mercoledì 17 luglio 2013

Pezzi di vita

Vorrei scrivere di giornate che scivolano velocemente tra i sospiri.
Delle lacrime di mio marito e della morsa di dolore che ci tiene stretti e rimane lì, ferma, e stringe, ogni giorno di più.



Vorrei raccontare degli sms che mi arrivano "come va?" a cui non rispondo, perchè non so raccontare nemmeno a voce come va, figurarsi con un sms di 500 caratteri. Mi piacerebbe credere che non ci si dispiaccia per questo, perchè io non riesco a fare altro adesso, nemmeno a scrivere, perchè mi sento congelata e stanca.
Tanto stanca.
E perchè poi, non mi va di raccontare quanto fa male tutto questo e quanto mi pesa tutto il tempo passato.
Che mi vedo allo specchio e mi vedo brutta, che non faccio pace con me stessa. Ma va bene.
Il mio corpo chiede tregua, pace, perdono, tranquillità.
Io mi metto a dieta in tutta risposta.
Ma svengo.
Quasi.
Collasso.
Dentro un centro commerciale. Dopo il lavoro, dopo lo yoga, dopo un pasto veloce alle 4 del pomeriggio.
La testa gira e non si ferma.
Io si, per forza, che non è bello sdraiarsi dentro il cesto delle borse in saldo dell'Ovviesse.
Va bene, mi fermo.
Va bene.
Però poi devo tornare dal mio dottore, che non sia mai che non dia l'obolo mensile, perchè continuo ad avere perdite di sangue e non va bene, stavolta sono passati solo dieci giorni, non va bene.
Allora mi sparo una sonoisteroscopia in velocità. Che noi abortive, di questi esami ne abbiamo bisogno: nessuna preparazione, nessun pensiero cattivo. Ci sdraiamo su quelle sedie, gambe in su e guardiamo quel maledetto monitor nero di un utero perfetto e vuoto, e nel frattempo parliamo del più e del meno. Del tempo, della crisi, delle punture di insetti, e stavolta anche di incarichi di lavoro, che il carodott mi propone anche di fargli casa, mentre, sto sempre in quella posizione.
Bella lì.
Ecco. Dicono che è tutto normale, che non c'è nulla, che manca solo che mi si indaghi il genoma e poi non manca più niente altro, e che quindi, è sempre questa maledetta stanchezza, stress, choc.
E 'fanculo va.

Fermiamoci allora.



La mia normalità è poter parlare dei miei figli e dei miei amori.
Li sto curando. Un pò per volta.
Poco per volta.
Lo sento che sto tornando alla normalità, ma siamo ancora lontani.
Ci vuole ancora un pò.
Il lavoro mi sta assorbendo molto in questo momento:  a inizio mese mi sono ritrovata alla scrivania del mio studio ad analizzare i perchè e i per come si possa andare avanti senza mettere il cuore in quello che faccio.
Perchè mi si dice che "con tutto quello che hai passato si sente che non ci metti il cuore e che la tua testa è altrove, non che sia sbagliato quello che fai ma bisogna capire se tu puoi e vuoi metterti in gioco ancora per il lavoro".
Sia chiaro che per mia scelta, di tanti anni fa, io non sono la dipendente di nessuno. Sono un libero professionista a metà tra il libero e l'arrangiatore. Comunque. Il punto non è questo. Il punto è che qualcuno ha il coraggio di analizzare tutto l'ambaradam, mettere sulla bilancia tutto un anno di emergenza, e poi tirare le somme, adesso, ora, in questo momento del cazzo. E' per amicizia che questo avviene, perchè io ho la qualità di fare amicizia e rendere i rapporti come rapporti d'amore con tutte le persone con cui lavoro, dunque mi becco anche questa analisi. Che va bene, ma mi sfinisce.
E vado avanti.

Vado avanti fino a venerdi sera scorso, quando parte del parentame di Fab ci chiama a raccolta per una cena "postuma", diciamo così.
E durante una conversazione con una cugina pedagogista, proprietaria di un asilo nido privato, e un'altra zia, a sua volta professoressa di italiano alle medie inferiori, si racconta di tale mamma X, mamma di bimba duenne Y, criticata perchè -pare- assilli la sua figliola. L'assillo viene raccontato minuziosamente alla pedagogista cugina (ripeto che la bimbetta è duenne) e consta di un risveglio notturno della mamma X ogni volta che la bimba si sveglia e del dispetto della bimbetta che chiama sua madre "papà", sapendo di procurare dispiacere alla signora X e delle conseguenti lacrime della signora, e di una frase incriminatoria della poveretta: "io, finchè posso, voglio essere indispensabile per mia figlia".
La ped dice che questa mamma è per davvero assillante perchè ha deciso di chiamare sua figlia Mia.
"ma ti rendi conto??? Mia!!!! Mia perchè è di sua proprietà!!!"
risposta della prof zia:
"bella fine che farà...come Mia Farrow o Mia Martini!!!"

io rimango zitta, a bocca aperta.
Non capisco che fine avrebbero fatto le succitate donne, visto che ho solo un bel ricordo di entrambe.
Ometto di dire che Mia è uno dei nostri nomi, ma che quando quel giorno ci siamo guardati e abbiamo detto contemporanemante quel nome, certo tutto pensavamo tranne che nostra figlia ci sarebbe appartenuta.
(per fortuna ho questo blog carico di parole che ne testimoniano il concetto), però una cosa mi esce:
- "magari, per esempio, la signora X ha sofferto molto prima di avere la bimba Y. No, dico, magari una duenne è credibile si, ma anche viziata e forse, dico forse, potrebbe ingigantire le cose?"

Facce appese delle mie interlocutrici.
Allora incalzo:
" a che età ha avuto la bambina la mamma X?" e sto lì lì per sparare la mia teoria giustificatrice
"a 42 anni" risponde la ped cugina.
"ahhhhhh! ecco spiegato tutto!!!! L'ha fatta da vecchia!!"  quasi urla la prof zia.
E tutte e due soddisfatte cambiano argomento.

Io  rimango lì.
Immediatamente proiettata anni luce lontana da quelle due donne.
Sono una brava persona. Non mi piace mortificare chi ho davanti. Evito di ricordare loro che ho avuto sei aborti e che ho 39 anni e che gradirei non essere messa in questa sorta di classificazione, e quindi sto zitta, ma penso. Penso che spesso si mette in evidenza il punto di vista del bambino, del suo benessere, per carità sacrosanto, ma che non si sposta il punto di vista sulla donna.
Io, per deformazione, diciamo così, professionale (bè, consentitemi di affermare che posso considerarmi una laureata in abortività, o no?), il punto di vista ce l'ho spostato sulla donna.
Quante volte si sentono di incidenti post partum, bambini che volano dai terrazzi, donne che si suicidano nelle vasche da bagno dopo un mese di mancanza di sonno.
E se ne parla da poco.
Della depressione post partum dico.
Figurarsi della depressione ante tutto, quando il figlio manco l'hai concepito, quando il figlio non arriva.
No.
Quel punto di vista non viene considerato, perchè non serve, agli altri dico.
A noi si.
Verso di noi non c'è riguardo, per quel lutto dentro.
Perchè le nostre persone, i nostri figli mai nati, una vita non ce l'hanno mai avuta, e allora si crede che il nostro dolore è più piccolo, perchè non è carico di ricordi.
E il nostro lutto vale meno.
Che sia il lutto dell'assenza, per un figlio mai arrivato, che sia il lutto della perdita, per un figlio arrivato ma non nato.
E allora ci si chiede di analizzare il perchè non mettiamo il cuore nel nostro lavoro .
Spiegalo che quel cuore ormai è solo lì, con quel pezzo di vita mai nato.

18 commenti:

  1. Vorrei abbracciarti, e dirti che andrà tutto bene. Che il dolore passa, e che siamo programmati per superare le avversità. Ma a volte è dura. E spesso, non è "a volte", ma è sempre dura.
    Nutro nei tuoi confronti un rispetto immenso, per il tuo dolore, per il tuo immenso desiderio di diventare mamma. E ti leggo, ogni giorno, a volte rileggo i tuoi post più volte. E vorrei poter lenire il tuo dolore. Pure se non ci conosciamo, pure se qui è tutto virtuale.
    tieni duro. Vedrai che passa...

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  2. eeeeeeeee.......queste parole ( tutte tuttissime) potrebbero benissimo essere le mie.....quante volte continuo a sentirmi dire le care vecchie classiche frasi fatte??? "sei giovane" l'hai persa a "sole" 13 setttimane...pensa chi lo deve partorire morto!!!!.......ovviamente il secondo cucciolo nn lo nomina mai nessuno visto che è andato via a 6 settimane figurarsi se vien considerato......vabbè non sto ad elencarti tutto il resto........e poi MIA è anche uno dei nostri nomi.....io lo trovo solamente di un amore oltre confini, bho nn so spiegarti....ma lo adoro!!! e lungi da me ( come per voi) il possesso di mia figlia.....nemmeno mi ha mai sfiorato il pensiero.......vabbè io nel frattempo di queste frasi fatte ti abbraccio forte...

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  3. Questa cosa del nome è assurda, dai! Nessuno può escludere che in quella famiglia ci siano rapporti disfunzionali, ma davvero non è affar loro, i problemi altrui non dovrebbero mai essere argomento a cena. Per tutto il resto non ho consigli da darti, o meglio l'unica cosa è di non odiarti, non odiare il tuo corpo perchè é fatica sprecata. Senti chi parla, io mi odiavo eccome, ma non porta a niente.
    Ti voglio bene
    Clara V

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  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. no che non c'è il cuore, come potrebbe?
      che ce ne importa del lavoro, della carriera, del successo, della movida e degli happy hours se il nostro cuore sanguina?

      mi spiace, Annina.
      Mi spiace perchè, oltre a tutta la sofferenza, sei costretta a sopportare anche la stupidità.
      la stupidità cattiva di chi sa e decide di infierire.
      la stupidità di chi sa e non si rende conto che quello che dice fa male.
      io preferisco la prima, perchè un nemico consapevole, benchè perfido, lo puoi combattere.
      di fronte alla seconda sono armata solo di silenzi, perchè un cretino random non sai dove e quando andrà a colpire e, soprattutto, non capirebbe nulla neppure se glielo spiegassi.
      ho parole dentro che non riesco a rivelare
      quello che posso dire è che non c'è differenza tra un figlio che muore a 6 settimane dal concepimento o se improvvisamente lo devi partorire già morto.
      l'unica, semmai, è avere o no una tomba su cui piangere, per quel che serve.
      e a me non serve, ma serve al mondo per riconoscerti socialmente come "donna che ha perso un figlio ( poverina... )".
      un timbro, un'etichetta che suscita maggiore scalpore e conseguente "rispetto".
      il che mi fa ancora più rabbia, perchè non è rispetto ma disgustosa pietà in salsa di perbenismo.
      ti abbraccio.

      p.s.
      pedagogista? insegnante?
      sparano sentenze così, alla cieca? mah...
      i miei complimenti da antropologa.

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  5. Sono sempre più convinta che la maturità, la tolleranza, la capacità di andare a fondo e non essere superficiali nei giudizi dipendano dalle sofferenze che siamo stati costretti a sopportare. Da qui la sensazione di essere distante anni luce da tutti gli altri. Una sensazione spiacevole che ho vissuto sulla mia pelle, anche con chi conosco da una vita e che, per questo, credevo mi potesse capire.

    Ti abbraccio tesoro

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  6. hai ragione, sai? (ti leggo sempre ma non commento mai)

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  7. Ringrazio Dio di essere riuscita a superare i miei dispiaceri, e certi discorsi come quelli che hai sentito tu non possono più ferirmi, li compatisco e cambio giro.
    Purtroppo cara Anna la vita ti ha messo davvero a durissima prova, spero tu possa essere indulgene con te stessa e il tuo corpo. Per quanto riguarda il lavoro siccome hai scelto di fare, e di fare bene, una professione che ti piace molto, ti auguro tuo possa ritrovare anche il cuore tra i materiali, le case e le cose belle, perchè la fatica può essere distrazione, e aiutare, non dico no non lo dico "sostituire" mancanze e colmare vuoti quello no, ma una mano le ore passate al tavolo di lavoro la possono dare.
    Ti abbraccio tanto.

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  8. Mia è un nome stupendo. E penso alla bambina che lo pronuncerà pensando sono "mia" e di nessun altro.
    Coraggio Anna, la pochezza della gente nel giudicare mi lascia sempre sorpresa. E si che dovrei essere scafata.

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  9. Ohccavoli, pensa poi questa gente cosa direbbe dei bambini nati da Fivet: condannati ad essere tirati su da madri apprensive/possessive/psicotiche, come minimo O_o
    Dai, forza, meno male che il gine ha detto che va tutto bene, che capisco che questi cicli strani non siano il massimo, ma almeno non c''e niente di cui preoccuparsi su quel fronte...

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  10. Che bel post...la gente è a volte superficiale..a me invece pensando che non capivo il tedesco...una donna rivolgendosi al marito e guardando il marito,a pensare che sono italiana...se girata con " arm kind" povero bimbo...mi sono girata con un è una bimba...qui si dice che devi far andar il lutto...che stato traumatico..per anni ho tenuto le ecografie come santini...un giorno li ho bruciati..e lasciati al vento...aspetta il risultato.Forse avrai la tua risposta...ma non cercarla troppo senno ti fai male...ieri ti pensavo.Baci...da noi tre.

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  11. Vorrei trovare le parole adatte ma non ne ho. Hai ragione. In tutto. Io ho cominciato a rispondere a tono a chi mi dice: "sei giovane ne puoi fare altri!', o ancora "non puoi capire la gioia di avere un figlio", rispondo che lo so, che un figlio ce l'ho e che l'ho tenuto in braccio morto. E allora cambiano sguardo sai? Forse pensano che io sia matta o forse (e dico forse) si rendono conto delle cazzate che hanno detto, della finta psicologia da almanacco di topolino che hanno utilizzato. Fai una cosa, abbandona le buone maniere, perché se gli altri non hanno rispetto, perché devi averne te? Ti penso sempre e non ti scrivo perché so come state, e so che le parole fanno piacere ma lasciano la ferita aperta. Prenditi la tua vita, quella di Fabio e vivi di questo. Vivi di voi, di ora.Un bacio

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  12. Quanto e' vero quello che scrivi. Bellissima dura verita'.

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  13. Io dico sempre che bisogna aver cura delle parole.
    E' un nome bellissimo Mia e io commento poco i tuoi post, ma ti penso sempre e rispetto il tuo dolore, che spero sempre possa diminuire, col tempo e con l'amore.

    Un abbraccio.

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  14. tornata da un pò di vacanza ti ho letta tutta d'un fiato. Quanto sai inquadrare perfettamente certe situazioni, soprattutto quando dici che verso di noi, verso il nostro lutto, non c'è attenzione, cura, riguardo. Ti ringrazio perchè trovi sempre quelle parole che a me non vengono, quelle che mi rimangono dentro e fanno malissimo.
    un abbraccio
    Chiara

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  15. scusami se mi intrometto, e chiedo scusa perchè il mio anno e mezzo di ricerca al confronto con la tua storia è nulla.. ma le tue parole. l'ultima parte del tuo post.. mi ha colpito tanto da farmi venire da piangere. e' vero, non c'è rispetto per chi non riesce, e gia solo le duemila domande sul "e voi figli?" da dribblare lo dimostrano.
    Scusa se sono entrata senza bussare..

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    1. non si fanno confronti...i dispiaceri, le assenze, non si mettono a confronto...
      io rispetto il tuo.
      Sei la benvenuta. La porta è aperta. Non devi bussare.
      :)

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  16. Io penso che la differenza ci sia tra un figlio morto in pancia a 6 settimane e un figlio morto alla nascita, o anche più avanti nella gravidanza. La differenza c'è perché se io mi immagino in una situazione del genere, se mi immagino con la pancia bella grossa, coi sogni e le aspettative, e poi mi vedo partorire un bimbo morto... ecco, penso che mi si spezzerebbe il cuore. Io credo che il mio dolore sia meno grosso di quello che subirei se arrivassi a conoscerlo, mio figlio, per poi perderlo.
    Ma questo non vuol dire che chi abortisce non soffre perché tanto non l'ha visto in faccia, il figlio. Perché "tanto eri di poco", perché "è come un ritardo mestruale", perché "stai bene fisicamente". Ah certo, io ci faccio la firma sugli aborti spontanei, rispetto a quelli con raschiamento. Sono stata fortunata, le ultime due volte, a risparmiarmi l'ospedale. Ma quelli che pensano che non sia un dolore non sanno quello che dicono.
    Sono stata da mia suocera, la quale è al corrente di solo metà dei nostri aborti, e non ha più chiesto nulla, immagino che abbia pensato che dopo il secondo ci siamo rassegnati e poi quando andiamo da loro siamo sempre allegri e sorridenti, e poi usciamo sempre a fare aperitivi, al ristorante, andiamo ai concerti. Sicuramente siamo felici no? Sicuramente abbiamo DIMENTICATO no? Quando ho osato dire che ero un po' giù di morale, lei mi ha detto "Ma di salute stai bene, no?", quindi che problema c'è? Stai bene di salute, puoi dimenticarti di tutte quelle volte che hai avuto un bimbo in pancia, o credevi di averlo, e poi l'hai perso.
    La gente non capisce quello che proviamo. No. E io mi sento isolata.
    Un abbraccio, Violetta.

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grazie per essere qui.