giovedì 14 giugno 2012

La Bolla di Adelia

Adelia mi ha regalato un'espressione che ho tenuto nel cuore durante i giorni dell'ospedale e del grande dolore fisico:

Mi sento una culla vuota, mi sento una bara vuota.

Questa frase mi ha colpito come un proiettile di vetro che poi si è fatta schegge dentro il mio corpo.
Ha racchiuso tutto ciò che sento, tutto ciò che mi sento, tutto l'odio che ora provo per il mio corpo, che non culla i miei bambini.
Non si nasce da un corpo, ma dalla coscienza di una madre
questa è Adelia.
Una donna con le braccia aperte e la sua pancia vuota in attesa.
Una donna che accoglie e condivide.
Avevo pianto mentre leggevo la sua storia in ospedale, lei è una conchiglia sulla spiaggia di Nina e la trovate qui nel suo blog, perchè con lucida consapevolezza aveva raccontato il suo dolore, come se fosse capitato ad un'altra donna, e ora, oggi, che vivo il mio di dolore, e la mia nuova perdita, piango ancora.
Perchè la ritrovo qui, in questo angolo di precarietà e di incertezza, in questo mondo fatto di vuoti, di quel "dopo" le beta che non crescono, "dopo" le camere gestazionali vuote, "dopo" quel sangue che porta via, "dopo" le assenze e i sogni dei figli mai nati, e i sorrisi dei figli non tuoi, nati quando dovevano nascere i tuoi.
E perchè mi ritrovo nella sua forza, nel suo bisogno di combattere nonostante la paura che possa riaccadere, il terrore cieco quando il test è positivo, eppure, il bisogno di guardare avanti, senza permettersi di tornare a guardare quel buio, nella speranza che quella luce non si spenga mai, nella convinzione di diventare un giorno madri di figli su questa terra, già mamme speciali oggi.





La bolla di Adelia
Ciao Anna
Per prima cosa vorrei ringraziarti per questo spazio di confronto e di conforto che ci offri.
Probabilmente qualcuna delle tue lettrici conosce già la mia storia, qualcuna forse no.
Ad ogni modo, se la mia triste esperienza - malgrado il dolore che provo ed il desiderio di mantenerlo intimo - può essere in qualche strano modo di aiuto ad altre donne e ad altri uomini, ben venga il continuare a parlarne.
Vorrei però cominciare, se mi permetti, con una poesia della mia amatissima Alda Merini, tratta da “La terra santa”.

“Pensiero, io non ho più parole.
Ma cosa sei tu in sostanza?
qualcosa che lacrima a volte,
e a volte dà luce.
Pensiero,dove hai le radici?
Nella mia anima folle
o nel mio grembo distrutto?
Sei così ardito vorace,
consumi ogni distanza;
dimmi che io mi ritorca
come ha già fatto Orfeo
guardando la sua Euridice,
e così possa perderti
nell'antro della follia.”

11 volte mi sono fatta culla, e 11 volte mi sono ritrovata bara.

Sono madre di 11 figli, ma nessuno è con me.
Non si può descrivere il dolore, è intimo, lacerante, devastante. Non c’è momento di tregua, non c’è nascondiglio. Mai. Da qualche parte nella mente un pensiero ti scopre ancora là, attonita, ferma a quell’istante che separa la gioia dell’attesa dal vuoto disperato di voci, suoni, immagini.
Ed è esattamente in quell’attimo di limbo che si vorrebbe restare, si vorrebbe non aver ascoltato, non aver capito, non essere ancora entrate nella stanza, sdraiate sul lettino. Un attimo prima, ancora con le mutandine addosso, il nostro pudore non stracciato, il nostro sogno ancora intatto.
Mi sento una culla vuota, mi sento una bara vuota.
Non ho un bambino da annusare, non ho una tomba su cui piangere.
Non ho neppure una spiegazione.
Come un animale mi sono aggirata furibonda in ogni più remota parte del mio cuore, ho graffiato, morso, fatto a pezzi, devastato ogni pezzetto della mia anima.
Come un animale ho deciso che continuerò a provarci ancora e ancora, finchè la morte non si arrenderà lasciando almeno uno dei miei figli con me, o finchè il mio corpo non si piegherà al passare del tempo.
Magari sarà la prossima volta, chi può dirlo?
E sarà il mio dodicesimo figlio.
Perché io sono già madre di 11 figli.
A volte mi sembra di vederli correre nel corridoio, li sento ridere nella loro stanza.
Apro la porta e non ci sono più.
Li guardo mentre loro guardano me la mattina, sull’autobus, figli di altre madri, luci di altri occhi.
Mi specchio negli occhi dei bambini che vengono a giocare con me al parco, saranno i miei capelli a rendermi irresistibile.
Il complimento più bello che ho ricevuto nella mia vita è stato da Hisham, che all’epoca aveva 8 anni e un futuro negato dalla burocrazia.
“Sei bella come un pagliaccio!”
Così m’ha detto.
Ed io sono stata il pagliaccio più felice del mondo.
Tornare a vivere, trovare un senso che non c’è.
Accogliermi ed accettarmi così come sono non è stato facile. Piano piano, continuando a camminare, costringendomi a gesti che per me ormai non significavano più nulla, un passo alla volta, un giorno alla volta.
I miei figli non si meritano una madre scheggiata, per le rughe non posso farci niente, il tempo è passato. Ma ho vissuto anche per loro, ho permesso loro di sorridere attraverso il mio sorriso, di abbracciare attraverso le mie braccia, di usare le mie mani.
Io sono loro e loro sono me.
Non siamo soli, mai.



14 commenti:

  1. grazie per le belle parole
    mi fai sembrare migliore di quello che sono.
    un abbraccio

    Adelia

    RispondiElimina
  2. Le vostre parole mi suonano dentro.
    Vi abbraccio.

    Owl

    RispondiElimina
  3. ...Siete delle grandi donne e mamme...
    Valentina

    RispondiElimina
  4. Conoscevo Adelia e la sua conchiglia. La sua bolla mi conferma la bella persona che c'e' dentro tanta sofferenza. Un abbraccio sincero.

    RispondiElimina
  5. ABBRACCIO AD ADELIA CHE CI SI DOVEVA PURE INCONTRARE E POI NON SE NE E' FATTO + NULLA.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. .. hai ragione
      poi l'ultima gravidanza, il raschiamento a novembre
      un giorno lo faremo, promesso.

      e grazie a tutte

      Adelia

      Elimina
  6. siete delle grandi donne entrambe e le vostre parole colpisco dritte al cuore. un bacio

    RispondiElimina
  7. 174 visualizzazioni, 7 commenti

    Lo so che è difficile scegliere le parole ma a volte le parole al posto del silenzio ci fa sentire meno soli e meno diversi.
    Meno al buio.

    RispondiElimina
  8. E' vero... Io vado in bestia quando vedo che mi leggono e non mi commentano... E' come sbirciare qualcosa di nascosto... E' vero anche che a volte per commentare serve del tempo, per questo abbiamo tolto i controlli con i codici illeggibili! Facciamo un appello: se ci siete battete in colpo!!! ;-)

    RispondiElimina
  9. "... di quel "dopo" le beta che non crescono, "dopo" le camere gestazionali vuote, "dopo" quel sangue che porta via, "dopo" le assenze e i sogni dei figli mai nati, e i sorrisi dei figli non tuoi, nati quando dovevano nascere i tuoi...". Ho la pelle d'oca a leggere parole che porto incise nel ventre, nonostante per me ci sia stato ancora un altro "dopo", quello della (ri)nascita.

    Io ti abbraccio, cara Adelia. Come vedi qui non sei sola. So che a volte è una magra consolazione, eppure ha un valore enorme. Troppe volte le poliabortive si sentono dire "eh... ma almeno tu puoi concepire... se è successo, ce la farete di nuovo ecc...". E' vero, ma così dicendo, a volte, è come se si volesse negare un lutto. Invece noi lo affrontiamo. Insieme.

    RispondiElimina
  10. E ogni volta è come rivivere tutto con te. E ogni volta immagino di poter essere lì, prima, durante e dopo. A tenerti la mano, a cantarti quella dolce canzone d'amore che mia madre cantava spesso per me. Per coprire le grida, per non farti ascoltare le loro parole.
    "Se stasera sono qui, è perché ti voglio bene..."
    No, non c'è un senso, ma tu sei una donna come ne ho viste poche: rara e preziosa.
    Capace di trasformare il dolore in energia che crea, in vita.
    Le ultime frasi dicono tutto di te: sei ricca, sei nutriente e accogliente, sei terra fertile di vita.

    RispondiElimina
  11. Io voglio solo abbracciarvi tutte!
    Maria Grazia

    RispondiElimina
  12. .. grazie a tutte
    non volevo rattristarvi
    io, a modo mio, sono serena
    e ogni tanto pure un pò felice
    un abbraccio a tutte
    Adelia

    RispondiElimina

grazie per essere qui.