mercoledì 30 ottobre 2013

Credo che

Credo che un anno sia un tempo sufficiente per lasciar andare.
Credo che questo sia un tempo per riprendere ad accogliere.
Credo che un anno, sia tanto, quel tanto per non continuare a vivere guardando indietro.
Credo però che ci sono giorni in cui questo non è facile, vivere senza voltarsi.

Un anno fa non sapevo, nonostante i tanti aborti, che avrei vissuto una gravidanza così tanto intensa, quella del mio piccolo Cavaliere.
Tremo al suo ricordo.
Un anno è tanto tempo se si guarda avanti,  ed è poco se, voltandomi, rivivo come fosse ora, quegli istanti così profondi e pieni d'amore. Quello che è accaduto dopo mi ha costretto a non voltarmi più.
Il tentativo di maggio, nonostante tutta la positività, non ha avuto spazio. Non ho potuto piangere i miei pinguini, li avevo già pianti quando il piccolo Cavaliere mi ha lasciato per sempre quel maledetto 7 dicembre.
Loro non hanno potuto fare nulla contro il destino, quello già scritto.
Io non lo sapevo, loro sì.
E poi tutto il resto.
Ora ho la sensazione di aver corso tanto, di aver continuato a ingoiare aria senza davvero fermarmi a respirare.
E poi il mio fuoco, lo stomaco che si stringe, e tutto il mio corpo che grida "basta. ora basta."




silenzio.




non ne voglio sapere.
ho paura.
non voglio più provare.
sto male.


Basta.
Ora basta.
Basta!



E il dolore, quello vero, quello subdolo, che ti sbatte contro un muro, che ti rende acida, sola, stronza.




silenzio.



Ascolta.
Ascoltati.
Riparti da qui.
Da te stessa.
Tu lo sapevi che saresti dovuta passare per questo, lo sapevi da quando eri piccola.
Sapevi che il passaggio verso una nuova te sarebbe stato così.
Ora respira.






Le camerette che accolgono le neo partorienti sono bellissime. Colorate di giallo, blu e verde. Hanno gli armadietti di legno chiaro, le porti scorrevoli e il mosaico in bagno.
I loro bambini dormono al fianco dei letti delle loro mamme e il personale ride.
In corridoio, mille foto testimoniano il passaggio dell'inizio della vita qui.
Le persone parlano piano, sottovoce, sorridono.
Allo stesso piano, in un altro corridoio, ci sono donne che muoiono dentro.
Io oggi ho riattraversato quei corridoi, da quel freddo giorno di dicembre, per andare a salutare una nuova vita e i loro genitori.
Dieci mesi fa, allo stesso piano, in un altro corridoio, una parte di me moriva insieme al mio bambino.
Nell'altro corridoio, non ci sono controsoffitti, le stanze sono buie, le sale d'aspetto non hanno le sedie. Il personale urla e si incazza, la gente ha il viso spento. Le camerette sono identiche, ma non sono colorate, e nessun paravento divide una vita dall'altra e ci si raccontano a vicenda le disgrazie.
Nell'altro corridoio, si va in sala operatoria a piedi, si tiene l'agocannula da sole, si fa la lista delle analisi all'infermiera, senza saltarne nemmeno una, non puoi permetterti di dimenticare.
Poi si trema come una foglia, sedute su una sedia di metallo, senza mutande e con il camice che non arriva.
Poi ci si siede, lì, in quella poltrona strana, identica a quella sulla quale è iniziato tutto: non nel tuo letto dopo una notte di sesso sfrenato. No. Su una poltrona che diventa letto, che guardi in su e così non ti accorgi di quello che ti fanno, ma poi c'è la plafoniera delle luci che è a specchio, e tu vedi. Vedi come inizia la vita da quel momento dentro di te. Vedi come fossi un Dio. La procreazione.
E allora chiudi gli occhi, che certe cose solo Dio le deve vedere, e chiudi gli occhi come quando quel giorno tremavi come una foglia. Chiudi gli occhi e quando li riapri, tu sei morta per sempre, insieme al tuo bambino.
E torni lì, in quelle camerette senza colori, con solo un quadro della Madonna appeso e tremi ancora, e non smetti più di tremare.



Tempo.
Ci vuole tempo.


Credo che un anno sia sufficiente per lasciar andare.
Credo che tornare dove tutto è finito, sia il modo giusto per rinascere un pò.
Credo che andare all'origine del proprio malessere sia l'unico modo per tornare a stare bene dopo.
Credo che questo sia il momento.
Ora.

13 commenti:

  1. Ogni volta i tuoi post sono carichi di sentimenti che riescono ad arrivare a me, che magari sono a migliaia di km di distanza da te...
    Quel 'camerata' me la ricordo pure io... quando la prima notte di ricovero sentito il pianto dei bimbi, che mi vergogno a dire, detestavo... il mio bimbo non aveva avuto neanche questa opportunità... e anche dopo 12 anni, io l'11 marzo, non lo scorderò mai!

    RispondiElimina
  2. Io non lo so come sia. Nessuno dovrebbe. Non voglio dire cose che ti suonerebbero sbagliate. Allora soltanto ti abbraccio forte.

    RispondiElimina
  3. Quando si perde qualcuno, dentro o fuori di te, il tempo diventa un contare tutto tuo, con un ritmo e delle scansioni che nessun altro conosce. Io credo che tu sappia quale sia il momento e il modo.

    Ti stringo.

    RispondiElimina
  4. Anna, darling, non so se ho capito tutto, ma quel ricordo lo sento che brucia, e ti stringo anch'io forte, cosi forse lo senti un po' meno.

    RispondiElimina
  5. Anche io credo in te...

    non passa un giorno senza che io passi di qui... leggo e seguo te e anche molti dei blog che trovo qui vicino... spesso vorrei commentare, ma non trovo le parole giuste... non riesco. avrei tante cose da dirti, da dirvi... spero di poter abbattare presto questo muro, che già non mi permette di parlare con NESSUNO (a parte mio marito) nella vita reale, e riuscire a condividere con te/voi un po' di me....
    anna, solo per farti sapere che ti porto nel cuore più di quanto ti immagini....
    affettuosamente
    annalisa benassi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Annalisa lo so, me lo hai dimostrato molte volte.
      Ti auguro di trovare il modo migliore per comunicare i tuoi stati d'animo.
      Io ti aspetto.

      Elimina
  6. Io credo che solo tu sappia, che il tempo in certi momenti si allunga e si accorcia come un elastico e solo chi ci passa con la propria pelle percepisca questa natura elastica (scusa la ripetizione) del tempo. Quindi se per te è il momento, è così e basta. Un bacio grande

    RispondiElimina
  7. Certi luoghi ti prendono a pizze in faccia. Non sono semplici mura, pavimenti, letti, poltrone. Sono ricordi, parti di te. Nessuna parte di te muore davvero per sempre. Nessun figlio tuo è mai morto per sempre. Sono con te, sono parti di te.

    Anche io credo in te tesoro.

    Ti abbraccio

    RispondiElimina
  8. Non è mica facile dirti qualcosa. E' un viaggio all'inferno quello che stai vivendo. Ci vuole più forza di quella che a volte pensiamo di avere. Ci vuole forza quando vorremmo solo riposo e tranquillità. Quando vorremmo solo che per una volta la vita vada via liscia. Forza Anna. Ricomincia da te. Un piccolo minuscolo passo alla volta.
    Un abbraccio,
    Claudia

    RispondiElimina
  9. "Credo che tornare dove tutto è finito, sia il modo giusto per rinascere un pò." Ho letto questa tua frase e mi è venuto in mente quel venerdì 4 ottobre quando per me tutto è finito. Dopo aver partorito il mio piccolo secondo Angioletto mi hanno portata sotto a fare "la revisone" e siamo passati dove per noi invece tutto era iniziato (davanti alla porta dove mio marito era entrato a fare lo spermiogramma). Come è strana la vita…
    Ho riletto alcuni tuoi vecchi post perché non conoscevo tutta la tua storia… che dire cara Anna. La vita DEVE restituirti ciò che ti ha preso. Ti auguro davvero di rinascere presto.
    Con affetto.

    RispondiElimina
  10. si dimenticano mai, certi momenti della vita? io di certe cose ho sensazioni vive addosso come se fosse stato ieri. però, quello che mi dico sempre, è che l'essere umano ha la capacità di poter sopravvivere ad ogni cosa. penso ai lager, alle guerre, alle torture, penso alle tragedie della vita. penso a tutti quelli che, poi, rinascono. e penso che quella forza ce l'abbiamo tutti. poi, per fortuna, la vita scorre, le cose si accumulano e certi momenti, con la polvere sopra, sembrano più "sopravvivibili." ti abbraccio forte!

    RispondiElimina
  11. E tu ce la farai. Un nuovo inizio. Ti abbraccio stretta.

    RispondiElimina

grazie per essere qui.