti di emozioni, per sopravvivere almeno, per poter raccontare ai suoi futuri nipoti che da una pianta secca era riuscita a far rinascere un fiore.

3 commenti:

  1. Ti leggo sempre tutto d'un fiato. Affascini....

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  2. Bella l'immagine del mondo dentro alla goccia che scende..
    Le piante secche riservano sorprese bellissime! :)

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  3. Aspetto solo di leggere la parola felicità. Per te, per lui, per voi.
    Raffaella

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grazie per essere qui.